La Parma Morta
.

 

Paolo Brun - Luigi De Caro

 

(iconografia a fine testo)

 

Storia della Parma Morta

La formazione della Parma Morta risale al periodo nel quale l'attuale pianura padana era ancora in gran parte acquitrinosa e i fiumi subivano frequenti variazioni nel loro tracciato (rotte).

E' stato possibile ricostruire le trasformazioni subite dal corso del torrente Parma utilizzando fonti di documentazione storica scritta e, soprattutto, carte geografiche d'epoca sia manoscritte che a stampa.

La natura dei luoghi paludosi e la mancanza di strade rendeva difficoltoso il rilievo di campagna per i topografi che, per di più, non erano in possesso di moderni mezzi tecnici per il corretto rilevamento cartografico. Molto preziose risultano, però, le loro descrizioni dell'ambiente nella sua complessità con frequenti note sul tipo di terreno, sulle forme di vegetazione e sull'evoluzione dei corsi d'acqua.

Le più antiche testimonianze scritte sulla zona indicano un assetto molto diverso dall'attuale: un documento dell'anno 890 denomina l'attuale località di Casale (oggi sede del Comune di Mezzani) come "Insula juxta Padum", cioè "Isola del Po".

Nei secoli successivi il corso del Po si spostò verso nord e la stessa località fu denominata "Insula Ripae Padi" e, successivamente, "Casalis Ripae Padi", cioè "Villaggio situato sulla riva del Po". Attualmente il Po dista circa 2 Km in linea d'aria da Casale.

Le carte geografiche danno sicuramente indicazioni più interessanti: nella Carta a stampa di Coch del 1551, custodita oggi nella Biblioteca Vaticana, il torrente Parma e il torrente Enza sfociano in Po separatamente. La stessa situazione è raffigurata anche nella più antica carta topografica rinvenuta presso l'Archivio di Stato di Parma. Si tratta di un manoscritto molto attendibile perchè realizzato dall'ottimo architetto Smeraldo Smeraldi all'incirca alla fine del Cinquecento-inizio Seicento (Fig. 1). Questa carta mostra il torrente Parma che, dopo essere passato poco a ovest di Mezzano del Vescovo di sopra (attuale Mezzano superiore), si getta direttamente in un braccio secondario del Po. Questo testimonia che a quell'epoca il Parma era ben distinto dall'Enza che, a sua volta, sfociava in Po poco a nord di Coenzo (Covanzio). Situazione analoga si osserva in una Mappa a colori risalente al XVII secolo (Fig. 2).

Alla fine del Seicento, però, il torrente Parma viene a trovarsi isolato dal Po, probabilmente a causa di un ulteriore spostamento del corso principale di quest'ultimo. Per questo motivo è costretto a volgere verso levante sino a congiungersi con l'Enza. Questo percorso appare per la prima volta in una mappa di Giacomo Sicuri risalente al 1683: in essa ritroviamo la dicitura "Enza et Parma Fiumi Uniti che vanno nel Po" (Fig. 3 e 4). Nasce, così, il tratto di torrente Parma che corre subparallelo al corso del Po per circa 5 Km e che verrà, poi, abbandonato in tempi recenti generando l'attuale Parma Morta.

Leggendo le carte topografiche del Settecento si ha qualche indicazione dell'ambiente presente all'epoca: molto frequenti erano, ad esempio, le isole a saliceto spontaneo (Fig. 5-6-7).

Nell'Ottocento le rappresentazioni cartografiche si fanno più aderenti alla realtà attuale. Nella carta francese del 1809 (Fig. 9) il corso terminale del Parma, che si getta ancora nell'Enza, appare modellato secondo il caratteristico andamento dell'attuale Parma Morta.

