|
(clicca
sui relativi nomi qui sopra per leggere i relativi profili)
(1258-1264)
Giovanni
V "l'Eletto"
Il
titolo "eletto" assegnato al
Vescovo Giovanni V, non è stata una trovata posteriore, ma un termine
ritenuto opportuno dallo storico, che lo ha tramandato.
Giovanni
V dové essere affiancato a Simone - precedente Vescovo - allorché diede le
dimissioni.
E
mentre restava titolare di Aversa il Simone, Giovanni V fu nominato "Amministratore".
Soltanto
in secondo tempo, forse con la creazione a Cardinale di Simone, Giovanni V fu
designato Vescovo di Aversa.
Si sa di Giovanni V che fece una petizione al re Manfredi
per essere confermato
nei possedimenti che la Diocesi godeva.
Ciò fa capire che, da ogni nuovo
principe o re, bisognava ottenere il benestare per i benefici in possesso.
Intanto lo stesso Manfredi provocò un Concilio che si tenne
a Viterbo, nel 1263, a cui partecipò il Vescovo Giovanni V, essendo divenuto
insopportabile l'agire di Manfredi; nel Concilio si decise che il Manfredi
fosse sostituito dal re Carlo I d'Angiò.
Aversa, però, era dominata da una
certa famiglia Rebursa, che difese strenuamente la casa sveva e quindi
nemica di Carlo I d'Angiò. La notizia adirò tanto il re Carlo I che decise
di far distruggere dalla fondamenta la città di Aversa.
E lo storico Summonte racconta che,
nel 1263, Aversa fu tutta devastata dalle truppe di Carlo I d'Angiò.
Di conseguenza, fioccarono
vendette, ed il Vescovo Giovanni V si vide deturpare la sua monumentale
chiesa: la Cattedrale, che subì ingenti danni.
In questa occasione, anche altre
cose furono distrutte: manoscritti e documenti storici che potevano
tramandare ai posteri notizie più dettagliate su eventi succedutisi e
sugli interventi dei vescovi diocesani.
A questo punto, nessuno poté
fornire notizie del Vescovo, dopo i fatti narrati; Giovanni V sembrò
piombare nel nulla.
Torna
su
(1268-1276) Fideigrazia
"L’Affabile"
Di
origine incerta: veneto per alcuni, spoletano per altri. E’ certo che
Fideigrazia, prima di essere eletto Vescovo di Aversa, fu coadiutore del
vescovo di Spoleto e su questa notizia tutti gli autori sono
d’accordo. Circa, poi, il nome che a noi oggi sembra strano, non faceva
meraviglia all’epoca, poiché era divenuta una prassi assegnare nomi
composti di origine latina. L’influenza della lingua latina è durata -
tra il popolo - diversi secoli e, se rimase lingua ufficiale della Chiesa,
andò in disuso nell’uso quotidiano, sostituita da quella volgare, seguendo
in ciò anche l’esempio dei nostri più grandi poeti, con a capo Dante
Alighieri. Si dice che il popolo, non riuscendo a pronunziare
Fideigrazia, chiamasse il suo Vescovo semplicemente “Fidanzia”, essendo
questo nome più scorrevole. Aversa era tutta sconvolta, all’arrivo del
Vescovo Fideigrazia, e a buona ragione, essendoci stata la repressione e
lo sterminio da parte del re Carlo I d ‘Angiò. Fu una fortuna, forse,
l’insediamento del nuovo Vescovo: gli animi si placarono, anche per
l’opera paziente e dolce del Vescovo Fideigrazia. Intanto gli Angioini,
volendosi rappacificare con i cittadini, diedero termine alle vendette ed
iniziarono a costruire opere sociali, dietro suggerimento, certamente, del
Vescovo. Così Aversa vide sorgere un lebbrosario, fuori porta S.
Nicola, luogo detto “Maddalena” (nel ‘500 circa divenuto Ospedale per i
matti). In quel tempo la lebbra era arrivata in Europa per mezzo dei
crociati e si era estesa a macchia d’olio per numerose regioni, mietendo
molte vittime. Il re Carlo I d’Angiò volle anche donare le due campane
del vecchio campanile del Duomo, allorché si ergeva elegante e snello
dietro l’ambulacro, esposto ad oriente della chiesa. Il Vescovo
partecipò, invece, qualche anno prima della morte, al II Concilio di
Lione, ove si discuteva sulle persone della SS. Trinità. Di lui si sa
che morì in Aversa e certamente dovette essere seppellito nel cimitero
accanto alla Cattedrale. Come Pastore non smentì il significato del suo
cognome: agì con “fede” e profuse “grazia” negli amorevoli contatti umani,
lasciando nei cuori affranti la sua dolcezza paterna.
