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(1189-1198) Giulio "Lo
Sconosciuto"
Anche il Vescovo Giulio ebbe
il privilegio di essere consacrato da un papa, Clemente III, esistendo a
suo favore il “Breve” di papa Innocenzo III. C’è qualche autore, però,
che non riporta, nella serie dei Vescovi aversani, il nome Giulio, mentre
altri lo nominano facendo leva sul Breve suddetto. La carenza di
trascrizioni è dovuta forse alle sofferenze che la Chiesa continuava a
ricevere per opera del millantatore nuovo imperatore Enrico IV, che,
non sazio del potere esercitato in Germania, era divenuto padrone del
regno normanno delle due Sicilie e del sud Italia. Da questo motivo
nascevano situazioni non sempre accettabili; difatti, guerre continue
avvenivano tra una città e l’altra; rivalse e vendette contro i
recalcitranti; incendi e disastri metereologici, poi, completavano il
quadro dello squallore. Tutto ciò rendeva la vita difficile, facendo
penare non solo le persone, ma facilitando la manomissione di cose e
soprattutto di documenti. Poteva anche accadere che un cronista era
impedito di svolgere il suo dovere e non potevano essere trascritte
notizie di fatti e personaggi che volevano dire “storia” del tempo (oggi,
diremmo esisteva la censura). Tali eventi possono allora spiegare
perché dal vescovo Giulio non sono giunte a noi notizie
essenziali. Durante la sua guida pastorale, la Mensa Vescovile ebbe in
dono un’isoletta detta “Atticella” al lago Patria (attualmente
inesistente: chi la individuasse passerebbe alla storia). L’isoletta fu
donata, nel 1197, dal conte Diopoldo, come si rileva dalla “Platea” della
Mensa.
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(1198-1217) Gentile "Il
Difensore"
Si apprende, dalla
storia aversana, che con il Vescovo Gentile avvenne il primo
trasferimento; difatti, il Gentile già reggeva la Diocesi di Venafro e,
per premio, fu designato, nel 1198, ad Aversa: essendo noto che la
Cattedra aversana godeva di maggior prestigio. Se il documento di Papa
Innocenzo III afferma che i “trasferimenti” non devono avvenire senza
causa”, ciò dimostra che il Gentile era l’uomo adatto a quei tempi per la
Diocesi di Aversa. Il Gentile fu uno dei pochi dell’epoca che ressero
la Diocesi per diversi anni e ciò recò vantaggio sia alle popolazioni sia
al clero, essendo il Vescovo già molto esperto in campo
pastorale. Spetta al Vescovo Gentile aver rafforzato il vincolo di
unione con la S. Sede ed aver dimostrato all’Arcivescovo Anselmo (di
Napoli) non suffraganietà a Napoli, ma la diretta soggezione della Diocesi
aversana alla S. Sede, per privilegio concesso dal Papa Callisto
II. Mentre ferveva la controversia tra la Diocesi di Napoli e quella
di Aversa, fu distrutta, nel 1207, la città di Cuma, allora Diocesi, unita
a Miseno. Non potendo più risorgere Cuma e ridotta di abitanti quella
di Miseno, le due diocesi furono separate ed aggregate, secondo i confini,
a quelle limitrofe. Anche in questa occasione il Gentile, sapendosi
destreggiare, riaffermò i diritti di Aversa sulle zone di Cuma (l’attuale
Licola), essendo già il clero di Cuma stanziato in Giugliano (tenimento
soggetto ad Aversa), mentre altre zone furono unite in parte a Napoli ed
in parte a Pozzuoli. A ricordo, forse, di questa ultima aggregazione,
Aversa, che già incorporava Atella e Literno, volle esternare lo storico
ricordo arricchendo il trono espiscopale di 2 puttini simbolici, che solo
qualche anno fa sono stati trafugati. Il Vescovo Gentile, si dice
vantasse di essere stato amico di S. Francesco d’Assisi, che passò per le
nostre contrade, e che alla morte di un suo seguace, Santo Antonio, Aversa
volle dedicargli un tempio (oggi ritornato agli antichi splendori,
restituito ai PP. Conventuali dal Vescovo Gazza). Si attesta, infine,
che il Gentile morì in Aversa ed i suoi resti mortali dovrebbero trovarsi
nel sottosuolo del cimitero, che un tempo esisteva, congiunto alla
Cattedrale, nella parte posteriore.
