I Bibelforscher erano una "sètta"?
Perché alcuni usano dire "geovisti"?

 

I Bibelforscher erano una "sètta"?

Il termine "setta" è usato spesso con disinvoltura da molti che forse non si rendono bene conto della sua connotazione. Il Dizionario Enciclopedico De Agostini definisce sètta, un: "gruppo di seguaci di una dottrina filosofica, politica o religiosa, diversa da quella seguita dai più". Quindi il termine sètta si riferisce non soltanto alla religione, ma anche alla politica e alla filosofia. Se per "sètta" si intende, un gruppo che segue una determinata filosofia di vita, un concetto, o modo di vivere, allora i Bibelforscher, [testimoni di Geova] come qualunque gruppo religioso, sono una sètta. Comunque, bisogna riconoscere che oggi il termine "sètta" ha un'implicazione denigratoria e nel linguaggio corrente, conserva una connotazione spregiativa. Pertanto, non si può applicare il termine "sètta" ai  Bibelforscher, nel senso deteriore che questo termine ha correntemente.

A volte i gruppi anti-sètte e i mezzi di informazione si riferiscono ai testimoni di Geova come a una "sètta". Facendo di ogni erba un fascio, spesso i Testimoni sono accomunati a gruppi religiosi noti per le loro pratiche discutibili. Spesso i membri delle sètte si isolano persino dalla società in generale. Molte volte essi impiegano tecniche fraudolente e disoneste per reclutare adepti. E' risaputo che i capi di alcune sètte usano metodi di manipolazione della mente per controllare i seguaci. Inoltre i seguaci delle "sètte" seguono e venerano un capo umano. I Bibelforscher erano noti per queste pratiche? I fatti, comprovati dalle testimonianze di persone che condivisero insieme la stessa sorte nei campi di concentramento, ne sono una prova inconfutabile. Esaminiamo alcune di queste testimonianze.

 

Chi seguiva e venerava un loro capo?

I leader cattolici appoggiarono le guerre di Hitler in maniera talmente incondizionata che il professore cattolico Gordon C. Zahn scrisse: “I cattolici tedeschi, i quali guardavano ai loro capi religiosi come ad una sicura guida spirituale, riguardo alla loro partecipazione alle guerre di Hitler ricevettero le stesse risposte che avrebbero ricevuto da Hitler medesimo”. — Gordon C. Zahn, I cattolici tedeschi e le guerre di Hitler, trad. di L. Chiappini, Vallecchi, Firenze, 1973, pagg. 18, 19.

Susannah Heschel, docente di studi ebraici e di scienze religiose presso la  Case Western Reserve University, (Cleveland, USA), ha scoperto documenti ecclesiastici i quali dimostrano che il clero luterano fu disposto ad appoggiare Hitler, anzi, fu desideroso di farlo. La Heschel ha detto che quegli ecclesiastici implorarono il privilegio di esporre la svastica nelle loro chiese. La sua ricerca ha dimostrato che la stragrande maggioranza degli ecclesiastici non erano collaboratori forzati ma sostenitori entusiasti di Hitler e dei suoi ideali ariani.

Nel 1939, l’anno in cui scoppiò la seconda guerra mondiale, Consolazione citava le seguenti parole di T. Bruppacher, un ministro protestante: “Mentre uomini che si definiscono cristiani sono venuti meno nelle prove decisive, questi sconosciuti testimoni di Geova, quali martiri cristiani, si stanno opponendo in maniera incrollabile alla violazione delle coscienze e all’idolatria pagana. Un giorno lo studioso di storia delle religioni dovrà riconoscere che non le grandi chiese, ma questi individui calunniati e derisi si sono opposti per primi alla furia del demonio nazista . . ." 

Il 14 novembre 1934 il Post di New York pubblicò il seguente dispaccio dell'Agenzia Havas: DORTMUND, Germania, 14 novembre. - "Il nostro Führer non è Hitler, ma Gesù Cristo e noi non ci sottomettiamo alle autorità di questo mondo se non fino dove le consideriamo giuste". Con queste parole due donne, accusate di essere membri dell' Associazione Internazionale degli Studenti della Bibbia, setta vietata in Germania, sfidarono il tribunale di Dortmund. Nel riassumere il caso, l'accusatore dichiarò che le due donne, malgrado il divieto emanato contro la loro setta, continuarono a distribuire dei trattati incitanti il popolo contro il governo, invitandolo a prendere posizione dalla parte di Geova. Egli chiese la condanna a cinque mesi e a tre mesi di carcere rispettivamente. Secondo la decisione del giudice, la sentenza fu pronunziata "per insegnar loro che la parola del Führer è sacra".

