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LA PREPARAZIONE DEI FIDANZATI AL MATRIMONIO E ALLA FAMIGLIA.

 

PRESENTAZIONE

 

I responsabili delle Commissioni regionali di pastorale familiare e i rappresentanti delle associazioni familiari e dei movimenti ecclesiali hanno messo allo studio due anni or sono, nel quadro delle attività più opportune per il coordinamento nazionale della pastorale familiare, una verifica e un rilancio delle iniziative di preparazione dei fidanzati al matrimonio. Il tema è stato posto all'ordine del giorno in una riunione tenuta a Roma nel mese di novembre 1987. In seguito è diventato oggetto di riflessione nelle sedi regionali e diocesane, grazie anche a una bozza ciclostilata del settembre 1988. Da molte sedi sono venute osservazioni e proposte. Attraverso questi momenti di riflessione e di elaborazione è stato preparato il presente sussidio, pubblicato con l'approvazione della Commissione episcopale per il laicato e la famiglia.

 

Il titolo e la struttura

 

Il riferimento ai fidanzati indica l'area pastorale e gli obiettivi più specifici. Questi fogli si riferiscono soprattutto alle iniziative di preparazione prossima e immediata dei nubendi (colloqui, incontri, corsi, ecc.) nelle diocesi, ai livelli anche zonali e parrocchiali, mentre non contiene indicazioni-se non in termini di istanze generali-sulla preparazione remota che l'evangelizzazione del matrimonio di fatto richiede. Non si può infatti prescindere «da una catechesi e da una formazione permanente alla mentalità di fede e all'impegno vocazionale» lungo l'adolescenza almeno e l'età giovanile (cfr. Deliberazione XII Assemblea Generale CEI, 1975, n. 3, in Ench CEI/2, 2232). Il duplice riferimento «al matrimonio e alla famiglia» esprime la scelta di formare congiuntamente al matrimonio sacramentale e alla vita familiare. Si vuole ricordare che il cammino di formazione e di preparazione immediata al matrimonio richiede nello stesso tempo iniziative pastorali a sostegno della vita di fede delle giovani famiglie. La struttura del sussidio è elementare, comprende due parti e un'appendice. Nella prima parte si richiamano alcune linee e indirizzi da privilegiare, scelte che s'impongono sia per riguardo al magistero pastorale sia alla luce di esperienze condotte da almeno tre lustri in tante chiese locali e in differenti circostanze. Le pagine di questa prima parte tendono a far progredire l'esistente, a promuovere e far evolvere, non a mortificare, indicando con chiarezza ciò che è meglio non fare e ciò che è bene are. La seconda parte illustra i contenuti essenziali di un itinerario di fede per introdurre i giovani nel mistero cristiano del matrimonio. Un itinerario che muove dalla realtà umana dei fidanzati per illuminarla del senso cristiano della vita, dell'amore e del matrimonio. In riferimento sempre alle linee pastorali della diocesi e al vescovo, primo responsabile di ogni iniziativa e solidarietà ecclesiale in preparazione alla vita coniugale, gli operatori della pastorale prematrimoniale trovano in queste pagine proposte concrete e suggestioni sulle competenze da sviluppare (sacerdoti, coppie animatrici, esperti, consultori familiari), e inoltre raccomandazioni su alcuni contenuti irrinunciabili della preparazione al matrimonio, sui criteri di impostazione e sulla partecipazione da suscitare nella celebrazione della liturgia nuziale. In appendice, il sussidio comprende una scheda sul contesto socio-culturale e le attese dei giovani e sulle iniziative pastorali che normalmente si propongono. Sono appunti tendenti a evidenziare alcune caratteristiche dell'universo culturale e spirituale dei giovani-quelle almeno che più da vicino interessano la sfera affettiva, la libertà e la responsabilità del patto coniugale, la futura vita familiare-e a promuovere una valutazione delle più consuete proposte pastorali.

 Le fonti

 La prima parte è redatta senza citazioni numerose per non appesantirne la lettura, ma estesamente si riferisce alle indicazioni del magistero di Giovanni Paolo II (cfr. Familiaris consortio, parte IV) e alle deliberazioni della XII Assemblea Generale della CEI (Evangelizazione e sacramento del matrimonio e deliberazioni contestuali, in Ench CEI/2, 2091-2239). La seconda parte rimanda il lettore anche ad altre fonti, in primo luogo ai documenti del Concilio e al magistero pontificio, in particolare Humanae vitae, Familiaris consortio e le Catechesi del mercoledì di Giovanni Paolo II (1979-1984) sull'amore umano; al Codice di diritto canonico; inoltre ad alcuni degli atti pastorali delI'Episcopato italiano: Matrimonio e famiglia oggi in Italia, 1969; il documento citato su evangelizzazione e matrimonio, la nota su La pastorale dei divorziati risposati e delle situazioni matrimoniali irregolari 1979; il documento Comunione e comunità nella chiesa domestica, attraverso un «Direttorio per la pastorale della famiglia» che la Conferenza Episcopale Italiana dovrà predisporre (cfr. Familiaris consortio, n. 66). In attesa di un vero e proprio direttorio,  la Commissione episcopale per il laicato e la famiglia ha raccomandato la pubblicazione del presente sussidio, affinché lo stesso decreto generale sul matrimonio trovi sacerdoti e operatori di pastorale familiare più solleciti nel coinvolgere le comunità in iniziative che dispongano i fidanzati alla santità e ai doveri del loro nuovo stato.

 L'ufficio nazionale per la pastorale della famiglia

 PARTE I

 

LA PREPARAZIONE AL MATRIMONIO IMPEGNO ORGANICO E PERMANENTE DELLA CHIESA

 Molte e diverse sono le iniziative che la preparazione al matrimonio presenta nelle singole chiese particolari. Tutte vanno valorizzate, integrate e, se necessario, gradualmente trasformate in modo tale che alle comunità cristiane, e agli stessi fidanzati, sia più evidente la forte rilevanza che la chiesa dà al sacramento del matrimonio e alla sua preparazione. Le delibere pastorali dell'Episcopato italiano del 1975 valgono tuttora anche se richiedono di essere attuate nel modo più adeguato al presente. Per aiutare le chiese particolari e, in esse, tutti coloro che operano pastoralmente, a valutare i passi da fare nelle situazioni concrete, indichiamo le linee di rinnovamento fondamentali nel quadro di prospettive in atto e dei passaggi da compiere.

 1. Linee di rinnovamento

 Le prospettive fondamentali della chiesa italiana per il matrimonio emergono alla luce di:

 -«evangelizzazione e sacramenti»: un'evangelizzazione più esplicita e impegnata si impone come servizio prioritario a coloro che chiedono di celebrare un sacramento della fede qual è il matrimonio. Si tratta di aiutare i fidanzati a illuminare la loro esperienza con la Rivelazione e a prepararsi nella fede alla celebrazione della liturgia nuziale;

-«evangelizzazione e promozione umana»: si tratta di promuovere un umanesimo coniugale e familiare, quale scaturisce dall'esperienza e dalla grazia degli sposi a fronte di una diffusa cultura individualistica o collettivistica;

-«comunione e comunità»: richiede di sviluppare maggiormente l'esperienza primaria di comunione fra gli sposi quale segno profetico e rappresentazione reale del «mistero grande» di Cristo e della chiesa. Sollecita, soprattutto ai nostri giorni, un impegno più attento perché la famiglia diventi ciò che è: una «intima comunità di vita e di amore» consapevole della sua missione nella chiesa e nel mondo. Ma la prospettiva pastorale di «comunione e comunità» impegna anche i fidanzati a un progetto di famiglia aperta alla solidarietà e al suo inserimento nella vita della comunità ecclesiale più grande. Dalle prospettive indicate conseguono alcuni passaggi o svolte che sono già in atto, per molti versi, ma chiedono anche di essere esplicitamente e in tanti modi promossi.

Valorizzare il fidanzamento, tempo di grazia

 Da iniziative occasionali, nel tempo che precede immediatamente la celebrazione del matrimonio, è necessario passare a iniziative che valorizzino il tempo del fidanzamento. Questa stagione della vita, andata in silenzio in questi ultimi anni, va riscoperta e ripresentata come un importante tirocinio della coppia di fidanzati nella maturazione spirituale del rapporto affettivo. È anche una prima chiarificazione nel discernimento della chiamata personale a sposare quella persona. È una decisione che lascia spazio a ulteriori verifiche in ordine al consenso per il patto nuziale. Il fidanzamento si presenta pertanto come un tempo di grazia che, se anche non può dirsi sacramentale, trae forza dal battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere concretizzata. È un tempo di formazione caratterizzato da una propria spiritualità. È tempo infine di testimonianza e azione ecclesiale, con le caratteristiche di una specifica solidarietà.

 Iniziative organiche e complementari nella chiesa locale

 Da esperienze esemplari ma esclusive ed elitarie, ascrivibili alla sensibilità personale di qualche presbitero, gruppo di sposi o associazione, si richiede di passare a una vera e propria pastorale prematrimoniale promossa dalla chiesa particolare che valorizzi organicamente ogni carisma, capacità e ministero. Accanto al presbitero, le famiglie e gli sposi cristiani hanno speciali doni di grazia e titoli di esperienza per concorrere a formare i futuri sposi che si preparano a celebrare le nozze nel Signore e a edificare la «chiesa domestica». Inoltre, mentre le iniziative singolarmente proposte sono determinate spesso dalle convinzioni e sensibilità personali dei promotori, bisogna tendere verso iniziative volutamente differenziate e inserite in un progetto pastorale di chiesa locale. Ciò anche allo scopo di offrire a ogni coppia quanto meglio si adatta alle sue esigenze e al suo grado di maturazione nella fede.

 Catechesi comunitaria

 Da una preparazione al matrimonio identificabile nei soli colloqui con il parroco o con un presbitero urge arrivare alla proposta motivata di un periodo prolungato di catechesi comunitaria. I colloqui con il parroco restano sempre necessari e insostituibili. Le catechesi comunitarie sono per se stesse segno: nella fede si cresce insieme e il sacramento del matrimonio fonda una famiglia destinata a sodalizzare con le altre famiglie per edificare la più ampia famiglia della chiesa locale.

 Itinerari educativi per la maturità cristiana delle persone

 Da cicli di conferenze tenute da esperti di differenti discipline sui problemi della coppia e della vita coniugale e familiare, occorre puntare a iniziative più organiche e unitarie, attente cioè all'unità interiore delle persone e ai differenti livelli di crescita spirituale, umana e cristiana: per rilevare carenze e ritardi, possibilità ed esigenze di sviluppo; per assicurare un programma educativo che metta armonicamente in esercizio le facoltà umane e spirituali e la coscienza morale di ciascuno; per preparare le persone a maturare la decisione libera per il consenso nel patto coniugale davanti al Signore e nella chiesa cattolica.

