Monodialogo con me stesso.

   

    La prima domanda è perché un monodialogo? Uno non può parlarsi da solo? Che necessità c’è, di parlar ad altri dei propri fatti? È per una ricerca di obiettività. Insomma, si posson dire mille e mille cose a se stessi, apologie delle proprie azioni, e reazioni. Ma aver come unico solo referente l’oggetto e il soggetto delle proprie discussioni è da folli. Nelle nostre pazzie, d’altronde, dobbiamo trovare il nesso [il]logico. Delle nostre emozioni dobbiamo cercare il motivo, o meglio, la “causa scatenante”.

   Perché, d’una persona, può darci tanto fastidio una cosa, che magari in noi non sopporteremo? E viceversa, anche se molto più raro?

   Questa domanda la lascio insoluta. Troppo soggettiva, la risposta, troppo vaga.

  Io piuttosto mi chiedo: hai mai notato come la vita ti pone davanti a scelte che irrimediabilmente scardinano le tue certezze, i tuoi piccoli, mediocri assiomi, affinché tu li debba affrontare per dimostrarti di essere la persona che credevi?

   È facile essere come l’immagine di se stessi che ci facciamo da bambini; ma poi, appena ti capita un piccolo incidente di percorso, ti rendi conto che quelle percezioni... non hanno più consistenza. Allora ti chiedi: “Ma quello non sono io!” [Pirandello docet]. Perché la vita è teatro? Allora, l’evento è “specchio”. Ecco, sì: mi trovo davanti a uno specchio, che mi fa vedere non un altro, ma me stesso. E quel me stesso, mi piace? Certo che no. Lo posso cambiare? Oramai è tardi, si direbbe. Lo posso accettare? Con l’accetta, magari.

   Che paura, mi fa, quell’uomo che vedo. E anche un po’ ribrezzo. E penso invece a quanti si guardano in quello specchio compiaciuti di se stessi. Settantenni laidi che avranno la fortuna di morire “immacolati”. Io questa fortuna non l’avrò mai. Perché spero sempre che qualcuno mi “inchiodi” alle mie responsabilità. Altrimenti diventerebbe da vittima a complice di quel che sono. E se io faccio un torto... be’, io stesso dovrò condannarmi!!!

   Uno si dice: ma’... in fondo, nella vita, non ho commesso grossi errori. Allora ti chiedi: Dipende quante brutte cose ti ha riservato la vita. Nella tua campana di vetro, volevi anche sbagliare? No, mi pare ovvio. E c’è chi ci riesce, c’è chi ci riesce, certo!

   Il vero problema, semmai, è chi rischia di far male ad altri, con il proprio egoismo. Ah sì, certo, mi ricordo sempre la frase dello psicologo che disse alla sua paziente: “Signora, per ritrovare la sua femminilità, voli di fior in fiore!” – Tanto, a quello, cosa importava se la signora aveva moglie e figli? E se gli altri ne avevano? Lo psicologo risolve i problemi del singolo. Per il resto, non ha importanza. Ma non divaghiamo. Parlo di me! Parlo di me. CE la farò, ad accettarmi?

   Alla soglia della mia bella età, nel [quasi] mezzo cammin de la mia vita... posso far un bilancio? Scadente, d’accordo. Qualcosina di me mi piace. Ma per esempio, mi son reso conto d’una cosa: come Alice delle Meraviglie, “So darmi buoni consigli, peccato che non so seguirli”. Come un dottore che fuma. Ora, dico: non bisogna valutare una persona superficialmente. Lo sappiamo tutti. Eppure... come cangia in un punto il nostro destino, quando la persona che NON bisognerebbe giudicare... ce la troviamo davanti. Eccola. Sono io. È lei? Non so. Magari quel Settantenne che vedo nello specchio è lo stesso protagonista del libro: “Memorie delle mie puttane tristi”. Il libro cattivo di Marquez. O forse i personaggi di Ibsen. Mi sento sporco. Mi sento sporco come non lo sono stato mai. Ora mi resta di affrontare questa sporcizia. Eppure io già “so” che la forza (morale) d’un uomo si vede da come affronta QUESTE situazioni. Ho la forza di affrontarle? Credo di sì, davvero, credo di sì. Ho affrontato di peggio. La Disartria, per esempio. Il mio farfugliamento del cazzo. E sì, gli sguardi delle ragazze sbigottiti. L’ilarità dei compagni. C’è sempre un buon gusto del “freak” in tutti noi. E se non avessi avuto la Disartria, sarei stato come loro. Sì, mi rispondo di sì, onestamente; e quel vecchio di Settanta anni che tanto odio, mi somiglia sempre di più. Ma io non sarò mai lui, per fortuna. Lo so solo per il fatto che... non ce la farei. Non ce la farei, eppure qualcosa tra me e lui, si trova, si vede. Se potessi, gli sputerei addosso. Non vedo assolutamente nulla di “umano” in lui. Qualcosa di “diabolico”, luciferino, malato e corrotto, che ha passato attraverso la sua carne a qualcuno che – nonostante tutto – l’ha persino “perdonato” per questo. Io non ce la farei. Vecchio porco, dove sei? Ho un grumo di saliva in gola con il tuo nome sopra!

   Ed ora dico, guardiamo oltre, oltre il laido. Guardiamo la realtà delle cose. Guardiamo il futuro. La Fides. Sì, insomma, io parlo tanto di fiducia. Ma è ovvio che con il mio bellissimo background familiare, ci mancherebbe ragionar così. Ma io qui non sto parlando di me, lasciamo stare! Io so parlar di me solo rispetto alla mia disartria. Ah, quanto son orgoglioso di come l’ho affrontata.

–        Bene... Ma... ma ora? A chi interessa? A nessuno, credo, sentir tessere le tue laudi...    

–        E ora, ora, ora, di che vogliam parlare? Di come A. ti rinfacciasse dieci anni fa degli errori commessi prima di conoscerti? Eri contento, allora? Sì certo, tu non li avresti rifatti, è vero! Il bello è che (nonostante la storia sia finita) non li hai mai rifatti, davvero, quegli errori.

–        Sì, perché già prima di lei avevo capito che eran cose di cui vergognarsi.

–        Bravo. Vedo che qualcosa di cui andar fiero, pure nel passato, c’è.

–        Vorrei vedere... non molto, ma c’è! Invidio quelli che, pur avendo molto meno, dormono bene la notte

–        Fortuna di non avere etica.

–        Se rinasco, non voglio etica.

–        È una gran fortuna.

–        Senza dubbio, senza dubbio. Comunque, dicevo: odiavo quando A. continuava a rinfacciarmi cose del passato che non avrei mai fatto.

–        La storia è finita per quello?...

–        Bo’. Non l’ho mai capito, e non me ne frega niente più, di questo.

–        Neppure a me! Torniamo alla domanda. Ma insomma, di che hai paura?

–        Di soffrire, ovviamente. Di non essere all’altezza.

–        E perché non fai come quasi fan tutti? Ignoralo.

–        Sarebbe una soluzione.

–        E se il prossimo passo che devi compiere verso la tua ricerca dell’Io non fosse quella di dominare questi sentimenti negativi, ma di fottertene proprio?