 

I Bibelforscher si isolarono, rimasero in silenzio o mostrarono solidarietà ad altri nei campi di concentramento?

Rita Thalmann ha scritto: “I Testimoni di Geova furono particolarmente d’aiuto agli ebrei con cui divisero anche le razioni di pane.” E Sally Grubman, insegnante ebrea deportata ad Auschwitz, narra: “Ho visto gente diventare molto, molto buona e gente diventare assolutamente cattiva. Il gruppo migliore era quello dei Testimoni di Geova. Mi tolgo il cappello davanti a quella gente. Erano nati martiri. Fecero cose meravigliose per il prossimo. Aiutarono i malati, divisero il pane e diedero a tutti quelli che erano loro vicini conforto spirituale.” Dal libro “Voices from the Holocaust” (Voci dall’Olocausto) di Sylvia Rothchild, Ed. NAL Books, New York, 1981, p.247.

Dopo aver descritto la vita nel campo di Buchenwald dov'erano prigionieri 2.250 ebrei, il libro Crystal Night: 9-10 November 1938, dice che c'erano "300-400 testimoni di Geova" lì "i quali furono particolarmente d'aiuto agli ebrei con cui divisero anche le razioni di pane".Fonte: Thalmann, Rita and Emmanuel Feinermann. Crystal Night: 9-10 November 1938. New York: Holocaust Library, 1974.

Neppure i programmi nazisti di diffamazione contro gli Ebrei intimorirono i Testimoni così da indurli a trascurare il loro obbligo cristiano di mostrare benignità cristiana a chiunque. L’ex direttore del Danzinger Informator, J. Kirschbaum, scrisse nel quotidiano yiddish di New York, Der Tog del 2 luglio 1939, riferendo che a Danzica, in Polonia, “quando i negozi di generi alimentari di tutti i tipi cominciarono come un’epidemia ad affiggere il ben noto cartello ‘Juden unerwünscht’ (Gli Ebrei sono indesiderati)”, i Testimoni fornirono “ai vicini o a semplici conoscenti ebrei cibo o latte senza chiedere in cambio alcuna ricompensa”.

Nel suo libro Franz von Papen—His Life and Times (1939), H. W. Blood-Ryan descrive nei particolari gli intrighi grazie ai quali qual cavaliere del papa portò al potere Hitler e negoziò il concordato fra il Vaticano e i nazisti.

In merito  ai terribili pogrom, che colpirono ebrei, testimoni di Geova e altri, lo scrittore afferma: “Perché Pacelli [papa Pio XII] rimase in silenzio? Perché nel piano di von Papen per un Sacro Romano Impero dei Tedeschi Occidentali vedeva un futuro in cui la Chiesa Cattolica sarebbe stata più forte e il Vaticano avrebbe di nuovo detenuto il potere temporale . . . Quello stesso Pacelli esercita ora un potere dittatoriale in senso spirituale su milioni di anime, ma non si è levato nemmeno un sussurro di fronte all’aggressione e alla persecuzione hitleriana. . . . Mentre scrivo queste righe sono trascorsi tre giorni di carneficina, e dal Vaticano non è giunta nemmeno una preghiera a favore delle anime dei dissidenti, buona metà dei quali sono cattolici. Sarà tremendo il giorno in cui costoro, spogliati di tutto il loro potere terreno, staranno dinanzi al loro Dio, che chiederà conto delle loro azioni. Quale scusa potranno accampare? Nessuna!”

 

Impiegavano tecniche fraudolente e disoneste per farsi conoscere e reclutare seguaci?

Ci fu, però, una voce che ebbe coerentemente il coraggio di parlare. Anche se i mezzi di informazione, in generale, chiusero un occhio sul ruolo delle chiese come attori principali del dramma nazista, i testimoni di Geova si sentirono obbligati a smascherare il tradimento e l’ipocrisia del clero, denunciando nei dettagli la sua collusione col nazismo. Nelle colonne delle sue riviste come pure in altre pubblicazioni, in tutti gli anni ’30 e ’40, essi pubblicarono aspre accuse denunciando le organizzazioni religiose che divennero ancelle del nazismo.

