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1053 Azzolino "Il Normanno"
Quasi
tutti gli studiosi concordano che il primo Vescovo di Aversa fosse stato un
normanno.
Tale scelta, in realta', doveva avvenire per vari motivi.
Aversa, gia' esistente come centro abitativo, divenne "Contea" sotto il
pontificato di Leone IX.
Il Papa premio' i Normanni - prima invasori e poi difensori delle nostre
contrade - affidando ad essi non soltanto una terra stabile ove soffermarsi,
ma curando che il loro prestigio si perpetuasse.
S. Leone IX, creando un centro pastorale, oltre a rinsaldare i vincoli tra
la S.Sede ed il popolo normanno, unificava le diocesi vicinori, ossia Atella
e Literno, iniettando un nuovo vigore alle Chiese locali, con la nascente e
promettente Diocesi di Aversa.
Per tal motivo, si deve ammettere la tesi, da diversi sostenuta, che
l'uomo designato e responsabile a reggere la creata Diocesi eterogenea, con
compito non facile certo, sia stato un normanno.
La riflessione induce anche ad un'altra conclusione, confermando le
ricerche di qualche studioso, sul nome di Azzolino, dato come primo Vescovo
di Aversa.
Si e' d'accordo, difatti, che il nome "Azzolino" e' estraneo all'ambiente,
avvalorando l'ipotesi che sia di origine normanno.
Dispiace tanto che i posteri non abbiano ereditati documenti riguardanti
il Vescovo Azzolino circa la sua origine e i suoi rapporti avuti con la
Diocesi.
Si conosce solo dall'affermazione dell'Anonimo Aversano, che nel 1121,
Papa Calisto II legalizzava tale evento con una "Bolla" pontificia, che,
accettata o meno da alcuni storici, riporta che l'Azzolino sia stato
consacrato Vescovo dallo stesso Pontefice S. Leone IX.
Nel documento di Papa Callisto II, e' provato che la Diocesi di Aversa -
per privilegio concesso - sorse, e cosi' rimase durante i secoli, quale
direttamente soggetta alla S.Sede.
Tale privilegio e' stato abolito, a seguito delle nuove
disposizioni emanate dalla S.Sede; le Diocesi, infatti, sono state
riordinate nell'ambito della propria Regione civile, facendo tutte capo al
Metropolita o alla Diocesi capoluogo.
Aversa, percio', dopo nove secoli, e' suffraganea di Napoli e fa quindi,
parte della Conferenze Episcopale Campana.
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(1056 - 1059) Guitmondo "Il
Benemerito"
Guidò la Diocesi di Aversa soltanto qualche anno, il primo Vescovo
Azzolino, poiché, nei documenti storici, troviamo che già neI 1056, a tre
anni dalla nomina, gli successe Guitmondo I. Costui, servendosi
dell’opera del predecessore, fu facilitato nel compito di “guida” alla
nuova Diocesi, che veniva allora denominata “nuova Atella”, avendo Aversa
incorporate - oltre i luoghi confinanti - l’antica Diocesi di Literno ed
in particolare quella di Atella: Diocesi, questa, retta da saggi Vescovi,
tra cui San Canione (vissuto tra il III e IV secolo), si consenta
ricordare che il Martirologio romano commemora il Santo il 10 settembre, e
lo riconosce martire di Atella, in Campania (l’odierna S. Arpino, distante
da Aversa appena qualche chilometro). Si opina che pure Guitmondo I
fosse un normanno, scelto opportunamente per convogliare in un’unica
direzione le varie componenti sparse delle singole chiese locali,
rinforzandone la coesione. La storia riporta la notizia che Guitmondo
I (primo: perché la cronologia ne riporta altri due, come avverrà per
altri Vescovi) ebbe il privilegio di essere, anche lui, consacrato Vescovo
da un papa: Vittore II. Se si accetta la tesi che il conte
Riccardo I ampliò una chiesa o ne Costruì una nuova (secondo una lapide
marmorea, affissa all’esterno della Cattedrale, lato nord), il Vescovo Guitmondo I, seguendo la scia del suo predecessore, si adoperò acché la
struttura della chiesa Cattedrale rispecchiasse l’arte dell’epoca. Il
conte Riccardo I, sesto conte di Aversa, ebbe tempo e mezzi a
disposizione per poter portare a termine parzialmente l’idea che il
Vescovo Guitmondo I aveva potuto caldeggiare. E se storicamente già
esisteva in Aversa una chiesa dedicata a S. Paolo (passato per le nostre
terre, recandosi a Roma) è pur vero che la chiesa ristrutturata a
Cattedrale (chiesa madre della Diocesi), raggiunse lo scopo per merito
certo dell’interessamento di uno o più Vescovi normanni. Guitmondo I,
contemporaneo del conte Riccardo I, ebbe un ruolo quindi importante per il
Duomo aversano; al benemerito Vescovo, perciò, si deve plauso e
lode.
