Analisi dell'opera
Questa novella, tratta dalle Novelle Rusticane di Giovanni Verga, narra la storia di Mazzarò, un uomo venuto su dal nulla e diventato proprietario terriero a forza di sacrifici, astuzie e spregiudicatezza. Egli mira ad accumulare roba – terre, campi, masserie – e testimonia emblematicamente, con un misto di grandezza e grottesca tragedia, i sistemi legati all’accumulazione della ricchezza (in un’economia agricola e latifondista nell’Italia meridionale degli anni seguenti all’Unità).
C’è in Mazzarò qualcosa di epico (per la vastità del suo disegno, per l’energia della sua azione, per l’intensità della sua unica passione) e insieme di tragico, poiché non riesce a godere della sua roba da vivo, e non può portarsela dietro, da morto.
Anche il tono della novella, coerentemente con il carattere del protagonista, può dirsi epico: nel racconto del narratore si esprime l’ammirazione per le imprese che riferisce, lo stupore per le mete conquistate, la condivisione di un codice morale che, per quanto crudele, è sentito come superiore.
Questa novella di Verga, come spesso accade, si occupa della storia di un avaro ma, in questo caso, non prevale il lato comico e ridicolo per la bramosia della roba.
Il racconto ha un tono sostenuto, teso, epico, cui
contribuisce anche il tipo d’intreccio che si distacca spesso dalla fabula,
facendo procedere la narrazione per continui salti temporali:
1. al momento iniziale dell’intreccio ha già accumulato il suo immenso patrimonio;
2. il tempo in cui Mazzarò era ancora un povero bracciante;
3. l’avvicinarsi della morte
Il narratore è esterno alla storia ma il suo punto di vista non è esterno ed impassibile, ma condivide stupore ed ammirazione ed arriva infine a coincidere con quello di Mazzarò.
Anche le scelte stilistiche servono ad evidenziare il tono grandioso della novella come l’uso insistito dell’iperbole (una fattoria grande quanto un paese) e l’uso del periodo lungo ricco di subordinazioni.