Tutte le carte della prima metà dell'Ottocento mostrano il torrente che sfocia in Po dopo essersi congiunto con l'Enza; un esempio è rappresentato dalle carte dell'ing. Nassalli (Fig. 10). Molto attendibile è la planimetria rilevata al tempo di Maria Luigia e pubblicata nel 1828 a Milano dall'Istituto Geografico Militare, facente capo allo Stato Maggiore Austriaco (Fig. 12).

La carta più recente che riporta ancora il congiungimento dei due torrenti prima di sfociare in Po risale al 1855 ed è conservata presso la Biblioteca Palatina di Parma (Fig. 13). Di notevole interesse è la Carta topografica della provincia di Parma del 1879, rilevata poco dopo l'Unità d'Italia. Questa carta riporta una prima deviazione del Parma che ora non si congiunge più con l'Enza ma sfocia direttamente in Po, deviando verso nord: nasce così il tratto inferiore della Parma Morta (Fig. 14).

La situazione attuale viene raggiunta nell'ultimo quarto del secolo scorso come testimonia la Carta del 1884 nella quale il torrente Parma sfocia nel Po nello stesso punto in cui lo vediamo sfociare oggi: nasce in questo momento il tratto superiore della Parma Morta.

 

Aspetti ecologici principali

La Parma Morta (Fig. 15,16 e 17) può essere considerata oggi uno stagno senescente, cioé una zona umida a scarsa umidità residua. La situazione attuale è dovuta alla trasformazione di un alveo attivo di corso d'acqua (prima del 1870) in un alveo morto, a causa della deviazione del Torrente Parma nel Po del 1870. Questo evento ha determinato la formazione di uno stagno giovanile che, per interrimento sia naturale che antropico, è stato trasformato in uno stagno senescente (dal 1960). L'interrimento naturale è stato favorito sia dall'azione di due associazioni vegetali tipiche delle zone d'acqua stagnante, Typhetum latifoliae e Phragmitetum vulgaris, sia dai materiali trasportati dalle piene sostenute del Po.

L'azione dell'uomo si è concretizzata nei continui riporti di terreno lungo le due sponde, al fine di aumentare la superficie coltivabile, il che ha determinato una riduzione progressiva del livello dell'acqua e, contestualmente, la perdita delle caratteristiche di naturalità di questo biotopo. Dalle vecchie mappe catastali, infatti, risulta una larghezza dell'alveo originario non inferiore a 30-40 metri, dato confermato dalla presenza di gusci di molluschi di acqua dolce nei campi arati ai lati dell'attuale alveo.

Oggi la larghezza è molto minore (da 10-15 metri nel tratto a monte a soli 2-3 metri a valle) e il letto è solo in parte e solo in alcune stagioni interessato da una lama d'acqua. Durante quasi tutto l'anno, infatti, la falda non giunge ad affiorare, pur essendo abbastanza superficiale; il letto, quindi, rimane senza battente idrico per tutta la stagione siccitosa estiva.

Il tratto inferiore della Parma Morta (tra Corte Bonvisi e Foce Enza) ha perso gran parte della sua naturalità e in molte zone viene completamente omogeneizzato col paesaggio agricolo circostante. Maggiore interesse naturalistico suscita il tratto a monte (tra Corte Viazza e Corte Bonvisi) dove l'alveo è ancora abbastanza largo e dove sono presenti elementi floristici e faunistici relitti di alto pregio naturalistico.

Analizzando questa zona umida è possibile distinguere numerosi e variegati tipi di ambienti terrestri tipici della pianura padana: le siepi, la zona umida, il bosco ripariale, il bosco planiziale e gli agroecosistemi. Ciascuno di questi ambienti è caratterizzato da popolamenti vegetali ed animali caratteristici e, in alcuni casi, estremamente preziosi a causa della loro rarità nel resto della Pianura.

