Don Giovanni, ovvero

l'amore per la Geometria.

 

 

            Considerato spesso uno dei migliori testi teatrali del Novecento dedicati alla figura del "Don Giovanni", ovvero l'eterno seduttore ateo, libertino, "spirito forte" per antonomasia, il testo di Max Frisch (architetto oltre che drammaturgo e scrittore) racconta la vita, le avventure e la morte del "Mito" dal punto di vista dello stesso protagonista. Dal primo racconto, visto sui palcoscenici della Commedia dell'Arte (e, come tale, tramandatoci da un gesuita), passando per le commedie di Tirso de Molina ("El Burlador de Sevilla"), Moliere ("Don Giovanni"), e non ultima la rivisitazione lirica di Lorenzo Da Ponte[1] ("scopiazzata" in buona parte dal tanto vituperato Giovanni Bertati), per tacer delle versioni poetiche (Byron, ma soprattutto Charles Baudelaire) e cinematografiche (J. Losey), il Mito dell'empio punito subisce qui la sua ultima, (quasi) definitiva evoluzione.

 

            Trama dell’opera:

            Partendo dal suo primo incontro con Donna Anna – la donna "dolente" (come Donna Elvira è l'archetipo della Donna "penitente") – figlia del Commendatore di Siviglia Don Gonzalo, Frisch inserisce un personaggio totalmente nuovo, nelle vicende dongiovannesche: la prostituta innamorata Miranda. In un gioco di specchi, di inganni e tradimenti (più che altro "involontari", rispetto alla tradizione), Don Giovanni, timido giovanotto che altro non sogna che di poter perdersi nei meandri della geometria, che alle donne non pensa proprio, si trova – suo malgrado – risucchiato nelle spire d’una vita avventurosa e scapestrata. Non c’è amore nel suo cuore, se non per le precise simbologie geometriche (non a caso Frisch è un architetto). Il lato emotivo è appunto rappresentato da Miranda, meretrice che alla fine sarà l'unica ad aver ragione di quel "cor perfido". Una volta divenuta ricca, difatti, Miranda arriverà a sposarlo, dopo che – per fuggire i creditori e i parenti di donne tradite e mariti umiliati e uccisi – il suo amato avrà inscenato la farsa dell’arrivo della statua semovente.

 

            Particolarità:

            La statua (che Cesare Cases vedeva come l’incarnazione della femminilità femminile) in questa commedia poetica e surreale non è altro che un artificio, deux ex machina di una rappresentazione in cui Don Giovanni è il regista, ma non autore (le sue vicissitudini non sono una sua scelta ma un "accadere" predestinato).

            Don Giovanni non sa amare. Una sua battuta rivelatrice suona: "Se un giovane mi chiedesse 'Cos’è un orgasmo'? Io... non saprei cosa rispondere." Il dissoluto non sopravvive al suo Mito. La vera morte di Don Giovanni, secondo Max Frisch, non è la Dannazione infernale(quella di Faust) ma quella di una esistenza 'borghese' e squallida, che si concretizza nella negazione del suo essere, della sua essenza: il concepimento di un figlio.

           

           

           

            Bibliografia minima

            __________________

            Nino Pirrotta, “Don Giovanni in musica : dall'empio punito a Mozart” – Venezia, Marsilio, 1991

            Giovanni Macchia, “Vita avventure e morte di Don Giovanni”, Adelphi, Milano 1991

 

 

 

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  Mercoledì 22 Novembre 2006

 

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[1] Nino Pirrotta, “Don Giovanni in musica : dall'empio punito a Mozart” – Venezia, Marsilio, 1991