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(1059-1073) Goffredo "Il
Benedettino"
Diversi autori fanno menzione del Vescovo Goffredo: è, questi, da
tutti riconosciuto monaco dell’Abbazia di Montecassino. Quivi, difatti,
avvenne la di lui consacrazione a Vescovo per l’intervento del Papa
Alessandro II. Alla solenne cerimonia, la cronaca riporta la presenza,
oltre di 10 Arcivescovi e 46 Vescovi, la figura eminente e lodevole di S.
Pier Damiani: era l’1 ottobre dell’anno di grazia 1071. Per l’occasione
erano pure presenti molti principi e conti, tra cui Riccardo I, conte di
Aversa, e soprattutto, una foltissima presenza di fedeli. Goffredo, fu
eminente letterato - riconosciuto e stimato uomo colto, - specie dal Papa
Nicolò II. Il Vescovo partecipò a vari convegni e gruppi di studio e
fu presente, forse inviato della S. Sede, al Concilio di Benevento, nel
1075. Nell’archivio della Diocesi, il Goffredo non viene segnalato se
non dopo il 1073 e ciò sembrerebbe in contrasto con tutti gli altri
documenti storici. Ma si può supporre che ciò sia dovuto a diversi
motivi; uno, come esempio, quanto l’eletto Vescovo non aveva dimora fissa
nel luogo designatogli ed esercitava la giurisdizione della Diocesi
tramite il suo Vicario. Spesso, in quel tempo, accadeva tale evento,
essendo il Vescovo impegnato dalla S. Sede in altri incarichi che lo
tenevano lontano dalla propria Diocesi (come si noterà in
seguito). L’opera pastorale di Goffredo fu di riordinare uomini e cose
con un paziente ed oculato spirito benedettino.
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(1080-1089) Card. Guitmondo II "Il Teologo"
A dare una testimonianza
sincera di questo Vescovo è un Santo: il Bellarmino, che resse la Diocesi
di Capua, il quale ne parla nella sua opera “Scrittori ecclesiastici”.
Egli ci fa sapere, tra l’altro, che era un monaco eremita, di stirpe normanna
ed aveva un fratello di nome Roberto, Abate della Congregazione Colombiana,
dell’Ordine di S.Benedetto.
Le altre notizie, trasmessoci dal Bellarmino, sono in perfetta armonia
con quelle del Calefati, di Margarino della Pigna, di Lanfranco Algero
e Tritemio; alcune discrepanze, invece, risultano a riguardo della data
di nomina.
Il pontefice del tempo era Gregorio VII: subito si può immaginare la lotta
che quest’ultimo dovrà ingaggiare contro le intromissioni del potere laicale
nelle vicende ecclesiastiche: la “lotta delle investiture” che dovera
protrarsi per 50 anni.
Soprusi ed abusi ce ne furono; né mancarono minacce e vendette; soldatesche
imperiali e straniere calavano sulle città ribelli ed ostili al dominio
imperiale, distruggendo ogni cosa.
Anche la nostra Aversa, con i suoi casali viciniori, come la storia attesta,
fu spesso assalita, incendiata e distrutta da ogni parte.
Ciò conferma una delle ragioni per cui manoscritti e documenti andavano
dispersi o distrutti, lasciando agli studiosi postumi, amarezze legittime
per le interruzioni cronologiche riguardanti sia persone e sia eventi.
In queste condizioni descritte si trovò ad agire il Vescovo Guitmondo
II, il quale si era dedicato alla causa della S. Chiesa, difendendo, con
i suoi scritti, tanti errori che pullulavano in quel tempo.
Di lui si conservano ben 3 libri sull’Eucarestia, sulla Confessione, sulla
SS. Trinità, tanto da meritarsi la lode del grande pontefice del tempo,
che con sollecitudine volle nominarlo Vescovo di Aversa e poi lo aggregò
al Collegio Cardinalizio.
Ancora oggi il Guitmondo II è vivo nella memoria e nella stima non solo
perché apprezzato tra i migliori filosofi e teologi, ma per un’opera strutturale
lasciata quasi a ricordo nella Cattedrale aversana: il “deambulatorio”,
una creatura dell’arte cluniacense.
Immagini il lettore se, un giorno, entrando nel Duomo, ammirasse il presbiterio,
tutto traforato, notando archi continui, poggiati su bianche colonne.
Tale spettacolo fu una realtà sino al 1349, quando a seguito di un terremoto,
nacque l’emergenza di rafforzare la fabbrica con pilastri e mura, coprendo
colonne ed archi.
Per fortuna, rimane però un triplice intreccio meraviglioso di archi svettanti
ad una certa apprezzabile altezza.
