1189 Giulio 1198 Gentile 1217 Basuino
1219 Giovanni IV 1254 Federico 1255 Card. S. de Pactineris

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(1189-1198) Giulio "Lo Sconosciuto"


Anche il Vescovo Giulio ebbe il privilegio di essere consacrato da un papa, Clemente III, esistendo a suo favore il “Breve” di papa Innocenzo III.
C’è qualche autore, però, che non riporta, nella serie dei Vescovi aversani, il nome Giulio, mentre altri lo nominano facendo leva sul Breve suddetto.
La carenza di trascrizioni è dovuta forse alle sofferenze che la Chiesa continuava a ricevere per opera del millantatore nuovo imperatore Enrico IV,
che, non sazio del potere esercitato in Germania, era divenuto padrone del regno normanno delle due Sicilie e del sud Italia.
Da questo motivo nascevano situazioni non sempre accettabili; difatti, guerre continue avvenivano tra una città e l’altra; rivalse e vendette contro i recalcitranti; incendi e disastri metereologici, poi, completavano il quadro dello squallore.
Tutto ciò rendeva la vita difficile, facendo penare non solo le persone, ma facilitando la manomissione di cose e soprattutto di documenti.
Poteva anche accadere che un cronista era impedito di svolgere il suo dovere e non potevano essere trascritte notizie di fatti e personaggi che volevano dire “storia” del tempo (oggi, diremmo esisteva la censura).
Tali eventi possono allora spiegare perché dal vescovo Giulio non sono giunte a noi notizie essenziali.
Durante la sua guida pastorale, la Mensa Vescovile ebbe in dono un’isoletta detta “Atticella” al lago Patria (attualmente inesistente: chi la individuasse passerebbe alla storia).
L’isoletta fu donata, nel 1197, dal conte Diopoldo, come si rileva dalla “Platea” della Mensa.

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(1198-1217) Gentile "Il Difensore"

Si apprende, dalla storia aversana, che con il Vescovo Gentile avvenne il primo trasferimento; difatti, il Gentile già reggeva la Diocesi di Venafro e, per premio, fu designato, nel 1198, ad Aversa: essendo noto che la Cattedra aversana godeva di maggior prestigio.
Se il documento di Papa Innocenzo III afferma che i “trasferimenti” non devono avvenire senza causa”, ciò dimostra che il Gentile era l’uomo adatto a quei tempi per la Diocesi di Aversa.
Il Gentile fu uno dei pochi dell’epoca che ressero la Diocesi per diversi anni e ciò recò vantaggio sia alle popolazioni sia al clero, essendo il Vescovo già molto esperto in campo pastorale.
Spetta al Vescovo Gentile aver rafforzato il vincolo di unione con la S. Sede ed aver dimostrato all’Arcivescovo Anselmo (di Napoli) non suffraganietà a Napoli, ma la diretta soggezione della Diocesi aversana alla S. Sede, per privilegio concesso dal Papa Callisto II.
Mentre ferveva la controversia tra la Diocesi di Napoli e quella di Aversa, fu distrutta, nel 1207, la città di Cuma, allora Diocesi, unita a Miseno.
Non potendo più risorgere Cuma e ridotta di abitanti quella di Miseno, le due diocesi furono separate ed aggregate, secondo i confini, a quelle limitrofe.
Anche in questa occasione il Gentile, sapendosi destreggiare, riaffermò i diritti di Aversa sulle zone di Cuma (l’attuale Licola), essendo già il clero di Cuma stanziato in Giugliano (tenimento soggetto ad Aversa), mentre altre zone furono unite in parte a Napoli ed in parte a Pozzuoli.
A ricordo, forse, di questa ultima aggregazione, Aversa, che già incorporava Atella e Literno, volle esternare lo storico ricordo arricchendo il trono espiscopale di 2 puttini simbolici, che solo qualche anno fa sono stati trafugati.
Il Vescovo Gentile, si dice vantasse di essere stato amico di S. Francesco d’Assisi, che passò per le nostre contrade, e che alla morte di un suo seguace, Santo Antonio, Aversa volle dedicargli un tempio (oggi ritornato agli antichi splendori, restituito ai PP. Conventuali dal Vescovo Gazza).
Si attesta, infine, che il Gentile morì in Aversa ed i suoi resti mortali dovrebbero trovarsi nel sottosuolo del cimitero, che un tempo esisteva, congiunto alla Cattedrale, nella parte posteriore.

