1309 Pietro II 1323 Fra' Guglielmo 1326 Fra' Raimondo de Mausac
1337 Bartolomeo I 1342 Giovanni VI 1357 Angelo de Ricasoli

(clicca sui relativi nomi qui sopra per leggere i relativi profili)

 

 

 

 

                                                                               

(1309-1321) Pietro II di Beauvais "Il Protetto"

 

Chi dice che Pietro II fosse francese, chi invece afferma che fosse di Belluno: la colpa delle incertezze la si deve addebitare alla moda del tempo, che latinizzava, senza regole, i nomi.
La cronaca dice di essere stato, il Pietro, canonico di Beauvais, nominato poi Cappellano della corte di Carlo II d’Angiò. A quei tempi i re ed i loro diretti collaboratori avevano il privilegio della chiesa nella propria dimora,funzionante un cappellano, che non era addetto solo al servizio spirituale, ma spesso era il consigliere del re, il pedagogo dei pupilli reali, oggi diremmo un quasi manager della  casa.
E’ questa la ragione per cui, pur essendo stato scelto quale Vescovo di Aversa, rimasero inalterati i rapporti di Pietro II con la casa reale, in virtù del servizio che continuava ad esercitare a corte.
E’ vero che fu eletto Vescovo di Aversa dai canonici; è vero anche che l’elezione fu confermata da papa Clemente V nel 1309; non si trascuri, però, che l’influenza di Carlo II dovette essere decisionale in tale circostanza.
Arrivato o meno in Aversa, Pietro II fu promosso, appena qualche anno dopo, patriarca di Costantinopoli, conservando il beneficio della sede aversana sino al 1321, non potendo, per altri incarichi, più conservarlo.
Lo si deve però a Pietro II se la Diocesi di Aversa allargò i suoi confini: al suo tempo si comincia a parlare dei circondari del lago di Patria; esplicitamente, poi, di Friano (Frignano), Fratta e dintorni, Casandrino e Gricignano; si delineano i primi stabili confini dell’attuale Diocesi e, dopo la creazione delle province, Aversa rimase a cavallo tra due province, quella di Napoli e quella di Caserta.
La facoltà di ereditare ancora beni, poi, veniva dalla soppressione dell’Ordine dei Templari. I beni di questi, assieme alle offerte dei fedeli, concorsero, in seguito, alla creazione di una meritevole opera sociale: I’A.G.P. (l’Annunziata), sparsa un po’ ovunque, nel meridione, sotto il governo angioino.
Pietro II ne traeva vantaggi per la Diocesi, essendo, come dianzi detto, ancora Cappellano di corte, ottenendo altre commende, col sopraintendere pure a diverse chiese delle Puglie e della stessa Bari, senza parlare di altre Diocesi, come Napoli, che ricusavano di essere vigilate.
Pietro II, nel I234, morì e non in Aversa la cronaca lo segnalava come “dimissionario” della sede aversana.

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(1323-1325) Fra’ Guglielmo "l’Umile" 

 

Con le dimissioni di Pietro II, la cattedra episcopale di Aversa rimase due anni vacante.
Questa volta si conosce il motivo che faceva attendere il nuovo Pastore: una lotta per scegliere la persona ritenuta più idonea e più simpatica.
Secondo i desideri dell’allora Papa, Giovanni XXII, che era il secondo pontefice residente ad Avignone (famosa cattività avignonese), non gli garbavano nominativi che non fossero da lui accetti.
Senza voler descrivere gli abusi del tempo, si dirà soltanto che il Papa aveva costituito i “riservati”, abolendo le elezioni concesse prima, avocando a sé il diritto di eleggere i Vescovi.
I capitolari aversani, difatti, avevano eletto, secondo le norme, un certo Riccardo, vescovo di Tricarico, ma il Pontefice non approvò la scelta; occasione volle che il Riccardo morisse e così si spense un fuoco già abbastanza sviluppato.
Intanto si passò ad una seconda elezione, nella persona di Ligorio di Sessa, all’epoca canonico aversano, accetto ai signori canonici di Aversa ma non a Papa Giovanni XXII.
Mentre il Ligorio attendeva speranzoso la decisione papale, l’appianatrice di ogni cosa, la morte, lo rapì ed i nuovi contrasti si spensero. (Qualcuno affermò che il Ligorio sia morto di dispiacere, ossia per non aver avuta l’approvazione a Vescovo dal Papa).
A dirimere la contesa, quindi, intervenne personalmente il Pontefice, e così in Aversa arrivò, come Pastore del gregge, un membro dei frati minori “fra Guglielmo”.
Costui, già Vescovo di Pozzuoli, l’1 giugno del 1323 fu trasferito ad Aversa.
Ben poco conosciamo del suo apostolato svolto in Aversa, ma fra Guglielmo, come si racconta altrove, si sa che continuò da Vescovo a menare una vita semplice ed umile, edificando con l’esempio i fedeli. Durante la sua permanenza ad Aversa, egli dovette continuare a vivere spendendo le forze che gli rimanevano per i suoi figli spirituali: in Aversa era arrivato già vegliardo.
Di lui le cronache riportano altre notizie, essendo stato trascritto anche l’anno della sua morte (1325) nel registro regio.