 Formare ai compiti sociali ed ecclesiali

 Dalla preoccupazione di preparare bene il matrimonio in modo da prevenire la destabilizzazione delle famiglie e con riguardo privilegiato ai problemi della coppia e del suo benessere interno, è necessario passare alla preoccupazione pastorale di edificare e dilatare la comunità ecclesiale attraverso la fondazione di nuove chiese domestiche. Questo chiede di preparare gli sposi alla famiglia e non solo alla vita di coppia, e a riconoscersi soggetti sociali, titolari di diritti e di doveri nella società e nella chiesa. Si tratta di verificare che la preparazione al matrimonio non avalli un'immagine intimistica e privatistica della vita coniugale.

 Lavorare insieme

 Dall'identificazione riduttiva della pastorale prematrimoniale con i corsi e itinerari di fede bisogna andare oltre, nella consapevolezza che la preparazione alla vita coniugale e familiare ha contenuti e orizzonti più ampi delle iniziative preparatorie al momento rituale e celebrativo delle nozze. Essa rimanda a momenti educativi remoti, prossimi e immediati; coinvolge realtà ed esperienze diverse in momenti diversi. Esige sintonia e capacità di lavorare insieme, nella diocesi e nelle parrocchie, con chi si occupa della pastorale giovanile e della scuola. Sollecita anche a proporre ai fidanzati iniziative diverse, quali campi scuola, esercizi e ritiri spirituali, esperienze caritative e missionarie.

 Un'azione concorde e proposte articolate

 Da iniziative delegate esclusivamente ai consultori familiari e a operatori consultoriali occorre arrivare a programmi articolati e differenziati, di cui si fa carico la chiesa particolare attraverso la sua struttura diocesana, zonale e parrocchiale, con i suoi ministri, i coniugi e i collaboratori pastorali. Ciò non esclude, anzi, richiede la specifica collaborazione dei consultori. Sotto la guida e la responsabilità del vescovo tutte le strutture e le risorse disponibili sono in azione per la preparazione remota e prossima dei giovani al matrimonio. Nel quadro di queste linee di rinnovamento, sviluppiamo ora alcuni criteri e aspetti fondamentali del servi zio organico e permanente della chiesa locale per il matrimonio.

 2. La chiesa particolare e la pastorale prematrimoniale

 La pastorale familiare e in particolare la pastorale prematrimoniale è sempre una forma particolare dell'unica missione di salvezza della chiesa. Ha perciò, come suo principio operativo e come protagonista responsabile, la chiesa particolare, anzi la diocesi. Gli orientamenti e le deliberazioni in tal senso della CEI del 1975, nonché le indicazioni normative della Familiaris consortio (IV parte) sono ora confermate dalla legge della chiesa. Il Codice di diritto canonico infatti fa obbligo ai pastori «di provvedere che la propria comunità ecclesiale presti ai fedeli quella assistenza mediante la quale lo stato di vita matrimoniale perseveri nello spirito cristiano e progredisca in perfezione». Stabilisce in particolare che tale assistenza sia prestata con la predicazione e la catechesi ai minori, ai giovani e agli adulti, con la preparazione e la fruttuosa celebrazione liturgica del matrimonio e infine «offrendo aiuto agli sposi perché questi, osservando e custodendo con fedeltà il patto coniugale giungano a condurre una vita familiare ogni giorno più santa e più intensa» (can. 1063; si veda anche il canone 1064). Ciò comporta dunque:

 -per adolescenti e giovani: iniziative pastorali e itinerari di catechesi che sviluppino la dimensione vocazionale della vita e formino alla risposta cristiana al Dio dell'amore nelle due grandi prospettive del matrimonio e della verginità; nell'età giovanile, in particolare, si presenti il fidanzamento come tempo di grazia e di responsabilità;

 -per tutte le coppie di fidanzati: iniziative varie di preparazione al matrimonio con adatte opportunità per tutti di un cammino personale di conversione e di itinerari di fede, tanto più esigenti per le coppie spiritualmente più generose;

 -quando si avvicina il tempo del matrimonio: una preparazione immediata, per tutte le coppie dei nubendi, comprendente i colloqui personali con il parroco (almeno tre, di solito) per una valida e più fruttuosa celebrazione del sacramento;

 -per le giovani coppie di sposi: proposte che nascano da un'autentica ispirazione pastorale di accoglienza  nella parrocchia e dalla doverosa attenzione alle reali esigenze delle giovani famiglie.

 Tocca alla chiesa diocesana stabilire orientamenti normativi nel contesto della programmazione pastorale, riuscendo anche a coinvolgere i Consigli presbiterali e pastorali, diocesani e parrocchiali. L'organismo diocesano preposto per la pastorale familiare, in collaborazione con l'Ufficio catechistico e liturgico, predisponga dei servizi, esprima criteri di discernimento sulle varie iniziative o sui sussidi, coordini e, se necessario, promuova direttamente iniziative al riguardo, perché nella chiesa locale ogni coppia di fidanzati divenga consapevole del proprio diritto-dovere di prepararsi bene al sacramento e trovi gli aiuti a cui come battezzati hanno diritto. Si superi la settorializzazione e la disorganicità delle competenze, coinvolgendo-soprattutto nelle parrocchie i responsabili della pastorale giovanile, e si valorizzino i gruppi, le associazioni, i movimenti che hanno singolare esperienza nel campo della formazione giovanile, coniugale e familiare. Ci si avvalga dei consultori e anche di ogni specifica competenza nelle scienze umane affinché l'opera di evangelizzazione sia adeguata alle situazioni personali e non sia disgiunta dalla promozione umana.

 3.  I fidanzati come protagonisti

 I fidanzati sono oggetto della cura pastorale della chiesa e al tempo stesso sono e desiderano essere considerati soggetti attivi del loro cammino di preparazione al matrimonio. Ogni coppia, quando domanda il matrimonio, si presenta con un proprio profilo spirituale, con una storia alle spalle, con un cammino o non cammino di fede dopo il battesimo, a volte senza neppure aver portato a termine con la cresima l'itinerario di iniziazione cristiana. Il tenere in considerazione tutto ciò è rispetto della persona e risponde a una precisa esigenza dell'evangelizzazione: non a tutti si può dare «cibo solido ma solo latte» come scrive un apostolo (Ebrei 5,12). Inoltre non si avrà mai abbastanza attenzione per tutto ciò che di positivo portano nella loro esperienza, anche se bisognoso di purificazione e trasformazione. È essenziale che le parole che ascoltano giungano a loro cariche di significato, pertinenti alla loro vicenda umana e al tempo stesso eco della Parola di Dio che li apre a nuovi orizzonti. Sono di utilità le forme di verifica periodica, all'interno delle comunità, sul grado di accoglienza da parte dei fidanzati e sui messaggi realmente percepiti. I fidanzati si lasciano coinvolgere in profondità quando sono persuasi di non trovarsi di fronte a formalità burocratiche. Altrimenti tentano tutte le astuzie possibili per scansarle. È doveroso programmare iniziative comunitarie e queste richiedono necessariamente un calendario fisso. Tuttavia non si possono eludere le difficoltà materiali e anche morali delle singole coppie a partecipare a ciò che è stato programmato. L'obbligatorietà della preparazione al matrimonio è da presentarsi come un dovere di coscienza di ciascun fidanzato di prepararsi umanamente e spiritualmente alla vita coniugale e familiare. La consapevolezza dell'obbligatorietà della preparazione è da inculcarsi ancor più fortemente nelle coppie più impegnate ecclesialmente. Quanto più hanno coscienza di essere chiamate a seguire Cristo nello stato di vita coniugale, tanto più si chiede loro un discepolato esigente. In ogni caso, quando si richiede come obbligatoria la partecipazione a un corso, bisognerà prima accertarsi della reale praticabilità di quella iniziativa. Già nelle Deliberazioni della CEI del 1975 si prendeva in considerazione la situazione degli immigrati, dei pendolari, di chi ha turni di lavoro non programmabili secondo il calendario dei corsi e degli itinerari. C'è da domandarsi quando e come i fidanzati possono avere notizia della necessità e dell'obbligatorietà di partecipare a queste iniziative. Non basta una minuscola locandina alla porta della chiesa o l'avvertimento formale del parroco a consenso e pubblicazioni avvenute e a data del matrimonio già fissata. Solo se diventa notizia comune a tutti, costume e tradizione, i fidanzati entreranno nell'idea di presentarsi al parroco molto tempo prima di aver fissato la data del matrimonio. Le pubblicazioni potrebbero così trasformarsi in una domanda-candidatura: in questa prospettiva esse andrebbero richieste dopo la partecipazione a un corso o a un itinerario di fede che ha reso i fidanzati più consapevoli di ciò che si apprestano a fare nella fede della chiesa.

 4. La formazione degli operatori

 Il ministero di evangelizzazione, catechesi e formazione dei futuri coniugi non si improvvisa: né da parte dei presbiteri, né da parte dei fedeli laici, sposati o no. La responsabilità della chiesa locale si manifesta anche nell'individuare presbiteri, coniugi e laici idonei e nel«chiamarli» esplicitamente a svolgere dei servizi nell'ambito di questo ministero. Ovviamente è necessario metterli in condizione di svolgere i compiti loro affidati a nome della chiesa, con la necessaria disponibilità di tempo, nel migliore dei modi e con una adeguata formazione spirituale e catechetica. Ne deriva l'urgenza che in ogni diocesi (o più diocesi insieme) si promuovano vere e proprie Scuole per operatori della pastorale familiare: animatori, coordinatori, relatori, esperti. All'interno dei loro programmi si darà spazio all'approfondimento dei vari aspetti teologici e antropologici del matrimonio, della coppia e della famiglia, alla metodologia e alla didattica della formazione. Indirizzi formativi e programmi per coloro che si dedicano all'apostolato familiare possono essere accolti nei piani di studio degli Istituti di scienze religiose e nelle Scuole di teologia per laici. Iniziative analoghe di formazione possono essere promosse anche in maniera autonoma dalle parrocchie o più parrocchie insieme, da associazioni e movimenti. Tuttavia, per il ruolo ecclesiale cui sono ordinate esigono sempre che si svolgano d'intesa con il vescovo e in collegamento con gli organismi diocesani preposti alla pastorale familiare. I tempi e i modi concreti dell'organizzazione sono ovviamente diversi per ogni comunità ecclesiale.

 I programmi daranno spazio:

 -alla conoscenza della Rivelazione cristiana sull'uomo e la donna, sull'affettività e sulla sessualità, sull'amore coniugale e sulla famiglia, alla luce della Scrittura, della tradizione viva della chiesa e del magistero;

 -alla conoscenza dell'affettività e sessualità nelle dimensioni antropologiche e psicologiche, valorizzando anche i contributi della sociologia e del diritto, ma sempre in un quadro coerente con la concezione cristiana del matrimonio;

 -alla conoscenza della dottrina sociale della chiesa con riferimento al matrimonio e alla famiglia e, in particolare, alla Carta dei diritti della famiglia;

 -a strumenti di conoscenza del mondo giovanile e delle sue problematiche;

-ai fondamenti della comunicazione catechetica, ai modelli e alle metodologie dei corsi e degli itinerari di fede, ai programmi di formazione spirituale dei fidanzati e di spiritualità della famiglia.

