Coren de le fate

Arno Salarno Adamé
Home Page Valsaviore Val Malga Val Paghera Val d'Avio


roccia del Coren de le fate

le immagini sono tratte dai volumi:
"I Camuni" -Jaca Book- e "Valcamonica una storia per l'Europa -edizioni del Centro- di E. Anati

BENVENUTI IN VALLE CAMONICA


idolo di Sonico


personaggio con casco raggiato


... sulle rocce di Sonico ...


idolo di Sonico


capanne rituali


frammento di statua menhir


ideogrammi


ideogrammi


ecclesia antiqua sancte Marie de Prathella


il "sacerdote" che corre


simboli solari


personaggio con casco raggiato


scene di danza


idolo farfalla


scena di incantazione


dio "Cernunnos"


ideogrammi


ideogrammi


ecclesia antiqua sancte Marie de Prathella


... sul santuario di Pradella ...


... sul santuario di Pradella ...


Coren de le Fate


Sonico e Edolo

Incisioni di Sonico pag. 2 Incisioni di Sonico pag. 3

Valcamonica Preistorica

INCISIONI RUPESTRI DI SONICO - pag. 1

da Quaderni Camuni n° 40 1987

SONICO: LA ROCCIA INCISA DEL “COREN DE LE FATE” NEL PARCO DELL’ADAMELLO

di Ausilio Priuli e Gian Claudio Sgabussi

La scelta dell’area per il primo intervento di ricerca archeologica di su­perficie nel comune di Sonico e per lo studio delle incisioni rupestri presenti nello stesso, è stata dettata dalla conoscenza di una piccola roccia incisa già rinvenuta nei primi anni ‘50 e pubblicata dalla prof. Savina Fumagalli, nel 1956, in Atti della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo Civi­co di Storia Naturale di Milano, dopo averne dato notizia ripetutamente con la preziosa collaborazione di don Vittorio Bonomelli, allora parroco di Sonico2. Tale roccia, come testimonierebbe la tradizione orale locale, sa­rebbe comunque stata già conosciuta dalla gente del luogo e considerata le­gata ad un certo paganesimo, a storie di streghe e di fate.

La presenza di tale roccia incisa ha indotto ad ipotizzare la possibilità di rinvenirne altre nel territorio circostante e quindi di credere nell’esisten­za di una vasta concentrazione di rocce incise.

Per il 1987, la campagna di ricerche è stata prevista quindi nell’area ospi­tante tale roccia e, oltre alla esplorazione sistematica del territorio3 alla rac­colta di informazioni utili alla conoscenza del sito e di tutto il territorio co­munale, attraverso la tradizione orale4, alla formulazione di una comples­sa e completa metodologia di ricerca, analisi e studio5, si è preceduto, in equipe. alla analisi e studio preliminare della roccia dalla quale è nato lo stimolo alla ricerca.

Lo studio della roccia nel suo insieme e delle incisioni presenti sulla stes­sa, si è rivelato particolarmente arduo.

In primo luogo, a causa della morfologia della roccia, del cattivo stato di conservazione della sua superficie e della grande quantità di fessurazio­ni, stacchi termoclastici e provocati dalla penetrazione delle radici arboree.

In secondo luogo a causa della cattiva conservazione delle stesse incisioni che, in più casi sono di difficilissima lettura.

Le picchiettature sono infatti quasi ovunque assenti sia nelle porzioni di roccia che sono sempre rimaste alle intemperie, sia là dove leggeri strati di humus le hanno invece mantenute riparate.

La quasi totale assenza di picchiettature distinte rilevabili è comunque in buona parte giustificabile, se si tien conto che le incisioni sono state esegui­te con strumenti litici e per percussione diretta su roccia micascistica con stratificazione quasi verticale.

In effetti, una percussione soprattutto tesa a raggiungere una certa pro­fondità, provoca non solo stacchi di scheggioline di roccia, ma anche com­pressione e conseguentemente polverizzazione della superficie, quindi abra­sione delle stesse «creste di picchiettatura», tale da costituire un piano uniforme.

Quasi tutte le incisioni sono state eseguite nello stesso modo.

