a Edicola Ciociara

 
 

al Sito di Cassino 2000

16 settembre 2001 

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11 Settembre: una data che segna l'inizio di un nuovo capitolo della Storia
 contemporanea mondiale
di Giuseppe Di Principe
 

 

11 settembre 2001. Certe date non si dimenticano. Il fiume della storia abbandona il suo letto naturale, d'improvviso, ingrossato da uno di quei fortunali che solo d'estate accendono il cielo. Un colpo basso, ha commentato unanime la stampa internazionale. La fiera della peggiore violenza: terribile perché inutile, inevitabile perché inaspettata. La solenne disgrazia accaduta alla giovane democrazia americana, colpita nel suo bene più prezioso e custodito, l'immagine, quella di una forza maestosa e serena. Quest'immagine, nello spazio intenso di pochi minuti, si è dissolta. Lasciando cadere l'ultimo mito, quello dell'invulnerabilità assoluta, che a questo mondo non c'è né ci può essere.

Almeno due generazioni, a dispetto dei tempi della storia, sono cresciute ed hanno prosperato confidando che mai nessuno avrebbe potuto interrompere quel circuito virtuoso di pace e di benessere che si è attivato in occidente dal '45 in poi. Certo, c'è stata la Corea, c'è stato il Vietnam, ci sono stati molti altri conflitti d'indole regionale, ma mai l'idea che lo scontro potesse trascendere questi ambiti, per farsi mondiale, spietato, assoluto. Neppure la guerra fredda, giocata sopra equilibri sottilissimi, vacillanti addirittura, ha vulnerato la certezza che di guerre come quelle mondiali si sarebbe seguitato a parlare coniugando i tempi del passato. Ora, questa è purtroppo l'impressione, le cose stanno diversamente. Gli equilibri sono saltati. Sopra una stagione fortunata della nostra storia recente è calato, d'un colpo, il sipario. La guerra, scriveva von Clausevitz nel secolo diciottesimo, non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi. A secondare questo conosciuto sillogismo, l'attentato alle Torri Gemelle ed al Pentagono, definito come un atto di guerra, è anche un atto politico. Atto politico che, più o meno direttamente, racconta della profonda avversione di larga parte del mondo per l'Occidente, la sua cultura, la sua economia, i suoi centri di potere. E non si tratta di avversione di maniera, di fastidio di circostanza, ma di una sfida universale, di un sentimento di opposizione che non di rado stinge nelle tinte fosche dell'odio. E l'odio, pasciuto nei campi sospetti del fondamentalismo religioso, è il nemico più difficile da contrastare. Non sono consentite mezze misure. Se dev'essere guerra, che sia.

Delle volte, è doloroso ammetterlo, non si ha scelta.