Nel progettare e condurre queste «scuole» di formazione, sempre si ricordi che animatori, coordinatori, relatori, operatori sono prima di tutto dei testimoni Parlano di ciò in cui credono, annunciano Colui al quale hanno consacrato la loro esistenza e dal quale per mezzo della chiesa sono «mandati» a insegnare ai fratelli tutto ciò che lui ha insegnato loro. Non c'è missione senza discepolato. Non si può fare apostolato senza prima essere discepoli. Per questa ragione non possono bastare la buona volontà e tanti anni di esperienza coniugale per partecipare all'opera di evangelizzazione e promozione umana del matrimonio e della famiglia. Si richiede anche una formazione nella vita di fede, di preghiera, di carità. Si richiede specialmente la viva capacità di «sentire con la Chiesa»: diocesana, nazionale e universale, e di farsi corresponsabili della comunione nella concreta comunità ecclesiale e nella parrocchia di cui sono parte.

5. Importanti competenze dei consultori familiari

I consultori di ispirazione cristiana hanno svolto un ruolo fondamentale, storicamente anticipatore, nell'iniziare un'esperienza di preparazione al matrimonio e alla famiglia. Rientra infatti negli scopi statutari di questi organismi porre in atto servizi di consulenza, di informazione e formazione a favore della vita di coppia e di famiglia. In questa prospettiva molti consultori hanno programmato e tuttora programmano attività per la preparazione al matrimonio che si caratterizzano in termini preminenti di promozione umana. Le metodiche adottate rispondono a precisi criteri di professionalità. Le comunità ecclesiali hanno il dovere di sostenerli e di riconoscere gli spazi legittimi e originali loro propri anche nella preparazione della persona «coniugale». Particolarmente oggi, a fronte di tante crisi coniugali improvvise e di tante richieste di nullità di matrimonio, occorrerà sempre più aiutare i fidanzati a maturare una capacità di relazione e di discernimento delle motivazioni che li spingono a sposarsi. Tanto più che il Codice di diritto canonico fa avvertiti che sono incapaci di consenso coloro che mancano di sufficiente uso di ragione; coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e doveri matrimoniali da dare e accettare reciprocamente; coloro che, per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio (can. 1095). Diocesi, zone pastorali, parrocchie, associazioni e movimenti fanno bene ad accogliere e sollecitare la collaborazione dei consultori di ispirazione cristiana nel contesto di una multiforme programmazione di pastorale prematrimoniale. In questo contesto è opportuno indirizzare al consultorio familiare, per colloqui personali o di coppia, i giovani quando nella loro relazione sentimentale affiorassero difficoltà. All'inizio della stagione del fidanzamento la partecipazione a uno dei corsi organizzati dal consultorio può colmare eventuali lacune della loro educazione di base, specie per quanto riguarda una visione corretta della sessualità e le modalità di una relazione interpersonale uomo-donna. Così pure, preziosa ed efficace può dimostrarsi la collaborazione degli esperti del consultorio per la preparazione degli animatori e operatori della pastorale prematrimoniale e familiare. Infatti dal punto di vista antropologico e psicologico urge acquisire le conoscenze e il linguaggio capaci di tradurre la «buona notizia del matrimonio cristiano» in termini culturalmente compatibili con le nuove generazioni. I consultori di ispirazione cristiana sono preziosi per dare un supporto competente alla prevenzione dell'aborto volontario, per promuovere la cultura della vita e per incoraggiare e sostenere, con la consulenza, una procreazione responsabile che si affidi allo stile dei metodi naturali. Tuttavia occorre anche riaffermare che la comunità ecclesiale e i suoi pastori non possono mai delegare ai consultori ciò che loro compete per missione, carismi e responsabilità, in ordine all'evangelizzazione e alla catechesi. II matrimonio è sacramento della chiesa per edificare la chiesa.

6. Il ruolo del presbitero

Il presbitero è padre ed educatore nella fede dei battezzati. Pertanto è suo precipuo compito curare che ciascun fedele sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo e a praticare in essa la carità sincera e operosa.  La chiamata dell'uomo e della donna a «sposarsi nel Signore» è vocazione personale a seguire Cristo nello stato di vita coniugale e familiare. Con riguardo ai giovani che si preparano al matrimonio e alla famiglia, il presbitero esercita questa cura quando:

-sa accogliere con animo lieto i fidanzati che si presentano a chiedere di celebrare il matrimonio;

-formula con loro un programma articolato perché maturino nella fede la loro decisione di sposarsi, e accompagna e sostiene le coppie spiritualmente nel tempo del fidanzamento;

-orienta i fidanzati a partecipare a itinerari comunitari di catechesi prenuziale, parrocchiali, zonali o diocesani, sollecitandoli nel cammino di conversione permanente anche mediante il sacramento della riconciliazione;

-conduce i fidanzati a celebrare attivamente con fede e nella grazia la liturgia nuziale, culmine della loro preparazione e fonte della novità della loro vita coniugale.

Particolari responsabilità sono affidate al presbitero che è parroco o collaboratore del parroco.

Il parroco ha la responsabilità di accertarsi della validità della celebrazione e anche di predisporre i fidanzati a una ricezione fruttuosa della grazia del sacramento. Perciò i suoi colloqui personali con le coppie sono molto più che adempimenti formali. Le stesse coppie s'attendono di più. L'atteggiamento richiesto al presbitero è quello di un discernimento sapienziale dell'autenticità della domanda religiosa del matrimonio e della maturazione in entrambi della volontà di celebrare un patto coniugale come lo intende la chiesa. Pertanto questi colloqui non sono mai sostituibili con la partecipazione della coppia a itinerari di catechesi organizzati comunitariamente. Potrebbe invece riscontrarsi l'opportunità di non inviare subito la coppia ai corsi o itinerari organizzati, ma di affidarli invece a qualche coppia di sposi per una catechesi più personalizzata. Questa soluzione si rende ancor più opportuna quando i fidanzati non hanno ancora ricevuto tutti i sacramenti dell'iniziazione cristiana. Il presbitero incaricato di organizzare o di farsi responsabile di un corso o di un itinerario di fede prematrimoniale, chiami una o due coppie di sposi, adeguatamente preparate, ad assumere la conduzione e moderazione di queste iniziative, ma assicuri sempre la sua presenza. Una presenza discreta da ministro della Parola, da esperto di preghiera e in umanità. I suoi interventi facciano risuonare con accenti personalizzati e motivanti il vangelo di Gesù e il magistero della chiesa sul matrimonio, per risvegliare nei giovani la domanda di verità e di valori, e il desiderio, più che di avere e di «consumare» amore, di ritrovarsi e di essere se stessi nell'amore che si coltiva nella castità coniugale. Il presbitero che presiederà alla celebrazione nuziale tenga presente che tutto ciò che per lui o i suoi collaboratori può essere di routine, è invece per i due nubendi un evento unico e irrepetibile, atteso con trepidazione, da preparare con cura sul piano umano e di grazia.

7. Messaggi e valori da annunciare

Nel contesto socio-culturale di oggi indichiamo alcune verità e valori sull'amore e sul matrimonio da tradurre in messaggi capaci di giungere al cuore delle persone. Le linee fondamentali di un itinerario sistematico sugli aspetti antropologici, teologici e spirituali del matrimonio sono esposte nella seconda parte. Qui si richiamano alcune priorità con riferimento ai problemi di vita e alle domande da non disattendere negli incontri e itinerari di fede dei fidanzati e da aver sempre presenti nella integralità della visione del matrimonio, nei suoi aspetti naturali e di grazia.

La sacra Scrittura al primo posto

La comunicazione catechistica è tanto più efficace se ha carattere biblico e personalistico. Prima della coppia e del matrimonio ci sono l'uomo e la donna chiamati all'esistenza dalla Parola di Dio che li ha creati a sua immagine e somiglianza: «Non avete letto come il Creatore da principio li creò maschio e femmina?» (Matteo, 19, 4). Lo stesso carattere istituzionale del matrimonio è iscritto nel disegno originale della creazione e risponde a esigenze profonde di promozione della personalità di entrambi i coniugi.

Parità e reciprocità dell'uomo e della donna

Le trasformazioni della condizione femminile pongono seri problemi alla ridefinizione della coppia nel superamento dei ruoli tradizionali. Anche con l'aiuto della lettera apostolica Mulieris dignitatem, occorre rivisitare la Scrittura per una conversione che riguarda l'uomo e la donna e la loro relazione nella luce della Parola del «principio» della creazione. «Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Genesi, 2, 18): fin dall'inizio l'uomo e la donna sono chiamati a esistere reciprocamente l'uno per l'altro, l'uno affidato all'aiuto dell'altro. Nella parità e nella reciprocità, nella consapevole differenza di identità e di vocazione, si afferma la sottomissione «reciproca nel timore del Signore», illuminando il senso e il contenuto di questa sottomissione, che esclude la passività e la dipendenza dell'uno o dell'altro.

Necessità della conversione

Il Vangelo è liberante e salva dall'illusione di una innocenza, «in natura», del rapporto interpersonale uomo-donna. La relazione uomo-donna è ferita dalla concupiscenza, ma riscattata e trasfigurata nella redenzione di Cristo. La sua grazia vince il peccato, radice di ogni dominio e seduzione (cfr. Genesi 3, 16) e restituisce all'uomo e alla donna il linguaggio sponsale del corpo nella sua trasparenza, secondo il disegno del principio: «erano tutti e due nudi, ma non ne provavano vergogna» (Genesi 2, 25). La sessualità non è identificabile con la lussuria che ne è invece la deformazione patologica. Tutte le passioni umane possono condizionare e alterare le espressioni della relazione sessuale. Per vivere bene la relazione sessuale occorre la conversione del cuore.

«Si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola» (Efesini 5, 31; Matteo 19, 10)

Si tratta di illuminare il mistero che si compie attraverso il sacramento nuziale: il diventare «uno», per l'azione dello Spirito, conformandosi a Cristo nel suo rapporto con la chiesa. In questa prospettiva la catechesi ripresenta le note caratteristiche del matrimonio: l'unità intesa come impegno di comunione, riflesso della comunione trinitaria; la fedeltà e la indissolubilità, come impegno a essere per l'altro, in modo singolare, tutto ciò che implica il titolo di «sposo, sposa», nel vincolo della solidarietà più profonda e indissolubile; la fecondità, come apertura nella comunione d'amore ai figli e, più generalmente, al prossimo.

