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Uniti potremo farcela!
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Diritti e doveri
della più grande potenza mondiale |
di Marcello Caliman |
I nostri stessi collaboratori si
sono sentiti chiamati "ad una mobilitazione civile" ed
in tanti hanno spontaneamente proposto ciò che i giornalisti
sanno fare: articoli sul tema. Non ci è stato possibile neppure
ospitarli tutti ma quelli pubblicati sono la voce degli italiani,
di orientamento politico diverso, che registrano un malessere
grande, di quelli che ti prendono alla bocca dello stomaco e ti
fanno sentire male. Una tragedia immane sia per gli esseri umani
che hanno perso la vita che per l'entità delle ferite che può
determinare nelle coscienze e negli animi di tutti, governanti e
governati.
Il senatore repubblicano John Mc Cain ha
affermato: "Mi auguro che Dio abbia pietà dei terroristi perché
noi non ne avremo anche se questo costerà molte risorse e forse
altro sangue al nostro Paese". Uno stato sovrano non può
restare inerte dinanzi alla morte ed alla distruzione portata sul
suo territorio nazionale. Deve reagire! La prima guerra mondiale
scoppiò perché a Saraievo il principe ereditario era stato
ucciso durante una visita ufficiale da un anarchico che non aveva
come mandanti il governo serbo ma l'Impero Austro-Ungarico dettò
condizioni così dure che la guerra fu inevitabile e milioni di
esseri umani persero la vita e nelle condizioni di pace furono
gettate le basi per la nascita di regimi dittatoriali e per una
sete di rivincita che portò il mondo intero di nuovo in guerra
appena 21 anni dopo. Gli Stati Uniti d'America hanno conosciuto i
bombardamenti sul suo suolo nazionale soltanto tre volte nella sua
storia ( le tre immagini contenute in questo editoriale le
ricordano tutte ed hanno come denominatore comune la bandiera
stelle e strisce, la prima fotografia è tratta da un celebre e
recente film ). Le tre volte si sono verificate durante la
Rivoluzione Americana contro la Corona Inglese, nella seconda
guerra mondiale quando i nipponici violarono la neutralità
statunitense bombardando la base militare della marina di stanza a
Pearl Harbor, nelle isole delle Hawaii, sette ore di fuso orario
indietro rispetto a Washington, ma pur sempre territorio
americano. Morirono il 7 dicembre 1941 fra marinai e soldati 2.433
militari. Poi non è stato più possibile per nessuno. L'Impero
del Sol Levante ha pagato con due bombe nucleari le sue colpe ed i
dittatori suoi alleati hanno dovuto scegliere tra il suicidio e la
fucilazione. Altri milioni di vite umane perse. Ora si registra la
terza volta della sua storia e si parla anche di 30.000 vittime.
Occorreranno giorni per avere un resoconto delle perdite umane.
Quale sarà il prezzo che l'umanità ora
dovrà pagare perché il prestigio della superpotenza mondiale sia
salvo? Quante altre donne, bambini, anziani dovranno perire?
Quanti altri orfani o genitori in lutto? Una speranza: che sia
quella americana o della Nato o dell'Onu un'operazione chirurgica.
Che non ci siano ritorsioni indiscriminate, non servono a nessuno.
Bisogna tenere presente che i popoli degli stati
"canaglia" (quelli considerati in combutta con il
terrorismo) sono tra i più poveri e ignoranti della Terra,
ridotti allo stremo ed alla fame. Portiamo dinanzi a Tribunali
Internazionali i loro capi e fuciliamoli ma risparmiamo la gente
inerme. Una domanda provocatoria: che sanzioni sono previste per i
banchieri e le banche europee ed americane che custodiscono nei
loro forzieri i depositi miliardari, frutti dei ladrocini di
questi dittatori pro-terroristi e degli stessi terroristi? Bin
Laden certamente non ha le sue immense fortune nelle caverne del
paese di montanari e di talebani che lo ospita. E certamente quei
banchieri non sono mussulmani , non darebbero garanzie di
stabilità. E' vero che "pecunia non olet" sin dai tempi
dell'altra superpotenza mondiale, quella romana che distrusse
Gerusalemme perché gli Ebrei si erano ribellati. Ma ora la
diaspora a chi tocca: ai palestinesi? Sangue chiama sangue. |
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