–        Diventare più stronzo?

–        Anche quello potrebbe essere “diventare più adulto”, non credi?

–        Buffo. Credevo di parlare con la mia coscienza.

–        E allora?

–        La coscienza non dovrebbe essere buona?

–        La coscienza forse sì. Ancora ti immagini il “grillo parlante”, con le antennine sulla capoccetta, che saltella... Aspetta, come dice il Mefistofele “Grillo saltellante a caso, spinge fra gli astri il Naso”.

–        Quello era Dio.

–        È uguale.

–        Quindi anche diventare teste di mischia potrebbe essere un traguardo?

–        Se non hai alternative.

–        Niente ti mette più a tuo agio di non avere scelta.

–        Esatto.

–        Ma io voglio affrontare questa situazione senza diventare una melma.

–        Però se cambi ottica, non sarai una melma ai tuoi occhi, sarai come il Settantenne che morirà contento di aver “rispettato” la dignità della donna.

–        Non sai quanto l’invidio.

–        Questo l’hai già detto. Sei noioso persino a te stesso.

–        E che vuoi, che ti faccia ridere?

–        Visto che sto qui ad ascoltarti... e penso d’essere rimasto io da solo... Ti ripeti un po’ troppo, ragassuolo. E non tendi a niente. Anzi, meglio... poiché io sono te, potrei anche dirti di più, ma non ci sperare.

–        Tanto lo so.

–        Dillo a tutti.

–        Che una parte di me colpevolizza... qualcun altro!

–        Bravo il mio ragazzo, onesto, intelligente, e anche un po’ stronzo. Ma per esser stronzo per davvero, comincia a pensare che hai il diritto di colpevolizzare gli altri.

–        Non ne ho sempre il diritto, invece!

–        E ragazzuolo, con te è fiato sprecato!

–        Son un “cattivo scolaro” ma tu un “cattivo maestro”.

–        Dei migliori invece. Ascolta. Ti “imparo” a campare meglio.

–        Ti insegno”, semmai.

–        Ti imparo” a non esser così pedante.

–        E qualcosa di più prezioso?

–        Ti posso imparare” a non avere sensi di colpa.

–        Imparare ad affrontarli non si potrebbe?

–        Troppo difficile. E poi... ti renderebbe un handicappato sentimentale, in un mondo di furboni!

–        Ma tu saresti quello che ho invocato prima, cioè quello che (in teoria) sa darmi buoni consigli che non so seguire?

–        Non proprio. Io son uno che passava.

–        La parte cattiva?

–        Cattivo, buono... Ragioni in termini così assoluti. Open your mind!... Eppoi... Ammazza quanto rompi! Ti interessa o no?

–        Sentiamo un po’!

–        Ecco, appunto, ‘sta zitto. Ti interrompi anche da te stesso, mal’ducat’!

–        Va be’, vai al punto.

–        Che dicevamo?

–        Di come non aver rimorsi.

–        Circum circa, sì. Allora, punto primo, FONDAMENTALE: Convincersi INTIMAMENTE che qualunque cosa tu faccia, è sempre fatta per un motivo nobile. Ad esempio, poniamo il caso della donna che va “di fiore in fiore”. Non si pone il problema di rovinare una famiglia, perché quello che conta è nobilitato dalla migliore delle intenzioni.

–        E sarebbe?

–        Far del bene a se stessi!

–        Ma quello è “egoismo”.

–        Sì, ma... se ti senti solo... non conta solo quello. Diventa un fatto di “salute”. E quando c’è la salute...

–        C’è tutto.

–        E un paio di scarpe nuove

–        Per girare il mondo.

–        Scommetto che a te non piace viaggiare.

–        Io odio viaggiare.

–        Si vede, non sei un tipo che fugge.

–        Io penso di sì!

–        Ecco, appunto, lezione due: Mai negare una cosa positiva!

–        Dici? Non son portato!

–        Be’, per me invece un po’ di talento della testa di cazzo ce l’hai.

–        Perché dici così?

–        E allora, sei un santarello?

–        No.

–        Appunto. Per esser testa di minchia, bisogna amplificare solo le inclinazioni naturali.

–        E se io non volessi diventare così?

–        Resterai frignone e soffrirai.

–        E cosa avrò in cambio, rispetto al Settantenne?

–        Tu? Nulla! Anzi...

–        Bella fregatura!

–        Ma sentitelo, il santarello!

[Cala la tela... per ora]








MonoDialogo con me stesso.

Parte II

   

Il pensiero... Il pensiero...

Il pensiero è una forza inarrestabile. Provate, provate a fermarlo. E mica ci riuscite. È come avere una pignatta di fagioli nella testa.

Tutto va bene finché uno non ha qualcosa da dimenticare. Allora questo continuo cincischiare, questo fischio continuo, ispessito, ripetuto, ciclico... le ruote di un treno, avete presente? Ti si fissano in capoccia... e non c’è verso di mandarle via. Si dice che bevendo passi tutto. Vedete? Quindi bere, in questo, ha un senso... ergo, chiamo la A.A.A.: Alcolisti Anonimi Affanculo, insomma...

   

Scherzi a parte, chi non beve con me, peste lo colga, diceva l’inossidabile Marcello Marchesi. Lui si che aveva capito tante cose. Il suo Malloppo è geniale. Si immagina un tizio che va “dal PiZzicologo”... lo psicologo, insomma, il “dottore finto”; un po’ come un prete... solo che lo psicologo dà sempre la colpa agli altri, invece il prete a voi... Il prete però non lo paghi (Otto per mille a parte, s’intende)... Andando da questo psicologo, lui butta fuori tutto tutto il “malloppo” che si sente dentro. Infinite battute... una per tutte: “Dio T’Assista, senza apostrofo... è una bestemmia?” Che genio, Marcello Marchesi... morto, nuotava al mare, un’onda lo ha sbattuto su uno scoglio. Fine ironica, per chi nuotava sempre controcorrente...

–        Non ti preoccupare, tu non corri questo rischio... Ma sì, sei troppo “placido”... troppo “prudente”... troppo pauroso. Mai sentito dire che la vita va vissuta?

–        E se va male?...

–        Pazienza. Almeno ci hai provato. Tanto guarda che alla fine della corsa, se hai consumato meno benzina... mica ti rimborsano!!!

–        Ci spero sempre...

–        Taccagno?

–        Prudente.

–        Vai a fare corsi di aggiornamento a Genova, di tanto in tanto?

–        Meglio la Scozia, i Genovesi son troppo spendaccioni, per i miei standard.

–        Non fa una piega.

–        Grazie.

–        È inutile che tergiversi tanto... Guarda che lo so che hai paura.

–        Paura di che?

–        Hai l’imbarazzo della scelta.

–        Ma solo perché penso che “si vive una volta sola... ma si campa tutta la vita.”...

–        FiSolofico & Cervellotico

–        Ironico anzichenò.

–        Se lo dici tu...

–        Tu l’altra volta non mi dovevi insegnare a essere stronzo, piuttosto?

–        Oggi non mi Va.

