1370 Card. Ponsello Ursino 1378 Bartolomeo II  1378 Nicolo' 
1381 Card. Marino del Giudice 1386 Card. Erecco Brancaccio 1418 Card. Rainaldo Brancaccio

(clicca sui relativi nomi qui sopra per leggere i relativi profili)

 

 

 

                  

(1370-1378) Card. Ponsello Ursino "il Prelato" 

 

Il Ponsello sarà stato uno di quei Pastori che, pur gloriandosi del bel titolo, preferiva arrivare alle pecorelle del suo gregge attraverso l’opera di intermediari (i Vicari).
Tanto più lo permettevano i tempi, nonostante fossero duri giorni, funestati da continue discordie.
Ponsello fu un romano, ed attirandosi le simpatie di Papa Gregorio XI, francese, ottenne la sede episcopale aversana nel 1369.
Mentre finiva la serie dei papi francesi, nel 1378 (merito soprattutto della grande Santa, Caterina da Siena), ritornando sul trono pontificio un italiano (un napoletano), il Ponsello seppe così bene destreggiarsi, vuoi per diplomazia, vuoi per doti proprie, da essere creato dal nuovo Papa, Urbano VI, Cardinale e Vicario generale della Sabina: era l’anno 1389.
Un’altra carica gli fu, poi, affidata; difatti il Ponsello fu nominato - oggi si direbbe Presidente - responsabile dell’Ospedale S. Tommaso, sul monte Celio, in Roma.
Ad un certo punto, dovendo lasciare Aversa, sua Diocesi, fu pregato di dare le dimissioni.
Frattanto i francesi, col ritorno del Papa nella sua sede originaria (Roma), non si rassegnavano, tanto che anteposero al legittimo papa Urbano VI, un antipapa, col nome di Clemente VII - ancora francese - in Avignone.
Il Ponsello Ursino, assieme al Cardinale Filippo Gezza ebbe tanto da fare, per organizzare ed affrontare il re Ladislao; il Papa permise che, per pagare i soldati, si coniassero monete da ex-voti e vasi sacri preziosi.
L’Ursino, infine, dopo 17 anni, riebbe di nuovo la sede vercovile di Aversa - probabilmente alla morte di Papa Urbano VI - forse stanco di girovagare ed incontrare ostacoli, preparandosi, così, all’ultimo incontro, dedito ad una revisione della propria vita.

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(1378) Bartolomeo II "il Contrastato"

 

Non facile era la vita dei prelati neanche a quell’epoca. Per riuscire ad ottenere una nomina o un beneficio, i sacerdoti ed i religiosi dovevano superare varie difficoltà.
Erano le conseguenze di una continua ed aspra lotta interna ed esterna alla Chiesa; lotta, perciò, che scaturiva non solo da calcoli e gelosie, ma da certi soprusi da parte della laicale potestà.
Il Papa Urbano VI aveva - tra gli altri - un “legato” chiamato Gentile di Sangro, che non perdonava facilmente i seguaci dell’antipapa Clemente VII, perseguitandoli ovunque fossero.
Era comune questionare sulla legittimità delle nomine e sugli abusivi dei benefici.
Tra i contrastati, venne a trovarsi proprio il Vescovo Bartolomeo II, cui alcuni storici assegnano appena un anno di episcopato aversano, mentre altri qualcosa di più.
Fatto è che Bartolomeo II dovette lottare con un Vescovo illegittimo, chiamato Nicolò di Lucera, che usurpava il titolo aversano. il Nicolò, forse, con forza dovette ottenere l’episcopato aversano, ma la storia afferma che dopo poco fu mandato via, mentre di Bartolomeo II non si sa che svolta prese.
Si avveravano le alterne vicende di uomini e cose che la cronaca registra ripetersi.
Quindi il Bartolomeo, non avendo tranquillità sicura a suo favore, né il tempo indispensabile per operare, poco o niente operò per la Diocesi. La storia aggiunge che per essere stato contrastato, forse, non riuscì nemmeno a farsi ubbidire dai suoi fedeli.
Il Bartolomeo, sfiduciato, si dovette decidere solo a preparare i suoi bagagli e partire - sconosciuto - per nuove terre.

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(1378) Nicolò "il Deposto"

 

Il Nicolò, dalla storia, è presente in Aversa quasi contemporaneo di un altro Vescovo: Bartolomeo II Del Nicolò, si dice essere stato Vescovo di Lucera, mentre del Bartolomeo eletto di prima nomina.