«Quello che Dio ha congiunto l'uomo non lo separi» (Matteo 19, 10)

Oggi si tende a fruire della sessualità prima o al di fuori del matrimonio, e a equiparare il matrimonio a qualsiasi convivenza anche temporanea. Pertanto nella catechesi è necessario inculcare che il matrimonio è costituito dal patto coniugale manifestato, nella chiesa, come patto irrevocabile, con decisione libera e responsabile. Il contenuto di questo patto è il darsi e l'accogliersi come sposi per sempre in tutto ciò che si è per natura e per grazia, così che non è lecito l'esercizio della sessualità al di fuori del matrimonio.

Significato dell'atto coniugale e procrezione responsabile

La cultura odierna dissocia la sessualità dall'amore, l'amore dalla fecondità, la fecondità dalla sessualità. Occorre pertanto annunciare con forza, alla luce della Rivelazione e del magistero, il duplice e inscindibile significato unitivo e procreativo dell'atto coniugale. Il patto di alleanza coniugale comporta il darsi e l'accogliersi nella totalità del proprio essere, compresa la fertilità.  La chiesa intende in senso positivo il termine «procreazione responsabile» e non negativo. L'essere sposi è responsabilità davanti a Dio e a se stessi, e responsabilità dinanzi alla società, specialmente nelle circostanze presenti di preoccupante denatalità. L'essere sposi e genitori è un ministero ecclesiale: richiede la libertà interiore di dare risposta alla chiamata di Dio per entrare nella benedizione del Creatore, il quale «li benedisse e disse loro: Siate fecondi...» (Genesi 1, 28).  Urge soprattutto annunciare il valore del figlio come persona, in dialogo con Dio fin dal concepimento, e la gravità dell'aborto volontario, in quanto uccide una vita umana. Questa consapevolezza domanda anche forme nuove e capillari di solidarietà verso ogni donna e ogni coppia tentata di rifiutare la maternità.

Siate premurosi nella ospitalità (Romani 12,2)

Non avallare col silenzio l'idea che il sacramento del matrimonio è compatibile con qualsiasi stile di vita coniugale intimista e protesa solo al proprio benessere. Oggi la catechesi prenuziale non può eludere il tema della famiglia aperta alla solidarietà, all'accoglienza della vita -a partire dalla vita del bambino non ancora nato- all'affisso familiare e alla ospitalità.

Siate artefici di umanesimo familiare (Giovanni Paolo II) 

La società di oggi attende dalle famiglie dei cristiani una presenza che sia costruttiva anche di una rilevanza sociale e politica della famiglia fondata sul matrimonio. Un itinerario catechetico centrato esclusivamente sulla vita interna alla coppia, accentua la diffusa concezione privatistica del matrimonio e della famiglia.

 Apostoli e guide di altri sposi (Paolo VI)

 La catechesi, anche se prenuziale, non può riferirsi solo al tempo che prepara la celebrazione, ma aiuta a guardare oltre.  Il ministero coniugale chiede di essere illustrato come specificazione della vocazione battesimale e della grazia della cresima e perciò come impegno missionario e di apostolato nella chiesa e nella società. Così è opportuno presentare ai fidanzati gruppi, servizi e modalità per continuare una formazione permanente da sposi.

 8. Per dare un volto e uno stile agli itinerari di fede

 Si suggeriscono indicazioni e criteri a partire anche da esperienze raccolte a livello nazionale.

 Indicazioni generali

 I termini cammino e itinerario evocano esperienze continuate nel tempo e dinamiche, ma definite. Pertanto è bene che ci siano un segno iniziale, un segno conclusivo e tappe intermedie. Il tutto con modalità unitarie e organiche, graduali e progressive. È rilevante che tali esperienze siano proposte come destinate a tutti e a tutti accessibili, fugando l'impressione che si tratti di «cenacoli» riservati. Per creare tradizione nella comunità ecclesiale e nella mentalità della gente, occorre assicurare una certa stabilità e consuetudine di esperienze. Questo richiede che una medesima impostazione sia ripetuta in luoghi diversi e con persone diverse. Poiché queste iniziative pastorali sono per il bene spirituale delle persone in tempi e contesti culturali differenti, occorre coniugare insieme «tradizione» e «aggiornamento» con un dinamismo che nasce da periodiche verifiche. Tali verifiche sono effettive e vantaggiose quando coinvolgono sia gli operatori pastorali che i fidanzati.

 Indicazioni specifiche

L'accoglienza. È fondamentale che i fidanzati possano incontrare subito un ambiente accogliente. La sua immagine è data dallo stile delle persone e da un insieme di piccole cose. Vi concorrono anche alcuni segni, come la cordialità e la decorosità, pur nella povertà, del luogo dell'incontro. In una parola: un'atmosfera di famiglia.

Gli animatori. I fidanzati si rendono più facilmente  conto del dono proprio degli sposi, nel loro stato di vita e nel loro ordine in mezzo al popolo di Dio, quando sono gli sposi (una o due coppie) che conducono e animano gli incontri insieme al presbitero.

Essi non si identificano necessariamente con i relatori. Loro compito è condurre l'incontro, raccordare l'argomento della serata con quelli precedenti e inquadrarlo nel contesto dell'itinerario. Per far ciò si rende necessario che siano presenti a tutti gli incontri. Queste coppie, significative sotto ogni aspetto umano e di grazia, vanno adeguatamente preparate e il loro servizio apostolico sia riconosciuto dalla comunità ecclesiale. Anzi è bene sia loro espressamente richiesto, eventualmente esonerandoli da altri impegni ecclesiali.

Il metodo.

Un itinerario di fede non si riduce a un ciclo di conferenze-dibattito su temi non concatenati tra loro. È un cammino sistematico e organico. Si richiede che quelli che lo conducono operino insieme collegialmente, sappiano esattamente che cosa dire, come dirlo, come iniziare e concludere l'incontro, con quali accorgimenti far partecipare i fidanzati. E pur nella flessibilità delle circostanze, non si improvvisi mai.

Contenuti e linguaggio siano catechistici. Ciò comporta l'esposizione esatta della dottrina e la sua presentazione come messaggio, che interpreta la condizione spirituale delle persone e annuncia la parola che la assume, la purifica e la trasforma. È bene curare la precisione di ciò che si dice, con profonda fedeltà alla tradizione biblica ed ecclesiale. Ciò che si comunica e si consegna è al tempo stesso testimonianza della verità del Signore professata nella fede. L'argomento dell'incontro va introdotto in modo essenziale e compiuto, così da poter essere compreso anche da chi ha scarsa preparazione. La successione degli argomenti sia il più possibile lineare. Non si lasci intendere che solo il presbitero può presentare i temi della fede, mentre i laici al massimo portano l'esperienza delle cose pratiche di famiglia a conferma di ciò che ha spiegato il presbitero.

Il tempo.

I tempi forti dell'anno liturgico sono sempre da privilegiare nella programmazione di questi itinerari di fede. Quando le circostanze lo consentono, caldeggiare la partecipazione a un itinerario programmato nel periodo quaresimale diventa un segno pasquale. Si tratta di catechesi per la conversione, in vista di un sacramento della fede che ripresenta e attualizza le nozze di Cristo nella pasqua con la chiesa. Anche al di fuori di questi tempi forti, il prolungare per più settimane la durata dell'itinerario è più significativo dello stesso numero degli incontri. L'incontrarsi insieme, per un mese e mezzo e oltre, settimanalmente, facilita familiarità e ravvicinamento alla realtà ecclesiale, favorisce il ritorno a una fruttuosa pratica sacramentale.

La preghiera.

Un itinerario di fede, in vista del matrimonio, non può non essere anche un'esperienza graduale e progressiva di preghiera. L'iniziativa di formazione proposta, quale che sia la sua struttura e pur avendo presente la realtà dei partecipanti, deve consentire a tutti, con la grazia di Dio, di ritrovare il gusto della preghiera personale, insieme con un metodo, tempi e contenuti della preghiera comune della coppia.

La benedizione dei fidanzati, può opportunamente diventare il segno iniziale dell'itinerario, posto a conclusione del primo incontro. Una sorta di «traditio», cui può far riscontro una forma di «redditio» a fine itinerario con la rinnovazione della professione di fede battesimale. Aiuterebbe a comprendere che il matrimonio è radicato nel battesimo e li consacra ministri di santificazione nella famiglia e di edificazione della chiesa. È molto opportuno prevedere e offrire dei momenti più intensi di spiritualità (giornata di ritiro, esercizi spirituali). Ci sia sempre, a sostegno spirituale la preghiera della comunità, nei modi e nelle forme che localmente si ritengono più adatte: a es. nella preghiera domenicale dei fedeli.

La vita di fede della famiglia.

L'itinerario di preparazione al matrimonio intende motivare nei fidanzati la rilevanza della vita di fede nella famiglia che stanno per formare, e proporre loro i momenti essenziali di preghiera che dovranno scandire le loro giornate e le settimane, con riguardo specialmente alla preghiera quotidiana e fatta insieme in famiglia, al perdono reciproco e al valore della riconciliazione sacramentale, alla celebrazione del Giorno del Signore e alle opere di misericordia corporale e spirituale. Si tratta di formare famiglie che vivano di fede, con una spiritualità autentica e una fede incarnata.

La verifica.

Utilizzando le circostanze più favorevoli si proponga una verifica del cammino compiuto, con attenzione sia alle persone e alle loro esigenze sia al cammino d'insieme.

L'attestato di partecipazione sia un segno-ricordo e non solo un documento d'ufficio.

9. Verso una celebrazione esemplare del sacramento

La celebrazione liturgica del sacramento è forma eminente con cui la chiesa evangelizza il matrimonio cristiano. Pertanto è cosa buona che i fidanzati abbiano in mano il rito del matrimonio fin dall'inizio della loro preparazione, e che si dedichi tempo alla spiegazione dei singoli gesti e riti. È molto opportuno invitare i fidanzati a leggere, personalmente e in coppia, almeno le pagine della Scrittura proposte nel libro liturgico del Rito del matrimonio. È un esercizio di ascolto della Parola di Dio e di riflessione, con la guida anche del presbitero e delle coppie animatrici. I fidanzati potranno anche scegliere per la celebrazione del rito le letture più consone alla loro situazione spirituale. Nel tempo più vicino alla celebrazione delle nozze si invitino gli amici e parenti a collaborare con la proclamazione delle letture, la preghiera dei fedeli, il canto... Possibilmente si prepari un sussidio che permetta all'assemblea presente al rito nuziale di seguirlo con maggior attenzione e partecipazione.

Alcune coppie alla vigilia delle nozze invitano i familiari e gli amici a una veglia di preghiera.

In alcune celebrazioni gli sposi, d'accordo con il presbitero che presiede l'eucaristia e la benedizione nuziale, accentuano sobriamente alcuni momenti e segni del rito che:

-annunciano l'impegno del matrimonio a servizio dell'edificazione della chiesa;

-testimoniano l'invocazione dello Spirito per il consenso nuziale;

-evidenziano il rapporto fra il sacramento e la fede del battesimo.