La stessa presenza di numerosi granati e di strati quarzosi, ha condizio­nato non poco l’esecuzione delle incisioni.

Gli artisti che a più riprese, in antico si sono recati sulla roccia, sembra l’abbiano trovata già ampiamente fessurata, forse più o meno nelle stesse condizioni in cui appare oggi dopo la ripulitura da muschi, licheni e erica.

Le fessure profonde che la dividono in comparti con andamento longitu­dinale, in tre grandi porzioni, erano sicuramente presenti anche allora e, come al momento di inizio della campagna di studio, dovevano essere ripie­ne di sassi e di terra nella quale crescevano arbusti, cespugli, forse come ora, ginepri e betulle con un sottobosco di erica e di erba.

Ciò sarebbe confermato anche dalla disposizione dei gruppi di incisioni che trovano delle delimitazioni naturali proprio nelle spaccature della roc­cia, che in taluni casi sono state realizzate sfruttando le naturali crepe.

Tranne rarissimi casi non esistono su questa roccia mutilazioni di incisio­ni o di insiemi, provocate da stacchi posteriori alla loro esecuzione.

Una visione complessiva della roccia permette di osservare sulla stessa tre aree di concentrazione di incisioni ed altre figure sparse, apparentemente avulse dalle prime, anche se iconograficamente riconducibili a quelle.

L’area più densamente incisa è quella in basso a sinistra di chi guarda (quadricora I), divisa in due quasi trasversalmente da un profondo stacco a V, ampio alcune decine di centimentri.

All’estrema destra della roccia, per tutta la sua altezza, sono presenti al­tre numerose incisioni che costituiscono la seconda concentrazione con una densità inferiore di figure ed una distribuzione abbastanza uniforme delle stesse (quadricora 4, quadricora 5). La terza concentrazione è ubicata alla sommità della roccia, sull’unica superficie pressochè pianeggiante, in uno spazio limitato rispetto ai prece­denti, oggi in parte logorato anche da calpestio (quadricora 2, quadricora 3 alta).

Sulla restante roccia, soprattutto nella sua porzione centrale (quadricora 3), sono presenti, sparse, altre incisioni alcune delle quali non più leggibili in quanto rovinate dalla prolungata esposizione alle intemperie, a causa della morfologia della roccia e probabilmente da calpestio.

Il complesso inciso del «Coren de le Fate», a differnza di molti altri com­plessi camuni, di molte rocce soprattutto dell’area centrale della valle, ospi­ta un numero di categorie di rappresentazioni assai limitato, infatti se ad esempio sulla roccia n. 50 di Naquane sono presenti circa una cinquantina di categorie, qui se ne contano solo 17, delle quali dominanti solo 3.

Lo studio analitico delle incisioni ha permesso di individuare una serie limitata di fasi di intervento, in un arco di tempo molto lungo, probabil­mente compreso tra il terzo millennio a.C. ed il primo.

La prima fase sembra costituita da una vasta serie di figure ascritte alla prima e alla terza categoria di rappresentazioni della tavola categoriale e tipologica delle incisioni dell’arco alpino 6 .

Della prima categoria si conoscono infatti ben 28 figure spiraliformi e a cerchi concentrici.

Le loro dimensioni variano da pochi centimentri a oltre 40 di diametro, distribuite tutte, ad eccezione di tre poste nella porzione alta alla estrema destra della roccia (quadricore 4 e 5), nella parte bassa a sinistra, (quadri­cora 1).

Due figure della categoria, una grande costituita da ben Otto cerchi con­centrici ed una spiraliforme, poste rispettivamente la prima alla estrema si­nistra della roccia e l’altra alla estrema destra, sono associate ad una figura antropomorfa rozzamente schematizzata, quasi fosse stato presente l’intento e l’esigenza di delimitare la grande superficie da incidere, e ciò, probabil­mente nel momento che ha visto la prima frequentazione del sito rupestre.

Associate alle figure della prima categoria sono presenti anche otto figu­re della terza, riconducibili ad almeno sei tipi diversi, ma sempre derivan­ti da un unico concetto.