Però, se tutti e due erano vescovi di Aversa, per correttezza bisogna chiarire che il vero, quello cioè nominato legalmente dal Papa Urabo VI, fu Bartolomeo, mentre il Nicolò era un intruso, essendo stato nominato, in Aversa, dall'antipapa Clemente VII.

Anzi, il Bartolomeo doveva sostituire l'Ursino, già Vescovo di Aversa, che, nominato Cardinale, era impegnato altrove e reggeva la Diocesi aversana tramite un suo rappresentante.

Confusione ed inconvenienti simili erano di moda in quell'epoca e, se la Chiesa universale era retta da due papi (il legittimo e l'oppositore) accadeva pure che nelle Diocesi potevano ripetersi tali abusi, e spesso i fedeli venivano contesi e passavano da una giurisdizione all'altra.

Per la cronaca, in verità, si conservano i documenti che assegnano il beneficio sia al Nicolò che al Bartolomeo, e leggendoli conviene soltanto abbozzare un sorriso, compiangendo le miserie umane.

Certo, chi veniva lacerato era il gregge che, invece di familiarizzare col suo Pastore, qualche volta doveva provare abbandono e percosse.

I due vescovi, trattati nel profilo, ciascuno con proprie ragioni si sforzò di farsi credere legittimo, specie il Nicolò; egli, essendo già Vescovo, dimostrava che per lui era solo un trasferimento di sede da Lucera ad Aversa.

Non. si può accertare se i due vescovi ressero contemporaneamente la Diocesi, emanando disposizioni avverse.

La realtà è che si parla di Nicolò, contemporaneo di Bartolomeo, ma il tutto nel giro di pochi mesi; e, mentre il Nicolò viene deposto, l'altro scompare, cadendo nell'oblio.

 

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(1381-1385) Card. Marino del Giudice "il Torturato" 

 

Come già accennato, da qualche tempo - soprattutto in questo periodo - i papi avevano costituiti i “riservati”, abolendo cioè il privilegio di elezioni vescovili concesso ai Capitoli Cattedrali e nominando (riserva) i Vescovi direttamente.
Il Cardinale Marino fu uno di questi “riservati” che, originario di Amalfi e già Arcivescovo di Taranto, eletto Cardinale da Urbano VI, nel 1381 ebbe in commenda” la cattedra di Aversa.
In quell’epoca (come sempre) venivano modificate, adattandole alla realtà, le leggi disciplinari della Chiesa.
Qualcuno accusa gli stessi pontefici di aver agito contro le prescrizioni canoniche. Ma, come il Papa poteva modificare una legge, richiedendosi il consenso di un numero sufficiente di Cardinali? L’operato del Papa fu solo una necessità transitoria.
Aversa venne a trovarsi nell’occasione poiché il Papa Urbano VI, servendosi delle qualità del Cardinale Marino, lo ripagava con un beneficio nonostante fosse sede vescovile.
E’ inutile, poi, affermare che il Marino seguì le alterne vicende di Papa Urbano VI ed ebbe anche il privilegio e l’umana soddisfazione di poterlo ospitare nell’episcopio aversano.
Difatti, nell’aprile deI 1383, il Papa venne in Aversa ed alloggiò, solo per un giorno, nel palazzo residenziale del Vescovo, passando così nel castello di Casaluce, in Aversa, attiguo alla chiesa S. Pietro a Maiella (l’attuale parrocchia SS. Filippo e Giacomo).
Nel castello il Papa, invero, stette diversi giorni e più sicuro, dovendo dirimere una contesa sorta. tra Carlo III (a lui favorevole) e la regina Giovanna I.
Le vicende che seguirono furono svantaggiose per Urbano VI; il Papa, scappando nel Nocerino, visse un po’ di tempo in esilio, seguito sempre dal Marino, che gli teneva compagnia.
Urbano VI, chiesti aiuti al Doge di Genova, raggiunse questa città, facendo imprigionare alcuni cardinali sospetti, e tra questi il Marino.
Si dice che i Cardinali fossero gettati in pasto ai pesci, in mare. Scoppiò lo scisma dell’Occidente ed il Pontefice dovette assistere impotente a tanta calamità, constatando che un generale scompiglio aveva invaso tutta la Chiesa.

