Monitoraggio











Si intende per tale una procedura di osservazione sistematica di processi o di servizi , di cui si ritiene , in ipotesi, che stiano mutando ovvero che possano o debbano in qualche modo attivare a loro volta trasformazioni significative nell'organizzazione, nella cultura, nei comportamenti degli attori, nella rilevanza sociale delle organizzazioni, degli ambienti o delle istituzioni interessate da tali trasformazioni.
Per il fatto di essere radicalmente incernierato su processi di trasformazione in atto è evidente che esso assume in prima linea una forma di autodiagnosi delle evenienze in atto , ma anche di sostegno e di rilancio dei servizi, dei processi, degli ambienti, dei comportamenti sottoposti ad osservazione. Con il monitoraggio un qualsivoglia sistema di attori si dota di un metodo di descrizione non impressionistica degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del progetto avviato; ma anche, e inizialmente soprattutto, costituisce un modo per documentare e informare sui dati fisici e strutturali di una certa classe di fenomeni; infine si garantisce una illuminazione non casuale dei fabbisogni, delle criticità, delle potenzialità di strumentazione, di organizzazione, di microsoluzioni, ovvero di ridislocazione delle attività in relazione al cambiamento che si intende dirigere e governare, per un verso, e rispetto agli obiettivi e ai fini proposti per l'altro. e consegue che un qualsiasi piano di monitoraggio non nasce mai a caso, ma in presenza di esplicite ipotesi, tarate su di una commessa che risulti possibilmente altrettanto esplicita da parte dal committente, o che comunque risulti concertata con gli attori del processo di trasformazione che si decide di indagare. In quanto tale il monitoraggio:
è un insieme organizzato di attività di reperimento informativo mediante l'osservazione sistematica dello sviluppo di un fenomeno complesso entro un determinato sistema di azioni, di regole, di procedure, di fatti e di opinioni;
è un'operazione valutativa intenzionale e finalizzata che comporta la visualizzazione (monitor) dell'andamento delle variabili di un processo nel tempo e nello spazio, in presa diretta sulla loro evoluzione;
Il monitoraggio insomma non è orientato tout-court alle decisioni, perché non è chiamato a formulare scenari o ventagli di opzioni fondamentali tra cui scegliere. Nel momento in cui il committente o il decisore si trovasse in tale situazione, egli dovrebbe sapere di aver bisogno di ben altro tipo di informazioni, di interpretazioni e di ricostruzioni delle ipotesi e degli obiettivi in vista per potersi consentire una ponderazione delle attività e delle scelte da compiere.
V'è dunque una sottile linea di confine tra monitoraggio e valutazione: essa è data dalla natura delle informazioni prodotte dal primo e dalla seconda. Le prime sono legate al processo in atto, le seconde al sistema di dati in possesso, ai criteri di analisi, agli obiettivi in vista e alle procedure e strumentazioni disponibili.
Il monitoraggio produce informazioni sugli stati di evoluzione di un processo e/o dei relativi ambienti o comportamenti ; la valutazione - invece - produce informazioni sulle soglie di trasformazione prevedibili nel comportamento di un sistema di azioni o di ambienti, ovvero interpretazioni sull'accadere e sull'assestarsi di tali soglie nonché sulle loro prevedibili ripercussioni nella tenuta complessiva del sistema di riferimento.
E' facile confondere l'uno con l'altra, perché di solito un sistema in cambiamento, un progetto pilota, un programma di innovazione comincia con il dotarsi di strutture o servizi di monitoraggio non potendo o non volendo evolvere da subito con la compagnia di una più ponderosa e articolata "fabrica" valutativa. Il fatto, inoltre, che molte delle operazioni metodologiche necessarie ad impostare un piano di valutazione coincidano con quelle altrettanto necessarie per avviare un monitoraggio fa perdere di vista il fatto che la loro differenza è ancora una volta dato dalla natura e dalla qualità delle informazioni che si producono.