Sono cerchi semplici o multipli variamente raggiati internamente.

Il gusto estetico di queste rappresentazioni, ma forse anche i contenuti ideologici delle stesse, hanno indotto a soluzioni grafiche piacevoli, ad una ricerca espositiva in rapporto alle forme naturali della roccia.

In nessuno dei tipi individuati la raggera interna parte dal centro per in­nestarsì sul cerchio esterno, ma sempre tali raggi si dipartono da un cerchio interno concentrico e cadono su quello esterno e su uno di quelli esterni con­centrici, quasi a rievocare più una ruota raggiata che non un simbolo probabilmente di derivazione solare e quindi forse carico di contenuti di tipo prettamente religioso9.

Le figure delle due categorie sono distribuite in maniera uniforme su questa grande porzione di roccia, alcune a gruppi di due o di tre, altre apparente­mente in ordine sparso.

La loro distribuzione sulla roccia sembra comunque indurre a credere, essendo questo il primo intervento sulla stessa, che nell’arco di tempo non eccesivamente lungo della prima frequentazione, l’unica grande superficie disponibile, comoda da incidere, libera dalla vegetazione, fosse questa, uni­tamente ad una piccola porzione alla estremità alta destra.

L’analisi morfologica della roccia permette infatti di constatare come il dilavamento non permetta qui la formazione di strati, sia pur leggeri, di humus, sia per l’inclinazione della roccia stessa, sia per l’assenza di profon­de asperità continue che lo possano trattenere.

L’assenza di sovrapposizioni tra le incisioni della prima fase di interven­to non permette, all’interno di questa, l’individuazione di sottofasi, comun­que intuibili, anche se non definibili in termini di cronologia relativa.

E da escludere infatti che le figure siano state eseguite tutte in un solo momento e da una stessa mano ed infatti, l’analisi delle singole figure per­mette di osservare diversi approcci degli operatori sulla roccia, ma anche diversi strumenti usati per incidere, diverse forme di percussione degli stessi sulla roccia, quindi risultati diversi non solo iconografici, ma anche tecnici.

Lo stesso apparente disordine nel quale appaiono sembra indurre a cre­dere che i diversi operatori, in diversi momenti non si siano formalizzati nel disporre le loro figure in una corretta ricerca compositiva, ma abbiano solo badato bene a rispettare le figure realizzate dai loro predecessori o da loro stessi in un tempo precedente.

Le differenti mani che hanno operato e con strumenti diversi si ricono­scono inoltre attraverso le incisioni che, ora sono molto superficiali, in altri casi sono profonde e a tratto ampio, con picchiettature profonde e unifor­mi, altre ancora discontinue ed irregolari, ecc.

Dopo questo primo momento di intervento, di utilizzo della roccia, sem­bra vi sia stato un prolungato intervallo di abbandono della stessa, durante il quale le incisioni si sono lentamente e gradualmente ossidate, riassumen­do l’uniformità cromatica della superficie non incisa tanto da rendere quasi invisibili anche le incisioni più profonde.

Successivamente, ma in un momento non meglio definibile della seconda metà della età del Bronzo, quindi forse a distanza nientemeno che di circa un millennio, su questa stessa porzione di roccia, altri operatori hanno inci­so una vasta e complessa serie di figure delle categorie n. 17 e 18.

Si tratta di figure geometriche semplici e composte, canaletti tra loro as­sociati, in relazione e composti con le prime a costituire, molto probabil­mente, figure di tipo planimetrico.

Singolarmente, gli operatori, per questa realizzazione hanno scelto una porzione di roccia che, inclinata nella parte alta, degrada nella sua parte bassa terminale, ma soprattutto hanno fatto si che la composizione risul­tasse inscritta volutamente tra un profondo canale naturale con andamento curvilineo verso sinitra, profonde asperità naturali della roccia alla estrema destra e la barriera naturale di terreno a monte.

