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LE DOTAZIONI ORGANICHE DI PERSONALE INFERMIERISTICO.

(tratto dal sito www.nursing.it sezione risposte di Patrizia Mondini).

 

Per cominciare non esiste una normativa nazionale che determini le dotazioni organiche, ci sono state varie leggi o documenti nel tempo  che hanno dato dei riferimenti, nella maggior parte dei casi non osservati, in genere  per motivi finanziari, ma anche per specifiche politiche di gestione del personale. A tutt’oggi assistiamo a differenze spesso notevoli di dotazione soprattutto fra Regione e Regione..

Nell’analisi normativa si assiste comunque ad un progressivo aumento del rapporto posti letto/unità infermieristiche come risultato dell’evoluzione tecnologica, della diminuzione dell’orario di lavoro e dell’ampliamento dell’attività assistenziale.

La normativa riguarda a cui si può fare riferimento riguarda:

 

Leggi dello Stato

Leggi Regionali

Contratti di Lavoro

Regolamenti locali

 

Tra le indicazioni nazionali che a tutt’oggi vengono ancora prese in considerazione nonostante considerate superate sono:

 

DPR 128/1969

Ordinamento interno dei servizi ospedalieri

Art. 8. La dotazione organica del personale sanitario ausiliario deve assicurare un tempo minimo di assistenza effettiva per malato nelle 24 ore e deve prevedere: 1 caposala, 1 infermiere professionale sempre presente in ogni sezione nelle 24 ore e inoltre un adeguato numero di infermieri professionali e generici.

 

Assistenza minima 24/ore

 

Servizi diagnosi e cura:       120’

Sezioni neonatali:               420’

Anestesia e rianimazione :  420’

 

Il DPR si presta ad alcune critiche sia per la genericità in quanto non è chiaro come viene costruito il parametro di assistenza, ma anche perché si fa riferimento ad un tempo minimo capace di assicurare il livello qualitativo minimo di assistenza in qualsiasi situazione, e a parte l’ovvia obiezione che non si tiene conto delle diverse tipologie assistenziali, per esempio nelle situazioni acute o di lungodegenza, tali parametri si consideravano da realizzare a prescindere anche dalle conseguenze economiche che ne potevano scaturire, cosa che ha portato a provvedimenti di blocco degli organici.

Essendo lo standard dei 120 minuti uno standard minimo poteva chiaramente e giustamente essere superato se in presenza di idonee giustificazioni, ma questo se giusto in termini concettuali diventa pericoloso qualora non sia accompagnato da determinate procedure che assicurino la omogeneità delle dotazioni per situazioni analoghe.

All’art.8 il decreto parla, inoltre, di “minuti di assistenza effettiva” senza definire almeno in termini generali cosa si debba intendere con questa espressione, e cioè se si debba considerare solo l’attività assistenziale diretta o qualsiasi tipo di attività assistenziale e alberghiera.

Inoltre dal decreto pare debba essere considerata nel calcolo del tempo di assistenza effettiva anche l’attività del caposala, cosa non corretta considerando le attività sempre più specificatamente gestionali di tale figura, del resto lo stesso decreto 129/69 all’art. 41 specificava già che la funzione del caposala rientrava nell’assistenza indiretta.

Dal 1972, con il passaggio di molte competenze in materia sanitaria alle regioni, ogni Regione può decidere orientamenti diversi.

 

Legge quadro sul pubblico impiego.

Secondo la Legge la dotazione complessiva delle qualifiche deve essere regolata con legge statale e/o regionale.

I criteri per la disciplina dei carichi di lavoro dovevano essere definiti con gli accordi di lavoro per tutta la Pubblica Amministrazione, in realtà i vari accordi della sanità non hanno mai indicato parametri per la definizione delle piante organiche.

 

Delibera CIPE 20.12. 1984

La delibera prefigura degli “standard” che sono sostanzialmente delle linee di indirizzo per le Regioni, da sottoporsi a verifica applicativa per le decisioni relative alla riarticolazione organizzativa delle attività assistenziali.

 


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