Il contratto

 

La prima volta che Rossella incontrò Ada, non le fece una grande impressione, ma il suo sorriso la colpì.

La ragazza rimase un attimo in disparte. Poi si presentò. Disse il suo nome. Gesticolando. Ada era sordomuta.

Era bravissima nel labiale, per questo motivo aveva una vita abbastanza tranquilla. Rossella studiava la lingua dei segni, però era ancora agli inizi. Avrebbe desiderato molto imparare, e poter così entrare – come sosteneva lei – in contatto con un mondo, un universo così diverso dal suo, da quello della gente. La gente normale. La "normalità", poi… Se ci fosse qualcun che me la spiegasse, pensava a volte Rossella. La ragazza adorava ragionare su queste cose. Non ne aveva spesso il tempo, a causa del suo lavoro (donne delle pulizie, non era il massimo, però…)

Avere qualche volta la possibilità di stare così, sdraiata, a pensare, senza fare nulla, come potevano permettersi di fare i suoi amici universitari, "fancazzisti" formidabili dalle pose da intellettualoidi, con la faccia da imbecilli, persi nei loro filosofeggiamenti del piffero! Che ne sapevano, loro, della vita, che si potevano permettere di "pensare". Li invidiava, Rossella, sì, che nella vita c’era chi poteva avere tutto, e chi non aveva niente, e spesso manco lo sapeva apprezzare. Era un pensiero squallido, ma pratico! Rossella era molto pratica. Molto pratica; e diretta. Le balenò in un istante una domanda cretina, ma, francamente, chi se ne frega, concluse mentalmente Rossella.

Conosceva l’arte dei segni ancora pochissimo, ma voleva comunicare. Che male c’era? Cominciò a tempestare Ada di domande. "Comunicarono" per più di un’ora. Alla fine, soprattutto un argomento colpì Rossella. Il pensiero dei sordomuti.

Ada, in particolare – essendo sordomuta dalla nascita –, non usava la parola per elaborare concetti ed idee. Ella pensava direttamente in gesti.

Rossella stentò a crederci. Con il suo segnare ancora incerto, lento e nervoso, cercò di farsi spiegare meglio che cosa la ragazza intendesse affermare.

Ada parlò. (Poteva parlare, ma non le piaceva, perché, da piccola, una suora – esempio mirabile di bontà e diplomazia, nonché d’arguta e fine intelligenza pedagogica – la sgridò a causa della sua voce stridula e sgraziata).

"Quando tu pensi, usi la parola, formuli frasi mentalmente. Anch’io conosco le parole. Però non mi appartengono. Non appartengono alla mia mente. Io sono sorda da quando sono nata. L’unica lingua che ho conosciuto, in tanti anni, è stata quella dei segni…"

Ada si fermò. Spiegare usando parole e suoni le comportava uno sforzo enorme. Inspirò profondamente e continuò a parlare con la sua prosodia veloce e acuta.

" …Quando non hai altri mezzi a disposizione, devi adattarti. Nella mia testa, le parole corrispondono a dei gesti particolari. Per questo, se devo pensare a qualche cosa, immagino me stessa che "segno", cioè, come dice chi nono sa niente, "gesticolo"!"

"Anche per parlare con me, adesso?".

Ada asserì.

"Dunque" continuò Rossella "se ho ben capito, pure per parlare con me, per spiegarmi tutto, hai dovuto prima pensare in gesti e poi "tradurre" in parole."

Ada asserì di nuovo, con un sorriso lieve e dolce. Piccole stille di sudore imperlavano la sua fronte.

Ada era una bella ragazza; almeno Rossella pensò questo. Rimase affascinata dalle difficoltà quotidiane che una persona con un simile handicap doveva affrontare. Improvvisamente si sentì piccola. Sentì insignificanti tutti quei problemi che lei aveva ogni giorno.

"È una persona straordinaria!" considerò dentro di sé.

Ada intanto era assorta ad osservare un passero che beccava delle briciole di pane sul davanzale.

Rossella pensò: "Questa ragazza con i sorrisi ci parla."

 

* * *

 

Silvano aspettava in macchina; fumava e tentava di non pensare.

Il Sole picchiava sulla vettura, arroventandola. Il ragazzo uscì e si appoggiò sul cofano. Era proprio tempo di mare.

Rossella ancora non si vedeva.

Quanto tempo lui e Rossella "facevano all’amore" (come dicevano i suoi parenti al paese)? Erano quasi due anni.

L’anniversario. Sì. Bisognava ricordarsi dell’anniversario.

"Le donne ci tengono, a queste cose". Mormorò tenendo la sigaretta in bocca, con un gesto indolente e virile, quasi recitasse una parte per un pubblico immaginario.