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(1326-1337) Fra’ Raimondo de Mausac "l’Inquisitore" 

 

Sembra strano che la cronologia segua con la nomina di un altro Vescovo francese.
Non deve dimenticarsi che il papato, dal debole Clemente V, eletto per volere di Filippo IV, era stato trasferito in Francia, nella città di Avignone, esattamente nel 1309.
Spesso il Papa, oltre ad interessarsi dei fedeli sparsi nel mondo, doveva anche, tramite suoi legati, sorvegliare su beni temporali e nomine di re (pesante eredità medioevale).
Aversa, in quel tempo, faceva gola a molti, quindi, ogni qualvolta il Vescovo doveva essere nominato, sorgevano litigi aperti o serpeggianti, intrighi ed oscure manovre.
Il Papa Giovanni XXII, come altri 5 suoi successori, dovevano destreggiarsi per non crearsi nemici, perciò intervenivano di persona e sceglievano Vescovi (momento delicato perché i Vescovi erano coinvolti nelle amministrazioni e distribuzioni di feudi) loro amici, ed essendo francesi, facilmente preferivano dei connazionali.
Si scusi questa digressione necessaria ed illuminante, altrimenti non si potrebbe spiegare tanta distinta ricercatezza nelle nomine, e così per la scelta a Vescovo di fra’ Raimondo. Non fu, certo, una scelta facile; i canonici aversani avevano designato un Pietro de Mareriis, canonico, ma il deputato non fu accetto al Papa, il quale volle scegliere un altro frate francescano, già Vescovo, ma francese.
Fra’ Raimondo, essendo già a Chieti, fu trasferito ad Aversa il 21 aprile 1325, per decreto di Giovanni XXII.
Qualche anno dopo il Raimondo fu creato Cancelliere del duca di Calabria e, con questa nomina, il Vescovo si allontanò da Aversa, che fu amministrata da un Vicario.
L’azione del Vescovo giovò alla Diocesi, che si arricchì di altri casati in tenimento di Briano e di Gricignano.
La storia lo nomina in Toscana, condannando Cecco d’Ascoli quale negromante, che, inquisito, dovette subire il rogo. In questa regione dové arrivare una nutrita spedizione (con l’ordine di punire alcuni rei) diretta oltre che dal Raimondo, dal re Roberto e diversi aversani, appartenenti a famosi casati.
Non vi sono indizi, infine, per stabilire se il Raimondo finì la sua vita terrena in Aversa o altrove.

 

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(1337-1340) Bartolomeo I "il Prescelto" 


Un lontano forestiero fu prescelto e divenne Vescovo di Aversa. A nulla valsero le elezioni che il Capitolo cattedrale tenne a favore di un fra’ Giacomo, Vescovo di Amalfi.
Così, nonostante le ripetute elezioni, i canonici non riuscirono allo scopo nemmeno la seconda volta, eleggendo un certo Ruggiero Sanseverino, canonico napoletano.
Sia il primo che il secondo scelto non furono accetti al papa, Benedetto XII che nominò un certo Bartolomeo di Patrasso; costui era cappellano del Pontefice e perciò di sua fiducia.
E’ certo riportato - tra i documenti pontifici - il nome di Bartolomeo, Vescovo di Aversa, che non è datato nel 1337, come affermato da altri documenti, ma con due anni di anticipo, nel 1335.
I due anni di discordanza si spiegano per le due elezioni avvenute e per il tempo richiesto al disbrigo delle pratiche inviate dal Capitolo aversano e dal rifiuto opposto dalla Curia avignonese.
Il titolo “eletto” acquisito, dopo la sua nomina a Vescovo, il Bartolomeo non riuscì a festeggiarlo, secondo la testimonianza di qualche storico, che non ne riportano il motivo.
La Diocesi aversana, al tempo di Bartolomeo, allargò i suoi confini nella zona starza di Frattaminore.
Nel 1340 si assegna al Bartolomeo la sua fine terrena, ma non si apprende se morisse in Aversa o fuori.