 

Le Siepi

Le siepi sono caratterizzate da tre piani vegetazionali :

- lo strato inferiore nel quale sono presenti essenze erbacee e arbusti. Fra le erbe ricordiamo la Centaurea nigrescens dai fiori azzurri in Primavera e la Veccia; fra gli arbusti il Rovo;

- lo strato intermedio al quale appartengono fra gli altri il Biancospino (Crataegus monogyna) , la diffusissima Sanguinella (Cornus sanguinea), il Nocciolo, il Corniolo, la Rosa Canina, l'Acero Campestre (Acer campestre) e l'Olmo (Ulmus campestre), entrambi interessati dal fenomeno del sughero sulla corteccia a scopo di difesa in età giovanile;

- lo strato superiore nel quale ritroviamo alberi d'alto fusto come le Querce (ormai rara la farnia o quercia di pianura o Quercus robur), il Noce, il Pero selvatico.

A queste piante vivono appoggiate numerose epifite come l'infestante Vitalba (Clematis Vitalba) che avvolge con le sue liane le piante che la sostengono, la Brionia o Vite bianca (Bryonia cretica) dai coloratissimi e tossici frutti giallo-arancioni-rossi.

Le siepi sono ambienti molto importanti perchè assicurano ricchezza di cibo e di nascondigli, ombrosità e variazioni meno accentuate della temperatura e della umidità dell'aria favorendo la vita di moltissime specie animali.

Fra queste citiamo numerosi uccelli quali il Pettirosso, lo Scricciolo, il Merlo, la Cinciarella, la Tortora, la Cutrettola, il Saltimpalo. Questi uccelli si nutrono dei frutti carnosi e dei semi oleosi delle piante che compongono le siepi.

Anche alcuni falchiformi, come il gheppio (di cui non è certa la nidificazione nella zona) gravitano nell'area delle siepi a caccia di Micromammiferi roditori e insettivori che in esse trovano nascondigli.

Tra i predatori notturni di questi animali ricordiamo, anche, il Barbagianni (una coppia nidificante nell'area) e la Civetta che si nutre di insetti anch'essi presenti in gran numero nella zona (Lepidotteri notturni e diurni, Odonati).

 

La Zona umida

La zona umida vera e propria si estende tra le sponde del vecchio alveo caratterizzate dalla presenza di una fitta vegetazione a Salici di specie diverse come il Salice bianco (Salix alba), il Salice giallo (Salix vitellina), il Salice fragile (Salix fragilis). Questi alberi sono infestati da numerosi rampicanti sintomo più dello stato di degrado che di una elevata diversità biotica.

All'interno dell'alveo ristagna ancora una lama d'acqua che rappresenta un habitat ideale per specie erbacee idrofite ed elofite: le prime possono vivere sommerse completamente nell'acqua o galleggiando sulla superficie; le seconde hanno la porzione basale quasi sempre sommersa mentre foglie e fiori sono esposti all'aria.

Le piante acquatiche presentano caratteri di adattamento alla vita acquatica estremamente interessanti :

- i tessuti meccanici (necessari a sostenere il peso nelle piante terrestri) sono ridotti al minimo;

- gli stomi sono assenti nelle foglie sommerse e presenti sulla pagina superiore delle foglie galleggianti;

- le foglie hanno struttura nastriforme o laciniata per evitare lesioni date dalla turbolenza dell'acqua;

- i tessuti aeriformi hanno grande sviluppo per rendere la pianta adatta al galleggiamento;

- le foglie sommerse, in alcuni casi, sono diverse dalle foglie emerse pur appartenendo alla stessa pianta.

Tra le specie acquatiche ricordiamo: la Canna di palude (Phragmites australis) che costituisce la componente principale dell'associazione vegetazionale Phragmitetum vulgaris tipica dei suoli ricchi di acqua e infestante in questa zona; meno diffusa laTypha latifolia caratterizzante l'associazione del Typhetum latifoliae che, insieme al canneto, contribuisce attivamente ai fenomeni di interrimento della lama d'acqua residua; l'erba vescia (Utricularia vulgaris), pianta carnivora molto rara dotata di orciuoli o utricoli per la digestione dei piccoli crostacei di cui si nutre; il raro morso di rana (Hydrocharis morsus ranae, Fig. 18); l'erba pesce (Salvinia natans), una rara felce acquatica a foglie ellittiche in verticilli di tre per ogni nodo, di cui due sono emerse e la terza sommersa con aspetto di un ciuffetto di radici; la lenticchia d'acqua (Lemna minor), pianta galleggiante capace di colonizzare rapidamente la superficie dell'acqua lasciata libera da altre specie, formando tappeti vegetali.

