I Bibelforscher
erano una "sètta"?
Il termine
"setta" è usato spesso con disinvoltura da molti che forse non
si rendono bene conto della sua connotazione. Il Dizionario Enciclopedico
De Agostini definisce sètta, un: "gruppo di seguaci di una dottrina
filosofica, politica o religiosa, diversa da quella seguita dai più".
Quindi il termine sètta si riferisce non soltanto alla religione, ma
anche alla politica e alla filosofia. Se per "sètta" si
intende, un gruppo che segue una determinata filosofia di vita, un
concetto, o modo di vivere, allora i Bibelforscher, [testimoni di Geova]
come qualunque gruppo religioso, sono una sètta. Comunque,
bisogna riconoscere che oggi il termine "sètta" ha
un'implicazione denigratoria e nel linguaggio corrente, conserva una
connotazione spregiativa. Pertanto, non si può applicare il termine
"sètta" ai Bibelforscher, nel senso deteriore che questo
termine ha correntemente.
A volte i
gruppi anti-sètte e i mezzi di informazione si riferiscono ai testimoni
di Geova come a una "sètta". Facendo di ogni erba un fascio,
spesso i Testimoni sono accomunati a gruppi religiosi noti per le loro
pratiche discutibili. Spesso i membri delle sètte si isolano persino
dalla società in generale. Molte volte essi impiegano tecniche
fraudolente e disoneste per reclutare adepti. E' risaputo che i capi di
alcune sètte usano metodi di manipolazione della mente per controllare i
seguaci. Inoltre i seguaci delle "sètte" seguono e venerano un
capo umano. I Bibelforscher erano noti per queste pratiche? I fatti,
comprovati dalle testimonianze di persone che condivisero insieme la
stessa sorte nei campi di concentramento, ne sono una prova inconfutabile.
Esaminiamo alcune di queste testimonianze.
Chi seguiva e
venerava un loro capo?
I leader
cattolici appoggiarono le guerre di Hitler in maniera talmente
incondizionata che il professore cattolico Gordon C. Zahn scrisse: “I
cattolici tedeschi, i quali guardavano ai loro capi religiosi come ad una
sicura guida spirituale, riguardo alla loro partecipazione alle guerre di
Hitler ricevettero le stesse risposte che avrebbero ricevuto da Hitler
medesimo”. — Gordon C. Zahn, I cattolici tedeschi
e le guerre di Hitler, trad. di L.
Chiappini, Vallecchi, Firenze, 1973, pagg. 18, 19.
Susannah
Heschel, docente di studi ebraici e di scienze religiose presso la
Case Western Reserve University, (Cleveland, USA), ha scoperto documenti
ecclesiastici i quali dimostrano che il clero luterano fu disposto ad
appoggiare Hitler, anzi, fu desideroso di farlo. La Heschel ha detto che
quegli ecclesiastici implorarono il privilegio di esporre la svastica
nelle loro chiese. La sua ricerca ha dimostrato che la stragrande
maggioranza degli ecclesiastici non erano collaboratori forzati ma
sostenitori entusiasti di Hitler e dei suoi ideali ariani.
Nel 1939,
l’anno in cui scoppiò la seconda guerra mondiale, Consolazione
citava le seguenti parole di T. Bruppacher, un ministro protestante:
“Mentre uomini che si definiscono cristiani sono venuti meno nelle prove
decisive, questi sconosciuti testimoni di Geova, quali martiri cristiani,
si stanno opponendo in maniera incrollabile alla violazione delle
coscienze e all’idolatria pagana. Un giorno lo studioso di storia delle
religioni dovrà riconoscere che non le grandi chiese, ma questi individui
calunniati e derisi si sono opposti per primi alla furia del demonio
nazista . . ."
Il 14 novembre
1934 il Post di New York pubblicò il seguente dispaccio
dell'Agenzia Havas: DORTMUND, Germania, 14 novembre. - "Il nostro
Führer non è Hitler, ma Gesù Cristo e noi non ci sottomettiamo alle
autorità di questo mondo se non fino dove le consideriamo giuste".
Con queste parole due donne, accusate di essere membri dell' Associazione
Internazionale degli Studenti della Bibbia, setta vietata in Germania,
sfidarono il tribunale di Dortmund. Nel riassumere il caso, l'accusatore
dichiarò che le due donne, malgrado il divieto emanato contro la loro
setta, continuarono a distribuire dei trattati incitanti il popolo contro
il governo, invitandolo a prendere posizione dalla parte di Geova. Egli
chiese la condanna a cinque mesi e a tre mesi di carcere rispettivamente.