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(1217-1219) Basuino
"L’Effimero"
Appena due anni resse
la Diocesi il Vescovo Basuino, morendo in Aversa e sicuramente trovandosi
sepolto, tra tanti, nel sotterraneo della chiesa Cattedrale. Se ben
poco dovette conseguire in Diocesi, per il breve tempo a disposizione, è
certo che non era un personaggio da sottovalutare. La presenza di
Basuino al Concilio Lateranense IV dimostra la sua preparazione, le sue
doti, soprattutto la sua dottrina, poiché si discuteva nel Concilio su
eretici allora famosi, quali erano gli “albigesi” (eresia di carattere ascetico-pauperistico). Non abbiamo testimonianze se la morte lo colse
all’improvviso; morte che non dové arrivare certo per vecchiaia, essendo
stato Basuino, appena due anni prima, nominato Vescovo. E’ certo che ad
Aversa, legata alla Casa Sveva, si era trovato fra dissidi e
vendette. La Chiesa tutta, in quel tempo, non visse un periodo
tranquillo, a motivo dell’intromissione dei principi e dello stesso
imperatore Federico nelle elezioni dei Vescovi. Per tal motivo, il
successore, nonostante fosse stato nominato, non poteva prendere possesso
della Diocesi, trascorrendo invano il tempo, sino a che non arrivasse il
benestare dell’imperatore. Ed Aversa era una di quelle Diocesi - a
motivo di un certo accennato prestigio - che incappava nel divieto, e così
dovette attendere pazientemente l’arrivo del nuovo
Vescovo.
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(1219-1234)
Giovanni IV Lamberto "il Contraddetto"
Per la nomina di Giovanni Lamberto dovette intervenire
personalmente il Papa Onorio III, che prima lo nominò Vescovo di Aversa e
poi scrisse una lettera apostolica all’imperatore Federico II (per
annunziare la sua scelta). Giovanni Lamberto era stato individuato tra
il clero amalfitano, essendo arcidiacono di quella Cattedrale. Era già
stato nominato dall’anno 1222 e consacrato, secondo i documenti vaticani,
il 1225, ma solo dopo qualche anno poté raggiungere la sede vescovile
assegnatagli, ossia Aversa. Si raggiunse tale scopo perché - come
anzidetto - Papa Onorio si decise a scrivere all’imperatore, notificando
che la sede aversana non poteva più rimanere senza Pastore. Non ottenne
subito il visto dell’imperatore, ma si arrese a malincuore, Onorio III,
essendo il vescovado aversano, come afferma il Baronio, uno di quel li
“malvisti” dal l’imperatore. Come il Vescovo Gentile, anche Giovanni
Lamberto, si dice, fu amico di S. Francesco e dei suoi frati, tanto è vero
che la Diocesi di Aversa è una tra le prime in Campania che vanta chiese
antiche francescane. Oltre la chiesa di S. Antonio, già donata ai
Conventuali (figli di S. Francesco: uno dei tre rami in cui si divise
l’Ordine), ci fu in Aversa città, e nei tempi in Diocesi, un pullulare di
opere e case francescane. Non si può certo dimenticare il convento e la
chiesa di S. Francesco in Aversa: dopo l’incameramento dei beni
ecclesiastici, nel 1870, da parte dello Stato, una parte del convento e
quasi tutto il giardino delle monache attualmente accoglie il Municipio,
che emerge tra vasti spazi. Il convento fu realizzato dalle famiglie
più nobili e benestanti della città, sorto tra il 1230-35, per accogliere
le clarisse. Da qualche decennio, estintesi tutte le monache, la parte
attigua alla chiesa è stata trasformata in locali idonei per associazioni
ed opere diocesane. Il Giovanni IV, a conferma del suo spirito
francescano, volle affidare al PP. Conventuali anche la chiesa di S.Chiara
in Napoli, nel 1234, essendone proprietaria la mensa vescovile
aversana. E, da questo anno, non si fa più parola del Vescovo Giovanni
Umberto.
