Tutto mio, tutto mio…

 

L’unica cosa a cui tiene quando si festeggia è la torta e lui vuole la parte più grossa.

Le candeline, i piattini ed i bicchierini colorati, i palloncini ed i festoni li lascia agli altri : l’unica cosa che vuole è la prima e la più grossa fetta di torta della festa, che abitualmente si strafoga in un battito di ciglia, in faccia ai figli ed alla compagna, che solitamente ( e non potrebbero fare altrimenti ) s’accontentano di ciò che resta.

Non pago di ciò sequestra preventivamente ciliegine e fragoline di guarnizione, nonché abbassa di qualche millimetro lo strato di panna con un lungo coltello da cucina.

Una volta per leccarlo si tagliò pure la lingua : ora compie questa operazione dal lato non affilato e la levigatura che ne consegue è più grossolana.

I figli e soprattutto la compagna hanno provato a dirli che “non è bello”,“ non è educato”,“fai una brutta figura davanti agli invitati” ma lui, pasteggiando moscato e spumantaccio marchigiano dozzinale e gassificato, risponde sempre con un rutto talmente lungo da permettergli di pronunciare “Che mme frega, la festa è la mia, il castello è  mio, la torta è la mia e qui comando io… ”.

Spesso riesce a trascinare lungamente la “o” finale.

La faccia soddisfatta seduta a capotavola, il sorriso tronfio affogato tra due guance opulente, la camicia che tira ai limiti dello scoppio, così come i pantaloni calibrati e la cravatta, già allentata da tempo, lo facevano beato tanto quanto un budda con due sole braccia.

Ai figli ed alla compagna di solito poco resta e come sempre riescono ad assaggiare ben poco.

Quest’anno poi che festeggia doppio, prima il compleanno, poi i 10 anni di presidenza (in due feste rigorosamente separate…mi pare chiaro, due torte…) si è riservato l’onore di andare a scegliere il dessert personalmente in paese, nella bottega del pasticciere di fiducia, che conosce a menadito i suoi gusti “Per te ho preparato una bomba, che metti caso la scoprono i Talebani sò cazzi nostri”. Elencò di seguito gli ingredienti della torta che bastavano a sfamare 2 giorni il Ruanda intero e che lui utilizzava normalmente per 7 torte nuziali.

Ascoltò e ghignò soddisfatto.

Venne preso in prestito un leoncino OM frigorifero dal mattatoio comunale, dopo che il cerbiatto (OM naturalmente) del deposito dei gelati Stocchi era impegnato alla sagra del baccello di pisello (XVII° edizione) nel paese vicino.

Il custode del castello non avvisato che vide arrivare la cella frigo comunale, la quale non passava sotto la siepe dell’ingresso, si innervosì e si armò di motosega, pronto a sacrificare parte del povero  leoncino (non me ne vogliano gli animalisti e la Disney) : l’intervento del Presidente, sceso inciampando e rotolando giù per le scale dalla foga, fu risolutore poiché disarmò il custode e costrinse i tre giardinieri albanesi a farsi forza e mettersi l’anima in pace poiché a loro toccava prendere il tortone e portarlo (anche di buona lena) nelle cucine del castello.

Per l’occasione la cuoca rumena, su consiglio della compagna del Presidente, preparò un pranzo leggero, onde evitare l’abbioccamento post-magnata e soprattutto per limitare il tremendo ronfo che sicuramente sarebbe occorso dopo il pasto concluso con un dessert del genere.

Vennero servite delle ottime fettuccine paglia e fieno al ragù di cavallo, arrosto misto (di cavallo) e spezzatino (di cavallo) con patate ed erba (cavallina).

Mangiò tutto con buona forchetta e si meravigliò molto che dopo lo spezzatino che si passasse già al dessert : ogni protesta svanì alla vista del dolce che faticosamente i giardinieri albanesi e la cuoca rumena in mancanza di carrello adatto portavano sulle spalle a mò di bara in sala da pranzo.

Il faccione radioso e radiante del presidente, che vedeva il tortone avvicinarsi, si dipinse di terrore non appena osservò che a due metri da lui, causa un tappeto nain difettato (sicuramente afgano ed integralista) acquistato in televisione, un albanese bestemmiando curiosamente contro non si sa quale dio, fece perdere il precario equilibrio a tutto il resto dell’est europa che reggeva le sorti del mega dessert.

Quando il Presidente s’accorse di essere diventato parte del tortone, perché si sentiva sommerso da panna e crema pasticcera, non si perse d’animo e provvide come meglio sapeva a liberarsi.

La sua compagna ed i figli pur contenti di vederlo senza un graffio dopo l’incidente si rammaricarono di non aver assaggiato manco una fettina del dessertone : lui assicurò che questa volta il pasticcere aveva superato se stesso.

“Peccato che è già finito….”