Passarono due ragazze. Lo guardarono un attimo, e Silvano le ricambiò.

"Tanto gli uomini sono tutti uguali, e le donne pure", filosofeggiò pavoneggiandosi.

Rossella apparve. Scese le scale velocemente.

"Era ora!" Disse Silvano rientrando in macchina.

"Ho conosciuto una persona fantastica". Rispose Rossella, togliendosi la giacca.

Appena in macchina, prese la mano del ragazzo dal cambio e la strinse; poi, con decisione, lo trasse a sé e gli diede un bacio, sbavandolo di rossetto:

"Casa tua?…"

 

* * *

 

Una settimana dopo, Silvano e Rossella festeggiarono i loro primi due anni insieme.

Rossella aveva preparato una cena da copione.

"Non c’è anniversario senza la cena e lume di candela. – Pensò. – Musica soft; la camera da letto, quella sì, tutto preparato".

Accese lo stereo.

Silvano ancora non si vedeva. In ritardo? Non era da lui. Qualche problema? E poi la cena si rovinava. Per sapere, Rossella decise di chiamarlo con il telefono cellulare. Così, se fosse rimasto intrappolato nel traffico, avrebbe potuto evitare di tirare fuori del forno quello che aveva preparato per non farlo rovinare. (In realtà, Rossella aveva comprato tutto da una rosticceria, ma si vergognava di ammettere di saper cucinare soltanto le solite cose. Telefonare a Silvano era anche una scusa per dimostrargli che stava cucinando, e forse, perché no, per controllarlo, quel "birichino").

Rossella cercò il telefonino nella sua borsetta. Lo trovò sepolto dai fazzoletti di carta. Sul display appariva il simbolo del messaggio.

"La musica e la borsa avevano attutito il segnale acustico – pensò Rossella – Forse è proprio di Silvano".

Sul display comparvero queste parole: "BUONO ANNIVERSARIO A VOI DUE. ADA".

"Che carina a ricordarsene". Pensò Rossella, che peraltro aveva riconosciuto la sintassi piuttosto "ardita" dei sordomuti.

Prima che potesse comporre il numero, Silvano suonò alla porta.

Entrò e, con un giro di valzer, porse un’orchidea alla ragazza.

"Il più bel fiore al più bel fiore della mia vita" sussurrò Silvano.

 

* * *

 

 

Ada e Rossella passeggiavano per il parco. Il Sole disegnava ombre fitte sul selciato. Un bambino, correndo, passò tra le ragazze.

"I bambini sono adorabili" sospirò Rossella.

Ada a gesti chiese all’amica se desiderasse avere dei figli.

"Certo. A chi non piacerebbe? I bambini sono una ragione di vita."

Ada smise di camminare. Si mise di fronte a Rossella per farle vedere le sue mani eleganti che ballavano per dire:

"Perché, non sei contenta della tua vita adesso?"

"Sì, perché?"

"Quando cerchiamo una ragione di vita nei bambini, di solito c’è qualcosa nella nostra vita che non ci soddisfa pienamente."

"Ma non prendere così seriamente tutto quello che dico…" Rispose Rossella. Allora Ada, presa dalla foga di spiegarle cosa intendesse dire, le si avvicinò, segnando rapidamente in aria gesti nervosi. Vicino, molto vicino.

Rossella non riusciva a vedere bene i gesti. Ada era a pochi centimetri da lei. Rossella ebbe la sensazione che le volesse penetrare il suo spazio vitale. Erano sciocchezze, però… La ragazza, istintivamente, tentò di fermare l’ansioso segnare dell’amica, stringendole le braccia, e aggiungendo con il labiale:

"Così non capisco."

Si fissarono un attimo. Poi Rossella abbassò lo sguardo, un po’ imbarazzata per aver bloccato le braccia all’amica. Ada, però, la invitò con un sorriso a riprendere la passeggiata.

Si sedettero su una panchina.

"Adesso che fai? – Segnò Ada. – Studi, vero?"

"Sì. Provo a prendere il diploma."

"Non lo hai ancora?" Segnò di nuovo Ada.

"No! Ho lasciato la scuola a quindici anni."

"E allora perché riprendi adesso? A che ti serve il diploma?"

"È una mia soddisfazione. Lo prenderò da privatista. Ho fatto una stupidaggine, però ero una ragazzina. Ora me ne sono pentita. Ma non è mai troppo tardi."