 

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(1342-1357) Giovanni VI "il Pio" 


Se bisogna dar credito ad una lapide - andata distrutta - che era apposta sul sepolcro di questo Preside, sita nel Duomo di Aversa, bisogna riconoscere di Giovanni VI una vita fatta di pietà, di zelo, di buon esempio e di sprone sia per il clero che per i fedeli.
Costui fu nominato alla sede aversana, tramite elezione, approvata, senza riserve, dal Papa Clemente VI. Era chiamato, il nuovo eletto, Giovanni de Glaudiis e sarebbe stato scelto tra il clero di Bari, essendo “cantore” dell’attuale basilica di S. Nicola.
Appena arrivato in Diocesi, Giovanni VI, stando sempre alla suindicata lapide, fu un “inclito assertore” della chiesa aversana.
Dopo qualche anno, nel 1348, una funesta disgrazia si abbatté in Aversa; difatti fu assediata e danneggiata dai francesi, ed in tal frangente si conobbe il cuore del Vescovo.
Nel 1349, invece, un terremoto violento fece crollare il Duomo e, forse, il vecchio campanile, che non fu più restaurato, come pure molti caseggiati crollarono.
Il Vescovo Giovanni VI non rimase inattivo nemmeno questa volta, poiché, se amava il clero e la sua Cattedrale, non poteva dimenticare i suoi fedeli, prodigandosi per tutti.
I danni subiti dalla Cattedrale furono riparati in tre anni ed il Vescovo, esortato pure dal Papa Innocenzo IV, rimise in piedi il Duomo più bello di prima, collaborato dal clero e dai fedeli, che corrisposero all’opera zelante del Pastore.
Fu, Giovanni VI, uno dei pochi vescovi di quei tempi che mai si allontanò dalla diocesi, l’amò, le diede nuovo impulso e non volle abbandonarla neanche in morte, poiché - per la lapide menzionata - fu seppellito ai piedi dell’altare maggiore: forse a simbolo del suo continuo insegnamento.

 

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(1357-1370) Angelo de Ricasoli "il Nobile" 

 

La permanenza del Papa ad Avignone comportava la scelta alle migliori sedi vescovili (del tempo) di personalità francesi.
Per Angelo de Ricasoli fu un’eccezione, essendo discendente da nobile famiglia fiorentina che forse aveva una certa ascendenza tra i notabili.
Un’altra ragione della scelta del Ricasoli poteva essere un eventuale compromesso. Non è facile oggi spiegarsi tante cose, per noi, incongruenti o strane, accadute nel passato.
Il Ricasoli era già Vescovo di Sora (FR) ed anche questo poteva essere un motivo a suo favore per essere stato trasferito, nel 1357, alla sede vescovile di Aversa.
C’è, intanto, una discordanza per l’anno della nomina del Ricasoli, poiché nel manoscritto del Calefati - nonostante si nomini il Papa di allora, Innocenzo III - si riscontra un ritardo di 2 anni, non quindi venuto in Aversa il 1357 ma il 1359.
Durante il periodo rimasto ad Aversa, non si può testimoniare del Ricasoli né vita, né miracoli compiuti; quel periodo forse dovette essere di attesa per il Vescovo mentre per le Autorità una malcelata calma.
Giovò, certo, al Ricasoli, perché egli mirava altrove e ci riuscì - Aversa fu per lui soltanto una pedina - appena possibile andò altrove.
Di fatto, resasi vacante la sede di Firenze, chiese là il trasferimento, avvicinandosi alle sue terre (era verso il 1370).
Il Ricasoli non dovette trovarsi a suo agio in Firenze, perciò chiese un nuovo trasferimento, passando alla sede di Faenza, suffraganea di Bologna; infine il Ricasoli ebbe come sede Arezzo.
La storia ci ricorda che il Ricasoli ripudiò il cognome e lo stemma di famiglia, preferendo essere chiamato “Angelo dei Serafini”. Tale sua decisione non si può dimostrare se avvenne all’inizio del suo episcopato o in seguito.
Infine, se fu un contrasto con i familiari o perché invaso da serafico ardore: questo non sta a noi dirlo.

 

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