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(1217-1219) Basuino "L’Effimero"

Appena due anni resse la Diocesi il Vescovo Basuino, morendo in Aversa e sicuramente trovandosi sepolto, tra tanti, nel sotterraneo della chiesa Cattedrale.
Se ben poco dovette conseguire in Diocesi, per il breve tempo a disposizione, è certo che non era un personaggio da sottovalutare.
La presenza di Basuino al Concilio Lateranense IV dimostra la sua preparazione, le sue doti, soprattutto la sua dottrina, poiché si discuteva nel Concilio su eretici allora famosi, quali erano gli “albigesi” (eresia di carattere ascetico-pauperistico).
Non abbiamo testimonianze se la morte lo colse all’improvviso; morte che non dové arrivare certo per vecchiaia, essendo stato Basuino, appena due anni prima, nominato Vescovo.
E’ certo che ad Aversa, legata alla Casa Sveva, si era trovato fra dissidi e vendette.
La Chiesa tutta, in quel tempo, non visse un periodo tranquillo, a motivo dell’intromissione dei principi e dello stesso imperatore Federico nelle elezioni dei Vescovi.
Per tal motivo, il successore, nonostante fosse stato nominato, non poteva prendere possesso della Diocesi, trascorrendo invano il tempo, sino a che non arrivasse il benestare dell’imperatore.
Ed Aversa era una di quelle Diocesi - a motivo di un certo accennato prestigio - che incappava nel divieto, e così dovette attendere pazientemente l’arrivo del nuovo Vescovo
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(1219-1234) Giovanni IV Lamberto "il Contraddetto"

Per la nomina di Giovanni Lamberto dovette intervenire personalmente il Papa Onorio III, che prima lo nominò Vescovo di Aversa e poi scrisse una lettera apostolica all’imperatore Federico II (per annunziare la sua scelta).
Giovanni Lamberto era stato individuato tra il clero amalfitano, essendo arcidiacono di quella Cattedrale.
Era già stato nominato dall’anno 1222 e consacrato, secondo i documenti vaticani, il 1225, ma solo dopo qualche anno poté raggiungere la sede vescovile assegnatagli, ossia Aversa.
Si raggiunse tale scopo perché - come anzidetto - Papa Onorio si decise a scrivere all’imperatore, notificando che la sede aversana non poteva più rimanere senza Pastore.
Non ottenne subito il visto dell’imperatore, ma si arrese a malincuore, Onorio III, essendo il vescovado aversano, come afferma il Baronio, uno di quel li “malvisti” dal l’imperatore.
Come il Vescovo Gentile, anche Giovanni Lamberto, si dice, fu amico di S. Francesco e dei suoi frati, tanto è vero che la Diocesi di Aversa è una tra le prime in Campania che vanta chiese antiche francescane.
Oltre la chiesa di S. Antonio, già donata ai Conventuali (figli di S. Francesco: uno dei tre rami in cui si divise l’Ordine), ci fu in Aversa città, e nei tempi in Diocesi, un pullulare di opere e case francescane.
Non si può certo dimenticare il convento e la chiesa di S. Francesco in Aversa: dopo l’incameramento dei beni ecclesiastici, nel 1870, da parte dello Stato, una parte del convento e quasi tutto il giardino delle monache attualmente accoglie il Municipio, che emerge tra vasti spazi.
Il convento fu realizzato dalle famiglie più nobili e benestanti della città, sorto tra il 1230-35, per accogliere le clarisse. Da qualche decennio, estintesi tutte le monache, la parte attigua alla chiesa è stata trasformata in locali idonei per associazioni ed opere diocesane.
Il Giovanni IV, a conferma del suo spirito francescano, volle affidare al PP. Conventuali anche la chiesa di S.Chiara in Napoli, nel 1234, essendone proprietaria la mensa vescovile aversana.
E, da questo anno, non si fa più parola del Vescovo Giovanni Umberto.