Ada seguiva con molto interesse la segnatura di Rossella, che migliorava di giorno in giorno. Ada sapeva che simili progressi non potevano essere solamente frutto d’applicazione. Ci doveva essere una ragione più importante. Un simile miglioramento, in una persona udente – lei lo sapeva per esperienza –, ci poteva essere soltanto in caso d’estrema motivazione come, ad esempio, avere familiari sordi in casa; ma Rossella non ne aveva.

Ada segnò in aria, repentinamente, una parola.

"Verità?" ripeté l’altra ragazza, usando anche la voce.

"Verità!"

"In che senso? Che vuoi dire?" Domandò Rossella.

"La verità è che tu vuoi prendere il diploma per metterti quasi sullo stesso piano di Silvano. Lui frequenta l’università. Giusto?"

Rossella fece un gesto sciatto come per dire: "Ma che pensi?..."

"Comunque – riprese Rossella – per me rimane una soddisfazione non indifferente!… E mi piace quando Silvano mi aiuta a studiare."

Ada sorrise sorniona.

Era una giornata molto calda. Ada si sciolse i capelli corvini per poterli raccogliere meglio. L’amica notò – come fosse la prima volta – che Ada aveva dei capelli lunghissimi, lisci e lucidi. Il Sole rifletteva sulla scura capigliatura. Rossella osservò con quanta grazia Ada aveva gettato indietro il capo per poter poi prendere e raccogliere i capelli in un’unica ciocca, mentre teneva la molletta tra le labbra. La delicatezza e l’eleganza la avevano sempre colpita, soprattutto quando Ada segnava, perché sapeva rendere armoniosi anche i gesti più goffi – all’apparenza – della lingua dei segni.

"Perché dài così poco valore a te stessa?" Domandò a bruciapelo Ada, dopo essersi sistemata i capelli.

Sulle prime Rossella finse di non aver capito. Dopo chiese delucidazioni:

"Io non mi disprezzo."

"No. Davvero? – segnò Ada – eppure leggo qualcosa nei tuoi occhi. Quando è passato quel bambino, ho notato una strana luce nel tuo sguardo."

"I bambini sono puri. Innocenti."

"Sì. Non ci dovrebbe essere dolore per i bambini. Non ci dovrebbe essere violenza…"

"Violenza?… – Ripeté Rossella.– La vita non va mai come dovrebbe…" Un brivido impercettibile le corse lungo la schiena.

"Tutti abbiamo i nostri segreti." Segnò Ada.

"E tu, che segreto hai?" disse Rossella ridendo.

Ada asserì: "A me piacciono le donne…"

Rossella rimase interdetta. Poi, quasi per rompere il ghiaccio del silenzio, chiese:

"Come si segna "lesbica"?"

Ada rivolse le palme delle mani l’una verso l’altra, e si toccò ripetutamente i polpastrelli degli anulari.

 

* * *

 

Silvano leggeva nel letto. Rossella uscì dal bagno. Si sdraiò vicino al ragazzo. Fissò un attimo il soffitto, infine si girò; ghermì Silvano e lo baciò con decisione. Lo sfiorò sul torace.

La mano di Rossella scese lentamente verso il basso.

La ragazza si sentì subito meglio.

 

* * *

 

"Non mi avevi mai graffiato, prima" Disse Silvano.

"C’è sempre una prima volta per tutto." ribadì Rossella, pentendosi subito di quello che aveva appena detto.

La ragazza notò un pacco sul tavolo.

"Cos’è? – Domandò Rossella – Un regalo? Che bello!"

"Non è mio. – Rispose Silvano – È arrivato per posta. Leggi chi te l’ha spedito. Sarà forse del tuo "amante"?"

"È un pensierino di Ada!" Esclamò la ragazza.

"Perché? Ho dimenticato qualche ricorrenza?" Domandò sorpreso Silvano.

"Non si fanno regali soltanto alle ricorrenze. – Sentenziò Rossella – A volte servono solamente a dimostrare ad una persona che per lei sei importante."

"Ah! Devo essere geloso?…"

"…"

Rossella aprì il pacco. Un gatto di peluche la fissò.

 

* * *

 

La metropolitana era affollatissima. "Che noia! – Pensò Rossella – Almeno ci fosse qualcuno che mi facesse compagnia."

Transitò un convoglio, ma era talmente pieno di pendolari che la ragazza non provò nemmeno a salirci.

"Certo, ci fosse almeno qualcuno…"

Rossella sentì una strana fitta al cuore…

 

* * *

 

Rossella diede appuntamento a Ada sulla spiaggia alle sette e mezza.

Il tramonto sul mare colorava l’aria di un rosso intenso. Il sole screziava il cielo, e le nuvole lontane stagliavano contro l’infinito.

La luna salutava la sera.

Ada arrivò dopo l’amica.