A tutti la comunità ecclesiale offra pari possibilità- di un rito festoso e dignitoso, che si caratterizzi a un tempo per la solennità dell'evento e la semplicità dei gesti. Le nozze sono incontro di famiglia e di amici e occasione giustamente di festa.  Ma la festa non è il lusso, come l'abbondanza che anche Gesù ha portato nelle nozze non significa spreco; perciò non dovrebbe essere offensiva e umiliante per i poveri. È molto opportuno suggerire agli sposi, in occasione del matrimonio un'opera di misericordia spirituale o corporale verso i poveri, o una persona inferma o malata. Il gesto è molto più espressivo della parola per dichiarare che la nuova famiglia vorrà essere casa in cui abita la carità.

PARTE II

IL VANGELO DEL MATRIMONIO E DELLA FAMIGLIA

 Queste pagine tracciano un itinerario di fondo per introdurre i giovani nella conoscenza del mistero cristiano del matrimonio. L'itinerario muove dalla realtà umana che vivono i fidanzati, per lumeggiarla con l'annuncio che dà senso cristiano alla vita, all'amore e alla famiglia. Gli aspetti antropologici e di scienze umane sono rilevanti nella preparazione al matrimonio. Ecco perciò i capisaldi sui quali articolare la illustrazione del mistero sacramentale come «buona notizia»: la vocazione all'amore dell'uomo e della donna, il matrimonio come vocazione radicata nel battesimo, la rivelazione nel matrimonio del mistero trinitario e dell'alleanza pasquale di Cristo, i valori e i segni che fanno del matrimonio e della famiglia la «intima comunità di vita e di amore», la «chiesa domestica», profezia vivente della civiltà dell'amore e del regno che viene ogni giorno. Questo testo non contiene, però, i contenuti delle catechesi da svolgere e non si sostituisce pertanto ai catechismi e ai sussidi disponibili in libreria. Mira invece a evidenziare circostanze di fondo, avvertenze e inavvertenze più rilevanti, impostazioni bisognose di una caratura più aggiornata, perché le molte strutture e le varie iniziative pastorali che vengono poste in atto non disattendano le finalità pastorali ed educative che si propongono. Le proposte catechistiche che si evincono dal testo possono sembrare incomplete per coloro che sono già attivi nell'impegno ecclesiale, e sovrabbondanti per altri che vivono di «religiosità senza credenza». Di fatto sollecitano ad avere riguardo al cammino di fede dei singoli, quale che sia la loro statura spirituale, per promuoverli con rispetto e con fiducia a una tappa di più matura preparazione al matrimonio nella verità e nella carità.

 

1. Matrimonio e famiglia, realtà umane

 La Chiesa conosce la via sulla quale la famiglia può giungere al cuore della sua verità più profonda. È una via imparata alla scuola di Cristo e nel tirocinio della storia interpretata nella luce dello Spirito.

 La Chiesa è profondamente convinta che solo con l'accoglienza del Vangelo trova piena realizzazione ogni speranza che l'uomo legittimamente pone nel matrimonio e nella famiglia (cfr. Familiaris consortio, nn. 3 e 86).

 La preparazione al matrimonio e alla famiglia è occasione privilegiata nella crescita della persona nella fede di Cristo e della chiesa. È tempo di un cammino di fede nella comunità cristiana e comporta anzitutto che le persone si sentano accolte, come persone e come coppie. L'accoglienza si esprime come riguardo da avere nello stile e nelle forme degli incontri, e ancor più nei contenuti della catechesi che viene loro proposta e nel discorso che con loro si intreccia. Non si tratta solo di tecnica delle relazioni umane. L'attenzione alle persone e alle loro vicende umane risponde a un criterio di fedeltà al Verbo che si è fatto carne e ha assunto tutta intera la realtà umana per purificarla dal peccato e farla strumento di salvezza. Risponde a una esigenza della pedagogia cristiana, che raccomanda di muovere dai problemi umani e dai valori che appartengono all'esperienza delle persone, per tenerli presenti nell'esporre il messaggio cristiano (cfr. Il rinnovamento della catechesi, abbrev.: RdC 77 e 173). Il piacere e il desiderio di amarsi e la realtà umana che le coppie portano con sé sono intensi e carichi di interrogativi: sulla verità profonda che dà senso all'amare e allo sposarsi, alla fedeltà e all'unità dell'amore, alla fecondità della coppia umana e al fare famiglia. Sono domande spesso sopite o rimosse, a volte temute. Sono interrogativi da far emergere e rendere consapevoli, perché questo è promozione dell'uomo e servizio di carità. Può sembrare strano che per rispondere a essi si debba partire da lontano, da domande fondamentali: chi è l'uomo? chi è Dio... Si è in presenza infatti di una vicenda umana che nasce dal cuore delle persone e che precede in qualche misura altre scelte ispirate dalla fede e dalla religione. Matrimonio e famiglia sono anzitutto realtà umane che hanno radici profonde nell'essere delle persone e rimandano perciò a Dio, perché a immagine e somiglianza di Dio la persona è creata (cfr. Genesi 1, 26). Se si cerca il senso ultimo dell'amore umano, del matrimonio e della famiglia, non si può prescindere da Dio. Perché l'uomo e Dio non possono essere scissi tra loro. E Dio vuole che non vi siano sposi senza amore.

 2. La vita dell'uomo, vocazione all'amore

 La rivelazione cristiana conosce due modi specifici di realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all'amore: il matrimonio e la verginità. Sia l'uno che l'altro, nella forma loro propria, sono una concretizzazione della verità più profonda dell'uomo, del suo «essere ad immagine di Dio» (Familiaris consortio, n.11). La preparazione al matrimonio e alla famiglia non si può intendere se non in una visione della vita come vocazione. Dio è amore ( 1 Giovanni 4, 7-8) e ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, chiamandolo all'esistenza per amore e all'amore. «Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità, dell'amore e della comunione» (FC, 11). La persona umana diventa ciò che è, simile a Dio, nella misura in cui diventa uomo/donna che ama, scegliendo le vie del matrimonio o della verginità. Ambedue sono forme per realizzare la vocazione all'amore e tra loro non esiste contrasto bensì complementarietà e reciproca conferma. L'uomo/donna è chiamato all'amore nella sua totalità unificata di corpo e spirito. Di conseguenza, la sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è mai realtà puramente biologica, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altro fino alla morte. Senza la conoscenza e l'accoglienza del disegno di Dio sulla vocazione umana, sull'amore e sulla sessualità, la persona umana è come incapace di attingere la verità primordiale del suo io e del suo destino. Rischia di andare a tentoni, cercando se mai arrivi a trovarla, benché Dio non sia lontano da ciascuno di noi (cfr. Atti 17, 27).

 3. Dal battesimo al matrimonio

 Mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella nuova ed eterna alleanza, nell'alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. È in ragione di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita e di amore coniugale viene elevata e assunta nella carità sponsale di Cristo, sostenuta e arricchita dalla sua forza redentrice (Familiaris consortio, n.13). Contrariamente alla esperienza immediata dei nubendi, la loro preparazione al matrimonio è cominciata da lontano. La vocazione al matrimonio ha la sua radice nella vocazione del battesimo. Nel segno dell'acqua battesimale, grazie alla fede della chiesa e all'opera educativa dei genitori, è iniziato un cammino che dovrebbe avere inserito sempre più intimamente l'uno e l'altro dei fidanzati nel corpo mistico di Cristo che è la chiesa. L'essersi incontrati e l'essersi ri-conosciuti vivi l'uno per l'altro è un segno, nella fede, dell'amore preveniente di Dio che si rivela, e di Cristo che chiama a vivere nel suo comandamento: «Amatevi come io vi ho amati» (Giovanni 13, 34). Le occasioni d'incontro in preparazione al matrimonio devono consentire a ciascuno di prendere coscienza del proprio itinerario di conversione, di abbandono alla volontà di Dio, di solidarietà nella chiesa e conformazione a Cristo, di vita nuova nel mondo (cfr. RdC 17). Se sono credenti, è facile per i due fidanzati condividere quanto viene detto e mettere in comune con gli altri la gioia di credere. Se hanno qualche dubbio di fede, hanno l'occasione di riflettere e maturare una fede, ferma forse a lontani ricordi dell'infanzia. Se non credono, eppure chiedono di sposarsi in chiesa, è giusto e doveroso che conoscano il vero significato di ciò che stanno per fare, per apprezzare se possibile l'orizzonte che la fede apre loro sul matrimonio cristiano. Quando decidono di sposarsi «nel Signore», un uomo e una donna decidono di portare a compimento il loro amore sul fondamento della vita nuova in cui il battesimo li ha immersi. Essi risponderanno in solido della salvezza e assumeranno la responsabilità congiunta di guidare alla salvezza di Cristo tutta la propria famiglia. Il sacramento del matrimonio specifica il loro battesimo e, in qualche misura, lo porta a compimento, così che non sono singoli battezzati ma unità, non sono due ma un solo essere. Il matrimonio è in realtà, come sottolinea la tradizione orientale, un battesimo coniugale e la vita coniugale è sempre un'esistenza battesimale.

4. Il matrimonio, patto d'amore che esalta e salva la libertà della coppia

È dall'atto umano con il quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l'istituto del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino. Questo vincolo sacro, in vista del bene sia dei coniugi e della prole, che della società, non dipende dall'arbitrio dell'uomo (Gaudium et spes, n. 48). La preparazione al matrimonio ha da fare i conti oggi con una mentalità soggettivistica diffusa che rischia di pensare il matrimonio e di sceglierlo come una «esperienza» affidata puramente alla buona volontà e all'intesa privata dei due, destinata a cessare quando l'intesa venga meno. È necessario pertanto presentare il matrimonio quale è rivelato nel disegno di Dio creatore: «intima comunità di vita e d'amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, stabilita dal patto coniugale, ossia dall'irrevocabile consenso personale» (GS 48).

Il matrimonio è istituzione.

Lo è non solo perché organizzato in forme particolari e come tale è riconosciuto.

Lo è perché è istituito da Dio creatore e inserito nella struttura profonda della persona umana; e perché è dotato di una struttura e di finalità sociali che devono esser riconosciute e stabilmente protette dalla società. Lo è come esigenza interiore del patto d'amore coniugale che pubblicamente si mostra come unico ed esclusivo. Come istituzione, il matrimonio connette mirabilmente tra loro Dio e uomo, affetti e aspirazioni delle persone e storia, individui e istituzioni. La fedeltà di Dio è la garanzia ultima di fondamento stabile, di continuità perseverante, di lotta vittoriosa sulle debolezze umane. È sua la parola creatrice e la benedizione, che pone la coppia al principio della storia e la proietta nel tempo: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra» (Genesi 1, 27-28). Il matrimonio non è, dunque, una vicenda privata e intima di due persone. Appartiene agli sposi e insieme alla comunità umana. Il matrimonio non è neppure mera esperienza e momento puramente soggettivo di autorealizzazione degli individui. Anche se è vicenda di due persone in un dato tempo e luogo, è destinato a divenire cerniera di generazioni, interfaccia tra passato e futuro, tra memoria e speranza; ed è anello di comunicazione e di relazioni tra famiglie e famiglie, tra tradizioni differenti e compresenti, di fatto anche tra cristiani e non.

