Amor supramonte

 

 

C’era una festa, quella sera. Un bel po’ di bella gente. Tutti simulavano di essere interessati a qualcun altro. Le feste organizzate in quella villa avevano sempre il medesimo sapore. Di tartine al salmone e simil-caviale (ovvero uova di lompo, micidialmente volgari).

E tutti fingevano di divertirsi un casino.

Lorenzo rideva, in modo grossolano, si sarebbe detto di gusto, se non fosse stato tanto caricato. Antonella camminava in su ed in giù. Con il bicchiere in mano, sorseggiando ogni tanto per darsi un tono.

Si avvicinò al marito, lentamente, e disse:

"Andiamo a casa, questa serata mi sta uccidendo!"

Lorenzo rispose tra i denti, con dissimulata contentezza: "Era ora!"

***

In macchina Antonella baciò sull’orecchio Lorenzo, e gli passò le dita tra i capelli ricci, scompigliandoglieli un po’! L’uomo ebbe un fremito lungo la schiena, un esteso brivido che entrava sino alle ossa!

***

Erano sposati da qualche anno, i due. Innamorati, piccioncini, e via di seguito, con la storia del matrimonio come tombola dell’amore: uno ne viene e novantanove s’accontentano! Diceva quel matto, e aveva ragione e torto ad un tempo, giacché il matrimonio dei due non era un disastro, come non era un esempio di perfezione. Magari! Onestamente, chi lo potrebbe essere? Trascinavano stancamente una routine matrimoniale che – detto sinceramente – era un po’ frustrante, ma non deprimente. Antonella ancora lo amava, ma era insoddisfatta. Quanto le piaceva il marito! Ma l’età e il tran-tran quotidiano minavano tutto alla radice.

Lei ancora si ricordava quelle parole, le parole che lui le aveva scritto una volta, i primi tempi, quando non erano ancora fidanzati, che le risuonavano sempre nella mente, come una fiaba ascoltata da piccoli, che mai più ti abbandona.

Mi piacerebbe

 

Mi piacerebbe, nella mia vita,

aver tanti poteri.

Mi piacerebbe, per dirti, con leggerezza ,

avere una bacchetta magica

per farti sorridere ancora quando sei triste.

Mi piacerebbe

Che tu non potessi fare a meno di me…

Mi piacerebbe

Che sempre limpido fosse il Sole!

Mi piacerebbe

Saper far vibrare gli infiniti fili del tuo cuore_

Mi piacerebbe

Saper dipingere una realtà migliore

(e i sogni della mia passione)…

Mi piacerebbe

Guardarti ora negli occhi,

E il sacro fuoco che so scorgere in essi!

Mi piacerebbe

estirpar tutti i dolori

(come tu puoi con me)

Mi piacerebbe

Un nulla – che però sappia renderti felice –

Mi piacerebbe innamorarmi ancora_

Mi piacerebbe

che la gioia fosse un campo

in cui tuffarsi nella sua larghezza

E che ci fosse un Cielo azzurro

che potessimo guardare insieme…

Mi piacerebbe un nulla

che valga un tuo sorriso

Mi piacerebbe saper suonare

le mille corde del mio corpo_

Mi piacerebbe

Saper tutto quel che ti piace_

Mi piacerebbe

esser meno cretino

e un po’ più poeta,

per offrirti

anche solo una parola

che possa

magicamente

aprir i tuo cuore,

ancora,

alle stelle

d’una passione nuova!

 

Antonella tornò in sé, dopo essersi persa in quell’onirismo quasi fraudolento dei ricordi. Erano a casa. Nella loro camera da letto! Antonella sentì un tuffo al cuore!

Lorenzo si spogliò, gettando la cravatta sulla poltrona e si spalmò sul divano. Antonella, dal canto suo, fece volar via le scarpe strette, che tormento! Una volta tanto, però, non doveva liberarsi del reggiseno: mai, con l’abito da sera, o no?…

Lorenzo andò a farsi una doccia. La Domenica bussava alle porte di Mezzanotte. L’uomo si guardò. Cazzo, era ancora bello! Ancora un figurino. Un po’ di pancia, ma era quasi uno status simbol, per cui, di che preoccuparsi? La barba appena un po’ lunga, via gli occhiali. Provò pure a fare un paio di flessioni attaccato alla parete, avvolto tra i fumi del vapore della doccia. Si lavò, e tra la schiuma il glande spuntò, scarlatto e quasi impertinente, come se volesse dire, ogni tanto ci son pure io…