–        Meno male...

–        Per certe cose ci vuole ispirazione.

–        Direttamente dall’alto?

–        Da dove viene, viene... oggi non viene. Poi non sei in vena. Non sei abbastanza disperato oggi. Ti vedo troppo ironico... non fai ridere, come sempre... ma ironico. Che poi non fai ridere, intendo, con le battute. Ma sapessi quanto fai ridere di te.

–        Lo so.

–        Ma sentitelo, il santarello!

–        Come “maschera acustica” non mi pare un gran ché!!!

–        Volevo dire “eccellente”... ma dopo il signor Burns mi avrebbe fatto causa.

–        Pauroso anche tu?

–        Prudente, semmai...

–        Questo è sempre il gioco delle parti?

–        Questo è il tuo gioco... e oggi lo conduci tu. Ma vedrai che se ti dico la parola giusta, lo “rivoltico” a modo mio?

–        E quale?

–        Invidia.

–        Invidia?

–        E sì, ora fai pure finta di non sentire te stesso. Ma oltre a schizofrenico sei pure sordo? Cecato e con la disartria, vatti a far benedire, ragassuolo!!!

–        Noioso.

–        Ah, quando si dice “il bue che dice cornuto all’asino”... Invidia. Peccato capitale.

–        Allora mi sa che andrò all’Inferno?

–        Se ci vai tu, figurati il Settantenne subumano.

–        Già. Ma per me quello muore in odore di santità.

–        Io fossi in te... non avrei paura del Settantenne in sé, ma del Settantenne... IN TE!!!

–        Per quello parli di Invidia?

–        Ti sembra forse che parli di “invidia del pene”?

–        Ah no: per quello, fortunamente, compenso i miei altri difetti... abbondamente.

–        Ma bravo “masculetto”, vantati, vantati... Sei così banale, a volte.

–        E invidioso.

–        Certo. Ma poi... di chi? Non le stimi neppure, queste persone.

–        Anzi, mi fanno schifo.

–        E al contempo le invidi?

–        Sì. Strana la psiche umana!

–        Strana la tua, in particolare. E allora, però... dicci: Perché?

–        Desiderio”

–        Eh?

–        Ma sì, il pensiero che certi uomini, molti uomini... siano stati “desiderati” da molte donne... e io che non ho avuto che raramente questa fortuna, pagata comunque spesso con sofferenze di cuore piuttosto pesanti, se permetti... ci “rosico” ed invidio, sì!!!

–        Ma poi, ammesso e non concesso, avresti il coraggio di guardarti allo specchio, se (putacaso) avessi avuto tante donne, e le avresti ingannate per potartele a letto?

–        No! Non avrei il coraggio. Per questo, anche per questo, li invidio.

–        E vorresti aver avuto un po’ più donne?

–        Ahimé sì.

–        Desiderio squallido.

–        Ahimé sì. Umanamente maschile, ma squallido.

–        Il complesso del Don Giovanni. Conosco un rimedio

–        Cioè?

–        Andare a puttane. Tanto è lo stesso.

–        Non è lo stesso. È lo stesso il risultato. Ma sentire una donna che ti “desidera”... cazzo, è tutta un’altra cosa!

–        E non ti importa se dopo la “donna” ti ricorda con disprezzo?

–        Per me sì. Per questo li invidio, che credi? Però...

–        Però?

–        Però, quando penso a queste cose, mi ricordo anche una battuta del "Don Giovanni o l'Amore per la Geometria" di Max Frish: "Cos'è un orgasmo? Io non lo so! Cosa resta, nella mente, dopo essere andato con una donna? Se mi chiedessero di descrivere un orgasmo... io non saprei farlo!" E forse è tutta qui, la questione... non ha senso, ricordarsi del sesso fatto con una donna, se quella donna ti ricorda con disprezzo, o non ti ricorda affatto... cosa rimane, delle sensazioni, degli attimi, dei profumi? Tra ricordi e immaginazione, spesso, corre un filo così sottile che, nel tempo, tende a intrecciarsi, e non si distingue più la realtà... dal sogno.

–        Ma sentitelo... il santarello!

[Cala la tela... ancora]








MonoDialogo con me stesso.

Parte III

   

Venendo qui ho visto un merlo. Un merlo nero. Aveva un verme nella bocca. Vi chiederete, che metafora della vita ci ho visto. Nessuna. Però, a pensarci bene, mi ha fatto solo schifo. Schifo il corvo, di più il verme. Eppure il verme era la vittima. Faceva schifo lo stesso. Non basta a volte essere vittima, per essere simpatici. Ottima morale, non credete?

 

Uno è vittima, e tutti dalla sua parte. No, signori. No. A volte si è dalla parte dell’oca, come diceva il buon Malaparte, a volte... si è dalla parte del vincitore, del più bello, dell’oppressore. Perché nella vita, le merde, a volte le calpesti, a volte le saluti, diceva un comico intelligente. Infatti è un po’ che non si sente. L’intelligenza è un handicap. Quella che non serve sul lavoro o a scuola, ovvio. Se ti para il culo sul lavoro, bene. Ti evita fatica, ti porta gratificazioni, e i soldi... li porta al più raccomandato. Che di solito non è intelligente. Che gli serve l’intelligenza se ha una raccomandazione? Mamme, non fate figli intelligenti: fateli raccomandati. Con francobollo a carico del mittente. Ancora i Francobolli, poi... oooh, sveglia, la guerra è finita. E-mail, cellulari, SMS... nuove frontiere della comunicazione. E siam ridicoli. Perché fra 10 anni si potranno mandare gli ologrammi... e immaginate la scena. Due amanti lontani, separati... indovina un poco che si manderanno, in ologramma? Uomini e donne. Sì, perché se è vero che gli uomini ragionano con le palle, spesso le donne ragionano con le ghiandole di Bartolini... Bartolino... Va be’, le Ovaie... anche se non c’entra nulla. Ma per le donne... il sesso magari è ricerca d’amore. Per un uomo, è sesso e basta. Poi, ho scoperto, ultimamente, che ci son due tipi d’uomini. Quelli che godono loro, e quelli che pensano a far godere lei. Io appartengo alla seconda schiera. Sarà per questo che vado sempre in bianco? No, scherzo. Mi piace il secondo tipo perché... se sto con una donna, devo veder la differenza. Se voglio godere io, o vado a puttane, o mi fo un solitario... circum circa si gode lo stesso. Non è la stessa cosa, d’accordo. Ma per me, la differenza principale è lo “studio” di lei. Che parola strana. Avete presente la canzone di Vasco Rossi? “Rewind”? Ecco. Così. Uguale. Cosa si ricorda di un atto sessuale? Io ricordo essenzialmente lei che grida. Il suo viso, le sue espressioni, il suo corpo. E l’espressione “dopo”. Qualcuno che ha visto il Paradiso. Io non ho mai visto la mia espressione dopo. Ma... non credo sia così. Nessuna mi ha mai fatto i complimenti per la faccia che faccio “dopo”. Fortunatamente, me ne han fatti prima e durante. Dopo, certo... ma mica “che bell’espressione soddisfatta che hai”. Ma quella di una donna... ti colpisce. Al cuore. Una freccia, una stoccata... e muor! No, davvero. Capisco e invidio gli uomini che si portano a letto una donna, persino con l’inganno. Ma un uomo che non si preoccupa di farla godere. No. Questo veramente no. Vorrei avere mille donne, e vederle goder tutte. Perché i miei ricordi più belli siano legati ai loro spasimi, al loro rossore, al loro lasciarsi andare, come mai avevano fatto prima, e sciogliersi nelle mie mani come cera al sole...

