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(1519-1524) Antonio
Scaglione "l’Aversano"
Lo
Scaglione fu il primo cittadino aversano che ebbe l’onore di essere
insignito della dignità episcopale. Si dà per scontato che Scaglione è
originario di Aversa, attraverso esami di alcuni membri di famiglia
“Scaglione”, mentre non si è potuto accertare chi fossero i suoi
genitori. Si può soltanto dire che tale famiglia discendeva da nobili
casati ed aveva amicizie con le case regnanti, di cui subiva le alterne
vicende che si succedevano. Perciò, forse, ad Antonio Scaglione è stato
sovrapposto il titolo di “vanitoso”; lo si trova infatti implicato in
avvenimenti strepitosi dell’epoca, come nelle rivolte politiche e nelle
controversie religiose. Il mandato episcopale di Scaglione fu
esercitato in due periodi. Il primo:dalla nomina, 1519, regnante Papa
Leone X, dimettendosi nel 1524; il secondo: riprendendo il governo della
Diocesi aversana, solo a pochi mesi di distanza, sotto Clemente VII,
rimanendo titolare ancora per 4 anni, sino al 1528. Le interruzioni
pastorali dello Scaglione non sempre dimostrano la volontà del Vescovo,
poiché l’epoca era scossa ed intaccava così la potestà del Pastore, che
era costretto ad allinearsi ai tempi correnti. Del primo periodo
Scaglione la cronaca riporta ben poco operato a pro dei fedeli, tranne che
nel 1520; il Vescovo dové comporre una lite di precedenza tra i parroci di
Giugliano e quelli di Caivano, per il “Pastor Bonus” (rito di ubbidienza
annuale a cui devono essere presenti tutti i parroci e rettori di chiese
funzionanti in Diocesi: la data per Aversa è stabilita il 5
maggio). Sempre nel primo periodo si parla anche di una scomunica
comminata a due governatori. dell‘Annunziata di Aversa, per ribellione
alla legittima autorità. Nel secondo periodo, invece, essendo lo
Scaglione fedele all’imperatore Carlo V, si videro arrivare in Aversa i
nemici francesi, che abbatterono le mura della città e la
saccheggiarono. Dopo questi eventi, lo Scaglione volle ritirarsi a vita
privata e morì a distanza di qualche anno, tumulato nel cimitero del
Duomo.
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(1524-1528) Card.
Ercole Gonzaga "il Dimenticato"
Il nominativo, in qualche serie di autori, viene omesso e
ciò solo per un motivo logico. Che sia esistito e che sia stato
nominato alla Diocesi di Aversa è provato. Il Gonzaga era originario di
Mantova, ove viveva la nobile famiglia di cui un ramo era trapiantato in
Napoli. il suindicato, già col titolo di Cardinale, accettò di essere
“amministratore” della sede aversana, allorché si dimise la prima volta il
Vescovo Scaglione (circa il titolo di amministratore si è già discusso e
chiarito precedentemente). Intanto, E. Gonzaga era già Vescovo di
Mantova e fu appunto questo il motivo per cui - dopo pochi mesi -
riconsegnò la sede di Aversa allo stesso Scaglione, che la diresse ancora
quattro anni. Il Papa che nominò amministratore il Gonzaga, era Pio
IV. Avendo il Gonzaga ridata la sede vescovile a Scaglione, diede motivo
a qualche cronologista di escluderlo dalla serie dei vescovi
aversani. C’è chi invece rimpiange la dipartita da Aversa del Gonzaga,
augurandosi che la presenza del Cardinale dava più splendore alla Diocesi
aversana (restano solo pareri personali). Si ammette, però, che l’aver
affidata - per poco tempo - la sede di Aversa al Gonzaga, servì unicamente
per tranquillizzare gli animi dei fedeli, che forse non sopportavano la
presenza e l’operato dello Scaglione (si avverava, per costui, il detto:
“nessun profeta nella sua patria”). E’ da sottolineare marcatamente che
il Gonzaga era Vescovo mantovano, città a cui era legato per origine e di
cui doveva pur renderne conto. Altro non si può aggiungere al
personaggio in discussione, non avendo la possibilità di ulteriori
notizie, né la facoltà di inventarle arbitrariamente.
