Lo Scrivere.

 

        Lo scrivere bene credo abbia un unico metro: quello di invogliare il lettore. Si può scrivere scorretto, sgrammaticato ma veloce ed efficace, e corretto ma farraginoso.

            Poi c’è la vena.

        Per quanto io appartenga a coloro che – a volte – scrivano più di quanto leggano (ovviamente non parlo nel passato, quando leggevo. “Quanto me so’ rotto li co***oni in vita mia; e allora pe’ passà er tempo, leggevo...” diceva Sordi nel Marchese del Grillo; strano che ora che – lavorando – il tempo non basta mai, come si rimpiangano certi periodi) ho comunque bisogno di scrivere. “Bisogno” di scrivere. Cos’è?

            È una catarsi, uno sfogo. Ma per aver senso, la scrittura deve avere uno o più argomenti. La Fantasia, quella dea dall’ali screziate, con i suoi riflessi d’azzurro traslucido e la silhouette esile e aggraziata, preferisce sempre il caos ordinato. Non si può buttar ogni cosa nel calderone e sperar che prenda sapor da sola.

            Per questo spesso uso i versi. Imbrigliano la fantasia, e a volte l’aiutano.

            Il sonetto, in particolare, raccoglie le idee, e la sua forma “chiusa”, impedisce d’andar “a braccio” all’infinito.

            Anche se spesso l’anima vorrebbe andar “fuori tema”. Purché sia tutto scritto. Purché qualcuno legga.

            La scrittura è un magma vitale. Libera le pulsioni. Le fa vivere sul foglio [elettronico]. Fa condividere i pensieri.

            La scrittura rende liberi.

            La lettura ancor di più. In certi periodi della vita – però – è più difficile esser lettori che scrittori. Perché il dolore cerca catarsi all’esterno, non all’interno. Il tormento ha bisogno d’una valvola di sfogo. Ha bisogno di confrontarsi, per trovare una spiegazione, una logica, un motivo... che spesso, purtroppo, non ci sono. La scrittura rimane però l’unico mezzo di indagine in noi stessi. Le discipline meditative orientali insegnano il dominio delle pulsioni umane. La scrittura ne permette – anche a latere – l’analisi. Magari non arriverà a niente, ma avrà comunque lasciato traccia di sé. Avrà avuto una sua ragione d’essere, nell’essere nient’altro che se stessa.

           

 

Bokk74

 

 

 

                       

 

 

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