–        Ma che romanticone che sei!!!

–        Pensavo che avresti detto...

–        Ma sentitelo... il santarello!”

–        Proprio quello.

–        Troppo scontato.

–        Tutto d’un fiato.

–        Non sei troppo grande per giocare alle rime?

–        Decisamente.

–        Smetti

–        Non posso

–        Perché

–        Perché è capitato che sia quello che so fare”

–        Citazione da Guccini Ligabue.

–        Ebbene sì. Scrivere non serve a nulla. È l’arte del sublime.

–        Non ci si rimorchia neanche!!!

–        Hai detto bene.

–        Ma bisogna saperci fare.

–        Anche per far la puttana ci vuol fortuna”

–        Buon proverbio, ragassuolo... Impari vagamente qualcosa.

–        Finché si parla solo di chiacchiere... l’ho detto. So darmi buoni consigli

–        Che non sai seguire...

–        Già

–        Prova a darti cattivi consigli.

–        Per quello provvedi tu.

–        Finora te ne ho dati pochini pochini. Non ascolti.

–        Son tutto orecchi!

–        Anche oggi non sei in vena.

–        L’altra volta eri tu.

–        Stavolta sei tu. Ti vedo così pacioso. Non sei incazzato. Eppure, io fossi in te, a volte lo sarei.

–        Queste son le carte del mio destino.

–        Mi piace. Suona bene, a qualcuno l’hai rubata.

–        Ne son convinto anche io, ma davvero non ricordo chi.

–        Bravo, piano piano cominci a farti furbo...

–        Eh, sì!

–        Sospiri, eh? Tanto lo so che... son pensieri di donne!

–        C’è altro al mondo?

–        Soldi, potere, gloria, fama, ricchezza...

–        Son tutti “mezzi” per raggiungere le donne, che io immagini.

–        Ragassuolo: “Cummannari è megghiu ca futtere!" Comandare, è meglio che...

–        Proverbio della Trinacria.

–        Di quelle parti

–        Della Magna Grecia, insomma.

–        Bo’. Non so se si “magna”, ma di certo, i cannoli siculi hanno il loro perché!

–        Con quella crema che si scioglie in bocca... al primo morso

–        Zucchero & ricotta...

–        E sì, dolci pensieri.

–        Dolci...

–        Anche tu hai l’anima romantica, vedo.

–        Quando si tratta di mangiare...

–        Diventi “‘no zucchero”?

–        Chi non lo diventa?

–        Quelli a cui non piace mangiare.

–        Pervertiti!!!

–        Su questo siam d’accordo, almeno.

–        Il cibo è una di quelle cose per cui vivere, quasi...

–        E quando il cibo si sposa col sesso? C’è sempre un “gusto” dell’amante... il sapore del baci, quello leggermente salino della pelle, quando lei si abbandona sotto le tue labbra e le tue mani, e la lingua comincia a scorrere sul corpo di lei... dal collo, fino al seno, con le sue gambe che ti si avvinghiano addosso... esiste un momento più bello, forse?...

–        Ma sentitelo, il santarello!!!

–       

[Cala la tela... ancora]








MonoDialogo con me stesso.

Parte IV

   

Le donne. Croce & delizia dell’umanità... Alfredo Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l’amore. Già. Alfredo era un coglione. Ma pur sempre un passo avanti a me. Io delle donne, non capisco nulla, mica solo il cuore. La testa, il cervello, l’anima... le ovaie! Gli uomini: Sesso-Cibo-Cacca-Nanna... le donne...

Ah, le donne, sfingi senza segreti? Complicate, assurde, interessanti, caparbie, fragili e forti. La contraddizione in termini. L’assurdo che si dimostra reale con la sua presenza. (Questa è bella, ma non è mia, lo ammetto). Ho la debolezza snob di parlare per citazioni. Scusate, una piccola pedanteria. Mi viene così. Ci sono stati sempre grandi uomini che hanno detto grandi verità. Io non sono tra loro, e seguo. Ma dietro ogni uomo grande, si dice si sia una grande donna... e qui ritorniamo al discorso. Le donne. La mia osSESSIone! Mai abbastanza. Ingordigia? Sì. Può essere... E per conoscerne davvero una, non basta una vita. Una persona, intendo. Figuriamoci una persona DiSeSsoFeMmiNiLe! Come Alfredo. Dico: nella Traviata, quando lei gli dice: T’amo, amami quant’io t’amo, addio... ma che non sentiva l’orchestra? Mah’! Un’orgia di suoni, il sentimento che prende forma in musica. L’anima della donna che trasfigura tutto il suo io in un amore folle, inutile, disperato... Curioso che sia opera di uomini: Dumas [figlio], Piave & Verdi. Donne: niente. (È pur vero che Piave faceva Maria di secondo cognome... ma non è la stessa cosa). Però, la battuta migliore, dopo tutto quel “casotto”, quel “pieno” orchestrale, quel diluvio di suoni e di note sconsolate, drammatiche, quasi allucinate... ce l’ha quel coglione di Alfredo, nella battuta più “geniale” di tutta la tradizione lirica, nel suo effetto grottesco e straniante. Che dice, quel tipo? “Vive sol quel cor... dell’amor mio!!!”...

Ma allora dìllo, dìllo, che sei un DEFICIENTE! Un ragazzino viziato e Deficiente!...

Ecco... In questo, ecco, in questo, a volte, io mi ci riconosco! Mi ci riconosco appieno!...

Un ragazzino viziato. Che a volte fa finta di esser uomo, ma che si ricorda di esser uomo solo quando si rende conto che... alla sua età... ha avuto “poche donne”. Come se contasse la quantità, e non la qualità. E sì che sulla qualità, niente da ridire... e invece, no! Questo ragazzino viziato vuol troppo. Non penso che le donne siano un trofeo. No. Eppoi ci pensavo ieri. Deve aver avuto davvero una vita triste, un uomo che si porta a letto una donna promettendole mari e monti, e poi sparendo. Càvolo... io – con tutta la disartria – a un simile livello, non ci saprei arrivare... Sarà la dignità che mi frega?

La dignità, quel lampo che ci permette di guardarci nello specchio la mattina, di sentirci in pace con noi stessi quando il mondo pace non ha. La sensazione d’aver fatto il possibile, in ogni circostanza... o almeno nelle circostanze impossibili. Fai che ciò contro nulla puoi, nulla possa contro di te. Avere una propria “moralità”, e seguire quella, ad ogni costo... o quasi. Non far agli altri... peccato che i precetti siano teorie. E la vita si diverte sempre a metterci in situazioni che inevitabilmente ci costringono a scardinare le nostre teorie. Ogni volta che pensiamo d’aver raggiunto un traguardo, anche morale, la vita ci pone un altro ostacolo davanti. E la corsa ricomincia. L’importante, è potersi guardare allo specchio, e sentirsi addosso ancora la dignità...

