Villa Catena

I primi lavori documentati alla Catena (nome forse derivato dal suo essere inserita in una catena di colli, oppure da una catena che, all’ingresso della chiusa, impediva l’accesso alle carrozze) sono quelli promossi intorno al 1563 da Torquato Conti (1519-1572).


Il “palazzo dei principi”, la costruzione più antica, è difeso da torrette d’angolo, e ancora oggi rimane l’antico terrazzamento a valle, difeso da avancorpi ad angolo acuto, la cui forma è ripresa nelle due torrette a valle del palazzo, mentre quelle a monte sono di disegno diverso.


All’esterno il palazzo non ha subito modifiche, mentre, all’interno, c’è stata una ristrutturazione recente, anche nella distribuzione degli ambienti.


Una lettera di Annibal Caro a Torquato Conti del 6 giugno 1563 indica con esattezza le fontane e i giochi del giardino, la qual cosa fa supporre che a quella data l’edificio fosse già stato costruito.

La sua topografia corrisponde a quella della facciata est della villa Rospigliosi di Maccarese e al progetto per il “palazzo in fortezza” degli Strozzi a Lunghezza.


Il Caro intervenì certamente nei lavori del giardino, che dovettero prolungarsi fino al 1564. In quest’anno, egli, in una sua lettera, presenta a Torquato Conti l’architetto Giovanni Antonio Dosio, presente a Roma tra il 1567 e il 1569, al servizio della famiglia Conti; ciò fa ipotizzare che egli possa aver lavorato anche in questa villa.

Inoltre, nella lettera del Caro del 1563, si parla di un certo mastro Teodoro, che lavora alla villa.


Altri lavori al giardino furono effettuati da Appio III, nipote di Torquato (1596-1666), che apportò modifiche ai viali e aumentò il numero delle fontane.

Giuseppe Lotario compirà, tra il 1683 e il 1698, i riscatti di terreni che gli permetteranno di ampliare la villa, che all’epoca di Torquato doveva avere un’estensione abbastanza limitata. Tra il 1699 e il 1703 egli fece realizzare le palazzine gemelle dette “Case Nuove”, ad uso
di scuderia, rimessa per il fieno e granaio.


Già nel 1668, Giuseppe Lotario aveva probabilmente iniziato le trattative di acquisto per un terreno che apparteneva ai Monaci Certosini di S. Maria degli Angeli a Roma, sul quale già esisteva una costruzione con annessa una cappella, chiamata “convento” o “conventino”; la costruzione fu destinata a residenza del fratello Michelangelo Conti, che vi fece fare i lavori di ristrutturazione tra la fine del Seicento e i primi decenni del Settecento.

L’edificio viene chiamato, già nel 1713, “Casino del Cardinale”, dato che tale era divenuto Michelangelo Conti, e, dal 1721, “Casino (o Palazzo) del Papa”, con l’innalzamento dello stesso al soglio pontificio, con il nome di Innocenzo XIII.