5. La novità cristiana del matrimonio: sposi nel Signore

Gli sposi sono il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce: sono l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia (Familiaris consortio, n. 13). Le scienze umane, la psicologia, la sociologia, sono soccorso prezioso nella preparazione al matrimonio cristiano per la intelligenza della vicenda umana di ciascuna coppia. Ignorarne il contributo sarebbe grande errore. Ma la preparazione al matrimonio e alla famiglia richiede, come in ogni cammino di fede, che i discorsi si basino soprattutto sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, come scrive san Paolo: «parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria» (cfr. 1 Corinzi 2, 7). Si propone una traccia elementare di temi, che si possono considerare essenziali come oggetto di annuncio nel cammino di fede in preparazione al matrimonio e sono motivo perciò anche di invocazione e preghiera.

I) Da sempre, fin «dal principio», la storia umana dell'amore e dell'unione coniugale tra uomo e donna riflette come in uno specchio la verità profonda di Dio che ama il suo popolo, lo educa e lo salva: l'unione coniugale è simbolo del patto d'amore tra Dio e il suo popolo.

2) Con l'incarnazione, Gesù Cristo ha confermato la dignità della istituzione del matrimonio e l'ha ricondotta anzi alla verità del principio della creazione (Matteo 19,4-6). Con la sua morte e risurrezione il matrimonio umano viene sanato nelle sue alienazioni, restituito a tutta la sua dignità e alle sue valenze iniziali, santificato come stato di vita e inserito nel mistero d'amore che unisce Cristo redentore e sposo alla sua chiesa, nuovo popolo di Dio, sposa eletta.

3) Ora il disegno è compiuto. Il matrimonio è «simbolo reale della nuova ed eterna alleanza sancita dal sangue di Cristo» (FC n. 13). È sacramento, uno dei sette segni che la chiesa sente attivi nel suo seno con sue proprie modalità. II dono della creazione, che è il patto degli sposi, è elevato a segno e strumento della pienezza d'amore e della solidarietà radicale di Gesù Cristo sposo della sua chiesa.

4) Benché il titolo di Gesù, «sposo» per eccellenza, sia ordinariamente trascurato dalla cristologia, esso deve trovare tutto il suo significato. Allo stesso modo che Gesù è la vita, la verità, la via, la luce, la porta, il pastore, l'agnello, la vigna e perfino l'uomo, poiché riceve dal Padre «il primato su tutte le cose» (Colossesi 1, 18), con la stessa verità e a buon diritto, è anche lo sposo per eccellenza, vale a dire «il maestro e il Signore», quando si tratta di amare l'altro come la propria carne. Perciò la cristologia del matrimonio si deve iniziare da questo titolo di sposo e del mistero che esso richiama. In questo campo, come in ogni altro, «nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo» (Commissione Teologica Internazionale, Tesi cristologiche, n.4,1977).

5) Nello Spirito Santo, i coniugi cristiani acquisiscono coscienza e responsabilità che il loro matrimonio è radicato e vissuto «nel Signore» (1 Corinzi 7, 39). L'amore supremo e il dono del Signore fino al suo sangue-come pure l'adesione fedele e irrevocabile, la solidarietà radicale della chiesa, sua sposa-diventano modello ed esempio per il matrimonio cristiano. Anzi, dal Cristo, nello Spirito Santo, viene il dono di una vera partecipazione degli sposi al rapporto di amore tra Cristo e la chiesa. Nella vita coniugale e familiare Cristo è presente, rimane con gli sposi perché possano amarsi l'un l'altro fedelmente, per sempre, con mutua dedizione, come egli ha amato (cfr. GS 48).

6) Dal canto loro, gli sposi cristiani rappresentano o meglio, ripresentano efficacemente, in forza della grazia di Cristo, la chiesa del Signore nel mondo e, specialmente con la dimensione familiare, edificano «la chiesa domestica» (LG 11). Gli sposi sono addirittura i ministri di un sacramento che li riguarda al massimo. Essi sono abilitati al ministero coniugale, ministero originale e specifico di santificazione, di annuncio della Parola e di carità operosa, un servizio umile e prezioso a dimensione regale, profetica, sacerdotale.

7) La famiglia cristiana ha dal sacramento del matrimonio la sua sorgente, la sua consistenza e la sua profezia, così da «rendere a tutti manifesta la viva presenza del Salvatore del mondo e la genuina natura della chiesa» (GS 48).1 figli sono il riflesso vivente dell'amore degli sposi, dono e segno permanente dell'unità coniugale, sintesi del loro essere padre e madre, benedizione per l'umanità. La preparazione al matrimonio è anche occasione per mettere in questione un linguaggio ed espressioni che non sono cristiane; «pericolo di gravidanza», «paura del figlio», «fare un figlio», tradiscono una mentalità che non consente di guardare con animo sereno alla gravidanza, che non è di per sé un pericolo, e che pensa al figlio come al prodotto biologico di volontà soltanto umane.

6. Valori e fini del matrimonio cristiano

È Dio stesso l'autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini, tutti quanti di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana. Per sua indole naturale, l'istituto stesso del matrimonio e l'amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento (Gaudium et spes, n. 48). La cultura contemporanea consente ai giovani di maturare un senso spiccato per alcuni valori e di formarsi però una consapevolezza inadeguata della natura del matrimonio, dei suoi fini essenziali e della responsabilità che comporta. In questo ambito in modo particolare si impone la necessità di proporre la verità cristiana sul matrimonio nella sua integrità. È in gioco la riuscita stessa del matrimonio, la felicità o la infelicità di un vincolo che non dipende dall'arbitrio dell'uomo e sul quale guarda invece benevolmente e con fiducia il Signore. È un disegno stupendo quello cui guardano i nubendi con aspirazione massima e cui, sovente senza saperlo, pongono per primi ostacolo. Può essere in gioco la validità stessa del matrimonio. Vanno riproposti in particolare i valori della unità, fedeltà, indissolubilità e fecondità del matrimonio, ben sapendo che spesso i nubendi possono manifestare assenso ai concetti che hanno compreso prima ancora di essere in grado di assumerne nel vissuto personale i contenuti. Unità dice intima comunione di vita che vincola, nella distinzione delle due personalità, un solo uomo e una sola donna con esclusione di tutti gli altri. Significa perciò fare una famiglia e costituirla come «comunità», come Cristo fa una sola cosa con la chiesa e la chiesa una sola cosa in Cristo. Fedeltà e indissolubilità sono due dimensioni di un medesimo impegno a donarsi in modo esclusivo e incondizionato, per sempre. Indissolubilità non è soggiogare l'altro o imbrigliarlo giuridicamente perché non scappi, ma volontà di coltivare l'altro in modo che non gli manchi nulla, anzi volontà di vivere una solidarietà radicale, a oltranza, in una adesione piena, dinamica e quotidiana per il bene superiore della famiglia. Fedeltà è, in modo dinamico, una sorta di promozione umana dell'altro. Non è solo esclusione del tradimento e dell'adulterio, ma essere fedele a lui/lei così come è nella sua personalità e storia (investire per lei, a esempio, in modo che cresca anche come donna). Un modo coniugale di coltivarsi che non è né paternalismo, né assistenza, né controllo, né ricatto; è coniugale invece, è un modo preciso di amare sul modello di Cristo, sposo della chiesa. Infine fecondità non come via di semplice realizzazione di sé o compensazione di bisogni insoddisfatti, ma come speciale partecipazione all'opera creatrice di Dio Padre e come ricchezza personale da portare in dono all'altro, vita da dare, per trasmettere nella generazione l'immagine divina da uomo a uomo (cfr. FC 28). Essa poi si allarga a produrre anche altri frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare con l'opera educativa ai figli e, mediante i figli, alla chiesa e al mondo. La dottrina della chiesa, e in particolare, della Gaudium et spes (cfr. n.50) sul compito di procreare con generosa, umana e cristiana responsabilità, deve essere compresa e rimotivata. La preoccupazione di illustrare i metodi di regolazione naturale della fertilità non deve sembrare implicito avallo della decisione di rimandare negli anni il servizio alla vita. Tale illustrazione perciò deve accompagnare e seguire una positiva presentazione della procreazione responsabile nei suoi valori e quindi nei suoi criteri etici (cfr. Gaudium et spes 50; Humanae vitae 10 ss.). I metodi naturali sono da insegnare e apprendere anzitutto come strumenti di conoscenza della fertilità, come motivo nuovo di stupore dinanzi alla fisiologia e ai ritmi impressi nella creatura e dal Creatore stesso affidati alla responsabilità consapevole della coppia. Nel presentare i metodi naturali, la parte tecnica deve essere inserita in un contesto più ampio. La scelta che le coppie fanno dei metodi naturali viene incoraggiata quando soprattutto si presenta quale via per un modo più pieno di accogliersi, di essere coniugi e di volersi bene. Gli operatori di più consumata esperienza avvertono che non bisogna farsi prendere dalla voglia di insegnare, ma occorre usare saggiamente l'arte di educare. La fecondità dell'amore coniugale si esprime poi in altre forme molteplici di servizio alla vita, come amore che va oltre i vincoli della carne e del sangue, spalancando gli occhi del cuore per scoprire le nuove necessità e sofferenze della nostra società: «Con le famiglie e per mezzo loro, il Signore Gesù continua ad avere "compassione" delle folle» (FC 41).

7. Un cammino nella fede per un matrimonio fruttuoso nella grazia

Come «ministri» gli sposi, se hanno l'intenzione di fare quanto intende fare Cristo e la Chiesa, celebrano validamente il sacramento. Come «destinatari» del sacramento, gli sposi non possono ricevere la grazia dell'amore nuovo di Cristo per la Chiesa se non sono ad essa disponibili: e la fede è la prima e fondamentale disposizione. Nella sua azione pastorale la Chiesa perciò deve non solo assicurarsi della validità dei gesti sacramentali, ma anche impegnarsi in una continua evangelizzazione e catechesi (cfr. Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, nn. 54-56). La novità, che comprende tutte le altre, da introdurre nella prassi prematrimoniale è un rinnovamento della realtà e spiritualità battesimale, una formazione di coscienza «cristiana» che inizia dalla presa di coscienza. Occorre suscitare e maturare la coscienza dell'unità essenziale e dell'articolazione dinamica di tutti gli elementi del battesimo e delle sue dimensioni: la fede e la confessione della fede, l'incorporazione a Cristo e alla chiesa, le conseguenze morali, la partecipazione alla vita della comunità ecclesiale, la responsabilità di essere testimoni attivi e coraggiosi. Non basta promuovere le condizioni per un matrimonio valido. La preparazione al matrimonio è occasione per preparare un matrimonio lecito e fruttuoso: perché i nubendi acquisiscono nell'orizzonte della fede la verità dei valori e dei fini del matrimonio; perché sono invitati a fare un cammino di conversione nella verità dell'amore casto e fedele di Cristo e perché si dispongono a celebrare nella grazia di Dio il sacramento nuziale, possibilmente celebrando prima la riconciliazione sacramentale.