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(1254) Federico "L’Abusivo"

Per oltre un decennio c’è un’interruzione nella sede vescovile, dovuta a vari episodi non sempre registrati.
Perciò l’Abate del monastero di S. Lorenzo in Aversa, di nome Federico, fu scelto quale Vescovo di Aversa nell’anno 1254.
Una disgrazia, invero, si abbatté su Aversa, essendo Pastore Federico: Aversa si era ribellata all’obbedienza del Papa.
Non si fecero attendere a lungo le conseguenze, poiché il pontefice romano - come si ricorda dall’Archivio capitolare - scomunicò la città (la scomunica papale è un grande castigo medicinale, consistente nella privazione di dispensare o ricevere sacramenti e, per i chierici, anche la rimozione dal beneficio).
L’interdizione - sebbene oggi non sia stata abolita - era più frequente all’epoca in cui visse Federico e così per altri periodi di storia.
Per qual motivo, ci si chiede, Aversa fu colpita da scomunica?
Per avere una risposta approssimativa, si dovrebbero riportare tanti episodi dell’epoca; basta accennare, soltanto, alla lotta per le investiture, che costrinse, qualche decennio prima, il Papa Gregorio VII all’esilio di Salerno, ove morì, lontano dalla sua sede di Roma.
Quantunque - dopo i primi segni di lotta - Papa Innocenzo III avesse prescritto la libera elezione dei Vescovi, indirizzando il relativo documento, nel 1198, anche alla regina Costanza di Napoli, gli abusi, da parte regia, continuavano.
Il Papa aveva anche dettato le “regole” per l’elezione di un Vescovo: il Capitolo, come dianzi fu detto, sceglieva ed eleggeva la persona, il re dava l’assenso ed il popolo lo accettava.
Il primo caso, in tal senso, si era avuto ad Aversa, con l’elezione del vescovo Gualtiero, di cui già si è fatto cenno.
Per la nomina, quindi, del Vescovo Federico, si deve essere certi che non furono rispettate le decisioni di Innocenzo III e sia stata imposta dal re Corradino (o da Manfredi, suo sostituto) della casa sveva.
Si spiega pure, perché è riportato nella cronologia solo per un anno; dovette, il Vescovo Federico, essere deposto e cacciato, non essendo stata accreditata la sua scelta dalla S. Sede.

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(1255-1256) Card. Simone de Pactineris "Il Papalino"

Il pontefice Innocenzo IV, questa volta, volle avocare a sé il diritto concesso anche al Capitolo Cattedrale di Aversa, onde evitare influenze e pressioni sul clero aversano da parte del re, scegliendo a Vescovo di Aversa un uomo a lui noto e preso da lontano.
Così fu nominato un cittadino e canonico della città di Padova: uomo veramente dabbene e dotto, forse frequentatore dell’antica Università che nella sua città era stata fondata qualche anno prima, nel 1221.
Il Papa volle sostituirlo al posto dell’abusivo Vescovo Federico (moda dei tempi), ormai non più riconosciuto tale e, forse, scomunicato.
Ma non poté il nuovo Vescovo di Aversa, Simone de Pactineris, raggiungere la sede. Si possono immaginare gli intrighi rimasti e le avversità che si scambiavano le due fazioni: quelli che parteggiavano col re e quelli che, invece, col Papa (ai faziosi furono apposti nuovi appellativi - secondo l’appartenenza - in guelfi e ghibellini).
Per tale ragione, il Simone ebbe il titolo provvisorio di “Amministratore” di Aversa e, quando si sopirono, in parte, gli animi, poté finalmente essere in sede a pieno titolo di Vescovo.
Il suo episcopato, però, durò soltanto due anni, avendo il Simone dato le dimissioni, nonostante che fosse una persona dotata di non scarse qualità.
Lo si potrebbe accusare di “viltà”, ma chi affermasse ciò, chissà come si comporterebbe trovandosi nelle sue stesse difficoltà.
A lui spetta, invero, il vanto di aver fatto consacrare l’altare maggiore del Duomo aversano dal papa Alessandro IV, che officiava con la presenza di vari Cardinali ed una folta rappresentanza di Vescovi.
A Simone Vescovo, spetta ancora il merito di aver introdotta nella Diocesi aversana la festività del “Corpus Domini”.
La sua abdicazione dalla Diocesi non lo scalfì; essendo lui capace e meritevole, fu elevato nel 1261, da Papa Urbano IV, alla dignità cardinalizia, servendo di più la S.Madre Chiesa.

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