Secondo la decisione del giudice, la sentenza fu pronunziata "per
insegnar loro che la parola del Führer è sacra".
I
Bibelforscher si isolarono, rimasero in silenzio o
mostrarono solidarietà ad altri nei campi di concentramento?
Rita Thalmann ha scritto: “I Testimoni di Geova furono
particolarmente d’aiuto agli ebrei con cui divisero anche le razioni di
pane.” E Sally Grubman, insegnante ebrea deportata ad Auschwitz, narra:
“Ho visto gente diventare molto, molto buona e gente diventare
assolutamente cattiva. Il gruppo migliore era quello dei Testimoni di
Geova. Mi tolgo il cappello davanti a quella gente. Erano nati martiri.
Fecero cose meravigliose per il prossimo. Aiutarono i malati, divisero il
pane e diedero a tutti quelli che erano loro vicini conforto
spirituale.” Dal libro “Voices from the Holocaust” (Voci
dall’Olocausto) di Sylvia Rothchild, Ed. NAL
Books, New York, 1981, p.247.
Dopo aver descritto la vita nel campo di
Buchenwald dov'erano prigionieri 2.250 ebrei, il libro Crystal Night:
9-10 November 1938, dice che c'erano "300-400 testimoni di
Geova" lì "i quali furono particolarmente d'aiuto agli ebrei
con cui divisero anche le razioni di pane".Fonte: Thalmann, Rita and
Emmanuel Feinermann. Crystal
Night: 9-10 November 1938.
New York: Holocaust Library, 1974.
Neppure i programmi nazisti di diffamazione
contro gli Ebrei intimorirono i Testimoni così da indurli a trascurare il
loro obbligo cristiano di mostrare benignità cristiana a chiunque.
L’ex direttore del Danzinger Informator, J. Kirschbaum,
scrisse nel quotidiano yiddish di New York, Der Tog del 2
luglio 1939, riferendo che a Danzica, in Polonia, “quando i negozi di
generi alimentari di tutti i tipi cominciarono come un’epidemia ad
affiggere il ben noto cartello ‘Juden unerwünscht’ (Gli Ebrei sono
indesiderati)”, i Testimoni fornirono “ai vicini o a semplici
conoscenti ebrei cibo o latte senza chiedere in cambio alcuna
ricompensa”.
Nel suo libro Franz von Papen—His
Life and Times (1939), H. W. Blood-Ryan descrive nei
particolari gli intrighi grazie ai quali qual cavaliere del papa portò al
potere Hitler e negoziò il concordato fra il Vaticano e i nazisti.
In merito ai terribili pogrom, che
colpirono ebrei, testimoni di Geova e altri, lo scrittore afferma:
“Perché Pacelli [papa Pio XII] rimase in silenzio? Perché nel piano di
von Papen per un Sacro Romano Impero dei Tedeschi Occidentali vedeva un
futuro in cui la Chiesa Cattolica sarebbe stata più forte e il Vaticano
avrebbe di nuovo detenuto il potere temporale . . . Quello stesso Pacelli
esercita ora un potere dittatoriale in senso spirituale su milioni di
anime, ma non si è levato nemmeno un sussurro di fronte all’aggressione
e alla persecuzione hitleriana. . . . Mentre scrivo queste righe sono
trascorsi tre giorni di carneficina, e dal Vaticano non è giunta nemmeno
una preghiera a favore delle anime dei dissidenti, buona metà dei quali
sono cattolici. Sarà tremendo il giorno in cui costoro, spogliati di
tutto il loro potere terreno, staranno dinanzi al loro Dio, che chiederà
conto delle loro azioni. Quale scusa potranno accampare? Nessuna!”
Impiegavano
tecniche fraudolente e disoneste per farsi conoscere e reclutare seguaci?
Ci fu, però,
una voce che ebbe coerentemente il coraggio di parlare. Anche se i mezzi
di informazione, in generale, chiusero un occhio sul ruolo delle chiese
come attori principali del dramma nazista, i testimoni di Geova si
sentirono obbligati a smascherare il tradimento e l’ipocrisia del clero,
denunciando nei dettagli la sua collusione col nazismo. Nelle colonne
delle sue riviste come pure in altre pubblicazioni, in tutti gli anni
’30 e ’40, essi pubblicarono aspre accuse denunciando le
organizzazioni religiose che divennero ancelle del nazismo.