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(1529-1532) Card. Pompeo Colonna "l’Armigero"
Il Colonna non era adatto tanto a condurre la vita
ecclesiastica, quanto meno per essere nominato “Pastore” di anime. Se
accettò di farsi chierico, fu per le pressioni esercitate su di lui dallo
zio Prospero Colonna, nome famoso. li Prospero aveva educato il nipote
Pompeo (futuro Cardinale) al mestiere delle armi. Era nato in Roma il
Pompeo, da Girolamo (fratello di Prospero) ed appena imparò l’uso della
spada, si batté valorosamente contro gli Orsini ed i Gaetani. Passò,
poi, il Pompeo al servizio di Federigo, re di Napoli, ricolmato di tanti
favori. Sia il carattere del Pompeo, sia l’aspetto esteriore,
attraente, altoed ardente, lo aiutava ad esercitare degnamente la
professione delle armi. Se accettò, pressato, come si è detto, dallo
zio paterno, di far parte della classe sacerdotale, lo fece per
convenienza, sapendo che, se si decideva, era accetto pure a Papa Giulio
II. Quindi il Pompeo Colonna era frutto dell’epoca, quando alcune
famiglie, arbitrariamente destreggiandosi, dominavano nello Stato
pontificio. Il Colonna, perciò, non era neanche consacrato, come oggi la
chiesa stabilisce, fece parte di quel clero minore, rimanendo laico e, nel
tempo stesso, usufruendo dei benefici. Ad ogni Cardinale, difatti,
venivano assegnati dei vitalizi, che potevano o no avere la cura di anime
annesse. Con l’elezione di Leone X, il Colonna, già Cardinale, divenne
“amministratore della Diocesi di Aversa”: era l’anno 1529. Tra le altre
sedi vescovili precedentemente da lui amministrate vi fu quella di
Potenza, quella di Aquila (sedi certo scabrose geograficamente) ed altre
ancora. La migliore per il Cardinale fu la sede di Aversa e, nonostante
fosse solo amministratore, volle fare il suo ingresso, e con solennità, in
Aversa il 28 aprile 1529 (fu un avvenimento fuori dell’ordinario). li
periodo nel quale fu amministratore di Aversa, il Colonna passò senza
eventi eccezionali, ma di normali e solo amministrativi. Lasciando la
Diocesi fu così accorto che riuscì a consegnarla nelle mani di un suo
nipote di nome Fabio (triste periodo del nepotismo, che mieteva ove non
aveva seminato). Ad onor del vero, lasciò alla Mensa vescovile (rendita
che una volta disponeva il Vescovo per le sue spese personali) vari beni e
fu riconosciuto uomo dabbene ed amante delle lettere. Morì diversi anni
dopo a Chiaia in Napoli, dopo aver mangiato fichi ghiacciati e, per
qualcuno, avvelenato, secondo la cronaca nera; dopo tanto battagliar, col
Manzoni si direbbe, “il suo corpo freddo giacque”. Sepolto a
Monteoliveto fu trasferito in seguito nella cappella dei principi di
Sulmona.
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(1532-1554) Fabio
Colonna "il Giovane"
Come
è stato dianzi accennato, il Fabio ricevette il vescovado aversano a
seguito delle dimissioni presentate dallo zio Pompeo Colonna. Siamo in
un periodo poco felice e libero per la Chiesa: impera, per opera e
prepotenza di alcune nobili famiglie laziali, il “nepotismo”. Questo
evento dava la possibilità di nominare alle più alte dignità
ecclesiastiche uomini di età giovanissima, a volte senza esperienza e
preparazione, solo perché parenti di cardinali e personalità influenti
o di principi e re decisi a dominare la Chiesa tramite congiunti ed
amici. Prima di essere nominato, il Fabio, alla sede di Aversa, era
Patriarca di Costantinopoli.