Wolfgang Sofsky, sociologo tedesco, ha fatto notare: “Le SS attribuivano a questi detenuti [testimoni di Geova] un’influenza maggiore di quella che in realtà avevano. Per molti anni essi vennero perseguitati assai duramente a causa del loro coerente atteggiamento di resistenza passiva: per rompere la loro solidarietà si decise di sparpagliarli in blocchi diversi, ma poi si dovette fare marcia indietro quando ci si accorse del pericolo rappresentato dal loro attivismo “missionario” all’interno delle camerate. La resistenza passiva dei testimoni di Geova era rivolta soltanto contro quegli ordini che erano inconciliabili con le loro concezioni religiose. W. SOFSKY, L’ordine del terrore, La terza, Bari-Roma, 1995, p.181. 

Quello dei Bibelforscher non fu un culto anomalo, nè il loro comportamento si può definire 'settario'. Le pubblicazioni che diffondevano erano rivolte a tutti e chiunque poteva verificare la fondatezza di quello che  leggeva.

Detto questo, occorre chiedersi: come mai quando nel cattolicesimo un singolo (esempio: padre Kolbe, durante il periodo nazista) o un gruppo esprime la propria fede in maniera viva e partecipata si parla di "santità" e "vocazione", mentre quando sono gruppi minoritari a far questo si parla subito di "settarismo" e "fanatismo"? (Vedi Ventesimo anniversario dell'elezione al Pontificato di Giovanni Paolo II. Elevati agli onori degli altari 286 martiri del nostro secolo, L'Osservatore Romano, 17 ottobre 1998)

Sebbene un esiguo numero di sacerdoti e suore protestasse contro le atrocità commesse da Hitler — e ne pagasse le conseguenze — sia il Vaticano che la Chiesa Cattolica e il suo esercito di ecclesiastici appoggiarono attivamente o tacitamente la tirannide nazista, da essi considerata un baluardo contro il dilagare del comunismo mondiale. Tranquillamente chiuso in Vaticano, papa Pio XII lasciò che l’Olocausto degli ebrei e le crudeli persecuzioni contro i testimoni di Geova e altri proseguissero senza critiche. Paradossalmente, papa Giovanni Paolo II, visitando la Germania nel maggio 1987, ha esaltato l’atteggiamento antinazista di un sacerdote sincero. Cosa facevano le altre migliaia di ecclesiastici tedeschi durante il regno del terrore instaurato da Hitler? A questo riguardo una lettera pastorale pubblicata dai vescovi cattolici tedeschi nel settembre 1939, allo scoppio della seconda guerra mondiale, è illuminante. Essa dice in parte: “In quest’ora decisiva incoraggiamo ed esortiamo i nostri soldati cattolici, in obbedienza al Führer, a compiere il loro dovere e ad essere pronti a sacrificare tutto di se stessi. Esortiamo i fedeli a unirsi in una ardente preghiera affinché la Provvidenza divina conduca questa guerra ad una fine benedetta”. I nazisti e la Chiesa, di Guenter Lewy, ed. Il Saggiatore, 1965, trad. di Irene Giorgi Alberti, p. 327.

Martin Niemöller, ecclesiastico protestante, lui stesso internato in un campo di concentramento nazista, in seguito confessò:  “E pensare che noi cristiani odierni ci vergogniamo della cosiddetta setta dei seri studiosi della Bibbia [i testimoni di Geova], che a centinaia e a migliaia sono finiti nei campi di concentramento e sono morti per aver rifiutato di prendere parte alla guerra e di uccidere altri uomini”.

Nel suo libro History of Christianity (Storia del cristianesimo) Paul Johnson scrisse: “Di 17.000 pastori evangelici, non ce ne furono mai, in qualsiasi momento, più di cinquanta che scontassero lunghe condanne [per non avere sostenuto il regime nazista]”. Facendo un contrasto fra questi pastori e i testimoni di Geova, Johnson scrisse: “I più coraggiosi furono i testimoni di Geova, che proclamarono la loro decisa opposizione dottrinale sin dal principio e ne pagarono le conseguenze. Rifiutarono di cooperare in qualsiasi misura con lo stato nazista”.