Come per la realizzazione della mappa n. 1 di Bedolina a Pescarzo di Ca­podiponte o di altre del versante occidentale della valle, sempre nello stesso territorio9, sembra che la scelta del sito dove incidere questa composizione sia stata fatta tenendo conto delle particolari situazioni morfologiche della roccia ed in particolare di quella porzione, richiamanti forse situazioni mor­fologiche analoghe in un territorio reale che loro intendevano riprodurre.

per ciò che la composizione può essere definita, come la Mappa di Be­dolina o quelle di Seradina e di Giadeghe10, di tipo planimetrico.

Le incisioni in alcuni punti, chiaramente si sovrappongono alle figure cir­colari, spiraliformi e ai cerchi con raggiera interna della prima fase di inter­vento; in altri sembrano riutilizzare tali figure e adattarle alla nuova com­posizione; molte vengono rispettate o forse totalmente ignorate.

Come la prima fase di intervento è stata finalizzata alla realizzazione di tipi specifici ed esclusivi di quella fase, cosi questa ha visto l’esecuzione di tipi figurativi esclusivi di categorie diverse di rappresentazioni, apparente­mente privi di alcun nesso logico con le precedenti se non quello comune del bisogno di incidere sulla stessa superficie rocciosa.

Alla stessa fase o ad una sottofase di questa dovrebbero appartenere for­se anche alcune figure meandriformi e poche figure geometriche presenti anche nel settore destro della stessa roccia, nella quadricora 4.

Numerose coppelle, associate e in relazione con canaletti appartengono sicuramente alla stessa fase di incisione, come alcune forse erano in relazio­ne e coeve con le figure della prima fase di intervento, come sembra appu­rabile ad esempio dalla relazione cerchi concentrici-antropomorfo-coppella, alla estrema sinistra della composizione della quadricora 1, oppure cerchi concentrici, cerchi raggiati internamente con coppella centrale della stessa quadricora.

Il terzo momento di intervento ha trovato la roccia in condizioni molto diverse rispetto ai momenti precedenti.

Forse in una fase di raffreddamento del clima, ampiamente documenta­to durante il “1°” millennio a.C.11 la vegetazione si è ridotta ed attestata più a monte della roccia su terreno più consistente e ricco, lasciando le leggere chiazze di humus che ricoprivano porzioni di roccia, alla azione erosiva delle acque e a quella eolica, intensa su un promotorio cosi esposto sulla valle.

In conseguenza di ciò la roccia quasi sicuramente è apparsa in tutta la sua estensione e quindi, un ritorno di interesse alla stessa ha visto la possi­bilità di un totale utilizzo delle superfici levigate.

Come i precedenti, anche questo ritorno sembra sia stato finalizzato alla realizzazione di tipi figurativi specifici, esclusivi di questa fase, intendendo ovviamente per fase, ancora una volta un periodo di tempo di frequenta­zione e di incisione circoscritto in un tempo non facilmente determinabile, e apparentemente, ancora una volta diversi e con contenuti ideologici oltre che iconografici privi di alcuna relazione con le incisioni precedenti, quasi queste non esistessero o non fossero per nulla visibili o fosse venuto a man­care un collegamento ideologico tra le nuove e le precedenti opere.

Il nuovo, forse prolungato momento di intervento ha visto infatti la rea­lizzazione di ben 192 figure palettiformi della categoria n. 12, delle quali 118 del tipo A, semplici con pomo arrotondato o cuppelliforme, 37 con im­pugnatura rettilinea senza pomo alla estremità e le altre diverse, per un to­tale complessivo di ben 14 tipi differenti.

Alcune palette sono associate a figure antropomorfe delle categorie 26, 36 e 37, due delle quali (categoria 37) reggono delle piccole figure paletti-formi mentre un’altra sembra volutamente sovrapposta da una paletta ad impugnatura rivolta verso l’alto.

Questo terzo momento di intervento, come si è detto non ben collocabi­le, ma di certo non breve, ha visto sicuramente l’opera di più operatori che ha più riprese si sono recati sulla roccia ed hanno inciso in termini univoci tanto dal punto di vista tecnico che iconografico.

192 palettiformi e 16 antropomorfi per un totale di 4 categorie di rappre­sentazioni alle quali si aggiunge quella delle coppelle sparse, costituiscono il monotono repertorio su una roccia sulla quale le figure incise precedente­mente erano ormai di difficile lettura, molte addirittura quasi invisibili.