Ormai estinte dalla zona, erano osservabili sino a 30-40 anni fa, la castagna d'acqua (Trapa natans) e ninfee quali Nymphea alba e Nuphar luteum.

Il canneto a Phragmites è uno dei più estesi nella pianura padana e sarebbe luogo ideale per la nidificazione di molte specie di uccelli; in realtà, a causa della mancanza d'acqua nel periodo primaverile-estivo e del disturbo antropico legato ad incendi e tagli periodici, solo poche coppie di specie tipiche di questo ambiente colonizzano l'area.

Ricordiamo: il Tarabusino con due coppie nidificanti nelle zone a fragmiteto più fitto; la Cannaiola che ha colonizzato la zona nel 1986; il Cannareccione nidificante dal 1985; l'Usignolo di fiume con numero di coppie variabile in funzione della presenza d'acqua nel fragmiteto; il Germano reale con numero di coppie variabile in funzione, anch'esso, della presenza di acqua; la Gallinella d'acqua nidificante regolarmente nelle zone quasi inalterate dall'uomo; l'Airone cenerino; la Nitticora e la Garzetta.

Ormai scomparsi l'Avocetta e il Cavaliere d'Italia che nidifica nella vicina Oasi di Torrile. Queste specie tornerebbero quasi sicuramente sulla Parma Morta se venissero ripristinate le originarie condizioni idriche; la Parma Morta, infatti, si trova lungo una delle direttrici principali della migrazione primaverile ed autunnale di tali uccelli ed è una delle rare zone umide presenti ormai in Emilia occidentale.

All'interno della lama d'acqua sono, infine, presenti: Molluschi (molte specie di Gasteropodi dulcacquaioli); Anfibi fra cui ricordiamo in particolare la Raganella (Hyla arborea) che può essere osservata a volte sugli steli e sulle foglie del canneto.

Sono, invece, estinti i Pesci (ad esempio le Anguille) e i Generi Unio e Anodonta tra i Molluschi bivalvi.

 

Il Bosco ripariale

Il bosco ripariale è, in realtà, costituito da radi boschetti di Salici, Pioppi bianchi (Populus alba) e neri (Populus nigra). I Pioppi neri sono i più abbondanti, mentre i Pioppi bianchi autoctoni sono molto rari perchè ibridati spesso con il simile Pioppo grigio (Populus canescens). Quest'ultimo ha foglie a forma di edera o di freccia, presenti spesso insieme sullo stesso esemplare, di colore verde nella pagina superiore e grigio nella inferiore.

Nella zona è presente in maniera infestante anche la Robinia Pseudoacacia originaria dell'America ma perfettamente acclimatata.

La elevata competitività della Robinia la rende estremamente pericolosa in quanto tende a soffocare gli altri alberi presenti. Per questo motivo sarebbero necessari interventi di eliminazione di tale infestante per consentire agli alberi autoctoni di riconquistare gli spazi di loro competenza.

Nello strato arbustivo è infestante l'Indaco bastardo (Amorpha fruticosa), una specie esotica di origine americana, ormai naturalizzata lungo quasi tutti i fiumi della pianura padana.

Sono presenti, inoltre: la Sanguinella (Cornus sanguinea) dal fogliame fiammeggiante in autunno; il Sambuco (Sambucus nigra) dai frutti neri e commestibili e l'Ebbio (Sambucus ebulus) dai frutti simili ma tossici; il Biancospino (Crataegus monogyna); la Frangola (Frangula alnus) le cui stazioni nella provincia di Parma sono molto rare.

