Il Teatro Medioevale 1

Il Quem Quaeritis

 
 
 
         Di solito si comincia a parlar di Storia del Teatro principiando da quello greco. Ma invero non riscuote le mie simpatie. In fondo è assai conosciuto (parlo rispetto al Teatro Medioevale). Magari ne parlerò in seguito, tanto questo non è un blog culturale; inoltre ho notato che i post de cultura nun riscuoteno successo. Per cui me la canto e me la sòno, come si dice a Sgurgola Marzikana.
         Per altre vie, dico che questo per me è un esercizio di memoria, più che altro. Rispolverarmi mentalmente le lezioni (le prime che seguii, all’università, più di dieci anni or sono) di Storia del Teatro col prof. Edo Bellingeri, e cercar di ricreare quel climax che – in queste occasioni – sapeva ricrear così bene.
         La prima domanda a cui si risponde è: TEATRO MEDIOEVALE, PERCHÉ? – Potrebbe sembrare inutile argomento, bolso, antiquato. Pure, il teatro medioevale torna spesso alla ribalta. Basta pensar al Mistero Buffo di Dario Fo, (unico) capolavoro del Teatro Italiano del Dopoguerra, e certo più conosciuto all’estero di Pirandello. Il Mistero Buffo è un titolo preso "a prestito" da un’opera di Vladimir Majakovskij, geniale poeta russo. Il perché di questo titolo è presto detto. Le opere teatrali nel medioevo si chiamavano "Misteri"... E tra poco ne sarà chiaro il motivo.
         Ho detto che il Teatro dell’Antica Grecia non riscuote una mia gran simpatia. Come si può aver in simpatia una cosa che nasce perfetta? Dal Carro di Tespi all’Edipo Re di Sofocle il passo è stato breve. Una cosa analoga capita anche nel Teatro Mediovale, ma in forma un pochino diversa. Anche il Teatro Medioevale, in realtà, Ri-Nasce praticamente ex-novo.
         Dopo la "morte" dell’Impero Romano d’Occidente [quest’affermazione è un poco forzata, prendetela cum grano salis], il Teatro Romano decade, come tutte le maggiori istituzioni. Per secoli non si parlò più di teatro. Rimasero solo le vestigia di meravigliosi edifici e dei testi teatrali ricopiati dagli amanuensi come "esercizio" scrittorio e di grammatica (in questo quadro si inserisce, a posteriori, la trama del Nome della Rosa di Eco). Ma il Teatro è luogo dell’azione. E tutto rimaneva quindi in astratto. Finquando, durante le messe, in occasioni speciali, non si cominciò a "drammatizzare" gli eventi del Vangelo (curiosamente, anche la Musica Medioevale cominciò all’incirca così, con i cosiddetti tropi).
         Non per nulla, il primo "testo" che ci è pervenuto, relativo al Teatro Medioevale è il Quem Quaeritis.
         Consisteva di poche battute. Le cito, tradotte dal latino, a memoria.
        
                   La scena è in una chiesa, dove si finge sia appena fuori il Sepolcro di Cristo, appena avvenuta la Resurrezione (all’epoca ci si credeva, e non la si riteneva neppure così lontana nei secoli: il concetto del TEMPO nel medioevo era assai diverso dal nostro):
         Angelo [rivolgendosi ad alcune donne]: "[Quem Quaeritis] Che chiedete [cercate], o cristiane?"
         Donne: "Gesù Cristo, il Nazareno, o abitante del Cielo."
         Angelo: "Non è qui. È in Cielo! Andate ed annunciate la Buona Novella."
 
         A riprova del fatto che il Vangelo sia un testo fenomenale (non solo dal punto di vista didattico ed umano, ma anche e soprattutto d quello "teatrale") il prof. Bellingeri ci fece notare come, in nuce, ci fossero tutti i "presupposti" per un’AZIONE teatrale. La battuta finale dell’Angelo contiene quello che in termine [pseudo]tecnico si chiamano didascalie interne o implicite. È  ovviamente sottointeso che, dicendo non è qui, venisse spontaneo indicar verso terra, e viceversa è in Cielo, indicar verso l’alto, e poi Andate [ite] verso una qualunque direzione parallela alla terra, magari proprio verso l’uscita della chiesa [a mio parer ricalcando la formula ite, missa est].
 
 

Il Teatro Medioevale II

I Misteri Medioevali, le particolarità (Le case)

e la fine del teatro medioevale

         Il teatro medioevale si è sviluppato dal Quem Quaeritis, una brevissima "rappresentazione" scenica nell’ambito della liturgia il giorno di Pasqua appunto della Resurrezione.

         Da quelle poche, scarne battute ma estremamente teatrali, il Teatro Medioevale prese sempre più piede, verosimilmente considerando il successo ottenuto presso i fedeli.

