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(1104-1108) Roberto I "Il
Mediatore"
Da diversi storici
non viene menzionato il Vescovo Roberto, tanto che qualcuno ha affermato
che costui passerebbe ignorato. Vi è una data storica, però, che
menziona la nomina a Vescovo di Roberto, avvenuta sotto il pontificato di
Pasquale II. Certo, non si conosce né l’origine né l’operato di
Roberto I, ma non dimentichiamo i dissensi ed i soprusi che pullularono
durante gli anni del suo predecessore, nonché le vendette dell’uomo, che
non risparmiava uomini e cose. La guida pastorale del Roberto servì
sicuramente a calmare gli animi, divisi dalle contese, ed a sopire tante
polemiche tra il clero diocesano e quello religioso. Inoltre, il suo
operato fu molto utile per sanare i rapporti Chiesa-Stato nell’ambito
regionale, che ebbero, anche dopo, una certa ridondanza in un vasto
spazio. E’ certo che all’epoca del Vescovo Roberto, Riccardo II, conte
di Aversa, confermò alla Diocesi, nel 1095, tutto ciò che era stato
concesso dal primo conte Rainulfo e dai suoi successori (ciò lo si ricava
dalla Platea della Mensa Vescovile). E’ anche riferito che al tempo di
questo Vescovo fosse stata completata la primitiva Cattedrale (essendo
oggi modificata), grazie anche all’aiuto di Riccardo II (non abbiamo a
riguardo, però, dei documenti precisi). Certo è, invece, che tutte le
parrocchie dell’epoca ebbero in dono, dal principe Roberto di Capua,
diversi fondi, come testimonia un documento del 1227, riportato dalla
“Platea” della Mensa Vescovile. Non fu invano, allora, la vita spesa da
Roberto per la Diocesi aversana, poiché la sua mediazione procurò
sostentamento al clero ed aiuto a tanti poveri. Morendo, il Vescovo
poté ripetere: "non ho lavorato invano" .
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(1119-1132) Roberto II
"Il Diplomatico"
Fu
consacrato dal papa Gelasio II e viene ricordato, Roberto II, come uno
dei Vescovi più importanti e benemeriti dell’epoca. E tale vanto gli
viene per continui contatti che ebbe col principe normanno Riccardo II,
riottenendo la conferma, per la Chiesa aversana, dei diritti e dei
privilegi precedenti. Non è da dimenticare la spinosa questione del
lago di Patria ed il diritto di pesca; oltre ciò, fuori Aversa, tenimenti
nella zona di Caiazzo e di Maddaloni. Il Vescovo proiettava la sua
azione su due fronti: oltre a conservare i beni temporali, si adoperava
affinché l’indipendenza della chiesa aversana rimanesse salda, legata cioè
alla S.Sede e non ai capricci dei principi che si succedevano. La
Diocesi di Aversa ha sempre vantato, difatti, il privilegio di non essere
suffraganea” di Napoli, ma di essere soggetta direttamente, sin dalla sua
fondazione - secondo la bolla di Calisto II - alla Chiesa di Roma. Il
Vescovo si adoperò affinché la Cattedrale accogliesse con più magnificenza
i fedeli nelle sue mura. Roberto II fu apprezzato non solo come
conoscitore di diritto, ma come un buon diplomatico; le sue idee le
forgiava con lo studio e le attuava con molto senso pratico. Forse, per
dimostrare ancora una volta il suo buonsenso nella guida pastorale, volle
regalare ai benedettini di Cassino il monastero di S. Agata in Aversa,
situato fuori porta S Nicola: era l’anno 1113. Di Roberto II, tramite
il Muratori, conosciamo l’effigie su un sigillo conservato; fu forse
inviato alla sede episcopale di Pisa, poiché lo storico Ughelli ritrova la
sua firma in una Bolla di Papa Onorio II del 1126. Lo storico, però,
non chiarisce se come Vescovo di tale città oppure quale inviato papale a
dirimere contese. Roberto riuscì ad ottenere quello che invano avevano
sperato altri: affiancò al “diritto” ottime qualità di
destreggiatore.