Rossella segnò:

"Non speravo che venissi"

"Perché?"

"Non so…"

Le onde rifluivano ritmicamente sulla battigia. Una leggera brezza soffiava dal mare, carica di iodio.

"Devo confessarti una cosa" disse Rossella, muovendo appena le labbra, quasi sperando – in cuor suo – che l’altra ragazza non capisse.

Ada, invece, fece segno come per intendere:

"Immaginavo…"

"Io non capisco! – Segnò confusamente Rossella – Mi era parso sempre così tutto istintivo, semplice, lineare…"

"Normale?" La interruppe l’amica.

"Sì, anche "normale". Che male c’è? Ho sempre amato molti i ragazzi. Amo… Ho amato Silvano di un amore disperato. Irragionevole. È vero, a volte lui è rozzo, specialmente nell’intimità. Ma in fondo a me piaceva. E non saprei vedermi a far l’amore senza…"

Ada sorrise.

"Comunque – riprese Rossella – stamattina in metropolitana, ho desiderato tanto avere qualcuno accanto. E ho pensato a te. Ti ho pensato con una tale intensità che devo essere arrossita. Mi sono vergognata come se tutti avessero potuto conoscere i mie pensieri… E poi ho pensato a Silvano. Ed ho sentito una fitta allo stomaco. No. Non per amore. Per il dispiacere. Per il dispiacere che gli avrei provocato. Alla sua infelicità… infine ho pensato ancora a te, e ad un tratto ho cominciato a sentirmi bene. Come se avessi potuto respirare di nuovo dopo una lunga apnea… Mi capisci?"

Ada asserì; era leggermente paonazza, ed aveva gli occhi lucidi ed un’espressione di felicità e di apprensione disegnata sul viso. Il suo viso bello, sempre più bello, pensò Rossella. I capelli corvini mossi dal vento profumato di salsedine.

Si sedettero sulla rena.

"Ho cominciato a capire tutto, e poi mi sentivo confusa. Sempre più confusa e felice. Mentre capivo che mi mancavi. E cominciavo a desiderare che tu fossi vicino a me, sempre più vicino. Mi ricordavo il tuo odore e il tuo sorriso. Le tue mani eleganti e leggere che volano nell’aria. Poi ho desiderato sentirle volare su di me

Ada osservava la mimica di Rossella confusa dall’emozione.

Non rispose, ma era visibilmente felice.

Rossella le domandò:

"Che mi succede?"

Ada segnò:

"Sei felice?"

Rossella riprese flebilmente:

"Sì".

Ada la strinse al petto dolcemente. Poi, dopo un attimo di esitazione, la baciò.

In lontananza, una famiglia tornava a casa. Il padre portava un bambino di pochi anni addormentato tra le braccia.

 

* * *

 

Le ragazze entrarono in casa furtivamente, come avessero paura che qualcuno le seguisse.

Per Ada non era la prima volta. Però non avrebbe voluto che i suoi genitori scoprissero di avere una figlia non soltanto sordomuta ma anche lesbica.

"Davvero?" Domandò ingenuamente Rossella. L’altra asserì.

"A nessun genitore piacerebbe avere un figlio omosessuale". Disse Rossella. "Hai cambiato idea?" Segnò Ada.

"No!- affermò decisamente- anzi!" E stavolta fu lei a baciarla, e cominciò a spogliarla.

La vide nuda. Una donna nuda. Una donna come lei. E sentì le mani veloci sul suo corpo. E la bocca correrle lungo il collo. Poi, dolcemente si gettarono in terra, senza neanche arrivare al letto. Che insolita sensazione. Sapeva come toccarla, sapeva dove e come. Poi sentì un gran caldo, una dolcezza infinita.

Rossella scoprì che, per sentirsi donna, non serviva un uomo. Tuttavia, uno strano senso di colpa, subdolamente, le attanagliava l’anima.

Ma quando la mattina seguente si svegliò, e vide l’espressione tranquilla e beata di Ada che la stringeva a sé, pensò che non ci poteva essere nulla di sbagliato in qualcosa che poteva dare tanta felicità e appagamento.

 

* * *

 

Silvano non batté ciglio.

Rimase incredulo alla confessione della sua ex ragazza.

Pensò ad uno scherzo. Poi, quando realizzò che la verità gli era sempre stata sotto gli occhi, l’unica reazione che ebbe fu quella di impallidire vistosamente.

Rossella, trepidante, gli chiese:

"Silvano, Silvano, stai male?"

Il ragazzo la gettò da una parte, e corse in bagno a vomitare.

Rossella lo seguì. Ma lui le chiuse la porta in faccia.