Wolfgang Sofsky,
sociologo tedesco, ha fatto notare: “Le SS attribuivano a questi
detenuti [testimoni di Geova] un’influenza maggiore di quella che in
realtà avevano. Per molti anni essi vennero perseguitati assai duramente
a causa del loro coerente atteggiamento di resistenza passiva: per
rompere la loro solidarietà si decise di sparpagliarli in blocchi
diversi, ma poi si dovette fare marcia indietro quando ci si accorse del
pericolo rappresentato dal loro attivismo “missionario” all’interno
delle camerate. La resistenza passiva dei testimoni di Geova era rivolta
soltanto contro quegli ordini che erano inconciliabili con le loro
concezioni religiose. W. SOFSKY,
L’ordine del terrore, La
terza, Bari-Roma, 1995, p.181.
Quello dei
Bibelforscher non fu un culto anomalo, nè il loro comportamento si può
definire 'settario'. Le pubblicazioni che diffondevano erano rivolte a
tutti e chiunque poteva verificare la fondatezza di quello che
leggeva.
Detto questo,
occorre chiedersi:
come mai quando nel cattolicesimo un singolo (esempio: padre Kolbe,
durante il periodo nazista) o un gruppo esprime la propria fede in maniera
viva e partecipata si parla di "santità" e
"vocazione", mentre quando sono gruppi minoritari a far questo
si parla subito di "settarismo" e "fanatismo"?
(Vedi Ventesimo anniversario dell'elezione al Pontificato di Giovanni
Paolo II. Elevati agli onori degli altari 286 martiri del nostro secolo,
L'Osservatore Romano, 17 ottobre 1998)
Sebbene un esiguo numero di sacerdoti e
suore protestasse contro le atrocità commesse da Hitler — e ne pagasse
le conseguenze — sia il Vaticano che la Chiesa Cattolica e il suo
esercito di ecclesiastici appoggiarono attivamente o tacitamente la
tirannide nazista, da essi considerata un baluardo contro il dilagare del
comunismo mondiale. Tranquillamente chiuso in Vaticano, papa Pio XII lasciò
che l’Olocausto degli ebrei e le crudeli persecuzioni contro i testimoni
di Geova e altri proseguissero senza critiche. Paradossalmente, papa
Giovanni Paolo II, visitando la Germania nel maggio 1987, ha esaltato
l’atteggiamento antinazista di un sacerdote sincero. Cosa facevano le
altre migliaia di ecclesiastici tedeschi durante il regno del terrore
instaurato da Hitler? A questo riguardo una lettera pastorale pubblicata
dai vescovi cattolici tedeschi nel settembre 1939, allo scoppio della
seconda guerra mondiale, è illuminante. Essa dice in parte: “In
quest’ora decisiva incoraggiamo ed esortiamo i nostri soldati cattolici,
in obbedienza al Führer, a compiere il loro dovere e ad essere pronti a
sacrificare tutto di se stessi. Esortiamo i fedeli a unirsi in una ardente
preghiera affinché la Provvidenza divina conduca questa guerra ad una
fine benedetta”. — I nazisti e la Chiesa,
di Guenter Lewy, ed. Il Saggiatore, 1965, trad. di Irene Giorgi Alberti,
p. 327.
Martin Niemöller, ecclesiastico
protestante, lui stesso internato in un campo di concentramento nazista,
in seguito confessò: “E pensare che noi cristiani odierni ci
vergogniamo della cosiddetta setta dei seri studiosi della Bibbia [i
testimoni di Geova], che a centinaia e a migliaia sono finiti nei campi di
concentramento e sono morti per aver rifiutato di prendere parte alla
guerra e di uccidere altri uomini”.
Nel suo libro History of Christianity
(Storia del cristianesimo) Paul Johnson scrisse: “Di 17.000 pastori
evangelici, non ce ne furono mai, in qualsiasi momento, più di cinquanta
che scontassero lunghe condanne [per non avere sostenuto il regime
nazista]”. Facendo un contrasto fra questi pastori e i testimoni di
Geova, Johnson scrisse: “I più coraggiosi furono i testimoni di Geova,
che proclamarono la loro decisa opposizione dottrinale sin dal principio e
ne pagarono le conseguenze. Rifiutarono di cooperare in qualsiasi misura
con lo stato nazista”.
