Storia della Novella

Le Origini

I primi esempi di novella sono rintracciabili in gran numero nell’antica letteratura Egizia (Le avventure di Sinuhe, Racconto del naufrago,…) e Babilonese (Racconto di Ahiquar): si trattava di racconti realistici, vivaci, con elementi storico-geografici, ma con fondo precipuamente fantastico.

La patria vera e propria della novella è stata però il mondo indiano, il quale ha presentato una produzione narrativa assai ricca di forme e più strettamente connessa a concezioni spesso a cavallo tra filosofia e religione (tra le opere più importanti spiccano Pancatantra, il ciclo Brihat Katha e Barlaam e Josafat). Molti sono gli aspetti della tradizione novellistica orientale (tra cui l'aspirazione ad un mondo perfetto, la caduta di quello inferiore) che sono confluiti ne Le mille e una notte, la celebre raccolta di novelle risalente all'incirca al secolo XI formata da una vastissima antologia di racconti di origine araba, persiana ed indiana, molti dei quali, inoltre, si riconducono a fini morali. Quest’opera è stata giudicata di indubbia suggestione, in particolare in Occidente, ma non sempre di alto livello letterario.

La novella nella letteratura greca e romana

La letteratura classica greca e latina offre semplici spunti o esempi sporadici del genere della novella nel vero senso della parola. Infatti la novellistica orientale non ha potuto esercitare dei forti influssi sulla letteratura greca e romana, dal momento che la nascita del mito l'ha condannata ad un ruolo di secondo piano nel campo della narrativa.

Una prima apparizione di novelle in letteratura greca si ha nella storiografia, quando esse potevano trovare posto accanto alle tradizioni locali. Solamente a partire dal V secolo poté affermarsi una narrazione che avesse come protagonisti degli uomini. Questi erano i Racconti Sibaritici, dei racconti umoristici, spiritosi e burleschi, che avevano come protagonisti e vittime gli effeminati abitanti di Sibari.

Echi della produzione orientale sulla letteratura greca e latina sembrano pervenire nelle fabulae milesiae (II sec.) di Aristide di Mileto, all’interno di più lunghi testi narrativi come il Satyricon di Petronio Arbitro, nelle Metamorfosi di Apuleio e nell’omonima opera di Ovidio: in considerazione di questi fatti si può quindi ritenere che nell'epoca classica la novella non sia riuscita ad affermarsi come un genere letterario a sé stante.

La novella nel Medioevo prima di Boccaccio

Nel Medioevo la novella ha una grande diffusione e viene rielaborata in varie forme narrative.
I primi tipi di rielaborazione della novella si hanno in Francia intorno al tredicesimo secolo con i fabliaux ed i lai: i primi sono racconti in versi che presentano tratti umoristici e cinici, ritraendo personaggi realistici in buffe avventure; i secondi invece sono componimenti poetici di origine bretone concepiti per essere cantati e accompagnati dalla musica; in questo caso vengono esaltate le tematiche dell'amor cortese su sfondi storici e fantastici.
Nello stesso secolo compare un'altra raccolta, nota come Il libro dei sette savi, comprendente una serie di racconti moraleggianti collocati all'interno di una cornice: un giovane condannato a morte riceve insegnamenti sul bene e sul male.

Oltre alle storie di origine orientale (le cui opere più importanti si erano diffuse nell'Occidente tradotte in latino, greco ed ebraico), sono fonte d'ispirazione per la novellistica medievale gli exempla cristiani. L'exemplum è un racconto inteso a insegnare la rettitudine di pensiero o comportamento; esso affonda le sue radici negli antichi sermoni. Gli exempla cristiani e la tradizione orientale di racconti inseriti entro una cornice confluiscono all'inizio del dodicesimo secolo nella Disciplina clericalis: si tratta di un'opera che comprende esempi didattici all'interno di una cornice costituita dal dialogo tra un padre e un figlio; l'opera inoltre era conosciuta da persone di ogni ceto sociale.

Ma la vera novella medievale compare inizialmente in Toscana come risultato di una rielaborazione e fusione dell'exemplum con preesistenti narrazioni (agiografie, i fabliaux e i lais francesi, le leggende classiche e locali). Le novelle toscane più note sono quelle del Novellino, libro anonimo scritto presumibilmente nell'ultimo ventennio del XIII secolo. In esso, assieme al consueto fine didattico (già presente in raccolte anteriori) vi sono storie che esaltano il potere dell'arguzia, dell'intelletto e dell'umorismo. Sebbene non ci sia una vera e propria cornice, lo stile dell'autore fornisce un elemento unificante alle varie storie.