Le gridò soltanto, con voce feroce:

"Va’ via! Va’ via!!!"

 

* * *

 

Passarono tre mesi.

Ada continuava a fare regali su regali a Rossella, che, pur compiaciuta, si sentiva sempre più in imbarazzo.

Un giorno il cielo era coperto di nubi. Ada andò a casa di Rossella. La trovò che piangeva.

"Cosa hai, amore mio?" Segnò Ada.

Rossella aveva dei fogli in mano: era una lettera di Silvano.

"Io non ce la faccio più! – Segnò Rossella – Tutti questi misteri, problemi, menzogne… con i tuoi genitori, con i miei… Basta!"

Ada rimase allibita.

"Scusami, amore mio, ma non ce la faccio proprio – continuò Rossella – lo sai che Silvano non esce di casa da tre mesi? Ed oggi ho ricevuto questi fogli: è una poesia."

Ada – a fatica – la lesse.

 

 

Per Te...

Acqua della mia vita,

Respiro del mio mondo,

Infinito mio desiderio,

Rosso fuoco della mia esistenza:

Il più bel fiore

Del giardino più profumato.

Dolce sorriso

Di misteri arcani,

mio sangue, mio pensiero, mio respiro

mio tutto quanto v’è di bello

al mondo!

Corpo celeste e stella del mattino

Oriente, occidente

Sole più radioso

Dell’aurora di un giorno di primavera…

Cuore magico e incantato:

Il mio cuore parla al tuo

Che – muto – non risponde.

Che delitto assurdo

Lasciar morire

Un sentimento.

La mia poesia ha il tuo nome,

che si ripete,

come i rintocchi dell’orologio

d’un tempo senza di te

che sa di eternità.

Anima e corpo,

occhi chiari

come il cielo terso,

infinitamente grandi come il mare-oceano…

Questo è il mio canto:

il canto del cigno

che canta una sola volta

e poi muore,

come tu vorresti che morisse

quel ch’io sento per te.

Ma non vuole: soffoca il mio cuore

In mille spire di tristezza

D’un tempo fuggevolmente lontano,

Quando ci sfioravamo

sognando un futuro a fior

Di labbra.

Un tempo antico

Che profondevi sorrisi ed abbracci,

E mi sentivo l’uomo

Più fortunato del mondo.

Ma se c’è qualcosa ancora,

non lo far morire:

Una quercia nasce

da un piccolo seme.

Ti amo,

dolce rosa di maggio,

fiera leonessa

dalla folta criniera,

che t’avvolgeva

il volto illuminato

di gioia

con un raggio di luna…

 

 

Ada, scossa, rimase immobile.

"Non è bellissima?" Segnò Rossella, paonazza dal pianto. Una lacrima ancora le solcava le guance. Ada le asciugò il volto con una carezza delicata ma decisa.

Si fissarono a lungo. Ada parlò:

"Allora è finita?" Mentre il respiro le moriva in gola.

Rossella singhiozzava, respirando a fatica. Prese il viso della ragazza tra le mani, e lentamente premette le sue labbra su quelle di lei.

"Non ce la faccio neanche a lasciarti. – Disse – Non tutto insieme. Non tutto in una volta. Pensavo che potremmo stare ancora insieme un po’; magari fino alla fine dell’Estate."

"E poi?"

"Forse tornerò da Silvano. Se mi ha scritto quella poesia, ancora mi ama."

"Ed io?" Chiese con lo sguardo Ada. Non aveva più neanche la forza di piangere.

"Stiamo ancora un po’ insieme, no? E poi, anche i tuoi genitori, alla lunga, potrebbero scoprirci, non ci hai pensato?"

Ada concordò.

"Però…"

"Credimi, amore – aggiunse Rossella – è meglio così, per tutte e due!"

"Allora – segnò Ada – rimaniamo insieme un altro mese, circa."

Rossella, con un mezzo sorriso, confermò:

"Meglio di niente – poi, quasi presa dal rimorso e da una improvvisa tristezza, aggiunse – perdonami ma non sono abbastanza forte per portare avanti e poter vivere bene la nostra storia."

"Se mi amassi veramente, lo faresti!"

"Sì, forse hai ragione; forse sono solo debole…"

Ada fissò il muro.

Rossella l’accarezzò. La ragazza le afferrò la mano e la baciò.

"Un altro mese?"

"Così ci abituiamo all’idea."

Ada – a malincuore – accettò. Poi, ironicamente, segnò:

"Firmiamo il contratto?…"

Fuori pioveva.

Rossella, come se si fosse destata da un lungo sonno, ripeté a voce:

"Un contratto?…"

Poi… fecero l’amore.

 

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