Torna su
(1277-1293) Adamo "Il
Francese"
Esplicitamente si dice
che Adamo fu un Vescovo francese. Difatti, si notifica esser già Vescovo
di Bing e scelto - sede vacante - dal Capitolo cattedrale aversano -
contro il parere di qualche canonico, come P. Galgano. Ma il veto
contrario, specie del Galgano, a nulla valse, poiché il Capitolo era
divenuto, forse, la lunga mano del re Carlo I d’Angiò, che desiderava,
nella sede episcopale aversana, uno dei suoi. Non è da dimenticare,
inoltre, che, essendo gli angioini - guelfi - a disposizione dei romani
pontefici, i loro desideri erano spesso esauditi. In compenso, re Carlo
I d’Angiò sostenne il Pontefice nella lotta contro i Pàtari; questi furono
accostati ai càtari: una setta d’origine francese sorta nel XII
secolo. I Pàtari si dicevano umili ma seguivano l’eresia del dualismo,
ossia distinzione tra spirito e materia; essi raccoglievano nelle loro
fila ceti popolari che spesso insorgevano contro la Chiesa, la società e
la concezione monarchica. Il regno napoletano fu contagiato da simili
eretici e chi li fronteggiò fu l’Ordine domenicano, sorto da qualche
decennio; ai domenicani furono offerte delle case per poterli
debellare. E, poiché anche in Aversa arrivarono i Pàtari, il re Carlo
I diede inizio alla costruzione di una chiesa dedicata a S. Ludovico, con
un convento annesso per raccogliere i domenicani. La chiesa fu
completata al tempo di Carlo I ma cambiò denominazione, reintitolandola a
S. Luigi IX, re di Francia (da poco era stato elevato agli onori
dell’altare). La medesima chiesa, in seguito, fu dedicata a S. Domenico
(rimasta tuttora con questo titolo), perché era officiata dai domenicani,
sino alla soppressione dei conventi, avvenuta nel 1870 (famosa legge De
Pretis). Il Vescovo Adamo, come si può notare, non ebbe vita facile per
il diffondersi delle eresie in Diocesi! La storia ricorda che Adamo
partecipò, nel 1280, al Concilio di Ponte Ademaro, ove si discuteva la
questione dell’adempimento del “precetto pasquale”: chi non lo
soddisfaceva poteva essere accusato di eresia. In un’altra occasione,
si parla di Adamo quando fu consacrata la chiesa di S. Stefano in
Caiazzo. La storia del Vescovo Adamo è scarna di notizie e, poiché
“straniero“, tale rimase nel cuore degli aversani, tanto che i cronisti
neppur riportano ove e come abbia finiti i suoi ultimi giorni.
Torna su
(1293-1297)
Card. Landolfo Brancaccio "Il Napoletano"
L’esistenza del Vescovo Brancaccio, poi Cardinale, nella
cronologia aversana la si deve al Capaccio, vissuto tra il XV ed il XVI
secolo. Costui descrive che il Brancaccio era della città di Napoli e
divenne Vescovo di Aversa. Tutti gli altri autori che s’interessano di
tale faccenda, o trascurano il nome di Brancaccio o hanno dei dubbi a
riguardo. Esiste, frattanto, un documento comunale che riporta un
privilegio concesso alla città di Aversa, nel 1294, dal re Carlo II
d’Angiò. Il documento parla che il privilegio era di poter suonare le
due campane apposte di nuovo al vecchio campanile della chiesa Cattedrale
(ciò fa supporre l’esistenza, in quell’epoca, di un altro campanile), al
tempo appunto di Brancaccio. Non era certo il Brancaccio un uomo da
sottovalutare, poiché, pur rimanendo a dirigere la Diocesi di Aversa, fu
nominato Cardinale dal Papa Clemente V, nel 1294. Difatti, la storia
dice che fosse rimasto in sede aversana ancora tre anni, sino al 1297, non
riportando, poi, il motivo della sua scomparsa; probabilmente dovette
raggiungere Roma ed operare in questa città, oppure inviato quale
ambasciatore a servizio della Santa Sede. Intanto continua, in
quest’epoca, l’aggressione indomita sia degli eretici, sia dei capi delle
nascenti nazioni. E se gli eretici seminavano discordie all’interno della
Chiesa, i re ed i principi spadroneggiavano, usurpando i diritti che non
gli competevano. L’azione del Brancaccio, dunque, fu adoperata forse
per disbrigare complicate faccende, avendone la possibilità ed apprezzato
per le sue doti, da tutti.