Perché in definitiva sposarsi in chiesa? Rischia di non avere senso il sacramento del matrimonio se non trova le sue motivazioni al di là della «obbligazione sociologica» (le abitudini, le emozioni, una vaga nostalgia...). Non si vede altrimenti dove vada a finire il cammino di una fede libera, consapevole e gioiosa. Il senso del matrimonio «in chiesa» è che la coppia riconosce nel proprio amore il segno e la presenza di un dono più grande, l'amore di Dio che salva. Il sacramento del matrimonio rivela e offre in dono la novità portata da Cristo. È bene, è necessario che i nubendi verifichino se in loro trovano accoglienza le proposte che la comunità ecclesiale offre con amore e con verità.

1) L'amore coniugale non è estraneo all'amore di Dio, dice la presenza amante del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Due battezzati non possono suggellarlo senza celebrarne il sacramento con gratitudine al Signore che ama per primo e invita a condividere il suo dono d'amore per comunicarlo ad altri. Questa gratitudine avviene nella fede in Gesù Cristo venuto a manifestare e a comunicare l'amore del Padre nella carne degli sposi.

2) Il patto d'amore coniugale trova nel sacramento come un'apertura a nuove dimensioni: gli sposi diventano l'uno per l'altro dono e comunicazione di Dio; la sessualità viene vissuta come appello iscritto nel profondo -nel cuore e nella carne-a una generosità senza confini, al superamento di sé nell'amore per l'altro, nella diversità che rimane ed evoca il Totalmente Altro; la procreazione e i figli sono frutto di una sovrabbondanza d'amore che può essere condivisa, e sollecita ad amarsi oltre se stessi; la vita coniugale è mettersi insieme sulla via di Cristo; «seguite la strada dell'amore sull'esempio di Cristo che ci ha amato e si è dato per noi» (Cfr. Efesini 5, 2).

3) Tutta la comunità ecclesiale celebra l'amore degli sposi e ringrazia il Signore. E gli sposi diventano, come coppia coniugale, una cellula della chiesa, una «chiesa domestica», profezia vivente della civiltà dell'amore e segno del regno che viene ogni giorno.

8. Presentazione della morale sessuale in termini motivanti

Il sacramento del matrimonio, effondendo il dono dello Spirito che trasforma l'amore sponsale, diventa la legge nuova della coppia cristiana. Il Vangelo della grazia diventa comandamento per la libertà, il dono di Dio si fa compito per l'uomo. La grazia di Cristo, donata alla coppia è un germe che ha in sé l'urgenza e il dinamismo della crescita (cfr. Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, nn. 49 e 52). È spesso difficile per la coscienza contemporanea accogliere la legge morale cristiana come vangelo, legge di libertà. Ancora più difficile da accogliere è la dottrina morale sull'esercizio della sessualità, le relazioni di coppia, la paternità e maternità responsabile; essa trova non poche barriere nella mentalità corrente e nella coscienza soggettiva delle persone. Qualcuno potrà obiettare che è tardi parlarne a breve distanza dal matrimonio, che questa educazione deve essere anticipata alla prima adolescenza. È vero. Ma non è mai tardi per risvegliare nelle coscienze nostalgia di valori autentici e per presentare il messaggio cristiano come via di libertà. La preparazione al matrimonio è occasione per riproporre in termini positivi e in modo motivante i valori fondamentali della visione etica umana e cristiana: la vita come splendido dono del Dio della bontà dinanzi a cui trasalire nel cosmo, l'amore come capacità di uscire da sé, come gratuità per una crescita integrale, la corporeità e la sessualità come linguaggio, comunicazione e trasparenza dell'essere più profondo della persona; la fedeltà, l'unità, la castità nel fidanzamento, con il tirocinio spirituale e di autocontrollo che esse comportano. In materia di paternità responsabile, la prima e più rilevante decisione morale è quella per cui i coniugi dicono sì o no alla loro vocazione di «cooperatori dell'amore di Dio creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla» (GS 50). Questa vocazione chiama a un atteggiamento dialogico e interpersonale tra gli sposi e il Padre, frutto dello Spirito, grazia di Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana. Non può essere causa di paura, ma è motivo di fiducia. Dio è il Signore della vita e la vita non nasce perciò dal gioco impersonale del caso ma dalla sua volontà e dalla sua sapienza. Dio è in rapporto di alleanza con l'uomo e non di rivalità o di soggezione. Dio non vuole per le persone e per la coppia che il pieno sviluppo per esse concretamente possibile. È in questa prospettiva di fiducia che occorre illustrare i criteri che devono guidare i coniugi a non procedere a loro arbitrio, ma a formarsi una coscienza retta, un «retto giudizio», sul compito loro proprio di procreare «con generosa, umana e cristiana responsabilità» (vedi GS 50).

La illustrazione dei valori e delle esigenze inerenti alla conoscenza della corporeità e dei ritmi naturali della fertilità deve motivare e incoraggiare, verso un incessante impegno morale conforme al disegno sapiente e amoroso di Dio, sia le persone che le coppie, in quanto si costruiscono spiritualmente giorno per giorno.

La presentazione della dottrina del magistero morale deve essere dunque conforme alla pedagogia della chiesa (vedi HV 29; FC 33-34): mentre non esiste una gradualità della legge, esiste per la persona umana la legge della gradualità, in quanto è essere storico che si costruisce con le sue libere scelte, secondo tappe di crescita non senza la coscienza del peccato e il ricorso alla misericordia di Dio. «Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo» è eminente forma di carità verso le anime. Ma ciò deve accompagnarsi sempre con la pazienza e la bontà di cui il Redentore stesso ha dato l'esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare, ma per salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma paziente e misericordioso verso i peccatori» (Humanae vitae, n. 29). Tanta fedeltà alla verità di Dio e tanto amore verso le persone richiedono di inculcare in tutti i fidanzati il valore sacro dell'essere umano fin dal suo concepimento. A partire da questo momento l'essere è già dotato di una sua individualità genetica; soprattutto è già in dialogo con Dio, è termine di un suo pensiero di amore, soggetto di relazioni sempre più forti con la madre prima e con la coppia dei genitori. Toglierlo di mezzo, anche se è legale, è sempre uccidere. Se anche sembrasse malato o bisognoso di cure, il bene della madre e il bene suo domanda che di lui ci si prenda cura. Nel grembo materno il bambino è già un soggetto. Come Gesù che per primo ha segnalato a un altro bambino non ancora nato la sua presenza e che ha ottenuto per sua Madre il dono del saluto profetico: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!»  (Luca 1, 42).

 

APPENDICE

 IL CONTESTO SOCIO CULTURALE E LE ATTESE DEI GIOVANI: QUALI PROPOSTE PASTORALI?

 

1. Soggettività ed esperienza

 La cultura e la storia occidentale contemporanea esalta enormemente l'individuo, come criterio di valore assoluto. Ne consegue perciò l'esaltazione della singolarità irripetibile di ciascuno. Agli occhi della nuova generazione questa appare una conquista del nostro tempo e tra le più significative. Il riconoscimento del valore della singolarità irripetibile dell'individuo si incontra con la tradizione cristiana. Essa infatti mette al centro di ogni problema la persona umana con i diritti e doveri a essa ascrivibili. Non vi possono essere quindi ragionevoli dubbi sull'importanza di questa acquisizione. Tuttavia è necessario riconoscere anche le ambiguità che essa porta con sé. Ne annotiamo alcune:

 -porta un risveglio della coscienza individuale, ma in nome della coscienza chiede le più ampie libertà di autorealizzazione e il rifiuto di qualsiasi riferimento trascendente a Dio;

 -tende a ridurre la complessità dell'esistenza alla considerazione della semplice esperienza concreta;

 -ricerca la realizzazione personale nel quotidiano a tutti i costi e pertanto non accetta norme morali permanenti nel tempo e nello spazio, cioè significative per tutti, ma afferma il relativismo morale vanificando la possibilità di una base oggettiva di comunione tra persona e persona e di dialogo;

 -sviluppa un'eccitante creatività, nella più totale autonomia, non condizionata dalla ripetitività del passato; e così sradicata perde dimensione storica e valenza sociale. Inoltre si priva di una pur minima progettualità sul futuro. La struttura sociale, politica ed economica esistente appare per molti aspetti omogenea e in posizione di reciproca influenza rispetto a tali orientamenti culturali, qui semplicemente richiamati nelle loro dimensioni caratterizzanti ed estreme.

 2. In rapporto con le istituzioni

 L'esaltazione della soggettività si traduce anche in comportamenti soggettivi nei confronti di ogni proposta proveniente dall'esterno e, in modo particolare, da istituzioni pubbliche, sia sociali che religiose. Nel rapporto con esse prevale dunque il criterio di prendere di volta in volta ciò che sembra utile alla soggettività di ciascuno, in quel dato momento, ma sottraendosi a ogni coinvolgimento personale e corresponsabile. Si costata quindi la caduta in verticale del senso di appartenenza e di militanza. Anche questi fenomeni richiedono un'analisi attenta ed equilibrata. Accanto a inevitabili contraccolpi negativi, infatti, essi aprono la strada a una presenza più critica e consapevole entro la società e la stessa chiesa e impongono continue verifiche e miglioramenti delle proposte e dei servizi offerti.

 3. Paura degli altri e del futuro

 L'uomo contemporaneo sembra avere di fronte agli altri e al futuro un diffuso senso d'angoscia. In realtà le possibilità di garantirsi un minimo di controllo sul futuro sono poco più che nulle. La memoria del rapporto con gli altri finisce per registrare solo delle emotività passeggere oppure una conflittualità inarrestabile. Tutto ciò ha riflessi profondi nella vita affettiva, matrimoniale e familiare. Nella adolescenza, il bisogno di sicurezza e ricerca di comunicazione immediata trovano risposta facile nei gesti dell'intimità e dell'avventura amorosa. C'è una carica sincera di sentimenti ma ancora nell'incapacità di dedizione totale e di progetti durevoli o definitivi. Nell'adulto, l'ineducazione alla progettazione e alla proiezione di sé nel futuro, induce, a esempio, un reale spavento di fronte a un matrimonio indissolubile, destinato a durare quaranta o cinquanta anni e più. Ugualmente la paura di perdere la propria libertà e soggettività chiude di fronte al discorso procreativo: avere un figlio significa dover affrontare responsabilità di lunga durata, rischiare di farsi rinchiudere nel ruolo di genitori e affrontare quesiti di fondo anche su se stessi.

