I RAGAZZI CATTIVI

 

Erano due giorni e due notti che aspettavamo; mi sentivo nervoso come un cavallo in mezzo alla folla. Il tipo di Catania ci aveva detto: lunedì ore 02.00. Erano le 19.00 della domenica pomeriggio e Zippo s’era già scolato tutto l’alcool che avevo per casa, a mala pena ero riuscito a salvare la tintuta di iodio.

Finalmente arrivò sul mio cell il messaggio di conferma; buttai giù due anfetamine e dissi: “Okay!” “Cazzo! Cazzo! Era ora” disse Zippo. Presi il mio giubbotto di serpente e misi la pistola dentro i calzoni. Una lama da tredici, nascosta negli stivali, mi seguiva eternamente. Zippo scaldava già la moto, io accessi la mia. Feci brillare una “Lucky” in bocca puntando un magnifico tramonto color sangue che cominciava a farsi spazio nel giorno. Avevo il cazzo duro e dritto come quella volta che ,sotto il tavolo, misi le mani tra le cosce di mia cugina mentre parlavo con mio zio appena uscito di galera, accusato, forse ingiustamente, d’aver ammazzato un tizio a martellate.

Partimmo lasciando l’asfalto distrutto dietro di noi e dopo un niente i pistoni delle nostre “bambine” cantavano canzoni d’amore sull’autostrada.

Arrivammo a Catania che era sera con una fame che ci strappava le budella, e ci fermammo in una trattoria alle porte della città.

Dentro c’erano soltanto lo schiavo, magro e con i denti marci, il padrone e due negri bastardi dell’esercito americano tutti tirati a lucido. Prima di sederci buttammo giù un paio di whisky giusto per darci una calmata; Zippo fischiettava una vecchia ballata del “Boss”. Prendemmo posto. Lo schiavo ci portò patate fritte ed una bistecca più dura delle ruote della mia “bambina”; la birra ghiacciata ci viaggiava in gola a velocità supersonica. Ci voltammo a guardare i selvaggi in uniforme ed uno dei due sorridendo ci mostrò dalla mano un paio di corna. A Zippo cominciarono a girare i coglioni  come le pale di un elicottero ed accarezzò automaticamente il calcio della sua pistola pronto ad estrarre. Lo trattenni.

I due scoppiarono a ridere: noi avevamo le pistole, loro le braccia come rami d’ulivo.

Dopo un po’ “l’esercito” si alzo ed uscì. Noi finimmo l’ultimo litro ed andammo a pisciare. Chiamai lo schiavo e pagai. Zippo mi guardò male, non eravamo abituati al conto, ma quella era una notte che volevo stare tranquillo.

Fuori l’aria era fredda e pungente. Mi sistemai bene il cazzo nelle mutande e m’accesi una delle ultime.

Successe quindi la cosa che più mi fa incazzare! Il negro delle corna, quel lurido figlio di una troia africana, quello sterco di vacca putrefatto: POSAVA IL SUO CULO MERDOSO SULLA MIA BAMBINA CROMATA!!!

Nessuno aveva mai osato tanto! Solo un tizio, in terra di Spagna, l’aveva fatta cadere per sbaglio, e lo lasciai in una pozza di sangue ed ossa macinate.

Pensai: “’FANCULO TUTTO!” e tirai fuori il mio figlioccio da tredici. Il bastardo  smontò avvicinandosi a me, l’altro si teneva un po’ largo. Zippo osservava serafico la scena. Sapeva che per me era una questione d’onore e non poteva intromettersi nonostante ne avesse una gran voglia.

Feci la cazzata di lanciarmici contro come un cane idrofobo, senza una strategia, ma il sangue mi bolliva come la lava del vulcano all’orizzonte. Il negro, con una pedata mi fece saltar via la lama prendendomi in piena faccia con un dritto che avrebbe steso un cammello. Volai per un paio di metri e mi fu di nuovo addosso, ma da terra lo centrai con un calcio nelle palle e si piegò in due. In un attimo fui in piedi presentandogli sul muso il mio anfibio 44. Immediatamente dopo sentii un dolore fortissimo alla schiena, l’altro mi aveva colpito con un pugno di ferro ed era pronto a rifarlo sulla testa se non fosse stato per Zippo che fece volare il suo “ragazzo da tredici” fino al polso del verme.

“Mio fratello” ha sempre avuto un sublime talento naturale per il lancio. I due coglioni gemevano a terra come due donnette isteriche: una scena pietosa!

Zippo recuperò “il ragazzo” che era ancora conficcatto nel polso dell’africano e lo pulì dal sangue sulla candida uniforme americana; quindi ci scaldammo un po’ le zampe sui reni dei due bastardi. Cercai le “Lucky” ma erano finite. Presi il pacchetto al negro delle corna che giaceva moribondo sull’asfalto. Fumava “Poll” alla menta: sigarette da finocchi. Tirai via il filtro e l’accesi. Montai in moto, guardai la sveglia: Cazzo! Eravamo in ritardo. Scheggiammo via verso il centro di Catania su di un copertone solo.

Entrammo in città a luci spente e ci fermammo all’angolo della via indicata dal tizio. Lo notammo e lui notò noi. Prese una sigaretta cercando il fuoco tre volte: il segnale. Partimmo a razzo tirando fuori i cannoni e puntandoli addosso al tizio e ad un altro che ci confessò subito d’avere famiglia (E CHI CAZZO SE NE FREGA!!!”).

Due sacche piene di grana erano posteggiate su di un Fiat Fiorino. Zippo le prese mentre tenevo sotto tiro i due.

Tanto per fare un po’ di scena mettemmo via le pistole e scaricammo sui due tizi un paio di palate pesanti. Assicurammo le sacche alle moto e ripartimmo di volata.

Naturalmente riprendere l’autostrada sarebbe stato come assicurarsi il premio per la cazzata dell’anno. Quindi imboccammo una serie di strade secondarie che avevamo studiato prima del colpo. Tutto filò liscio come il culo di una bionda di mia conoscenza.

Arrivammo a casa che era l’alba, mettemmo le bambine a nanna e salimmo le sacche.

Contammo quasi trecentomila testoni di grosso e medio taglio ed ero più di quanto ci aspetta. Zippo per l’emozione si fumo sei canne e diciotto sigarette non stop. Dopo di che ci sbracammo sul letto e tirai fuori mezza bottiglia di tequila che avevo nascosto sotto il materasso. Buttai giù una lunga sorsata e la passai a Zippo. Il mio caro amico disse: “Cazzo! che notte meravigliosa!” bruciando un pezzo da cinquecento per accendere la settima canna. Me la passò sorridendo ed io lo guardai e non dissi nulla, cosa potevo dire?