Lorenzo si fasciò nell’accappatoio. Uscì dal bagno, avvolto nella candida esalazione della doccia. Antonella leggeva a letto. Lorenzo si avvicinò noncurante, lasciando l’accappatoio aperto. Antonella, sottecchi, lo guardò, ma continuò a leggere. Sbirciava tra le pieghe dell’accappatoio, e già aveva un po’ perso il filo del racconto… Lorenzo, sempre noncurante, si infilò rapidamente nel letto, prese un libro e cominciò a leggere anche lui. Antonella si aspettava che il marito si avvicinasse, e continuava a fissare il libro imperterrita. Ci capiva poco, ma aveva scarsa importanza. E Lorenzo non si avvicinava. Antonella sbirciò i piedi del letto, risalì con lo sguardo lungo la sagoma del marito sotto le coperte, il rigonfiamento dei piedi, le gambe, le ginocchia, il…

A quel rigonfiamento, Antonella, scaraventando il suo libro in terra, strappò via le coperte e osservo il corpo del marito disteso lì supino, col pene eretto, e ci salì sopra con veemenza. Lorenzo continuava a far il vago, ma dentro di sé pensava: "E vai! E vai! E vai!!!"

Anche il libro di Lorenzo fece un tonfo sul pavimento. (Poi dicono che si legge poco)… I capelli della donna turbinavano nell’aria. Lo baciò con la lingua che saettava! A quel punto, pure Lorenzo smise la parte, e avvinghiò i glutei della moglie che quasi infilava le dita nella carne.

Antonella si stese sul corpo dell’uomo, come se avesse voluto covare col suo pube il cazzo di Lorenzo. Le piaceva, sentirselo là, le dava una sensazione di completezza. Si sollevò la camicia da notte e – quasi nel medesimo istante – le mutande sparirono!

Antonella volle essere penetrata subito. Voleva sentir Lorenzo dentro di lei, a squassarle le viscere col suo arnese. Lorenzo la prese per i fianchi, e si ritrovarono l’uno sopra l’altra. La donna spalancò ancor di più le gambe. Lorenzo la strinse, possedendola con energia. Antonella fissò un attimo il soffitto, le tende, il mobilio della camera da letto, che aveva scelto lei. Tutto in un secondo. Ed in un secondo la voglia le passò!

Strinse il marito tra le cosce, e lo fece volar di lato, senza dargli una minima spiegazione! Non è che a letto gli uomini abbiano bisogno di particolari riguardi. Un uomo a letto non è mica una donna, che ha bisogno di speciali attenzioni. E infatti, senza dir niente, la moglie si rimise a posto la camicia da notte e si sedette sul bordo del letto, dando le spalle a Lorenzo, che ancora era lì, e non si era ancora reso conto! Il suo pene, invece, aveva inteso, e, nonostante fosse ricoperto dai viscosi umori femminili, già tendeva automaticamente al riposo.

"Che è successo, tesoro?" domandò Lorenzo stordito e preoccupato, nonostante gli ormoni gli stessero friggendo il cervello: "Ti ho fatto male, o cosa?"

Lei rispose acidamente: "Possibile che voi uomini non capiate mai un cazzo?!" (In realtà il motivo non lo conosceva bene manco lei.)

Lorenzo non sapeva che aggiungere. Forse era vero. Comunque, si guardò il sesso, che si stava ritirando a vista d’occhio, e notò una cosa: "Eppure il ciclo non ce l’ha!…"

***

La conversazione languiva, ed oramai il danno era fatto, su entrambi i fronti. Provarono a dormire. Ma Lorenzo non ci riusciva, non era in grado di dormire se non poteva risolvere un problema. Antonella ci dormiva sopra! Beata lei, che stava male e neppure si preoccupava di scoprire il motivo.

Lorenzo la svegliò brutalmente (forse anche a causa degli ormoni, mica era un santo, in fondo): "Ora parliamo!"

"Dormi! Buonanotte!" Profferì la donna, senza manco voltarsi.

Lorenzo sibilò: "Ma va’…"

Sortì fuori dalle coperte calde, e si rivestì. A quel punto, Antonella lo guardò e gli chiese: "Dove vai?"