 

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(1386-1403) Card. Erecco Brancaccio "il Fidato" 

 

Nonostante che la cattività avignonese fosse terminata (era durata 74 anni, dal 1305 al 1378) ed eletto non più un francese ma un Papa italiano, nella persona del napoletano Bartolomeo Prignano, col nome di Urbano VI, nell’anno 1378, continuarono i disordini nella Chiesa.
Anzi, con l’elezione di un Papa italiano iniziarono le reazioni francesi ed il Papa, per difendere i diritti della Chiesa, doveva servirsi unicamente di persone conosciute e fidate.
Una di queste fu proprio Erecco Brancaccio, che era - oggi diremmo - un incaricato diplomatico che aveva svolto vari uffici, portati a termine con sagacia ed impegno.

La storia non ci tramanda la sua origine, fatto è che Brancaccio fu eletto Cardinale da Urbano VI e, qualche mese dopo, nominato Vescovo di Aversa, ma con qualifica di “amministratore perpetuo”.
Il motivo, perciò, è chiaro della sua nomina in Aversa, essendo già rappresentante papale (allora il titolo era “collettore di spogli”) nel regno di Napoli.
Sebbene il Brancaccio fosse già impegnato altrove, trovava il tempo per potersi interessare e presenziare avvenimenti che si succedevano nella Diocesi aversana.
Così, l’Anonimo aversano lo nomina il 22 marzo del 1403, in occasione della sistemazione, al campanile del Duomo aversano, della grande campana detta la “scarana”.
Il lettore attento può affermare: come era possibile nominare il Brancaccio nel 1403, se nella cronologia si dice essere stato Vescovo in Aversa sino al 1392?
Non si dimentichi che il Brancaccio, oltre ad essere diplomatico, aveva ottenuta la sede vescovile aversana, ma “personalmente” ed in “perpetuo”: amministratore a vita.
Quindi il Brancaccio rimaneva sempre il Vescovo di Aversa e nessuno poteva essere eletto ad Aversa se non dopo la sua morte.
Difatti, si parla in quest’epoca, della nomina di un certo Adamo, che a breve scadenza fu scacciato, e per un duplice motivo: l’Adamo era illegittimo, in quanto nominato dall’antipapa Benedetto XIII e non poteva sostituire il Brancaccio, essendo ancora in vita.
Si vivevano periodi diversi e solo qualche secolo dopo, con le decisioni del Tridentino (1545-1563) fu ordinato il diritto della Chiesa, sradicando privilegi ed abusi.

 

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(1418-1422) Card. Rainaldo Brancaccio "l’Ambasciatore" 

 

Il lettore che si trovasse a Napoli, entrando in S. Domenico Maggiore,potrebbe leggere il nome Brancaccio su varie tombe ivi esistenti.
E’ merito di Rainaldo Brancaccio, Vescovo di Aversa, che senza limiti di spese vi edificò le sepolture.
Non si può dire che il Brancaccio avesse fatto lo stesso in Diocesi; per la verità, né lapidi né documenti storici esistono che ricordano tanta cura per il suo gregge.
Il Brancaccio fu nominato Vescovo di Aversa nel 1418, da papa Martino V, avendo già il titolo di Cardinale e la Diocesi gli era stata concessa solamente come premio: era un segno di gratitudine che il Pontefice dimostrava ad un uomo che si era prodigato quale ambasciatore della S. Sede.
Il Rainaldo, della Diocesi di Aversa, non fu altro che l’amministratore (come d’uso in quei tempi), diritto che esercitò, a suo favore, in perpetuo.
Capitò, quindi, che i fedeli raramente vedevano il proprio Vescovo e, a volte, non lo conoscevano affatto poiché gli affari venivano sbrigati da un Vicario (costumi del tempo, difficili oggi da capire e giudicare).
Certo è che il periodo del Brancaccio ricorda una gran confusione che regnava ovunque, compreso nella Chiesa.
Sappiamo che all’elezione di un Papa, per ripicca o leggerezza, si nominava un antipapa, e cosi accadeva nei vari gradi gerarchici: al legittimo scelto si contrapponeva l’illegittimo.
Orbene, il R. Brancaccio, ad onor del vero, fu sempre fedele al legittimo Papa, quantunque ad un certo momento il suo nome quasi scompare dalla cronaca: si dovette sospettare di lui o dovette cadere in disgrazia.
Continuò egli a lavorare per il bene e la pace: difatti il suo comportamento fu apprezzato dall’Arcivescovo di Milano, che fu eletto Papa anche per merito del Brancaccio, col nome di Alessandro V.
Il Cardinale R. Brancaccio mori a Roma nel marzo 1427, ma i suoi resti mortali furono trasferiti a Napoli, a S.Angelo a Nilo, complesso da lui fatto costruire.


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