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(1134-1140) Giovanni
II "L'Amministratore"
Di
costui non si sa né della consacrazione a Vescovo, né del suo lavoro
svolto in Diocesi. Probabilmente dovette avere pochi contatti con il
clero e col popolo aversano e fu sostituito, nel lavoro pastorale, da un
suo Vicario. Questa tesi pare sia confermata dalla sua presenza al
Concilio Lateranense II (1139), poiché è registrato un suo
intervento,firmandosi: “Giovanni Vescovo di Aversa”. L’assenza del
Vescovo in sede giovò al re Ruggiero che, fattisi nemici i reggitori della
contea aversana e non avendo chi lo redarguisse o lo fermasse, diede
ordine di punire la città di Aversa. La città non fu assediata da
soldati, ma fu stipata di alberi, sterpi e legno vario che al momento
opportuno si incendiarono, accerchiando gli abitanti e gli edifici in un
immenso rogo. In quel tempo, anche la Cattedrale - come narra l’Abate
Telesino - subì ingenti danni. Il re Ruggiero aveva non solo vinto gli
aversani, ma li aveva stremati e ridotti di numero. Qualcuno accusò il
Vescovo di essere stato inattivo in quel frangente. Accusare, a prima
vista, è facile, ma ci può essere anche il pericolo di sbagliare dando un
giudizio superficiale. Anche se si hanno a disposizione i quasi motivi,
non si potrà giudicare mai se nell’animo di una persona c’era
consapevolezza o meno. Bisogna tener presente, poi, cosa comportava la
carica di “Amministratore”, che a sua volta era affidata ad un
Vicario. Per l’amministrazione di una Diocesi, un tempo, il deputato
era investito di poteri temporanei. Spesso la carica era priva di
giurisdizione completa e, come si noterà - periodo medioevale - essere
amministratore significava godere di un “Beneficio”, ricevuto o per meriti
o per servigi resi alla Chiesa, senza escludere la “raccomandazione” di
qualche potente. Le continue lotte tra potere laicale e religioso, se
scemarono man mano l’influenza estranea, diedero pure un nuovo volto e
significato all’Amministratore. Si dovette attendere al secolo XVI,
col Tridentino, che riordinò i benefici ecclesiastici, stabilendo le
ragioni per cui dovesse essere nominato, in una Diocesi,
l’amministratore. Le aspre lotte ed incomprensioni, pur continuando,
modificarono però le attribuzioni inerenti
all‘amministratore. Attualmente, l’amministratore è investito di poteri
limitati e viene nominato in caso di morte del Vescovo titolare (sede
vacante), oppure nonostante ci sia il titolare gli si affianca un
amministratore per alleggerirlo del lavoro. La nomina può essere fatta
dai Capitolari, morendo il Vescovo, che hanno dei termini stabiliti, e se
non rispettati essa viene fatta dal Vaticano.
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(1142-1152) Giovanni III
"Il Generoso"
E’ certa la presenza di
Giovanni III nel numero dei Vescovi in Aversa, per l’esistenza di un
documento ricordato dal Calefati. Se quasi oscure sono le notizie
intorno l’origine di Giovanni III e la sua consacrazione a Vescovo, il
suo operato, però, è riportato nell’archivio abbaziale di S. Lorenzo in
Aversa, trasportato altrove. Si asserisce, nel documento, che il suo
predecessore era stato un altro Giovanni. Orbene Giovanni III, e per
doti, che certo non gli mancavano, e per essere giunto al momento giusto,
riuscì a rappacificare il Vescovado col monastero di S. Lorenzo in Aversa,
circa gli interessi riguardanti il lago di Patria. L’appianamento
dell’annosa questione avvenne nel 1144, nella città di Capua, in una
storica assemblea, con la presenza di Ruggero, re di Napoli e
Sicilia. Per tale motivo erano stati scelti, dal re Ruggero, tre
personaggi stimati nelle persone del Vescovo di Alife, dell’Abate di
Venosa e del Rainaldo, abate di Montecassino. Se vi fu qualche
concessione da parte di Giovanni III, questa non rivela certo debolezza
da parte sua, in quanto la Diocesi di Aversa possedeva molti beni
terrieri, il suo gesto fu solo per motivi di pace e di squisita
cortesia. Anzi, Giovanni III fu ancora più generoso, poiché nella zona
S. Lorenzo di Napoli, in altra occasione, donò oltre una chiesa dedicata a
“S. Salvatore”, anche dei locali. Soltanto contro gli errori lo si vide
intransigente; infatti, i cronisti descrivevano Giovanni III nemico
dichiarato di un certo Gilberto Porreo, Vescovo di Poitiers, che fu
scomunicato nel 1147, durante il Concilio di Parigi, sotto il pontificato
di Eugenio III. Sorsero, in verità, prima occultamente e poi
manifestamente, dei movimenti democratici che sfociarono in eresie. Ai
movimenti aderivano rappresentanti popolari a cui era stata tolta la
possibilità di partecipare alle elezioni del Papa. Se è sempre vero che
“dai frutti si riconosce l’albero” si può essere certi che Giovanni III
difese le sue pecorelle dai lupi che volevano
azzannarle.
