a Edicola Ciociara

 

al Sito di Cassino 2000

Numero 6 - gennaio 2002 

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La posizione del Circolo della Sinistra giovanile di Frosinone
Analisi della riforma Moratti       
Il sogno perenne e stimolante di una società nuova
di Alessandra Maggiani
 
Le ultime notizie apparse sui giornali sull'intenzione del Ministro dell'Istruzione (Pubblica?) Letizia Moratti di andare avanti per la sua strada nella riforma della scuola, non ci hanno stupito. Sapevamo, anche durante il dicembre caldo delle occupazioni e delle autogestioni, che ci avrebbe provato a far passare il suo disegno di legge a tutti i costi. E soprattutto quando meno ce lo aspettavamo. Cioè quando il mondo della scuola è impegnato a fare altro: gli studenti a chiudere i quadrimestri, i professori nei trasferimenti e nelle programmazioni dei quadrimestri, i sindacati della scuola nei congressi. Sapevamo che per nessun motivo potevamo abbassare il livello dell'attenzione sulla scuola. Quello che forse non ci aspettavamo è l'assoluta indifferenza che il
Ministro Moratti mostra nei confronti delle proteste di chi la scuola la vive tutti i giorni sulla sua pelle. E' evidente che a questo Governo non interessa il parere di più di 10 mila studenti che sono scesi in piazza e che hanno fatto naufragare gli Stati generali della scuola. Ed è bene ricordare che quel giorno a Roma, non c'erano solo studenti. Oggi la Moratti ci riprova, dicendoci di aver
apportato delle modifiche al disegno proposto da Bertagna. Modifiche minime. Rinuncia ad esempio a ridurre di un anno la durata del Liceo e rinuncia all'idea del credito formativo per la scuola materna (??). In compenso ci lascia una commissione d'esame di maturità composta solo da membri interni, più facile per gli studenti ma che cancella il nuovo approccio all'esame avviato con la maturità Berlinguer. La riforma annunciata dell'esame di maturità, ridotto a un semplice scrutinio di fine anno, è un colpo alla credibilità della scuola pubblica, un regalo alla scuola privata meno qualificata (diplomifici). La Moratti ci lascia poi il tentativo di azzeramento degli organi collegiali locali (i consigli d'istituto per intenderci) togliendo agli studenti un elemento fondamentale
nella formazione della coscienza di cittadini - e cioè la pratica quotidiana della democrazia che oggi avviene appunto con l' elezione dei rappresentanti negli organi collegiali - e togliendo ad insegnanti e genitori un luogo in cui confrontarsi democraticamente e collegialmente su problemi comuni. Soprattutto si lascia inalterato il punto dolente della riforma: la separazione tra licei e scuole professionali e l'impostazione confessionale dei percorsi didattici. Ed è proprio questo ciò che continua a farci inorridire della riforma. Che il disegno della Moratti fosse una controriforma che rischia di riportare la scuola italiana indietro di 50 anni era ormai fuori di dubbio. Ma ci atterrisce il modo con cui questa intenzione viene espressa in documenti ufficiali del Ministero. Questo è un passo testuale del rapporto della Commissione Bertagna, che lascia poco spazio al
dubbio: "si può ritenere che il fine prioritario dell'istruzione possa collocarsi nel conoscere, nel teorizzare. Avrebbe a che fare con le idee e con le relazioni intellettuali funzionali tra le conoscenze.

La formazione avrebbe più a che fare con il produrre, con l' operare e con il costruire. . . Proprio per approfondire questo plesso di reciproche implicazioni, il Gruppo di lavoro propone ai
soggetti istituzionali che dovranno assumersi la responsabilità di questo compito di confrontarsi con alcune esigenze e con una precisa ipotesi ci organizzazione dei piani di studio che si presenta separatamente per il sistema di istruzione e per il sistema di formazione". Si ribadisce dunque una netta separazione tra istruzione, destinata a formare quelli che pensano (dirigenti ed
intellettuali), e formazione destinata a formare persone che fanno (operai?). Di conseguenza all'istruzione deve essere destinato un percorso mentre alla formazione ne deve essere destinato un altro, nettamente differente. Come se non bastasse la riforma Moratti costringe i ragazzi a scegliere a 14 anni tra studio e lavoro disattendendo l'intenzione della riforma Berlinguer di elevare l'obbligo formativo a 18 anni, togliendo di fatto ai giovani la possibilità di diventare padroni del proprio futuro e svuotando la scuola della sua funzione fondamentale che è l' educazione. Completamente scomparsa è poi l'idea di una scuola laica che sappia dare uguale cittadinanza a tutte le confessioni religiose, passo secondo noi obbligato in una popolazione scolastica di fatto multiculturale e multiconfessionale. E se la commissione ministeriale per la didattica su 8 membri ne conta ben 5 tra preti e suore, è legittimo avere seri dubbi sul mantenimento di una certa laicità di insegnamento nella scuola dell'era Moratti. Ed è un'intenzione che il ministro non tenta nemmeno di nascondere, tant'è che tra i punti chiave del nuovo progetto di riforma (in bella vista nel sito del Ministero della Pubblica istruzione ) si scopre la "formazione spirituale e morale degli studenti"cui deve provvedere la scuola pubblica. La riforma Moratti insomma degrada gli studenti da protagonisti della scuola a consumatori-clienti le cui famiglie, nella più totale indifferenza per la programmazione didattica degli insegnanti, possono addirittura scegliere per i propri figli un percorso formativo personalizzato (la riforma, come l'ha giustamente definita la Cgil, del "supermercato-scuola) e toglie loro il luogo principe dell'educazione destinato a formare le coscienze critiche dei cittadini di domani. Un disegno preoccupante dunque. Ancor più preoccupante se si pensa che esso è inserito in un disegno generale di revisione dei compiti del sistema scolastico, che riguarda anche l'università. Si intuisce chiaramente che la scuola, e in generale l'istruzione, è per il centrodestra il primo campo di sperimentazione di un nuovo progetto di società. La Finanziaria che riduce i finanziamenti per la ricerca e per l' edilizia universitaria, il cosiddetto Libro bianco di Maroni, che mira a ridimensionare la contrattazione collettiva e a incentivare la precarietà nei rapporti di lavoro, soprattutto per i più giovani, introducendo un vero e proprio doppio regime in materia di diritti e tutele, l'attacco allo stato sociale, alle pensioni, alla sanità, all'articolo 18 sono tutti tentativi di smantellare la società quale è oggi, di azzerare l'importanza rappresentativa degli organismi intermedi (sindacati, organizzazioni di categoria e partiti) e di crearne una nuova a soggetti singoli, che singolarmente interloquiscono con lo Stato. Una società fondata sul tutti contro tutti, dove tutti saremo più deboli perché nessuno è tutelato, dove ci si batterà la concessione di privilegi e non per il riconoscimento dei diritti e delle libertà. Esattamente il contrario di ciò per cui la Sinistra giovanile, e il centrosinistra si sono battuti in questi anni: più diritti per tutti, a partire dalle nuove generazioni. Per questo è importante tornare in piazza. Per opporsi alla riforma Moratti sì, ma soprattutto per opporsi al tentativo di trasformarci da cittadini liberi di questa Repubblica a uomini "che come lupi si battono contro altri uomini", come diceva Hobbes. E sarà un dovere esserci, non per chi si sente di sinistra ma per tutti quelli che vogliono vivere in una società democratica e civile e che vogliono un futuro di opportunità per i propri figli.

 

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