La presenza di palettiformi tra loro in sovrapposizione è testimone della presenza di fasi distinte di intervento forse anche distanti alcuni decenni tra loro; la differenza tipologica tra alcune e quelle che ad esse si sovrappongo­no, la rozzezza delle seconde rispetto alle prime, sembra ‘essere testimone della diversità dell’operatore, ma anche del supporto tecnico e forse della decadenza ideologica e contenutistica che le ha ispirate e volute.

Una prima esplorazione del territorio circostante la roccia del «Coren de le Fate», condotta durante la prima campagna di ricerche, ha permesso di individuare altre numerose rocce ricche di figure palettiformi, quindi indu­ce a credere in una estensione del fenomeno incisorio in questo periodo ed al coinvolgimento di tutta un’area dominante il fondo valle che si prospetta interessante e ricca di documenti.

Per sommi capi si può osservare come, pur essendo quasi tutta la roccia caratterizzata dalla loro presenza, tuttavia è percepibile la volontà degli ope­ratori di realizzarle anche a gruppi distinti soprattutto nel settore destro ed in quelli alti della roccia.

Se all’apparenza ognuno di questi tre grandi momenti di interesse per la roccia è indipendente dagli altri, se sembra non vi sia continuità operativa e creativa, che non vi siano relazioni iconografiche, tuttavia, là dove alcune figure delle fasi precedenti erano visibili, sono state realizzate associazioni.

Infatti, alcuni cerchi concentrici e raggiati sono stati riutilizzati nella rea­lizzazione delle figure di tipo planimetrico; canaletti sono confluiti al loro centro.

Più tardi, figure palettiformi sono state volutamente sovrapposte a cer­chi concentrici o associate a queste o comunque a tipi delle categorie 1 e 3 e al contempo sono state inserite nelle figure di tipo planimetrico, sovrap­poste o associate a figure geometriche semplici e composte, a meandriformi.

Abbastaza limitato, come si è accennato, il numero delle figure antropo­morfe (16 su 451 incisioni registrate).

Di queste, due o forse tre schematiche, sono associate a tipi della catego­ria 1, le altre sono associate a figure palettiformi e forse, con queste, a mean­driformi.

Alcune figure antropomorfe sembrano armate, ma la sommarietà delle forme non permette una definizione più appropriata delle stesse ed una lo­
ro distinzione tipologica.

Due antropomorfi, come si è detto, reggono figure palettiformi, ripren­dendo un tema già conosciuto all’interno del Parco Nazionale delle incisio­ni rupestri di Capodiponte e a Paspardo.

Una figura, fallica è rappresentata a testa in giù.

L’unica costante offerta da questa roccia sembra essere quella delle coppelle.

Esse entrano a far parte delle rappresentazioni o sono sparse sulla roccia in apparente disordine, con canaletti o unite da essi o in disposizione geo­metrica, pet un totale registrato di 153 incisioni, ma soprattutto appaiono e permangono dalla fase più antica di frequentazione della roccia a quella più recente e continuano ad essere realizzate anche quando sulla roccia non verranno più incise figure e simboli come quelli considerati.

Alcune sono di grandi dimensioni, profonde, lisce all’interno, e sono quelle che la gente del posto ha sempre visto ed ha associato alla presenza di stre­ghe, di fate o di pagani.

Forse alcune sono addirittura di epoca storica, risultato del perdurare della antica tradizione e del bisogno di incidere.

Coppelle si sovrappongono infatti a cerchi, spirali, meandri e anche a pa­lette, quindi vennero realizzate anche dopo l’ultima fase figurativa.

Numerose altre coppelle sono state già individuate in diversi siti del terri­torio comunale di Somco, soprattutto sul versante orientale della valle, ma anche su quello occidentale, nei pressi della chiesa di S. Andrea, ed in tutta l’area circostante la roccia del «Coren de le Fate», durante la fase esplorativa della campagna di ricerche e studio.