Il libro Modern Germany—Its History and Civilization (1966) dice: “La setta più perseguitata di tutte le denominazioni cristiane, che fu trattata quasi con la stessa crudeltà con cui furono trattati gli Ebrei, fu quella dei Testimoni di Geova (Bibelforscher). È stato scritto poco riguardo a questo gruppo di opposizione, ma dal punto di vista dell’eroica fermezza mostrata verso le proprie convinzioni e della resistenza coraggiosamente mostrata con il martirio, i Bibelforscher tedeschi occupano un posto molto onorevole nella storia del Zivilcourage [coraggio civile] della Germania”. — Pag. 513.

Quando la Heschel, menzionata prima, tiene una conferenza, spesso i membri di qualche chiesa le chiedono: “Cosa potevamo fare?” La sua risposta è: “Potevate essere come i testimoni di Geova”.

Cosa dire del termine  "GEOVISTA"?

La prima volta che venne usato il termine "geovista" fu durante il periodo fascista. Le autorità fecero un largo uso, in senso dispregiativo, dell'espressione «geovista» o «geovisti» per indicare i testimoni di Geova. Si veda: ACS, G1, b. 314, rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 6, 16, 1819, 29, 32, 4041, 60, 69; ivi, TS, verbale di interrogatorio di Veronino Giardinelli, 19 febbraio 1940; ivi, CPC, b. 3530, prefettura di Pescara, 27 febbraio 1940; ivi, CPC, b. 1775, rapporto della IV zona Ovra, Avezzano, 1° agosto 1940; ivi, G1, b. 5, prefettura di Pescara, 5 gennaio 1941. Il termine «geovista» non è né di recente adozione in italiano come si legge in alcune opere di consultazione (solo nel 1982, secondo il Dizionario Italiano Sabatini Coletti, voce Geovista, Firenze, Giunti, 1997), né neutro, essendo stato introdotto con una connotazione fortemente denigratoria. Consapevolmente o no chi usa il termine "geovista" adotta lo stesso spirito fascista di allora.

 

Cosa dire delle  "ANTISETTE"?

Le "antisette", nella loro propaganda acrimoniosa e preconcetta, fanno ampio ricorso a ex appartenenti ai gruppi o alla confessioni che vogliono combattere. "Esiste spesso un vizio di fondo in un approccio imperniato su informazioni desunte in gran parte o esclusivamente da fuoriusciti animati da bellicosità e livore", come giustamente osserva John A. Saliba, sacerdote gesuita e docente di studi presso l'università di Detroit Mercy. (Perspectives on News Religious Movements, Londra 1995, pp. 200-3, 212-3).

Bryan Wilson, professore emerito di sociologia presso l'università di Oxford, dell'attendibilità degli "apostati" dice che "generalmente i sociologi esprimono molte riserve riguardo alle informazioni che essi potrebbero fornire". Anzi, precisa Wilson, "né il ricercatore-sociologo obiettivo, né il tribunale devono considerare l'apostata come una fonte di prove credibile o affidabile. Occorre sempre considerarlo come una persona suscettibile, a motivo dei suoi precedenti, di parzialità nei confronti della sua ex appartenenza religiosa e dei suoi ex compagni". (B. Wilson, "La Scientologie et le rapport", in Pour en finir avec les sectes, a cura di M. Introvigne e J. G. Melton, Parigi-San Giuliano Milanese, 1996, pp. 282-4).

Nel suo precedente The Social Dimensions of Sectarianism, Wilson spiega: "I delusi e gli apostati, in particolar modo, sono informatori le cui prove sono da usare con circospezione. L'apostata ha in genere bisogno di autogiustificarsi. Cerca di ricostruire il proprio passato, di scusare la sua ex affiliazione e di screditare coloro che una volta erano i suoi compagni più intimi. Non è raro che impari a crearsi una 'storia di atrocità' così da spiegare come mai - manipolato, ingannato, coercito o frodato - sia stato spinto ad unirsi a, o a restare all'interno di, un'organizzazione che ora rinnega e condanna. Gli apostati, le cui narrative sono sensazionalizzate dalla stampa, hanno cercato talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti a giornali o pubblicando libri (talvolta scritti da ghost writers)" (The Social Dimensions of Sectarianism. Sects and New Religious Movements in Contemporary Society, Oxford, 1992, p. 19).