Lui: "Fuori. Non è certo la prima volta, oggi, che esco "fuori", vero?"

Antonella non raccolse la battuta cattiva, anche perché un po’ si sentiva in colpa (ma appena appena un po’).

Balzò via dal letto anche lei. "Vengo con te!" Affermò risoluta.

"Perché?"

"Mi va di uscire."

"Va’ per conto tuo!"

"No, voglio venire con te!" esclamò fissandolo negli occhi.

"Va bene…" Disse sottovoce, ma furente dentro, mordendosi il labbro inferiore.

In macchina lei chiese: "Dove andiamo…"

Lui, controvoglia, quasi ipnotizzato, indicando svogliatamente in alto, rispose: "Supramonte!"

Pure ad Antonella faceva piacere così!

***

Supramonte era il posto dove da giovani andavano a guardare le stelle insieme, dove andavano le prime volte, come si suol dire, ad "infrattarsi".

C’era plenilunio. Poche nuvole nel cielo blu scuro. Timide stelle brillavano indifferenti. Serata perfetta, ma i due avevano litigato. Tutto andava male, pure le cose che paiono esser ideali. Pure quei grilli che frinivano nell’erba davano un fastidio. Parevano, sul momento, corde di violino che grattassero sui nervi direttamente.

C’era una piazzetta, quasi sulla cima del monte. Con la complicità consenziente delle autorità, che si astenevano dall’applicare l’assurda legge dell’atto osceno in luogo pubblico, uomini e donne si ritrovavano a consumar frettolosi ma gagliardi amplessi sotto la Luna a far da paraninfo.

Parcheggiarono, scesero dall’auto. Da una delle vetture posteggiate, una ragazza esalò un inequivocabile ansimo di piacere. Si inoltrarono nel bosco, per non passar da guardoni o affini.

Il bosco, quella notte – a dispetto degli effimeri umori dell’uomo – pareva fatato. Il buio inghiottiva alberi e fronde, quasi a crear l’impressione che vecchi misteri sorgessero dall’ombra. E da quelle brume s’udivano voci. Si addentrarono nel bosco per molti metri dalla strada. In una radura scorsero un enorme fuoco. A lato, tutt’intorno, una ventina di persone, la cui fisionomia era alterata da’ bagliori delle fiamme dell’antica legna, che giaceva ammassata tutt’attorno. La luce del falò illuminava magicamente le rovine di un autentico teatro romano. Quelle vestigia sorgevano vagamente dalla terra umida d’autunno. L’intorno era cosparso di lumini, che parevano l’incantamento d’uno stregone – o i mill’occhi di folletti e gnomi, che volevano venir a giocare col foco, loro fratello più grande…

Lorenzo ed Antonella osservarono la scena, poi si allontanarono.

"Pensi fosse un rito satanico?" Chiese lei.

"Non essere ridicola" Disse lui risoluto, allungando il passo.

Si trovarono in una piccola radura tra gli alberi. Si fermarono un momento appena, solo per riposarsi, e razionalizzare. Invero, si fissarono negli occhi. Tra i rami spuntavano benigne stelle e un occhio pallido che guardava il mondo con eburnea indifferenza. Antonella ghermì Lorenzo. Gli mise la lingua in bocca con una violenza insolita. Non fecero in tempo neanche a spogliarsi. Si abbassarono i pantaloni a vicenda, e sia lui che lei erano eccitatissimi. La penetrazione avvenne subito, con animalesca brama. Dopo pochi colpi, già Lorenzo perse il controllo, nello stesso istante accadde anche ad Antonella. Raggiusero l'apice del piacere entrambi con foga e trasporto estremi.

Passato l’attimo di passione, quasi da manuale, si stesero sulla nuda terra a riposarsi. Lorenzo strinse Antonella. Rumori lontani si udivano ancora, di bottiglie infrante.

Antonella disse: "E’ stato bellissimo, caro… ma…"

"Vuoi andare?"

"Sì"

"Andiamo!"

Si dileguarono con stile, ma velocemente.

In macchina parlarono poco, forse perché nulla c’era veramente da dire. Per loro parlava il sorriso che Antonella aveva sulle labbra, in una notte di Luna, e di mezza follia.

 

 

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