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(1158-1178) Gualtiero "Il
Legittimo"
Dall’archivio diocesano si
rileva che Gualtiero fu eletto Vescovo di Aversa il 1158 e si riporta,
inoltre, la durata del suo episcopato. E’ la prima volta - si legge -
che un Vescovo non viene nominato dalla S. Sede, ma “scelto” dallo stesso
clero locale. Due anni addietro, nel 1156, c’era stata, difatti,
un’intesa tra il Papa Adriano IV ed il re Guglielmo I, concedere, cioè,
al clero quanto stabilito nel Concordato di Worms. In tale città Enrico
V e Papa Callisto II, neI 1122, si accordarono, concedendo al clero e
poi, limitatamente, solo al Capitolo Cattedrale, il diritto di eleggere il
Vescovo, mentre il re rinunciava all’investitura - durata 50 anni -
riservandosi solo il visto di approvazione all’eletto. Si
noti come la S. Sede, anche a quei tempi, si adattava a richieste ritenute
forse “legittime”, riavvicinando le distanze tra popolo, clero e Pastore,
dando, così, la responsabilità - con la scelta diretta - di avere un
personaggio accetto e conoscitore dell’ambiente. Gualtiero fu
magnanimo; ricorda il Maiorana che donò ad un certo chierico “Mario” -
vita durante - la bella chiesa di S. Lorenzo in Napoli (oggi chiesa
monumentale, con l’attiguo convento ed il tutto officiato dal PP.
Conventuali, figli di S. Francesco). Al tempo di Gualtiero, la Diocesi
aversana si arricchì di altre donazioni, come il castello di S. Giorgio
(provincia di Benevento), donato dalla regina Margherita per voto e
devozione verso la chiesa di S.Paolo (Cattedrale). Il Vescovo Gualtiero
era stimato non solo in Campania e quasi in tutta Italia, ma anche
all’estero: tanto è vero che si dice fosse amico di Pietro Lombardo,
Vescovo di Parigi. Ormai la Diocesi viveva giorni tranquilli perché
retta e difesa da un Vescovo zelante. Il Pastore premurosamente forniva
ai suoi fedeli, oltre che cibo spirituale, pace e serenità, da cui
promanano lavoro e benessere.
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(1180-1189) Falco "Il
Modesto"
Appartiene, il Vescovo Falco, a
quel gruppo di presuli della Diocesi di Aversa di cui ben poco la storia
racconta. Con tutto ciò non è esclusa la possibilità di conoscere il
personaggio: si può affermare che faceva parte della diplomazia vaticana
essendo nominato “Vescovo” di Aversa per incarichi espletati a favore
della S.Sede. Visse al tempo del Barbarossa, che si opponeva alla Chiesa
usando scaltre armi per farsi prestare dai Vescovi, oltre che la fedeltà,
anche “vassallaggio”. Nel 1181 il Vescovo Falco venne implicato in un
atto giudiziario contro alcuni usurpatori del tenimento di Maddaloni (CE):
probabilmente si metteva in dubbio il diritto di proprietà della Mensa
vescovile su quei fondi. il 14 dicembre del 1182, poi, essendo stata
consacrata la chiesa di Montevergine (AV) il nostro Falco intervenne e
partecipò al rito. Inoltre, il Vescovo si portò a Montecassino per la
cerimonia della benedizione del nuovo Abate Goffredo, della città di
Atina. Non si deve dedurre che esercitando tali mansioni, il Falco
avesse trascurato il suo gregge. Se la storia presenta delle lacune a
suo riguardo, non si può azzardare l’ipotesi che egli fosse unicamente un
girovago; dopo diverso tempo, si potrebbe anche falsare la sua figura, ma
essa rimarrebbe sempre degna di rispetto come qualsiasi
mortale.
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