Boccaccio e l'affermazione della novella

Giovanni Boccaccio segna una tappa importante per lo sviluppo del genere della novella, poiché questa diviene per la prima volta un organismo compiuto e autosufficiente.
La sua opera più celebre, il Decameron, è una raccolta di cento novelle (l'idea di un grande racconto composto da più novelle deriva probabilmente dal modello de Le mille e una notte) narrate da un gruppo di dieci amici che, per scampare alla peste del 1348, si rifugiano in una villa fuori Firenze. Sette donne e tre uomini trascorrono così dieci giornate (da cui il titolo dell'opera) intrattenendosi vicendevolmente con una serie di racconti narrati secondo un preciso schema di turni.

Il Decameron è uno specchio fedele e acuto della società borghese del tempo, dei suoi vizi e delle sue virtù: l’autore mostra infatti gli infiniti casi della vita in un mondo dove la concezione della Provvidenza sembra lasciare il passo a quella della Fortuna. In alcuni casi si parla di beffe ed imbrogli organizzati con ingegno, altre volte prevale il tema dell’amore, sia quello lieto che quello non corrisposto.

Dal Rinascimento al Settecento

Nel Rinascimento il Decameron di Boccaccio viene preso come esempio supremo di prosa volgare. Tra le opere di spicco italiane, infatti, vi sono le Novelle di Matteo Bandello (fortemente influenzato dal modello del Decameron).

Ma la novellistica si estende anche fuori dall'Italia, in Europa e nel resto del mondo: ne sono prova le Cent nouvelles nouvelles (1460), racconti burleschi di autore ignoto, e l’Heptaméron (1549) di Margherita d’Angouleme, per quanto riguarda la Francia, ed i Canterbury Tales (Racconti di Canterbury) dell'inglese Geoffrey Chaucer.
Nel XVII secolo lo Spectator dei britannici Joseph Addison e Richard Steele pubblica molte scenette ispirate alla realtà contemporanea, così come avviene nel secolo successivo con l’americano Washington Irving, che prende di mira la società di New York. Ma è altresì vero che la novella rinascimentale gradualmente cessa di esercitare un influsso letterario diretto durante il Seicento e il Settecento, secoli abbastanza insensibili a questo genere narrativo, per rifiorire nell'Ottocento.

L'Ottocento

Nell'Ottocento avviene il passaggio dalla novella al racconto; il successo di quest'ultimo è agevolato dalla sua diffusione su riviste popolari e letterarie. In età romantica compaiono i primi racconti fantastici dei tedeschi Heinrich von Kleist, Amadeus Hoffmann e Hans Theodor Storm, degli statunitensi Edgar Allan Poe e Nathaniel Hawthorne, e del russo Nikolaj Gogol.

Abbandonato il patrimonio boccaccesco e rinascimentale, e rendendosi conto degli effetti negativi apportati dalla Rivoluzione Industriale, questi e altri autori sentono la necessità di esprimere e dare libero sfogo alla sfera irrazionale, immaginaria, segreta, e si abbandonano spontaneamente ai propri sentimenti. Nel racconto dell'Ottocento all'interesse per l'evento si sostituisce quello per le motivazioni del comportamento dei protagonisti, mentre lo scrittore tende a diventare un perfetto regista del meccanismo narrativo, di cui elabora attentamente la successione delle sequenze e l'attribuzione delle parti ai rispettivi interpreti.

Contemporaneamente, gli ultimi novellisti in Europa risentono anche di altri influssi: quelli del naturalismo francese con Guy de Maupassant, il quale traccia un dettagliato affresco della società francese di fine Ottocento, e del verismo italiano, efficacemente rappresentato dalle novelle di Giovanni Verga.

Il Novecento

Nel Novecento è assai difficile poter distinguere esattamente le novelle dal genere del racconto, il quale mostra ormai una grande varietà di strutture e di tecniche compositive. La novella infatti viene gradualmente sostituita da quest'ultimo, il quale trova eccelso manifesto in opere del calibro di Feria d'agosto di Cesare Pavese, Gente di Dublino di James Joyce e, infine, Quarantanove racconti di Ernest Hemingway, costruiti con una tecnica di assoluta impersonalità, in cui, fra poche notazioni descrittive, campeggia il dialogo.

Lo sforzo di penetrazione psicologica, l'esilità nella trame, la tematica legata alle illusioni e alle frustrazioni di uomini comuni, caratterizzano buona parte della novella dei primi decenni del secolo. A questi temi si collegano le opere del novellista russo Anton Cechov, che costruisce racconti esilissimi nella trama, fatti di impressioni, ricordi, atmosfere, perfettamente aderenti al contenuto intimistico, alle sfumature spirituali degli uomini frustrati, inetti, illusi, che ne sono protagonisti.

Nel campo italiano ed internazionale della novella, l'opera di spicco del Novecento è indubbiamente Novelle per un anno di Luigi Pirandello, narratore, spettatore ed interprete d'eccezione della crisi dell'uomo contemporaneo.