"Spesso - secondo  monsignor Jean Vernette, responsabile dell'Ufficio Pastorale e Sette, e Nuove Credenze della Conferenza Episcopale francese, riferendosi alla pubblicazione Les Naufragés de l'Esprit - [...] nel contesto di un delirio mediatico che tende ad amalgamare tutti i gruppi con l'intenzione generosa di lottare contro le sette pericolose, e appoggiandosi sull'autorità della commissione parlamentare, si vedono pubblicare liste inaffidabili di gruppi di cui si pratica la condanna pubblica, senza che gli accusati siano stati ascoltati secondo le regole del diritto". Cristianità N.254-255 giugno-luglio 1996 p.13. Molta letteratura non scientifica in tema di "sette" basa le accuse sulle testimonianze di "ex".  Le dichiarazioni  di questi cosiddetti "naufraghi del buon senso", hanno una loro collocazione a patto però - come spesso ribadito da seri studiosi -  che queste accuse siano messe a confronto con la testimonianza di altri o di quanti nella comunità sono rimasti e si trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo diverso relazioni sociali, nonché con le testimonianze di osservatori esterni obiettivi. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi... Più grave ancora è il cedimento alla prospettiva dei movimenti anti-sette, ingenuamente invocati come tribunali supremi, che sarebbero competenti a decidere quale gruppo è una "setta" e quale no. Questi movimenti... dichiarano di non occuparsi di dottrine ma solo di comportamenti, e sostituiscono il tradizionale criterio qualitativo di valutazione delle esperienze religiose con un criterio  quantitativo che considera "settarie" le esperienze troppo intense ed esigenti, a prescindere dal loro contenuto dottrinale... usando aggettivi "settario", "fondamentalista" e "totalitario".  Vedi Cristianità citata sopra p.14. In sostanza quasi sempre sono le antisette che si arrogano il diritto di giudicare e definire chi sia "setta" o no e lo fanno servendosi non di studi imparziali e obiettivi, ma di ciò che dicono questi "naufraghi dello spirito", che nei loro deliranti racconti riferiscono di presunti comportamenti "settari", "fondamentalisti" e "totalitari" dell'organizzazione di cui essi per poco o tanto tempo ne sono stati ferventi e convinti sostenitori. Se è pur vero che gli specialisti di scienze religiose non si disinteressano dei resoconti di ex membri ostili e ne tengono conto è altrettanto vero che li trattano con molta circospezione e non li considerano una fonte privilegiata né unica. Anche se l'osservazione partecipante degli studiosi sui vari movimenti religiosi non permette di scoprire tutto,  possono comunque acquisire  una conoscenza e una realtà più completa delle storie che raccontano gli ex membri. Spesso non tutti gli ex membri sono ostili come alcuni, anzi alcuni di loro esprimono simpatia per il movimento che hanno lasciato. Vedi Cristianità, Il fantasma della libertà Le Controversie sulle "sette" e i nuovi movimenti religiosi in Europa N.264, aprile 1997 p.13

Sempre la stessa rivista nelle pagine 25 e 26 mette in risalto quanta confusione ci sia su chi sia "setta" e "antisetta". Soltanto nel 1996  sono stati attaccati come "sette" dedite alla manipolazione o alla "destabilizzazione" mentale - per tacere di numerose realtà del mondo protestante - l'Opus Dei - sulla scia di una campagna che ha origini antiche -, diverse comunità nell'ambito del Rinnovamento nello Spirito in Francia, l'Opera - una congregazione di origine belga -, i Focolarini,  i Neocatecumenali, Comunione e Liberazione e persino le Suore di Madre Teresa di Calcutta. Un caso limite è quello del teologo tedesco Eugen Drewermann, che presenta la  Chiesa cattolica come una "setta tanto nevrotica quanto nevrotizzante" e accompagna la "richiesta  di un intervento dello Stato". Eugen Drewermann,  Funzionari di Dio. Psicodramma di un ideale, Raetia Bolzano, 1995, p.448. Vedi anche Massimo Introvigne, Il lavaggio del cervello: realtà o mito? Elledici, Leumann Torino, 2002, p.28.