Un altro aspetto ancora va rilevato: e cioè che, per il fatto di dover operare in presa diretta con le trasformazioni che si osservano, il monitoraggio non può che svilupparsi e quasi imbricarsi con il processo di Ricerca-Azione che il sistema di trasformazioni in atto sollecita. Per quanto il monitoraggio non sia confondibile con un'azione formativa in quanto tale, tuttavia l'ambiente di Ricerca-Azione che lo contraddistingue, e il fatto che quest'ultimo prediliga un impianto di valutazione qualitativa dei processi in atto, tende ad illanguidire le distinzioni concettuali tra Ricerca-Azione, valutazione qualitativa e monitoraggio. Anche in questo caso uno sforzo di concettualizzazione può evitare facili derive o slittamenti nel comportamento del ricercatore. Possiamo precisare che la distinzione concettuale e operativa è intanto nel fatto che il monitoraggio non può essere realizzato dagli stessi attori del processo di innovazione in atto. Esso è azione di ricerca sul fenomeno complesso, e in quanto tale si avvale della cooperazione degli attori del processo indagato, per necessità di missione e di impianto metodologico. Inoltre il monitoraggio non è responsabile dei processi di maggiore o minore esplicitazione degli obiettivi in vista del progetto di innovazione in atto, ma ne segnala il divenire e le implicazioni conseguenti. Infine il monitoraggio appresta informazioni di un certo tipo per il successo del progetto, rilasciando ad altro livello di indagine e di decisione la responsabilità del governo del progetto di innovazione in quanto tale.
Il monitoraggio illumina; la valutazione interpreta e spiega; la Ricerca-Azione facilita le trasformazioni del sistema di innovazioni in atto; il governo del programma d'azione coordina, sviluppa e negozia il "che cosa" e il " verso dove" dell'innovazione affidatagli; il decisore custodisce gli scopi e le finalità dell'innovazione promossa, generalizza e istituzionalizza le trasformazioni ottenute. Sicché ricapitolando si può affermare che il monitoraggio serve:
per conoscere in qualsiasi momento lo stato del sistema nella sua complessità e nei singoli elementi ;
per prefigurare lo sviluppo del sistema lasciando inalterato il progetto oppure suggerendo modifiche di procedura, di organizzazione ma non di impianto o di concettualizzazione di base;
per confrontare lo stato momentaneo con quelli ad esso precedenti (reale sviluppo del progetto) e con quelli prefigurati (discrepanza diacronica);
per poter confrontare le diverse situazioni particolari (singole scuole o corsi) tra di loro e, all'interno di ogni formazione, per confrontare la difformità tra i gruppi e i singoli (discrepanza sincronica);
per consentire agli attori del sistema di produrre aggiustamenti inerenti l'incremento, l'orientamento e le modifiche ad adiuvandum del progetto di innovazione osservato;
per suggerire azioni specifiche atte a ridurre la discrepanza tra lo stato reale e quello voluto.
Se tali precisazioni valgono a segnare il quadro concettuale di riferimento per la concertazione dei comportamenti dei diversi ruoli coinvolti in un processo-progetto di innovazione educativa, diviene interessante anche precisare come si fa il monitoraggio. La risposta, apparentemente semplice, è : attraverso una ben combinata rilevazione quantitativa e descrizione qualitativa di alcuni elementi (tratti, caratteristiche, componenti, ecc.) del fenomeno indagato, purché tali elementi:
rappresentino significativamente il processo controllato e
siano suscettibili di cambiamento, di evoluzione o di presenza/assenza.
Così definito, il monitoraggio offre informazioni a diversi livelli e ruoli di azione e di decisione nell'ambito dei processi di innovazione osservati: ai responsabili delle politiche formative (finalità e indirizzo); ai responsabili delle strategie formative (obiettivi e progetto); ai responsabili delle attività formative (competenze e piano di lavoro). Peraltro va aggiunto che, a differenza dello valutazione in senso proprio, il monitoraggio degli interventi formativi (come di qualsiasi intervento sociale) si caratterizza:
per l'imprevedibilità delle variabili intervenienti (non ipotizzabili a priori) che determina un grado più o meno elevato di incertezza predittiva;
per la singolarità delle reazioni individuali, delle dinamiche di gruppo e delle attitudini al cambiamento o alla conservazione dei partecipanti al cambiamento.
per la limitata soglia di esplicatività dei fenomeni osservati, in conseguenza del fatto che la descrivibilità degli stessi colti nel loro divenire non consente quella ricostruzione multipla che invece diviene possibile entro quadri sistematici di valutazione. ( U.M.)






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