Al termine della prima campagna di ricerche, della prima fase di analisi e studio della roccia e delle incisioni sulla stessa presenti, di fronte alla indi­viduazione di numerose altre rocce incise nel territorio (ben 14 solo nell’a­rea circostante, altre in altri siti) che dovranno essere indagate nei prossimi anni, sembra prematuro trarre considerazioni conclusive.

Si è certi che il rilevamento e studio delle altre nuove incisioni, getterà luce e contribuirà a risolvere (si spera) numerosi problemi cronologici ed interpretativi del sito, delle incisioni e delle saltuarie frequentazioni della roccia.

Oggi, in sintesi ed in termini approssimativi e di proposta di lavoro si può dire che:
nella prima fase di frequentazione la roccia e forse tutto il costone cir­costante di montagna era legato al culto del sole e ciò, sembra, durante il terzo millennio a.C.; dopo un lungo periodo di abbandono della attività incisoria la roccia è stata riutilizzata per incidervi figure di tipo planimetrico, quindi proba­bilmente un intero territorio, nel quale sembra riprodotto persino un inse­diamento ad uso abitativo12 oltre a probabili aree coltivate, corsi d’acqua, strade, sentieri, ecc.;durante il primo millennio a.C., dopo un ulteriore interruzione, forse di alcune secoli, sono state incise le figure palettiformi come elemento inco­nografico dominante, legato forse al culto dei morti.

Il tutto: culto del sole, culto della terra, culto dei morti, per esprimere in termini sintetici propositivi alcune ipotesi interpretative, sembra indurre a pensare alla sacralità del luogo connessa forse a speciali riti di rigenerazione.

>In tre momenti temporalmente diversi, ma anche culturalmente e ideolo­gicamente diversi, forse, uno stesso concetto è stato espresso in modi diver­si, attraverso tipi figurativi apparentemente privi di un flesso logico acco­munante, in realtà riconducibili, a livello contenutistico, ad un unico deno­minatore comune: quello della vita.

1 – E’ alla Amministrazione Comunale di Sonico che si deve l’avvio della presente ricerca, nel­l’ambito di un programma triennale di esplorazione e studio del territorio in termini di Ar­cheologia di superficie e di paleoiconografia.

2 - FUMAGALLI S., Incisioni preistoriche a Sonico (Valcamonica,i, in «Atti della Società Ita­liana di Scienze Naturali e del Museo Civico di Storia Naturale di Milano» voi. XCV, pp. 52-79, 1956.

3 – E’ prevista l’esplorazione integrale, per settori, di tutto il territorio comunale, al fine di individuare rocce incise, tracce di insediamenti ad uso abitativo e cultuale. rapporti tra territo­rio e l’uomo nella antichità, fasi di antropizzazione e scopi per i quali è avvenuta la stessa in età antica.

4 - Determinante è l’apporto della tradizione orale relativa alle aree di frequentazione, per meglio comprendere la presenza dell’uomo ed il suo agire nell’ambiente. A tal fine, un gruppo di ricerca, all’interno della equipe che ha operato nella campagna di ricerca 1987, si è dedicato anche alla registrazione della tradizione orale e alla analisi etnologica dei dati raccolti.

5 - L’applicazione di una metodologia d’avanguardia ha permesso di ottenere risultati inspe­rati e ciò grazie anche al contributo di forze intellettuali oltre che tecnologicamente avanzate indispensabili per una analisi interdisciplinare dei dati acquisiti.

6 -PRIULI A., Incisioni rupetri nelle Alpi, Priuli e Verlucca editori, Ivrea, 1983.

7 - Idem. ibidem.

8 - Idem. ibidem

9 – PRIULI A., Incisioni rupestri della Valcamonica. Priuli e Verlucca editori, 1985.

10 - Idem, ibidem. p.

11 - Idem. ibidem. p.

12 – Tale figura è stata fino ad ora vista come una figura idoliforme, forse perchè non rilevata esattamente e considerata nell’ambito del suo reale contesto.

Incisioni di Sonico pag. 2 Incisioni di Sonico pag. 3

Valcamonica Preistorica

Arno Salarno Adamé
Home Page Valsaviore Val Malga Val Paghera Val d'Avio