–        Ma sentitelo... il santarello!

–        Stavolta ti riconosco!

–        Con quel “pippone” ridicolo e assurdo sulla dignità, me l’hai cavato di bocca!!!

–        Con tutta la saliva? Sai che schifo!

–        Di schifoso, c’è solo la battuta!

–        Sempre gentile.

–        Neppure tua immagino. Sceglitele migliori, la prossima volta.

–        Dici?

–        DicoAffermoConfermo&Riassumo! Tu, invece, blateri, blateri... ma non ti stanchi mai di tutte queste ossessioni?

–        Sono i miei fantasmi.

–        Quanto sei po’-etico, ragassuolo... Sai, ci stavo pensando...

–        A cosa?

–        A quello che dicevi ieri, sulle donne... sul fatto che ti piace vederle godere.

–        Be’? Che male cìè?

–        Nessuno... ma, a ben guardare, certo non puoi spararle così e pensare che nessun si accorga che... anche questo è egoismo. Non mi chiedere spiegazioni, perché adesso te le do. Ti interrompi da te stesso, pensaci, mal’ducat’! Egoismo perché tu le vuoi far godere per vedere “se sai farle godere”, per “mostrare” le tue capacità “amatoriali”... per dimostrare che sei “un Dio del sesso”... a loro, ma principalmente a te stesso. Insicurezza, anche in questo caso.

–        Insomma, non ne faccio una giusta?

–        O be’... meglio sbagliare così, che nell’altro modo, nel sfottersene mentre si fotte.

–        Anche tu, po’-eta, vedo.

–        Mi piace dire pane al pane e pene al pene!

–        ...E poi critichi le mie, di battute.

–        Le mie e le tue, pari siamo.

–        Ma se tu sei me e io sono me, pari siamo, no, siamo uno: dispari!

–        Anche il neurone che hai nel cervello è dispari?

–        Pensavo di avere i criceti che girano la ruota.

–        Uno è certamente morto e fa zavorra.

–        E io che pensavo di puzzare perché mi lavavo poco.

–        Fai bene. L’uomo ha da puzzare un poco. Fa maschio. Alle donne “ci piace”. Basta non esagerare.

–        Questi son i consigli del cattivo maestro? Trattar male le donne, per dimostrare che tu sei che comandi?

–        Se lo sai fare, sì. Ma tanto le donne, son sempre loro che comandano. Loro non lo sanno, ma è così. Sai perché i bastardi comandano loro? Perché son bastardi. La donna si affeziona. Sottile masochismo, presumo.

–        Non sapevo che avessi studiato “pizzicologgia”.

–        L’ho letto su Men’s Healt!

–        Ah!

–        Visti gli addominali?

–        Senza dubbio. Scommetto che anche il Settantenne li aveva così.

–        Probabilmente anche meglio. Non aver un cuore, aiuta, in certi casi. E finiscila, poi... che intanto quello morirà contento, santo et pio! E tu... NO!

–        Ma quanto mi ci rode il culo. Non è giusto!!!

–        Giustizia? Ecco perché ti rode tanto il culo. Giustizia non è di questo mondo.

–        E smettere di crederci, lottare, contro i mulini a vento? Donchisciottesca speranza mai non muore.

–        Ma sentitelo... il santarello!

–        E allora, che devo cercare? Che campare a fare, se non si può neppure sperare in un po’ di giustizia, in questo mondo di melma??? Dove i bastardi trombano, i vecchi laidi che approfittano delle debolezze degli altri muoiono persino CONVINTI di essere delle brave persone?... Un mondo dove le persone “normali”...

–        Che hai detto? Normali? Esistono persone normali?

–        Io comincio ad aver paura delle persone "normali", lo sai?

–        E poi a te, suvvia, ti piacciono le brave persone... ma le persone “normali”, be’... non ti piacciono tanto. A te piacciono i tipi “particolari”!

–        Forse perché anche io non son normale?

–        Forse perché... le persone normali son noiose?

–        Forse perché le persone normali NON ESISTONO?

–        Ai “posteriori” l'ardua sentenza!

–        Ma! Francamente... al mio posteriore ci tengo! Già è stato troppo "metaforicamente" transitato, in questo senso... E troppo, credo, avrà ancora da tribolar.

–        Vendesi Vaselina in “formato famiglia”!

–        In omaggio voglio anche la pomatina per le emorroidi.

–        E tu, dimmi, tu...

–        Io dico, io...

–        Sei sicuro, tanto che parli, a tua volta, di non aver mai fatto... torto ad alcuno?

–        Non intenzionalmente.

–        Non barare, bello! Io sono te e tu sei me...

–        Chi non ha mai fatto male ad alcuno? Neanche i santi.

–        Questo è vero. Ma nessuno di noi è vittima senza esser stato, almeno una volta nella vita, anche carnefice.

–        Io ho sempre cercato di non far male a nessuno.

–        Forse perché... non ti è mai riuscito.

–        Forse?

–        Forse.

–        Ma la ricerca della felicità non si paga...

–        Tranne quella che si cerca a spese di qualcun altro.

–        Sei diventato da “cattivo maestro” a moralista?

–        No, ti voglio ANZI dimostrare che l’anima dello stronzo è presente in tutti noi, anche in te.

–        Cerco di non fare mai del male.

–        Adesso sì, ma in passato?

–        In passato ero giovane e stupido.

–        Ora sei meno giovane e stupido uguale, solo... in maniera diversa. Bel passo avanti.

–        Ho capito un po’ di cose...

–        Ma per capirle hai dovuto sbagliare.

–        Sempre nei limiti del lecito!

–        Ma sentitelo... il Santarello!

[Cala la tela... ancora]








MonoDialogo con me stesso.

Parte V

   

Quanto vorrei essere un “coatto”... Insomma, uno di quelli che si “acchitta” il sabato “pommeriggio” per andare in giro per centri Commerciali, a guardar ma soprattutto a farsi guardare. Cosa c’è di male? Assolutamente un pìffero! Proprio per questo, mi piacerebbe esserlo. La massima preoccupazione? Per lui, le 4 “P”: la palestra, la pischella, la Partita e la PlayStation. Non in quest’ordine. Per lei, le 4 “T”: la tinta, il tanga, la taglia... il titillamento. No, non è solo questo... ci sono anche i soldi, la discoteca e i ragazzi. La depilazione, l’assorbente, i test di gravidanza... Sì, una vita piena. Decisamente, mai noiosa. Invece guardate gli “pseudo” impegnati...