 4. La condizione femminile

 All'interno della condizione giovanile, le donne sembrano essere le più segnate da una particolare fatica a riconoscere la propria vocazione personale rispetto alla vita di coppia e a quella sociale. Il desiderio di realizzarsi con identità propria e autonoma dall'uomo è vissuto spesso in termini conflittuali. L'aspirazione a una sicurezza affettiva e matrimoniale coesiste con l'aspirazione a un'attività professionale, che però si realizza solo a prezzo di grandi sacrifici personali. La maternità, anche quando è desiderata, viene rinviata e temuta sia a motivo delle circostanze e dei condizionamenti economici e sociali sia a motivo della specifica percezione soggettiva del tempo di vita nella donna nel cui vissuto il «tempo della famiglia» si trova a avere un peso diverso che per l'uomo. Le coppie di fidanzati, interrogati su questi problemi, molto spesso affermano di aver maturato atteggiamenti di emancipazione e comune senso di responsabilità su tali questioni.  Tuttavia ciò non significa che sappiano valutare i costi che comporterà per entrambi la necessità per la donna di comporre insieme il ruolo che essa stessa si riconosce e quello che la società tende ad attribuirle, il duplice impegno di casalinga e di lavoratrice fuori casa. Non significa neppure che entrambi abbiano piena consapevolezza che essere coppia e mettere su famiglia costituisce una vita nuova, in cui realizzare ciascuno compiutamente se stesso, e comporta confrontare ogni giorno le aspirazioni proprie con quelle dell'altro e insieme con il bene comune della realtà coniugale e familiare.

 5. Vittime o fruitori della soggettività?

 L'accentuazione della soggettività, in generale, da un lato pare bloccare in partenza ogni possibile riferimento al senso della vita a due e quindi ai valori etici e religiosi; dall'altro però conduce a interrogarsi sul significato reale della condizione umana. Solo che il contesto sociale spinge a avvalorare e a «consumare» le esperienze individuali anche momentanee e impedisce che gli interrogativi di fondo non solo vengano risolti, ma almeno emergano consapevolmente.

 6. Le attese dei giovani

 I giovani che vivono l'innamoramento e l'amore e, in prospettiva, si incamminano verso il matrimonio e la famiglia, sono ovviamente condizionati dai caratteri culturali diffusi. Tuttavia va notato che oggi la condizione giovanile appare meno caratterizzata in senso ideologico rispetto a un recente passato e meno dotata quindi, di caratteri culturali specifici. La società attuale rende infatti sempre più facili le relazioni interpersonali e favorisce la diffusione di modelli uniformi. Qualcuno parla in proposito di tendenziale superamento della questione giovanile, nel senso almeno che molti modelli e comportamenti apparentemente legati all'età giovanile vengono invece adottati anche dalle generazioni più mature.

 7. I giovani e la sessualità

 In un contesto come quello attuale, la sessualità viene molto spesso banalizzata e ridotta a mera genitalità. È tuttavia innegabile la presenza in molti giovani di esigenze più profonde: voglia di dialogo, tenerezza, sostegno reciproco, comprensione... Mancando spesso una maturazione umana più solida, queste esigenze vengono facilmente confuse e convogliate nell'esercizio della sessualità. In altre parole, il rapporto fisico sostituisce quelle parole e quella comunicazione che si desidera e che non si riesce altrimenti a trovare. Ciò spiega sia il ricorso a rapporti affettivi e sessuali molteplici (ricercando continuamente ciò che non si trova) sia il crescente desiderio di stabilità, che pure è diffuso tra i giovani.

 8. Il matrimonio come esperienza rassicurante

 L'atteggiamento dei giovani verso l'amore e il matrimonio sembra pertanto oscillare tra estremi diversi: mantenersi liberi e desiderare una stabilità affettiva, non bloccare la propria soggettiva autorealizzazione e avere finalmente un'esperiennza rassicurante e unificante. Al tempo stesso c'è chi pensa a una convivenza provvisoria, e questo forse più per rinviare una decisione finale che per precise scelte ideologicamente e razionalmente motivate. Non si possono comunque negare le attese e le esigenze che i giovani di oggi manifestano verso relazioni significative e il matrimonio. II bisogno di un coinvolgimento emotivo in qualcosa di unificante tradisce il desiderio più profondo di avere rapporti sociali non occasionali e banali. Così il matrimonio a cui arriva la maggioranza dei giovani, anche se concepito e inteso in modo ambiguo, sancisce l'importanza che a esso viene attribuito.

 9. Una domanda religiosa diffusa e differenziata

 Sulla base di queste rapide annotazioni sembra legittimo sostenere che le generazioni più giovani mostrano:

 -bisogno di comunicazione, di senso e di forte affettività;

 -esigenze di stabilità e di riferimenti sicuri, ma non definitivi;

 -indifferenza religiosa appariscente sul piano sociale e collettivo che maschera spesso bisogni inquietanti sul piano personale e al tempo stesso ricerca di certezze assolute, come di valori morali e significativi.

La maggioranza delle giovani coppie che chiedono la celebrazione del matrimonio manifestano una religiosità naturale. Si tratta cioè di persone religiose ma poco fedeli, praticanti saltuariamente e non impegnate nell'attività ecclesiale. La loro religiosità è troppo secolarizzata perché possa avere la conoscenza di elementi specifici di dottrina cattolica-e forse per accettarli-ed è troppo alla ricerca di senso per adattarsi a vivere in un'epoca che sembra senza Dio.

 10. Alcune conseguenze pastorali

Tale maggioranza interpella fortemente la comunità ecclesiale perché non si ponga, nei loro confronti, nella prospettiva di selezionare alcuni «eletti» senza offrire a tutti ampie opportunità di annuncio cristiano e di catechesi organica. Una catechesi che dia priorità all'annuncio del Signore Gesù e alla concezione di vita da lui rivelata. È pure evidente un palese disagio di fronte a ogni forma istituzionale. Occorre quindi promuovere anzitutto i valori insiti nella vita coniugale e familiare intesa cristianamente, ma al tempo stesso motivare il valore dell'istituto del matrimonio e della famiglia fondata su di esso. Va annotato anche che c'è una minoranza di giovani coppie dotate di una forte tensione spirituale e religiosa, che non possono essere disattese nelle loro aspirazioni. Esse rappresentano un segno dei tempi. Questa minoranza, mentre ha la tipologia psicologica e fenomenologica dei propri coetanei, tuttavia, per la formazione spirituale ricevuta, per le esperienze fatte, ha intuito la portata vocazionale e ministeriale del matrimonio ed esige dalla comunità ecclesiale «un di più» di formazione spirituale.

11. Iniziative e proposte delle chiese locali, di fatto, in vista del matrimonio

La chiesa offre ai fidanzati ed esige almeno tre-quattro incontri con il parroco. Sempre più diffusamente tali colloqui sono preparati o seguiti da iniziative pastorali più impegnative. A esempio: un minimo di accoglienza e di testimonianza da parte di una coppia di sposi o di un gruppo di coppie; «corsi per fidanzati» di vario genere e differenti impostazioni: da semplici conversazioni o conferenze, tenute da esperti in scienze umane, sugli aspetti medici e giuridici, sulla morale cristiana... a iniziative più organiche, ove è assicurata la presenza continuativa di una coppia e di un sacerdote e con un più preciso lavoro di équipe, e più precise caratterizzazioni di annuncio della parola di Dio e di «cammino di fede». Occorre tentare una verifica a un livello più profondo. Occorre chiedersi cioè come la pastorale prematrimoniale risponda al quadro socio-culturale e spirituale più sopra richiamato a grandi linee. Le iniziative attuali hanno-generalmente parlando -una seria potenzialità che bisogna tener presente. Esse consentono di presentare ai giovani possibilità d'incontro reale con la comunità cristiana e, soprattutto, con coppie concrete di altri fidanzati e sposi (possibili «punti di riferimento»). Esse possono inoltre sollecitare una domanda, trasformando in esplicito e consapevole ciò che è ancora implicito e inconsapevole. Possono ancora aiutare a dare un'immagine di chiesa non chiusa, attenta alle esigenze soggettive e oggettive delle persone. Non pare proficua una impostazione basata sulla sola comunicazione di esperienze: essa infatti non soddisfa alle esigenze educative sopra richiamate rischia di non presentare l'integro fondamento dottrinale del matrimonio e neppure garantisce un reale dialogo con i giovani. In questi casi è ancor più grande il pericolo di proporre univoci modelli di coppia e di famiglia-quelli vissuti dalle coppie animatrici-mortificando la esperienza di modelli ugualmente e magari più validi. Pesa soprattutto sulla pastorale attuale la grave latitanza della proposta cristiana durante il tempo del fidanzamento. Le iniziative comunque arrivano troppo tardi, in un momento che raramente è favorevole. Non potrebbe sembrare patetico tanto impegno di fissare l'obbligo di partecipazione ai corsi a tre o sei mesi prima delle nozze, cioè proprio nel momento in cui inevitabilmente affiora lo stress per la preparazione della casa, la scelta dei mobili o la distribuzione dei confetti...? Già in partenza, dunque, la proposta si scontra con problemi concreti. In più essa non risponde a quesiti che, se eventualmente posti, sono già stati risolti: a esempio sulla castità e sull'esercizio della sessualità (e quindi sulla regolazione della fecondità) e persino sull'aborto, sull'unità e sulla fedeltà. Soprattutto non si valorizza l'esperienza del fidanzamento che, dunque, appare come tempo cristianamente «morto» o comunque «indifferente». Bene o male, la comunità cristiana oggi tenta di valorizzare l'iniziazione sacramentale e la fanciullezza, la famiglia, la vita sociale ed ecclesiale, ecc.; l'area del fidanzamento sembra che non trovi invece interesse pastorale e opportunità di evangelizzazione, che vadano oltre i corsi di «preparazione immediata». Si registra inoltre una distanza piuttosto generalizzata dalla pastorale prematrimoniale di coloro che si occupano in modo specifico della pastorale giovanile. Molto spesso i preti o le religiose o i dirigenti laici di movimenti e associazioni sono assenti o distanti dalla pastorale prematrimoniale. Ciò non favorisce certo il superamento dei comportamenti stagni esistenti nella chiesa e tanto meno aiuta la costruzione di un'integrazione educativa. La pastorale prematrimoniale si trova insomma di fronte a una necessità storica che non può essere sottovalutata. Essa è chiamata a un confronto chiaro e puntuale con la realtà e a una scelta: o rinnovarsi profondamente o rendersi sempre più ininfluente e marginale. I rilievi critici qui registrati non disconoscono ovviamente i frutti che la pastorale prematrimoniale produce in Italia, ma intendono piuttosto risvegliare risorse e indirizzi nuovi, stimolando crescente sensibilità, più piena informazione intraecclesiale, criteri metodologici più precisi.

 

Roma,24 giugno 1989.

Natività di S. Giovanni Battista.