Bisogna, quindi, affermare che è un’arte irripetibile e quasi unica, come
la persona del Vescovo Guitmondo II, che vivendo effuse tutto il suo animo
per il trionfo della Chiesa, lasciando questa terra, ove non potrà mai
più essere plagiato nelle opere.
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(1090-1094) Guitmondo III
"Il Pacifico"
L’Anonimo
aversano riporta che Guimondo III fu consacrato Vescovo dal papa Urbano
II.
Lo scrittore Malaterra, poi, descrive che Guimondo ebbe l’onore e la gioia
di poter ospitare, nella sua sede episcopale, il Papa che lo aveva consacrato:
Urbano II.
Questi, fece sosta presso il Vescovo
aversano. Nel 1091, non ancora maggiorenne Riccardo Il, principe di Capua, attaccato dalla invasioni longobarde, chiese aiuto ed ospitalità al
conte di Aversa, ove rimase sino al 1098.
Dal canto suo, il pontefice Urbano II pensò di intervenire a fianco di Riccardo,
chiedendo, prima, consiglio al suo amico Bernardo, Vescovo di Carinola.
Poi, il Papa si
recò ad Aversa, ove si trovava il principe capuano: accompagnato, secondo
la cronaca del tempo, da S. Anselmo, Arcivescovo di Canterbury. Il
Vescovo Guimondo certamente dovette offrire i suoi servigi per la causa
della pace; se, invero, non lasciò opere scritte, come il suo
predecessore, sappiamo che partecipò al Concilio di Costanza, tenutosi neI
1094, prodigandosi a smascherare diverse eresie (le quali, se allora erano
ritenute gravi, oggi sembra di averle dimenticate, nonostante siano
rinverdite). E’ opinione comune che il Vescovo anche in Diocesi si
adoperò quale paciere, interponendosi tra i reggitori civili ed il popolo
affidato alle sue cure, convinto, il presule, che la “pace” è un dono
inestimabile: essa è l’inizio di tanti altri benefici che l’uomo
avidamente cerca. Il pastore Guimondo, lo immaginiamo morire ripetendo
a se stesso: “beati gli operatori di pace”.
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(1095-1102) Giovanni I "Il
Litigioso"
Questo presule
si guadagnò il titolo di “litigioso”, non sapendosi, però, se
meritatamente o no. Tuttavia è certo, la storia ne è prova, che
durante il suo episcopato avvennero episodi mai registrati prima. Se le
pretese dei terzi furono esose, il carattere del Vescovo e la sua
destrezza non permettevano concessioni arbitrarie. E’ noto che alla
Diocesi di Aversa - appena istituita - furono dati privilegi e donazioni:
tra tanti, ricordiamo il lago di Patria, da parte dei Normanni.
Con il sorgere del monastero di S. Lorenzo, in Aversa, funzionante con
la presenza dei Benedettini - che si dicevano esenti dal Vescovo - iniziarono
alcune controversie.
I monaci benedettini
arrivarono al punto di far consacrare una loro Cappella non dal Vescovo di
Aversa, ma da quello di Ostia, dichiarandosi esenti dall
‘Ordinario. Essi reclamavano diritti pure sulla chiesa di S. Biagio in
Aversa, anch’essa benedettina. Inoltre, si arrogavano il privilegio di
pesca sul lago di Patria. Orbene, se qualche privilegio era stato
confermato, il beneficiario era unicamente il Vescovo Giovanni I; non si
dimentichi che il principe di Capua, Riccardo II, riammesso a governare,
aveva di fatto confermato al Vescovo di Aversa tutti i diritti concessi a
suo tempo (quindi compreso quello del lago). Sembra che i benedettini
abbiano fatto ricorso - per i vantati privilegi - a Riccardo II, mentre
il Vescovo si rivolgeva alla S. Sede per i diritti spettanti alla Diocesi
di Aversa. Ci fu, perciò, una gran confusione e un andirivieni di
personaggi per rappacificare l’Abate di S.Lorenzo col Vescovo di
Aversa. Tra i tanti, la storia ricorda l’intervento dell’Arcivescovo di
Benevento e quello di Salerno; dei Vescovi di Conza, di Gaeta ed altri. I
risultati furono minimi: forse ciascuno rimase nelle proprie
posizioni. Come se ciò non bastasse, Riccardo II, seguendo la moda del
tempo. volle eleggere, avendo litigato col Papa, un antipapa. Il
deputato fu un certo Alberto di Atella, quindi, un membro della Diocesi
aversana. Poteva mai il Vescovo non intervenire? Giovanni, d’accordo
con la S. Sede, decise che il ribelle fosse rinchiuso a vita proprio nel
monastero benedettino di Aversa. Una cosa la storia non dice: ossia, se
Giovanni lasciò questo esilio di crepacuore o soddisfatto di aver reso un
gran favore al “diritto”.
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