Quelli che vanno all’università. Gli “altri” figli di papà, che militano in politica. I morti di fame a destra, i ricchi a sinistra. Più sono di sinistra, più abitano al centro. Grazie, Longanesi. L’arguzia non ha colore. Chi ha colore, non ha arguzia. E per colore, non certo quello dell’epidermide. Il termine “pelle”... è così plebeo. C’è il gusto del parlar ricercato, “forbito”. Anch’io lo faccio. Son un figlio di papà? No. Pur se mi ritengo un po’ viziato... a petto di tant’altri... mi consolo alquanto. In fondo, di che preoccuparsi? I miei anni di università li ho buttati al vento. E paion al vento esser leggeri. Non ricordo di chi è questo versi... Ma sì, è Dante, Paolo e Francesca... Deve esser quello. È l’unico canto che davver conosco. Ma dicevo? Dei coatti? Sì. Che bello preoccuparsi delle minime cose... delle sciocchezze, che poi sciocchezze non sono, per chi ci crede. Io penso spesso alla salute. Quella che Dio mi ha dato in sorte, un po’ precaria, me la tengo stretta, la coccolo, e me ne faccio molto condizionare. Troppo? Chi può dirlo? Aver la salute rovinata è una disgrazia. Ma rovinarsela... è da coglioni. Perlomeno, devo poter dire: non è dipeso da me. Anche perché gli stravizi si pagano. Come il settantenne che ce l’aveva duro per ore... secondo me, cocaina in loco!!! E dopo, però... manco col Viagra. Peccato che nel frattempo, il danno era fatto. Ah, ma... Verrà il giorno, diceva quello!!!

–        Bravo, auguragli anche la salute!!!

–        Che dici?

–        Che quello stronzo dovrebbe schiattare, e tu gli auguri di campare perché  un giorno possa sentirsi dire che è un viscido verme.

–        Questo è vero. Ma...

–        Ma che? Vuoi dire che oramai, grazie al tumore, è diventato giustamente un cappone? E allora? Sai a quanta gente onesta prende quel tumore? E fanno la stessa fine? È forse una nemesi? No... non lo è. E non sperare che quel verme sappia mai del suo delitto.

–        Sì, lo so.

–        Bravo, ragassuolo. Cominci a capire...

–        E comincio anche a capire che non me ne frega nulla...

–        Ti è rimasta l’ossessione?

–        Solo il pensiero dell’ingiustizia.

–        Il mondo va così, rassegnati.

–        Non è giusto

–        Sì, l’hai già detto. Sei un moralista ripetitivo.

–        Neppure originale?

–        Da quando in qua i moralisti lo sono?

–        Ma io non chiedo nulla che per primo io non pretenda da me stesso!!!

–        Ma sentitelo... il Santarello!

–        Lo so... lo so che ci son torti più grandi. Lo so che questo non è niente.

–        E allora perché ci pensi tanto?

–        Per “esorcizzarlo”, metabolizzarlo, liberarmene una volta tanto, e dargli il posto che merita: poco più di uno sgradevole ricordo... Ma spero che anche se un giorno morirà...

–        Vorresti sputare sulla sua tomba, vero?

–        Se non gli dovessi innaffiare i fiori con una bella dose di urina!

–        Mi sa quasi di “Amici miei”. Ci sarebbe da far una disfida: chi piscia sulla lapide, 10 punti. Chi prende la foto, 100 punti. Bonus per chi scrive, in bella scrittura, “pedofilo di merda” sulla pietra tombale!

–        Disgustoso!

–        Ma pensarlo ti fa sentire meglio, vero?

–        No.

–        È la disgrazia di aver più morale che cattiveria.

–        Ma prendersela con un morto... è da vigliacchi.

–        Non certo quanto approfittarsi della debolezza delle persone.

–        Ma questo non mi renderebbe migliore di lui?

–        No. Forse solo un po’ più... felice!

–        Felice?

–        No, era per dire.

–        Tanto non lo farò mai.

–        No, infatti.

–        Si faceva per dire.

–        Dire fare baciare...

–        Lettera e testamento.

–        Non parliam più di questo, mi annoia.

–        Dici?

–        Sì, dico. Intanto, la prima lezione sul come esser stronzo, l’ho fatta!

–        Era questa?

–        Se pisciare sulla tomba di un verme non è da stronzi, i tuoi parametri cominciano a spaventarmi, ragassuolo!!!

–        No, va bene. A saperlo... prendevo appunti.

–        Ma’, non ti preoccupare, questa non sarà materia di esami.

–        Con tanto di attestato?

–        Certo.

–        Però sai... mi immaginavo qualcosa di più “pratico”.

–        Cioè?

–        Sul come rimorchiare le donne, e usarle, ad esempio!

–        Questo vorresti?

–        Vorrei più che altro saperlo fare, per poterlo almeno NON fare, ma per scelta?

–        Vuoi essere fedele per scelta tua, non per scelta... delle altre, insomma!

–        Mi piacerebbe.

–        Queste donne... questo “numero”, ti ossessiona! Le milleottocento di Don Giovanni... le Duecentocinquanta di Casanova...

–        Madamina il catalogo è questo”

–        Non so, ci sto ripensando...

–        Perché?

–        Credo tu sia troppo fragile, per queste cose...

–        Sensibile?

–        Ma che sensibile una fava! Fragile, ragassuolo, fragile!

–        Questa definizione l’hai presa dalla mia prima ex.

–        E già. Cattivella, ma almeno ti ha “imparato” a pensar prima alle donne che a te.

–        A letto e non solo.

–        Proprio una gran donna...

–        Sei un maestro di ironia!

–        Gran maestro.

–        Be’, almeno se ci arrivo, spero di far bella figura.

–        Tanto non ci arrivi.

–        Che fiducia.

–        Non ci arrivi perché non ci vuoi arrivare, anche.

–        Magari. Almeno sarebbe una scelta mia.

–        Non ci arrivi perché sei troppo “fragilino” per sentirti uno stronzo.

–        Ma non avevi detto che lo ero?

–        Sì, magari lo “sei”... Anzi, sicuramente. Chi è senza peccato... Ma non sei pronto per “sentirlo”.

–        Cioè?

–        Che lo “stronzo” vero, se tu gli dici STRONZO in faccia... se una donna gli dice: “Stronzo, mi hai portato a letto promettendomi mari e monti... ma era inutile tanto te la davo uguale”... a quello, non gli si smuove-un-muscolo. Anzi, secondo me, gli si addrizzerebbe pure. Tu andresti a piangere in un angolo!

–        Esagerato.

–        Dici?

–        Be’, di sicuro non la prenderei bene.

–        Ecco. Appunto.

–        Quindi non è che sono migliore degli altri. Probabilmente son solo troppo fragile per sentirmi dire queste cose?

–        Esatto.

–        Quindi una donna che si sente offesa in tal senso, è inutile che vada a reclamare.

–        Donna o uomo, se vogliamo, ci son anche parecchie donne zoccole.

–        Non v’è abbondanza d’altro, credo.

–        Il punto è che comunque bisognerebbe cacciarsi fuori il veleno. Anche se inutile.

–        Perché?

–        Perché il veleno che abbiamo dentro ci corrode, ci macera l’anima. Il veleno che altri ci hanno inoculato, vermi o serpi o vipere che siano, ci intossica lentamente. Tanto vale rigettarlo in faccia.

–        Ma tu vuoi l’odio!

–        Bisogna farlo “con stile”!

–        Cioè?