         Ovviamente, all’inizio gli "spettacoli", tutti basati sui "Sacri Misteri", da cui un altro nome comune di queste rappresentazioni, erano condotti verosimilmente da appartenenti del clero stesso. Lo "spazio scenico" era situato all’interno dell’edificio sacro, ovvero della chiesa stessa. Poi, con l’andar del tempo, e l’estensione dello spazio dedicato a queste recite (inteso sia a livello di tempo, sia a livello di spazio fisico), l’azione scenica si trasferì all’aperto, solitamente nei piazzali antistanti le chiese stesse. I drammi sacri divennero appannaggio non più del clero, ma di laici "specializzati".

         Questo per vari motivi. Innanzitutto le rappresentazioni e le drammatizzazioni dei fatti liturgici erano diventati molto complessi, e richiedevano preparazione e tempo per allestire e provare le varie parti (considerando che gli attori – nonché le attrici, anche se nel teatro medioevale erano praticamente assenti – non son stati mai veramente benvisti dalle autorità ecclesiastiche). Inoltre le scenografie, i costumi e gli altri apparati scenici cominciavano ad assumere un peso fondamentale nell’ambito della drammatizzazione. Il teatro medioevale infatti era una "festa per gli occhi", molto elaborato visivamente quanto "surreale", simbolico ed allegorico. Ad esempio, ricordo che una rappresentazione del Padreterno era un uomo vestito di bianco "con una costola di Adamo che gli sbucava da una manica". (Particolare di notevole importanza: la violenza non era "finta", ovvero simulata, al contrario. Perpetrata con molto accanimento, per "imitare", nella finzione scenica, i patimenti di santi e martiri).

         In un film di Ken Russell, i Diavoli (tratto dal libro di Huxley "I diavoli di Loudon") – per portare un esempio – si intravede, sul finale del film stesso, una rappresentazione teatrale, assai verosimile, in cui si vede l'entrata dell’inferno, solitamente raffigurata come un’enorme bocca di un diavolo che mangia i condannati (gli affreschi gotici in effetti ricordano probabilmente tali rappresentazioni, e non è improbabile che scenografi e pittori si siano influenzati a vicenda).

         Un tratto alquanto distintivo era il manicheismo di certe rappresentazioni. Buoni e cattivi, inferno e paradiso, angeli e demoni. Il tutto in una cornice coloratissima, esagerata, non di rado confusionaria, ma tesa essenzialmente a stupire il pubblico, che era parte integrante dello spettacolo, in quanto le azioni sceniche si svolgevano su diversi palcoscenici. Per seguire l’azione, bisognava spostarsi da una "casa" all’altra, con notevole coinvolgimento fisico e – pertanto – emotivo.

         Spesso la fantasia degli "scenografi" (per quanto ovviamente il termine sia improprio) si sbizzarriva essenzialmente nella raffigurazione dell’Inferno, in cui si ritrovavano tutti i luoghi comuni più conosciuti dal pubblico dell’epoca. Un pubblico che – ricordiamolo – osservava molto più attentamente di noi. In cui tutto quello visto fuori dall’ordinario era assimilato e codificato secondo metri molto precisi e comuni a tutti, con simboli estremamente chiari. Non era da escludere, pertanto, un fine didattico. Specifica Jean Delumeau nel suo documentatissimo "La paura in Occidente" che qualche volta i missionari gesuiti nell’America Latina utilizzarono simili rappresentazioni (anche pittoriche) per "convincere", con la forza delle immagini e delle azioni, i restii pagani a convertirsi al Vero Dio (con un impatto socio culturale devastante, in una collettività che basava tutto il suo essere sul culto degli antenati).

         C’erano diverse tipologie di spazio scenico. Si andava da un lungo palcoscenico in cui le scene cambiavano man mano spostandosi da un lato all’altro, un altro tipo, "circolare" (in tutti i casi Inferno e Paradiso erano agli antipodi), ma le scene potevano essere anche disposte su carri o disposte nei piazzali a mo di tappe della "via crucis".

         Il teatro medioevale ebbe praticamente una "vita" di mezzo millennio: dall’anno Mille circa fino al Rinascimento, dove venne lentamente soppiantato anche da altri generi di rappresentazioni sceniche. Purtuttavia, ebbe una (inaspettata) rinascita proprio nell’Unione Sovietica, intorno agli anni ’20 del "Secolo Breve", dove i borghesi erano "all’Inferno" e gli operai erano "in Paradiso".

         Né si può certo dimenticare che l’esperienza accumulata in mezzo millennio non abbia influenzato, oltre la "pittura", anche il teatro Rinascimentale e, da quello, lo stesso Teatro dell’Arte, fino, appunto, al teatro russo e ai giorni nostri.

 

 

 

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