Tutto ciò che i moderni "naufraghi dello spirito" scrivono, non soddisfa, non edifica e non è sano. Qualunque tratto della personalità che manifestavano quando appartenevano alla loro ex organizzazione è scomparso. Non sono spinti da uno spirito pacifico, ragionevole, puro, ma da cieco livore. Sono ossessionati da un unico desiderio: percuotere i loro ex compagni di tante battaglie. La Torre di Guardia 1 luglio 1994 pp.11-13.  Manifestano lo stesso spirito che ebbe Giuda il traditore di Gesù. Si atteggiano come fecero altri "fratelli di Giuda" che "durante il periodo nazista tradirono i loro compagni Testimoni, denunciandoli ai nazisti, divenendo corresponsabili della morte di tanti di loro nei campi di concentramento. I nazisti amavano il tradimento ma non i traditori e spesso molti di essi venivano spediti al fronte senza fare mai più ritorno". La Torre di Guardia 1 maggio 1989 pp.10-13 

Alcuni di questi ex  non sono certo un esempio di coerenza, prima appartenevano a una chiesa; poi l'hanno lasciata perché secondo loro ciò che insegnava era falso. Sono diventati Testimoni perché convinti che ciò che imparavano era la verità. Questa verità l'hanno difesa e fatta conoscere ai membri di altre organizzazioni religiose e non. Hanno lottato e combattuto con zelo le dottrine di altre religioni smascherandone gli errori e i comportamenti sbagliati dei loro esponenti; diventavano furenti quando altri li classificavano quali appartenenti ad una setta, quella dei testimoni di Geova; facevano di tutto per dimostrare che non era così, che era tutta una falsità; forse durante il loro attivismo nella comunità, hanno preso a modello l'integrità che i testimoni di Geova mostrarono nei campi di concentramento, approvando le direttive dell'allora presidente della Watch Tower, J. Rutherford. Col tempo la loro convinzione si è sfaldata e sono ritornati nella stessa chiesa che avevano lasciato e combattuta. Hanno cominciato a ricredersi e quella stessa dottrina che prima avevano abbandonata e ripudiata, ora la difendono e attaccano la dottrina della ex fede, che avevano difeso e fatto conoscere ad altri con tanto entusiasmo e fervore. Forse un giorno abiureranno ancora e torneranno a osteggiare ciò che adesso difendono, e così via verso altre ritrattazioni ancora: "l'ineffabile virtù della coerenza".

Nel lontano 1909 l’allora presidente della Watch Tower Society, C. T. Russell, scrisse riguardo a coloro che si erano allontanati dall'Organizzazione di Geova e avevano cominciato a maltrattare i loro ex compagni di fede. La Torre di Guardia inglese del 1° ottobre 1909 diceva: “Tutti quelli che si separano dalla Società e dalla sua opera, invece di prosperare o di edificare altri nella fede e nelle grazie dello spirito, fanno a quanto pare il contrario: cercano di danneggiare la Causa che un tempo servivano e, con più o meno rumore, sprofondano gradualmente nell’oblio, danneggiando solo se stessi e altri che hanno il medesimo spirito polemico… Se alcuni pensano di poter mangiare altrettanto bene o meglio ad altre tavole, o di poter produrre altrettanto bene o meglio da soli, facciano pure. . . Ma mentre noi desideriamo che gli altri vadano dove meglio credono per trovare cibo e luce di loro gradimento, strano a dirsi quelli che diventano nostri oppositori agiscono in modo ben diverso. Invece di dire con l’atteggiamento virile del mondo: ‘Ho trovato qualcosa che preferisco; me ne vado e tanti saluti!’, costoro manifestano ira, malanimo, odio, ostilità, ‘opere della carne e del diavolo’ come non abbiamo mai visto fare da persone del mondo. Sembrano dei forsennati, come se fosse stato inoculato in loro il virus dell’idrofobia satanica. Alcuni di loro ci percuotono e poi asseriscono che siamo stati noi a colpirli. Sono pronti a dire e a scrivere vergognose falsità e ad abbassarsi a compiere le peggiori indegnità”. La Torre di Guardia 1 luglio 1994 pp.11-13

Cortesia di un amico.