Torna su
(1297-1299)
Card. Leonardo Patrasso "Il Privilegiato"
Forse il Vescovo Leonardo meriterebbe un altro titolo, ma,
se per principio si rispetta il nome dei defunti, si ricorda altrettanto
che la Chiesa dopo la lotta contro l’intromissione del potere laicale,
divenne uno strumento nelle mani di poche famiglie facoltose ed
influenti. Leonardo Patrasso era imparentato con la famiglia Gaetani;
anzi fu zio di Benedetto Gaetani, che divenne Papa col nome di Bonifacio
VIII. I parenti che Io avevano fatto eleggere Papa, lo spinsero a
tanto da fargli acquistare il titolo di “simoniaco”. Prima di
insediarsi ad Aversa, il Leonardo era già Vescovo di Alatri e solo nel
1297 acquistò il diritto della Diocesi aversana, a seguito di
trasferimento. Sebbene nel 1299 la cronaca lo riporta come Arcivescovo
di Capua, il Leonardo non lasciò Aversa, rimanendo amministratore di detta
sede. Solo quando fu creato Cardinale, nel 1301, dovendo amministrare
Albano, una Diocesi suburbicaria, lasciò sia l’amministrazione di Aversa e
sia il titolo di Arcivescovo di Capua. (Le diocesi suburbicarie erano
limitate sia per i territori e sia per gli abitanti, venivano affidate -
per privilegio - ad alcuni Cardinali aventi la consacrazione episcopale:
tale prassi è stata abbandonata soltanto qualche decennio fa). Il
Vescovo Leonardo, oltre ad ottenere privilegi per la sua persona, riuscì
anche ad ottenerli per la Diocesi di Aversa. Fece, inoltre, confermare
tutti i favori ottenuti dai normanni ed altri ne ottenne, essendo divenuto
amico degli Angioini. Il Leonardo si preoccupò di dare infine ai PP.
Domenicani di Aversa, strenui difensori della Chiesa contro le eresie dei
Pàtari, una degna dimora, e per l’occasione consentì che si ingrandisse la
chiesa (oggi detta S. Domenico) demolendo quella parrocchiale di S.
Antonino, avvenuta il 7-5-1298. Orbene, dalle notizie riportate,
sembrerebbe che l’episcopato di Patrasso, come il pontificato di Bonifacio
VIII, abbia navigato in tranquille acque, il sottofondo invece era sparso
di mine che scoppiarono dopo qualche anno, lacerando tutta la Chiesa,
lasciando visibili e profonde cicatrici.
Torna su
(1299-1309) Pietro I
de Turrite "Il Fortunato"
Si sa
che Pietro I era già Vescovo di Anagni e che nel 1299 fosse trasferito,
dal Papa Bonifacio VIII, alla sede di Aversa. Non si conosce, però, la
sua origine e fa meraviglia che era andato in disuso il diritto, concesso
ai Capitolari, di eleggersi il proprio Vescovo. Dovettero certamente
avverarsi delle novità, per cui il Pontefice fu costretto a sospendere
tale facoltà: non si dimentichi l’influenza che sfociava in una
imposizione del re del tempo, Filippo IV di Francia. Fatto è che nel
decreto di trasferimento di Pietro I si annota, con una voluta insistenza,
che la Diocesi di Aversa è “direttamente soggetta alla S. Sede Si
valse, Pietro I, dell’opera del suo predecessore, in particolare per
quanto riguardavano donazioni e conferma di privilegi. Difatti, oltre
il possesso del lago di Patria, a Pietro I furono fatte altre
elargizioni, come la riscossione di alcune decime. Alla Diocesi fu poi
aggregato il comune di Grumo (1306), mentre, nel 1308, divenne proprietà
della Diocesi aversana anche un castello nei tenimento di Caiazzo. Ad
onor del vero, il Vescovo, superando difficoltà, riuscì ad operare
nell’interesse della Diocesi aversana, registrando la storia, a suo
favore, una fondazione che alcuni individuano nel monastero Montevergine
di Aversa, mentre altri in una “grancia”, dall’origine francese, che vuoi
dire “granaio” per il popolo. Probabilmente, al sorgere, la fondazione
doveva essere una granaio, poi divenuto un Monastero ed affidato ai monaci
benedettini, seguaci di S. Guglielmo (fondatore dell ‘Abazia di Montevergine). Per l’origine di quest’opera non c’è una data esatta: chi propende
per il 1301 e chi per il 1343. Il monastero, soppresso nel 1807 dallo
Stato, divenne una filiale del grande Ospedale Psichiatrico “Maddalena”,
adibita a sezione femminile. Del fortunato Pietro I si sa la data
della sua morte, il 1309, e con tutta sicurezza si può asserire di essere
stato sepolto nel cimitero della Cattedrale.
Torna su
(Clicca
sull'immagine per tornare all'indice dei vescovi)
|
|