–        Nella Bibbia c’è scritto: “Temi l’ira dei buoni”.

–        Perché?

–        Perché un buono SA dove colpire, conosce i tuoi segreti. Potrebbe uccidere, con le parole!!! Ma Non lo farà mai.

–        Altrimenti sarebbe il primo a sentir dolore per quello che dice?

–        Infatti.

–        Non c’è soluzione?

–        Solo vendicarsi... con stile. Individuare freddamente quel punto che fa male, trovare la frase che colpisca, ma non uccida.

–        È difficile.

–        È un’arte sottile.

–        Questo sì, vorrei impararla.

–        Non c’è maestro al mondo, né buono, né cattivo, che possa insegnare.

–        Bella fregatura.

–        Vendicarsi “con stile”, sì, che è un piacere riservato ai saggi! Ma se non lo sai fare, meglio che ti astieni.

–        E per mal che vada?

–        Gli buchi le ruote della macchina!

–        E se non ha la macchina?

–        Gli dai un calcio sulle palle!

–        E se non ha le palle?

–        Ma di chi ti vuoi vendicare? Di Coccolino?

–        Va be’, lasciam stare. Tanto questa lezione oggi proprio non mi piace. Non sei in vena.

–        E tu invece?

–        Io son sempre pronto ad imparare. Cose buone, cose cattive. Non c’è nulla che non mi interessi... purtroppo. Per questo non potrò mai essere un uomo dalle 4 “P”, io...

–        Ma sentitelo... il Santarello!

[Cala la tela... ancora]









MonoDialogo con me stesso.

Parte VI

   

Il “Bene”... il “Male”. Cosa è bene e cosa è male? Solo nei cartoni animati c’è una netta divisione. Anche il concetto del male e del "bene", in realtà, può essere diverso. Ma non è detto che sia necessariamente sbagliato quello dell'uno o dell'altra. Mica siam preti, che abbiamo in mano la verità! Cerchiamo solo di... "sbagliare con stile"! Eppoi, c’è un’altra cosa che mi rode: che NON SON "TAGLIATO" per fare lo stronzo! Per quello che vorrei tanto esserlo: per poter SCEGLIERE, almeno, se fare lo stronzo o meno! Giusto? Essere onesto "per forza" non è vera virtù!!!...

Ma è pur vero che... le donne. Cosa non si farebbe, per loro! Ma a volte basta semplicemente star bene un po', che è tutto ripagato. Penso che uno dei complimenti più belli della mia vita sia stato quando mi è stato detto: sai toccare una donna... Nella mia esperienza, scarsa di numero, ma non di attenzioni, certi particolari li ho imparati. E a volte, i particolari, sono tutto! Spesso però mi chiedo: e se magari mentivano per non “ferirmi”? Quelle cose dette tanto per “cortesia”. Come fingere l’orgasmo. Che senso ha? O quelle donne che dicono: “Ci son uscita, ma mica glie l’ho data... gli ho fatto solo un pompino!” Della serie: mica gli ho chiesto di farmi godere. Sono stata solo un mezzo per fargli raggiungere l’orgasmo. Non c’è che dire: io delle donne, non ci ho mai capito nulla. Probabilmente ho sempre portato rispetto, per quel rispetto che non volevano? Ma che ne so? Eppure mi chiedo: l’ho fatto per loro? No! Per me. Per potermi guardare allo specchio, tutto qui. Anche questo, in fondo, è egoismo. L’altra faccia dell’egoismo... far godere prima una donna e poi godersi tutto. Be’, perlomeno... almeno dedicarsi a lei, totalmente. Anche se così suona do ut des; questioni spinose: nella vita spesso non è questione di parole. Come i Benedettini che chiesero al papa: “Possiamo fumare mentre preghiamo?” Il papa disse: “Certamente no!”... Entrarono i francescani che chiesero: “Possiamo pregare, mentre fumiamo?” Il papa disse: “Certamente sì!”. Un apologo prezioso sull’importanza della parola. Ma bastassero le parole, con le donne... Comincio a pensare che sia molto, molto più facile far godere una donna a letto, piuttosto che "capirla" fuori dal letto. In fondo, a letto... una volta trovato il clitoride... il più è fatto!... Qualche bacio, qualche mossa decisa ma delicata... guardarla come se non avessi mai visto nessun'altra donna prima di lei... il resto, vien da sé.

–        Ma sentitelo... il santarello!

–        Cominci ad aver battute stanche.

–        Se fossimo a teatro, sì, ma qui siamo in quel tuo cervello bacato, e non brilli di buon gusto.

–        Punti di vista.

–        Punti di svista.

–        Anche questa è vecchiotta.

–        Non mi importa. Piuttosto, non tacciar me di mancanza di originalità. Stai parlando sempre e solo di donne.

–        La cosa più cara al mondo.

–        Punti di vista.

–        A te non interessano

–        Sì, come a te, visto che sono te, ma non nella stessa misura.

–        Tu basta che...

–        Son di gusti semplici.

–        Banali.

–        Elementari.

–        Medie

–        Superiori

–        Università

–        Dopo che viene?

–        Master

–        Grazie, appunto.

–        La cultura...

–        Secondo te, rende migliori?

–        Da giovane, lo pensavo.

–        Ora?

–        Ora decisamente NO!

–        Che senso ha?

–        Studiare?

–        Sì.

–        A parte azzeccare i congiuntivi, spesso niente.

–        La cultura è inutile?

–        Diciamo che (per come la vedo io) avrebbe senso solo se servisse a rendere migliori le persone.

–        Invece no?

–        Decisamente no. Ho molta più stima in mia nonna analfabeta, che in certi professoroni universitari squallidi e tristi come amebe, piene di sapienza inutile, che portano in giro, tipo parassiti dell’anima.

–        E tu invece?

–        Ho sempre cercato di non vantarmi troppo di quel poco che sapevo.

–        Sicuro?

–        Sicuro!...

–        Ma sentitelo... il Santarello!!!

[Cala la tela... ancora]










MonoDialogo con me stesso.

Parte VII

   

L’ODIO… come si può parlare bene dell’odio? L’odio… quella forza bruta, pulsante, vitale, quell’abietto sentimento che ti sale dal profondo dello stomaco… che vibra, certe volte, come le corde d’una chitarra pizzicata con maestria, o freme, freme come il muscolo teso dell’atleta, o il filo teso nel vento di tempesta… l’odio…