Più distanziate dall'alveo si possono osservare altre specie arboree quali l'Olmo, l'Acero e il Gelso (Morus alba e nigra) infestato in luglio dalla processionaria. Quest'ultimo fu introdotto dall'Asia in epoca medievale ed è talmente naturalizzato da poterlo considerare elemento tipico del paesaggio della pianura padana.

Le specie di uccelli maggiormente presenti in questo ambiente sono: la Capinera nidificante regolarmente nella zona; il Fringuello; il Verdone e il Cardellino che nidificano regolarmente; l'Usignolo di cui un buon numero di coppie nidificano regolarmente; il Merlo; il Rigogolo con quattro coppie nidificanti; il Picchio Verde con una coppia nidificante; il Codibugnolo; il Pendolino.

Sono, ovviamente, presenti anche Insetti, Micromammiferi e alcuni Rettili: è possibile di rado incontrare qualche serpente come la Natrice o il Biacco che si nutre di lucertole ed altri rettili.

 

Il Bosco planiziale

Il bosco planiziale presente in questa zona rappresenta uno degli ultimi lembi intatti del bosco planiziale che, una volta, occupava gran parte della pianura padana.

La componente più importante e allo stesso tempo rara è la Farnia (Quercus robur) di cui sono presenti alcuni maestosi esemplari. La Farnia è una quercia tipica dei terreni freschi e ricchi di acque e può raggiungere altezze di 50 metri; è un albero abbastanza longevo e ha foglie alterne a picciolo brevissimo (2-8 mm), una delle caratteristiche che lo distingue dalla Rovere (Quercus petreae) che è, invece, più adatta a terreni meglio drenati. Un'altra peculiarità della Farnia è che il peduncolo che porta le ghiande è molto lungo (30-50 mm) a differenza della Rovere le cui ghiande sono quasi prive di picciolo.

Oltre alla Farnia sono presenti altre piante: l'Acero, il Pioppo bianco, il Carpino bianco, il Corniolo, l'Olmo campestre e il Ligustro.

Tutte queste specie formano l'Aggruppamento a Quercus robur e Carpinus betulus che comprende specie caducifoglie termofile e mesofile. Si può considerare tale comunità come uno stadio evolutivo tendente a costituire la foresta climacica padana.

Le specie animali caratteristiche di questo bosco sono sicuramente rappresentate da specie di uccelli, quali: il Torcicollo; il Picchio rosso maggiore e minore; la Ghiandaia e il Cuculo.

 

Gli Agroecosistemi

Gli agroecosistemi sono caratterizzati dalla classica "piantata padana", una forma antichissima di coltivazione della vite, a tralcio alto e con sostegno vivo. Quest'ultimo era prima rappresentato dall'Olmo, poi sostituito dall'Acero e da alberi da frutta.

Molto interessante è l'angolatura dei supporti dei tralci che risulta simile alla angolatura naturale dei rami degli alberi in modo da resistere meglio al peso e agli agenti atmosferici.

Altra caratteristica importante è il tipo di rotazione colturale messo in atto su questi terreni: vengono alternate, infatti, coltivazioni depauperanti, come il frumento, con coltivazioni ammendanti come quelle a prato di leguminose. Questa è una tecnica molto importante da utilizzare ai fini di un'agricoltura più sostenibile: l'azione delle leguminose, infatti, consente di ridurre l'utilizzo dei concimi. Questi ultimi rappresentano una delle fonti diffuse di inquinamento più pericolose sia per le falde che per i corsi d'acqua, a causa del fenomeno del dilavamento dei suoli.