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(1254) Federico
"L’Abusivo"
Per oltre un
decennio c’è un’interruzione nella sede vescovile, dovuta a vari episodi
non sempre registrati. Perciò l’Abate del monastero di S. Lorenzo in
Aversa, di nome Federico, fu scelto quale Vescovo di Aversa nell’anno
1254. Una disgrazia, invero, si abbatté su Aversa, essendo Pastore
Federico: Aversa si era ribellata all’obbedienza del Papa. Non si
fecero attendere a lungo le conseguenze, poiché il pontefice romano - come
si ricorda dall’Archivio capitolare - scomunicò la città (la scomunica
papale è un grande castigo medicinale, consistente nella privazione di
dispensare o ricevere sacramenti e, per i chierici, anche la rimozione dal
beneficio). L’interdizione - sebbene oggi non sia stata abolita - era
più frequente all’epoca in cui visse Federico e così per altri periodi di
storia. Per qual motivo, ci si chiede, Aversa fu colpita da
scomunica? Per avere una risposta approssimativa, si dovrebbero
riportare tanti episodi dell’epoca; basta accennare, soltanto, alla lotta
per le investiture, che costrinse, qualche decennio prima, il Papa
Gregorio VII all’esilio di Salerno, ove morì, lontano dalla sua sede di
Roma. Quantunque - dopo i primi segni di lotta - Papa Innocenzo III
avesse prescritto la libera elezione dei Vescovi, indirizzando il relativo
documento, nel 1198, anche alla regina Costanza di Napoli, gli abusi, da
parte regia, continuavano. Il Papa aveva anche dettato le “regole” per
l’elezione di un Vescovo: il Capitolo, come dianzi fu detto, sceglieva ed
eleggeva la persona, il re dava l’assenso ed il popolo lo accettava. Il
primo caso, in tal senso, si era avuto ad Aversa, con l’elezione del
vescovo Gualtiero, di cui già si è fatto cenno. Per la nomina, quindi,
del Vescovo Federico, si deve essere certi che non furono rispettate le
decisioni di Innocenzo III e sia stata imposta dal re Corradino (o da
Manfredi, suo sostituto) della casa sveva. Si spiega pure, perché è
riportato nella cronologia solo per un anno; dovette, il Vescovo Federico,
essere deposto e cacciato, non essendo stata accreditata la sua scelta
dalla S. Sede.
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(1255-1256)
Card. Simone de Pactineris "Il Papalino"
Il pontefice Innocenzo IV, questa volta, volle avocare
a sé il diritto concesso anche al Capitolo Cattedrale di Aversa, onde
evitare influenze e pressioni sul clero aversano da parte del re,
scegliendo a Vescovo di Aversa un uomo a lui noto e preso da
lontano. Così fu nominato un cittadino e canonico della città di
Padova: uomo veramente dabbene e dotto, forse frequentatore dell’antica
Università che nella sua città era stata fondata qualche anno prima, nel
1221. Il Papa volle sostituirlo al posto dell’abusivo Vescovo Federico
(moda dei tempi), ormai non più riconosciuto tale e, forse,
scomunicato. Ma non poté il nuovo Vescovo di Aversa, Simone de
Pactineris, raggiungere la sede. Si possono immaginare gli intrighi
rimasti e le avversità che si scambiavano le due fazioni: quelli che
parteggiavano col re e quelli che, invece, col Papa (ai faziosi furono
apposti nuovi appellativi - secondo l’appartenenza - in guelfi e
ghibellini). Per tale ragione, il Simone ebbe il titolo provvisorio di
“Amministratore” di Aversa e, quando si sopirono, in parte, gli animi,
poté finalmente essere in sede a pieno titolo di Vescovo. Il suo
episcopato, però, durò soltanto due anni, avendo il Simone dato le
dimissioni, nonostante che fosse una persona dotata di non scarse
qualità. Lo si potrebbe accusare di “viltà”, ma chi affermasse ciò,
chissà come si comporterebbe trovandosi nelle sue stesse difficoltà. A
lui spetta, invero, il vanto di aver fatto consacrare l’altare maggiore
del Duomo aversano dal papa Alessandro IV, che officiava con la presenza
di vari Cardinali ed una folta rappresentanza di Vescovi. A Simone
Vescovo, spetta ancora il merito di aver introdotta nella Diocesi aversana
la festività del “Corpus Domini”. La sua abdicazione dalla Diocesi non
lo scalfì; essendo lui capace e meritevole, fu elevato nel 1261, da Papa
Urbano IV, alla dignità cardinalizia, servendo di più la S.Madre
Chiesa.
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