a Edicola Ciociara

 
 

al Sito di Cassino 2000

16 settembre 2001 

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Uniti potremo farcela!
Diritti e doveri della più grande potenza mondiale
di Marcello Caliman
I nostri stessi collaboratori si sono sentiti chiamati "ad una mobilitazione civile" ed in tanti hanno spontaneamente proposto ciò che i giornalisti sanno fare: articoli sul tema. Non ci è stato possibile neppure ospitarli tutti ma quelli pubblicati sono la voce degli italiani, di orientamento politico diverso, che registrano un malessere grande, di quelli che ti prendono alla bocca dello stomaco e ti fanno sentire male. Una tragedia immane sia per gli esseri umani che hanno perso la vita che per l'entità delle ferite che può determinare nelle coscienze e negli animi di tutti, governanti e governati. 

Il senatore repubblicano John Mc Cain ha affermato: "Mi auguro che Dio abbia pietà dei terroristi perché noi non ne avremo anche se questo costerà molte risorse e forse altro sangue al nostro Paese". Uno stato sovrano non può restare inerte dinanzi alla morte ed alla distruzione portata sul suo territorio nazionale. Deve reagire! La prima guerra mondiale scoppiò perché a Saraievo il principe ereditario era stato ucciso durante una visita ufficiale da un anarchico che non aveva come mandanti il governo serbo ma l'Impero Austro-Ungarico dettò condizioni così dure che la guerra fu inevitabile e milioni di esseri umani persero la vita e nelle condizioni di pace furono gettate le basi per la nascita di regimi dittatoriali e per una sete di rivincita che portò il mondo intero di nuovo in guerra appena 21 anni dopo. Gli Stati Uniti d'America hanno conosciuto i bombardamenti sul suo suolo nazionale soltanto tre volte nella sua storia ( le tre immagini contenute in questo editoriale le ricordano tutte ed hanno come denominatore comune la bandiera stelle e strisce, la prima fotografia è tratta da un celebre e recente film ). Le tre volte si sono verificate durante la Rivoluzione Americana contro la Corona Inglese, nella seconda guerra mondiale quando i nipponici violarono la neutralità statunitense bombardando la base militare della marina di stanza a Pearl Harbor, nelle isole delle Hawaii, sette ore di fuso orario indietro rispetto a Washington, ma pur sempre territorio americano. Morirono il 7 dicembre 1941 fra marinai e soldati 2.433 militari. Poi non è stato più possibile per nessuno. L'Impero del Sol Levante ha pagato con due bombe nucleari le sue colpe ed i dittatori suoi alleati hanno dovuto scegliere tra il suicidio e la fucilazione. Altri milioni di vite umane perse. Ora si registra la terza volta della sua storia e si parla anche di 30.000 vittime. Occorreranno giorni per avere un resoconto delle perdite umane.

Quale sarà il prezzo che l'umanità ora dovrà pagare perché il prestigio della superpotenza mondiale sia salvo? Quante altre donne, bambini, anziani dovranno perire? Quanti altri orfani o genitori in lutto? Una speranza: che sia quella americana o della Nato o dell'Onu un'operazione chirurgica. Che non ci siano ritorsioni indiscriminate, non servono a nessuno. Bisogna tenere presente che i popoli degli stati "canaglia" (quelli considerati in combutta con il terrorismo) sono tra i più poveri e ignoranti della Terra, ridotti allo stremo ed alla fame. Portiamo dinanzi a Tribunali Internazionali i loro capi e fuciliamoli ma risparmiamo la gente inerme. Una domanda provocatoria: che sanzioni sono previste per i banchieri e le banche europee ed americane che custodiscono nei loro forzieri i depositi miliardari, frutti dei ladrocini di questi dittatori pro-terroristi e degli stessi terroristi? Bin Laden certamente non ha le sue immense fortune nelle caverne del paese di montanari e di talebani che lo ospita. E certamente quei banchieri non sono mussulmani , non darebbero garanzie di stabilità. E' vero che "pecunia non olet" sin dai tempi dell'altra superpotenza mondiale, quella romana che distrusse Gerusalemme perché gli Ebrei si erano ribellati. Ma ora la diaspora a chi tocca: ai palestinesi? Sangue chiama sangue.