Eppure l’odio è spregevole… se serve solo a consumar vendetta. Non lo è se si sposa con la Giustizia… allora diventa smeraldo, cristallo puro, un diamante valoroso, tagliente lama che si trasforma nella sacra daga degli angeli vendicatori. Una scimitarra che fende le ingiustizie. Non si può aver pietà per certi crimini immondi… Non è forse lecito odiare un assassino, se questo ha agito per legittima difesa? Certo che no! Ma se questo ha agito per lussuria, per volontà di far del male fine a se stessa? Se ha agito contro un impotente? Se ha agito contro chi non era in grado di difendersi, e di questa debolezza si è fatto grande per perseguire il suo scopo… egli merita il perdono? No. Il perdono è una cosa troppo bella, sacra, mistica, magica, ma va dispensato con dovere, altrimenti si svilisce. Per certi individui, l’odio è lecito, giusto. L’odio è l’unica risposta. Laddove la Giustizia della Legge non arriva, arriverà la forza dell’odio. È l’unica strada che possiamo percorrere, per non essere come loro. Ma noi lo perseguiamo non per nostro piacere, né per nostro tornaconto, ma senso del dovere. Però che mai sia vendetta… In ogni caso, meglio la Vendetta, che lasciar impunito un uomo certamente colpevole. Non è forse infame un pedofilo? Dobbiamo perciò non odiarlo? O l’odio è davvero una prepotente forza purificatrice, purché non superi i limiti della Giustizia, che arriva sottile e preciso dove la Legge non può arrivare, per proprio limiti? Perché non tutti i reati son considerati tali, al mondo. Troppe leggi ci vorrebbero. Troppe. C’è solo un problema, un unico… immenso problema non risolvibile… Che tre anni di malefatte non possono esser pagate neppure con trent’anni di espiazione. A volte la vita è ingiusta… persino nell’ingiustizia. Odio la fortuna di certe persone. Per quanto possano pagare, avranno guadagnato sempre più di quel che pagheranno. È un pensiero che sconforta. Qualche volta vorrei poter credere ad un Inferno… Già… probabilmente l’Inferno è nato da questa consapevolezza: che molti delitti non basta una vita, per pagarli!!!...

–        Salute a voi, cavaliere dell’anacoluto.

–        Mi hai stupito, non credevo sapessi di retorica.

–        Troppe cose potrebbero stupirti…

–        Comincio a non stupirmi più della crudeltà dell’essere umano.

–        A sì, di profittatori ce ne sono sempre. Meglio essere dalla loro parte, visto che non puoi sconfiggerli.

–        È uno schifo.

–        Ah, sì… è vero. Tu ti illudi d’esser un donchisciotte che lotta contro i mulini a vento. E poi ti gettano nel fango.

–        Oppure tra le stelle, direbbe Cyrano.

–        Cyrano, quello dal naso grosso? Ti piace?

–        No.

–        Strano. Perché?

–        Era un vigliacco. Sempre col complesso del naso. Troppo comodo, avere il coraggio a rate, e divenir un’ombra davanti a se stesso.

–        Tu sei vigliacco sia davanti agli altri, sia davanti te stesso…

–        Almeno ci provo.

–        Ma sentitelo... il Santarello!!!

–        Cerco di farlo nel miglior modo che sento di poter fare…

–        Se lo dici tu…

–        Che vorresti dire?…

–        Niente… Ma chi si sente scottar… ritiri il dito.

–        Non mi par d’aver molto da nascondere.

–        Tutti ne abbiamo. Scheletri nell’armadio.

–        Tutti, già. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra.

–        Citazione cristiana.

–        La saggezza appartiene al mondo, non ad una singola religione.

–        Parole… sante!

–        Sagace.

–        Non essere geloso se ti rubo il monopolio della battuta.

–        Figurati, questi convenevoli tra noi.

–        A proposito… cos’era quella storia dell’Inferno? Mi piaceva.

–        No, niente, riflessioni, così…

–        Ma ti vedevo bello incazzato.

–        Sì, incazzato con la vita. Non è giusta. Perché, mi chiedo, perché la gente cattiva vive a lungo, e le persone buone muoiono?

–        Non so. Ma ringraziamo Dio, per questo.

–        Perché?

–        Perché così gente come noi camperà a lungo.

–        Muore presto chi è caro al Cielo”.

–        Suona bene. Ora pro nobis. O quello che è. Comunque, non sapevo credessi all’Inferno.

–        Non ci credo, no. Ma certe volte, o sì, se mi piacerebbe.

–        Rischi di finirci anche tu!

–        Lo so. Ma credo che certi delitti, non si possano pagare in una vita sola.

–        Teoria interessante.

–        Le religioni son state create dall’uomo a suo uso e consumo.

–        Ah sì… però, che strano.

–        Cosa?

–        Che sei un pedante moralista, e non credi all’Inferno. Non sei un po’ contraddittorio?

–        Molto, molto. Dal Kaos nascono le idee.

–        Posso chiamarti FIGLIO del… Kaos?

–        Questa conversazione si trascina, non mi piace.

–        E allora per quale motivo non te ne vai.

–        Non lo so.

–        Tu… non sai! Finalmente. Di solito sai di tutto, disserti su tutto, spari giudizi su quel che ti piace, moralista in saldo. Come se potessi davvero capire la complessità della vita nell’attimo di una sentenza.

–        Non pretendo da altri quello che non pretendo da me stesso!

–        Ma sentitelo, il santarello!!!

–        È vero.

–        Ma anche se fosse (e ne dubito), perché la tua morale dovrebbe esser migliore di quella di altri?

–        Forse perché la mia morale, in fondo, si riduce ad un’unica considerazione: “Non fare agli altri quel che non vuoi sia fatto a te!”

–        Questo concetto mi piace… ma onestamente… sei sicuro di non allontanartene troppo?

–        Sarei ipocrita a dirti di sì. Provo a non farlo, ma non mi riesce sempre bene.

–        Ah, mi piace questa sincerità, ragassuolo… però, cerca di tradurla in verità.

–        Ovvero?

–        Che dire: “Son fatto così” e poi magari neppure ti piace come sei fatto… e non far  nulla per cambiare… è inutile.

–        La parte più difficile non è individuare il proprio lato negativo?

–        Ancora più difficile è “contrastarlo”.

–        E già. Ma gli stronzi non hanno di questi problemi. E tu, all’inizio, ti ricordo, mi avevi promesso di insegnarmi in questo senso, non di farmi sentir la responsabilità di certi miei atteggiamenti.

–        O ragassuolo… ma ancora non hai capito che di me non ci si può fidare?

–        Sarebbe come a dire che non posso fidarmi di me stesso?...

–        Forse che sì… forse che no!

–        In che senso?

–        Nel senso che non sempre chi ti toglie dalla merda ti vuol bene, non sempre chi ti mette nella merda ti vuol male.

–        Ovvero?

–        Ovvero c’è gente che ti aiuta sì, ma per proprio tornaconto. Invece c’è chi ti “getta” in faccia la più scomoda verità, per fartela affrontare.

–        E dove è il confine tra esser cattivi a fin di bene, e buoni per proprio tornaconto?

–        Non si può codificare. Ogni caso è a sé!... Ti è piaciuto “codificare”… a me sì, ti riempie la bocca.

–        Sì, bravo… bravo… Sarà forse per questo che Wilde diceva: “Dare consigli è sbagliato, dare buoni consigli è fatale?”

–        Probabilmente sì, infatti io preferisco sempre il motto che dice: “Fatti sempre i cazzi tuoi!”

–        Ha parlato il poeta.

–        Parla uno che i fatti suoi non se li è sempre fatti?

–        Quando potevo aiutare qualcuno, l’ho fatto… spesso!

–        Ma sentitelo… il Santarello!!!

[Cala la tela... ancora]