Nessuno escluso! Questo possiamo dire
guardando sgomenti il crollo delle Twin Towers di New York e di
una ala del Pen-tagono, provocata dall'impatto con tre Boeing
aerei trasformati da terroristi kamikaze in micidiali missili e
dalle notizie dello schianto di un altro Boeing presso Pittsburg
in Pensylvania. In queste ore convulse oltre alla catastrofe cui
assistevamo in diretta giungeva voce di altre notizie, di altre
catastrofi, dirottamenti che ci immergevano sempre di più nella
tragedia, che non si presentava più solo americana, ma mondiale,
tanto che subito si sono attivati procedimenti di sicurezza in
molte capitali e città del mondo. Enorme è stato lo shock per
tutti, per le migliaia di vittime e per le decine di migliaia di
feriti che si ipotizzavano vi fossero state e che nessuno osava
contare, nemmeno il sindaco di New York, l'italo-americano
Giuliani riusciva a quantificare. L'atmosfera si è incupita
ancora di più quando Bush si è presentato davanti alle
telecamere dove ha pronunciato un laconico quanto inefficace
discorso che non ha riassicurato nessuno, nonostante la
coreografia, il presidente era, infatti, attorniato da donne e
bambini. Bush dopo aver parlato alla nazione "fugge",
come ci dicono gli speakers delle diverse reti televisive, va nel
Nebraska e poi torna in serata a Washington, aumentando la
tensione di tutti, perché questo gesto ci fa paventare la
possibilità di un'altra imminente tragedia e ci fa capire il
disorientamento in cui sono ormai caduti i vertici della sicurezza
e della politica americana. L'America si è presentata ai nostri
occhi come qualsiasi altro pae-se occidentale: vulnerabile al
terrorismo, come un gigante dai piedi di argilla. Questa nazione
che ha dato l'opportunità a mi-lioni di emigranti dei più
diversi paesi di poter vi-vere una vita più dignitosa. Non si
riesce a spiegare la fragilità del sistema e degli apparati della
sicurezza statunitensi e della sua classe politica. Le due torri
simbolo dell'opulenza americana rappresentavano una sfi-da troppo
grossa per i terroristi. Il mondo occidentale è sconvolto dagli
avvenimenti. L'Occidente che finora ha permesso che si
continuassero a svolgere, dopo la catastrofe della seconda guerra
mondiale, guerre fratricide in molte parti del mondo ed è rimasto
atterrito quando sono stati coinvolti i paesi balcanici, non era
più stato teatro di azioni di guerra. Per il terrorismo non vi
sono confini. Noi italiani lo sappiamo bene. Per la prima volta
nella storia gli Stati Uniti sono stati colpiti. Ciò ha seminato
terrore e panico tra una popolazione che non si aspettava di
essere attaccata sul suo territorio, pur se negli anni precedenti
ha dovuto fare i conti con attacchi terroristici. Quello dell'11
settembre, però, non è forse scrivibile nella categoria degli
attentati, poiché si tratta di una vera azione di guerra, come ha
affermato lo stesso presidente, tanto che si è parlato di una
seconda Pearl Harbor americana, ma in quel caso c'è una nazione a
cui attribuire il fatto, che forse si deve ascrivere a un sistema
che si serve molte volte degli stessi canali per sconfiggere i
nemici. L'effetto di quanto è accaduto resterà impresso per
molto tempo nell'immaginario collettivo degli statunitensi, come
degli abitanti di molte nazioni del mondo. Tutti riteniamo che chi
ha saputo organizzare quest'operazione è in grado di ripeterla in
qualsiasi parte del mondo, per questo il panico ha coinvolto tutti
gli stati occidentali. E' stato un attacco per provocare migliaia
di morti. Nel territorio di New York la ferita perdurerà per
molto tempo, per l'assenza delle due torri, per lo squarcio che si
è determinato nel suo paesaggio urbano. Adesso le polemiche
americane sullo scudo spaziale ci fanno un po' sorridere, perché
terroristi poco armati, almeno sembra, ma determinati hanno
causato una catastrofe apocalittica. E' stato un evento
imprevedibile e di una drammaticità incommensurabile, come lo
saranno le conseguenze e le decisioni che saranno pre-se dal
governo americano. L'America ha ricevuto la solidarietà di molti
paesi, che hanno condannato fermamente l'attentato e molte nazioni
si sono messe a disposizione degli Stati Uniti, soprattutto,
quelle che fanno parte dell'Alleanza atlantica. L'attentato,
pe-rò, produce, oltre a mi-gliaia di vittime, una conseguenza ben
più grave perché crolla il mito dell'America, di una na-zione
che da sempre si è assunto il compito di essere il "gendarme
del mondo", come ci hanno proposto i mass-media e tutta una
certa letteratura e non in ultimo la produzione cinematografica.
Non solo sono stati colpite le Twin Towers di New York, il
Pentagono, ma una grave falla si è aperta nel nostro immaginario
collettivo sulla invincibilità degli Stati uniti d'America. Un
mito sorto fin dall'indomani della sua scoperta, come leggiamo nei
diari di bordo di Cristoforo Colombo giunto nelle Antille dove
afferma di aver ritrovato il paradiso perduto.
E questo mito è proseguito poi con i nostri
emigranti, con i rifugiati politici con la letteratura. La
letteratura italiana ha sempre guardato con interesse all'America,
si pensi alle traduzioni di Pavese e Vittorini che hanno
accresciuto questo mito americano. Si deve esprimere il nostro
cordoglio per le vittime, condannare il terrorismo, ma anche
ripensarlo, bisogna bonificare il terreno dal quale sorge il
terrorismo e trova mezzi necessari per sostenersi.