Il libro Modern Germany—Its
History and Civilization (1966) dice: “La setta più
perseguitata di tutte le denominazioni cristiane, che fu trattata quasi
con la stessa crudeltà con cui furono trattati gli Ebrei, fu quella dei
Testimoni di Geova (Bibelforscher). È stato scritto poco riguardo
a questo gruppo di opposizione, ma dal punto di vista dell’eroica fermezza
mostrata verso le proprie convinzioni e della resistenza coraggiosamente
mostrata con il martirio, i Bibelforscher tedeschi occupano un
posto molto onorevole nella storia del Zivilcourage [coraggio
civile] della Germania”. — Pag. 513.
Quando la Heschel, menzionata prima, tiene
una conferenza, spesso i membri di qualche chiesa le chiedono: “Cosa
potevamo fare?” La sua risposta è: “Potevate essere come i testimoni
di Geova”.
Cosa
dire del termine "GEOVISTA"?
La prima volta che venne usato il termine
"geovista" fu durante il periodo fascista. Le autorità fecero
un largo uso, in senso dispregiativo, dell'espressione «geovista» o «geovisti»
per indicare i testimoni di Geova. Si veda: ACS, G1, b. 314,
rapporto Andriani, 3 gennaio 1940, pp. 6, 16, 1819, 29, 32, 4041, 60, 69;
ivi, TS, verbale di interrogatorio di Veronino Giardinelli, 19
febbraio 1940; ivi, CPC, b. 3530, prefettura di Pescara, 27
febbraio 1940; ivi, CPC, b. 1775, rapporto della IV zona Ovra,
Avezzano, 1° agosto 1940; ivi, G1, b. 5, prefettura di Pescara, 5
gennaio 1941. Il termine «geovista» non è né di recente adozione in
italiano come si legge in alcune opere di consultazione (solo nel 1982,
secondo il Dizionario Italiano Sabatini Coletti, voce Geovista, Firenze,
Giunti, 1997), né neutro, essendo stato introdotto con una connotazione
fortemente denigratoria. Consapevolmente o
no chi usa il termine "geovista" adotta lo stesso spirito
fascista di allora.
Cosa
dire delle "ANTISETTE"?
Le "antisette", nella loro
propaganda acrimoniosa e preconcetta, fanno ampio ricorso a ex
appartenenti ai gruppi o alla confessioni che vogliono combattere.
"Esiste spesso un vizio di fondo in un approccio imperniato su
informazioni desunte in gran parte o esclusivamente da fuoriusciti animati
da bellicosità e livore", come giustamente osserva John A. Saliba,
sacerdote gesuita e docente di studi presso l'università di Detroit Mercy.
(Perspectives on News Religious Movements, Londra 1995, pp. 200-3,
212-3).
Bryan Wilson, professore emerito di
sociologia presso l'università di Oxford, dell'attendibilità degli
"apostati" dice che "generalmente i sociologi esprimono
molte riserve riguardo alle informazioni che essi potrebbero
fornire". Anzi, precisa Wilson, "né il ricercatore-sociologo
obiettivo, né il tribunale devono considerare l'apostata come una fonte
di prove credibile o affidabile. Occorre sempre considerarlo come una
persona suscettibile, a motivo dei suoi precedenti, di parzialità nei
confronti della sua ex appartenenza religiosa e dei suoi ex
compagni". (B. Wilson, "La Scientologie et le rapport", in Pour
en finir avec les sectes, a cura di M. Introvigne e J. G. Melton,
Parigi-San Giuliano Milanese, 1996, pp. 282-4).
Nel suo precedente The Social Dimensions
of Sectarianism, Wilson spiega: "I delusi e gli apostati, in
particolar modo, sono informatori le cui prove sono da usare con
circospezione. L'apostata ha in genere bisogno di autogiustificarsi. Cerca
di ricostruire il proprio passato, di scusare la sua ex affiliazione e di
screditare coloro che una volta erano i suoi compagni più intimi. Non è
raro che impari a crearsi una 'storia di atrocità' così da spiegare come
mai - manipolato, ingannato, coercito o frodato - sia stato spinto ad
unirsi a, o a restare all'interno di, un'organizzazione che ora rinnega e
condanna. Gli apostati, le cui narrative sono sensazionalizzate dalla
stampa, hanno cercato talora di trarre profitto dalle loro esperienze
vendendo i loro racconti a giornali o pubblicando libri (talvolta scritti
da ghost writers)" (The Social Dimensions of Sectarianism. Sects
and New Religious Movements in Contemporary Society, Oxford,
1992, p. 19).