Gli agroecosistemi offrono luoghi ideali alla nidificazione di alcune specie di uccelli come la Rondine che nidifica nelle stalle, il Balestruccio che nidifica nell'abitato, l'Allodola che nidifica nei prati e coltivi, la Tortora dal collare orientale che nidifica nelle vicinanze delle case sparse, il Pigliamosche e lo Strillozzo che nidificano nelle aree incolte e prative di margine.

 

Valutazioni finali e prospettive

Dall'analisi degli aspetti ecologici principali, risulta evidente che la Parma Morta rappresenta un sito naturalistico importante a livello regionale ma anche nazionale. In base a tali considerazioni la Parma Morta è stata inserita nel Piano Territoriale Paesistico Regionale come "zona di tutela dei caratteri ambientali" per il particolare valore ecologico e naturalistico. Sono, infatti, presenti molte specie autoctone e ormai rare che rischiano di estinguersi e che, per questo, dovrebbero essere tutelate.

Ulteriore valore ecologico è dato alla zona dalla sua importantissima posizione lungo una delle direttrici della migrazione sia primaverile che autunnale di numerose specie di uccelli. E ancora maggiore è la sua importanza se si pensa che ormai sono poche, in Emilia nord occidentale, le zone in cui questo passaggio viene osservato.

E' noto che il modo migliore per tutelare una specie è quello di proteggere l'habitat in cui essa vive (protezione in situ).

E' per questo che l'Amministrazione del Comune di Mezzani è da alcuni anni impegnata nella realizzazione della Riserva Naturale Orientata della Parma Morta. Tutto questo perchè l'importanza della Parma Morta non è solo di tipo naturalistico ma anche storico per un Comune come Mezzani così scarsamente provvisto di beni monumentali e architettonici.

Per salvare la Parma Morta da un sicuro declino è stato proposto un piano di intervento finalizzato al restauro delle condizioni esistenti circa 30-70 anni fa. A quel tempo, infatti, il sito si trovava allo stadio di stagno giovanile che, come sappiamo, è quello che presenta la maggiore produttività biologica.

Se si riuscisse a fare questo, si otterrebbe il risultato di aumentare la dimensione di alcune popolazioni animali minacciate di rarefazione o addirittura di estinzione e, contemporaneamente, di incrementare il numero totale di specie presenti.

Ciò consentirebbe di raggiungere obiettivi non sono ecologici ma anche economici migliorando le rese agricole, favorendo il controllo biologico degli agenti patogeni, incrementando il turismo, favorendo l'educazione ambientale.

Le linee progettuali per la ricostruzione dell'ambiente naturale possono essere individuate in :

- realizzazione di opere idrauliche finalizzate al ripauperamento della zona umida attraverso la reimmissione dell'acqua nell'intero tracciato del palealveo. Queste opere dovranno essere realizzate in località Bocca d'Enza in modo che il rifornimento idrico avvenga attingendo le acque del Torrente Enza;

- costruzione di un pozzo freatico per rifornire d'acqua la Parma Morta nei soli periodi critici di siccità dei corsi naturali (Enza e Po);

- restauro naturalistico lungo le due sponde mediante:

piantumazione delle specie vegetali tipiche dei boschi ripariali degli ecosistemi ripariali padani con contestuale eliminazione della infestante Robinia Pseudoacacia;

ricostruzione del bosco planiziale padano a partire dal rimanente piccolo lembo nei pressi di Mezzano Inferiore;

- realizzazione di opere destinate alla fruizione pubblica come percorsi per la visita e lo studio dell'ecosistema attrezzati mediante passerelle, capanni per l'osservazione della fauna, torri di osservazione;

- realizzazione di un Centro scientifico e didattico dove svolgere studi e ricerche, corsi per l'educazione ambientale.


Bibliografia

Riserva Naturale Parma Morta. A cura del Centro Villa Chigi. Tratto dalla collana: "Riserve e Parchi dell'Emilia Romagna"

La Parma Morta, una preziosa zona umida da recuperare e proteggere. A. De Marchi


 

ICONOGRAFIA