"Spesso
- secondo monsignor Jean Vernette,
responsabile dell'Ufficio Pastorale e Sette, e Nuove Credenze della
Conferenza Episcopale francese, riferendosi alla pubblicazione Les
Naufragés de l'Esprit - [...] nel contesto di un delirio
mediatico che tende ad amalgamare tutti i gruppi con
l'intenzione generosa di lottare contro le sette pericolose, e
appoggiandosi sull'autorità della commissione parlamentare, si
vedono pubblicare liste inaffidabili di gruppi di
cui si pratica la condanna pubblica, senza che gli accusati
siano stati ascoltati secondo le regole del diritto".
Cristianità N.254-255 giugno-luglio 1996 p.13. Molta
letteratura non scientifica in tema di "sette" basa le accuse
sulle testimonianze di "ex". Le dichiarazioni di
questi cosiddetti "naufraghi del buon senso", hanno una loro
collocazione a patto però - come spesso ribadito da
seri studiosi - che queste accuse siano messe a confronto con la
testimonianza di altri o di quanti nella comunità sono rimasti e si
trovano bene, le persone che intessono con la comunità a titolo
diverso relazioni sociali, nonché con le testimonianze di osservatori
esterni obiettivi. Per sapere se le navi normalmente conducono in porto
non è saggio chiedere la loro opinione soltanto ai naufraghi... Più
grave ancora è il cedimento alla prospettiva dei movimenti anti-sette,
ingenuamente invocati come tribunali supremi, che sarebbero competenti a
decidere quale gruppo è una "setta" e quale no. Questi
movimenti... dichiarano di non occuparsi di dottrine ma solo di
comportamenti, e sostituiscono il tradizionale criterio qualitativo di
valutazione delle esperienze religiose con un criterio quantitativo
che considera "settarie" le esperienze troppo intense ed
esigenti, a prescindere dal loro contenuto dottrinale... usando aggettivi
"settario", "fondamentalista" e
"totalitario". Vedi Cristianità citata sopra p.14.
In sostanza quasi sempre
sono le antisette che si arrogano il diritto di giudicare e definire chi
sia "setta" o no e lo fanno servendosi non di studi imparziali e
obiettivi, ma di ciò che dicono questi "naufraghi dello
spirito", che nei loro deliranti racconti riferiscono di presunti
comportamenti "settari", "fondamentalisti" e
"totalitari" dell'organizzazione di cui essi per poco o tanto
tempo ne sono stati ferventi e convinti sostenitori. Se è pur vero che
gli specialisti di scienze religiose non si disinteressano dei resoconti
di ex membri ostili e ne tengono conto è altrettanto vero che li trattano
con molta circospezione e non li considerano una fonte privilegiata né
unica. Anche se l'osservazione partecipante degli studiosi sui vari
movimenti religiosi non permette di scoprire tutto, possono
comunque acquisire una conoscenza e una realtà più completa delle
storie che raccontano gli ex membri. Spesso non tutti gli ex membri sono
ostili come alcuni, anzi alcuni di loro esprimono simpatia per il
movimento che hanno lasciato. Vedi Cristianità,
Il fantasma della libertà Le Controversie sulle "sette" e i
nuovi movimenti religiosi in Europa N.264, aprile 1997 p.13
Sempre la stessa
rivista nelle pagine 25 e 26 mette in risalto quanta confusione
ci sia su chi sia "setta" e
"antisetta". Soltanto nel 1996
sono stati attaccati come "sette" dedite alla manipolazione o
alla "destabilizzazione" mentale - per tacere di numerose realtà
del mondo protestante - l'Opus Dei - sulla scia di una campagna che ha
origini antiche -, diverse comunità nell'ambito del Rinnovamento nello
Spirito in Francia, l'Opera - una congregazione di origine belga -, i
Focolarini, i Neocatecumenali,
Comunione e Liberazione e persino le Suore di Madre Teresa di Calcutta. Un
caso limite è quello del teologo tedesco Eugen Drewermann, che presenta
la Chiesa cattolica come una "setta tanto nevrotica quanto
nevrotizzante" e accompagna la "richiesta di un intervento
dello Stato". Eugen Drewermann, Funzionari di Dio.
Psicodramma di un ideale, Raetia Bolzano, 1995, p.448. Vedi anche
Massimo Introvigne, Il lavaggio del cervello: realtà o mito? Elledici,
Leumann Torino, 2002, p.28.
Tutto
ciò che i moderni "naufraghi dello
spirito" scrivono, non soddisfa, non
edifica e non è sano. Qualunque tratto della personalità che
manifestavano quando appartenevano alla loro ex organizzazione è
scomparso. Non sono spinti da uno spirito pacifico, ragionevole, puro, ma
da cieco livore. Sono ossessionati da un unico desiderio: percuotere i
loro ex compagni di tante battaglie. La
Torre di Guardia 1 luglio 1994 pp.11-13. Manifestano lo
stesso spirito che ebbe Giuda il traditore di Gesù. Si atteggiano come
fecero altri "fratelli di Giuda" che "durante
il periodo nazista tradirono i loro compagni Testimoni, denunciandoli ai
nazisti, divenendo corresponsabili della morte di tanti di loro nei campi
di concentramento. I nazisti amavano il tradimento ma non i traditori e
spesso molti di essi venivano spediti al fronte senza fare mai più
ritorno".
La Torre di Guardia 1 maggio 1989 pp.10-13
Alcuni
di questi ex non sono certo un esempio di coerenza, prima
appartenevano a una chiesa; poi l'hanno lasciata perché secondo loro ciò
che insegnava era falso. Sono diventati Testimoni perché convinti che ciò
che imparavano era la verità. Questa verità l'hanno difesa e fatta
conoscere ai membri di altre organizzazioni religiose e non. Hanno
lottato e combattuto con zelo le dottrine di altre religioni
smascherandone gli errori e i comportamenti sbagliati dei loro esponenti;
diventavano furenti quando altri li classificavano quali appartenenti ad
una setta, quella dei testimoni di Geova; facevano di tutto per dimostrare
che non era così, che era tutta una falsità; forse durante il loro
attivismo nella comunità, hanno preso a modello l'integrità che i
testimoni di Geova mostrarono nei campi di concentramento, approvando le
direttive dell'allora presidente della Watch Tower, J. Rutherford. Col
tempo la loro convinzione si è sfaldata e sono ritornati nella stessa
chiesa che avevano lasciato e combattuta. Hanno cominciato a ricredersi e
quella stessa dottrina che prima avevano abbandonata e ripudiata, ora la
difendono e attaccano la dottrina della ex fede, che avevano difeso e
fatto conoscere ad altri con tanto entusiasmo e fervore. Forse un giorno
abiureranno ancora e torneranno a osteggiare ciò che adesso difendono, e
così via verso altre ritrattazioni ancora: "l'ineffabile
virtù della coerenza".
Nel
lontano 1909 l’allora presidente della Watch Tower Society, C. T.
Russell, scrisse riguardo a coloro che si erano allontanati
dall'Organizzazione di Geova e avevano cominciato a maltrattare i loro ex
compagni di fede. La Torre di Guardia inglese
del 1° ottobre 1909 diceva: “Tutti quelli che si separano dalla Società
e dalla sua opera, invece di prosperare o di edificare altri nella fede e
nelle grazie dello spirito, fanno a quanto pare il contrario: cercano di
danneggiare la Causa che un tempo servivano e, con più o meno rumore,
sprofondano gradualmente nell’oblio, danneggiando solo se stessi e altri
che hanno il medesimo spirito polemico… Se alcuni pensano di poter
mangiare altrettanto bene o meglio ad altre tavole, o di poter produrre
altrettanto bene o meglio da soli, facciano pure. . . Ma mentre noi
desideriamo che gli altri vadano dove meglio credono per trovare cibo e
luce di loro gradimento, strano a dirsi quelli che diventano nostri
oppositori agiscono in modo ben diverso. Invece di dire con
l’atteggiamento virile del mondo: ‘Ho trovato qualcosa che preferisco;
me ne vado e tanti saluti!’, costoro manifestano ira, malanimo, odio,
ostilità, ‘opere della carne e del diavolo’ come non abbiamo mai
visto fare da persone del mondo. Sembrano dei forsennati, come se fosse
stato inoculato in loro il virus dell’idrofobia satanica. Alcuni di loro
ci percuotono e poi asseriscono che siamo stati noi a colpirli. Sono
pronti a dire e a scrivere vergognose falsità e ad abbassarsi a compiere
le peggiori indegnità”. La Torre di Guardia 1
luglio 1994 pp.11-13
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