Ed a soli 24 anni, in Concistoro, il
papa Clemente VII nel 1532 lo designò “amministratore” di Aversa e dopo
tre anni titolare della stessa Diocesi. Forse di amministrazione il
Fabio doveva intendersene; difatti, esiste un documento che dimostra
quanto il Vescovo si preoccupasse dei beni vescovili, e ciò a seguito di
un ricorso fatto da lui all’imperatore Carlo V, per difendere i diritti
della Mensa vescovile. Il Fabio - menziona la cronaca - cambiava a poca
distanza di tempo i suoi vicari, non contento del loro rendimento, e
spesso si occupava direttamente dell’amministrazione. E’ del tempo di
Fabio la creazione, in Aversa, del Convento dei Cappuccini, rimasti
operanti sino al secolo scorso, lasciando i buoni padri un memorando
ricordo del lavoro svolto a pro degli ammalati (oggi è sorto nella zona un
ippodromo ed un nuovo quartiere): il posto è chiamato “ai
cappuccini.
Del
Fabio pochissime cose si è saputo all’infuori di quelle riportare, e si
può affermare che morì in Roma nel 1554.
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(1555-1582)
Balduino de Balduinis "il Processato"
A succedere il Fabio C. fu un professore di medicina
(che in seguito limitò solo in alcuni casi), di nome Balduino. Era
nativo della Toscana, forse di Pisa, avendo la facoltà, in quel tempo, di
poter insegnare ancora medicina nonostante fosse iscritto tra i chierici
(che non significava Sacerdote). Il Balduino, mentre insegnava appunto
medicina, fece amicizia con il Cardinale Anton Giovanni M. del Monte,
acquistandosi la di lui stima. Si svolgeva, intanto, a Trento, il
Concilio della Controriforma (a seguito della ribellione di Lutero) ed il
Cardinale del Monte invitò Balduino in quella città, essendosi diffuso il
contagio della “petecchia”, chiedendo consigli su quel morbo. La sede
conciliare, a seguito dell’infezione, fu trasferita a Bologna e dopo poco
il Cardinale del Monte fu eletto Papa col nome di Giulio III. L’eletto
Papa volle che Balduino rimanesse presso di sé, nominandolo “archiatra”
(medico della casa pontificia). La Chiesa, in quei tempi, era ancora
travagliata, specie per la ribellione di Calvino e Lutero, ed il Papa
credette opportuno nominare ‘Legato pontificio” il Balduino, che ebbe
contatti in Germania, in Inghilterra, in Italia e un po’
ovunque. Furono così apprezzati dal Papa i suoi delicati uffici in
tanto frangente ed è merito del Balduino se in seguito si ebbe una tregua
tra Arrigo III di Francia e Filippo Il (figlio dell’imperatore Carlo V)
per gli stati italiani e per le Fiandre. Il Balduino, ormai molto
apprezzato da Papa Giulio III, fu prescelto quale Vescovo di Aversa,
appena si rese vacante la sede. Il Papa riteneva la sede aversana degna
di tale uomo designato, poiché Aversa meritava, oltre che per i diversi
benefici di allora, anche per le figure nobili e virtuose di Presuli che
l’avevano onorata. Balduino, iniziando il suo lavoro in Aversa, pensò
bene di applicare i decreti Tridentini, avendo il vanto di essere stato
presente ai lavori delle assemblee. Al nuovo Vescovo si deve, infatti,
se il clero fu riportato sulla via della disciplina, mentre i fedeli
furono messi in guardia contro le eresie dell’epoca. Per una sana e
fruttuosa formazione del clero il Balduino si adoperò alla fondazione in
Diocesi di un primo Seminario, innalzato accanto alla Cattedrale. Stabilì,
secondo il Tridentino, “lo stato delle anime” in ogni parrocchia ad
iniziare il 1555, la trascrizione in registri tanto preziosi poi allo
Stato e a qualsiasi ricerca storica, dei nati (battesimi), degli sposati e
dei morti. Solamente per aver favorito troppo un nipote fu accusato presso
il Papa Pio IV che lo processò: solo 4 anni dopo (durata del processo)
uscì la sentenza. Con l’assoluzione del Papa (Pio V) il Balduino, che era
stato privato del vescovado, fu reintegrato, ritornando nella sede aversana con pieno diritto e dichiarato innocente: fu riaccolto in Diocesi
con amore ed asultanza. Appena qualche giorno dopo il suo ritorno con
un Decreto vescovile, ripigliò la S. Visita (fu la prima in Diocesi)
interrotta a motivo del processo, era l’anno 1574. Meritava certo un
monumento , ma lui stesso volle far costruire un mausoleo che tuttora
ammiriamo alle spalle dell’altare maggiore del Duomo, nell’ambulacro, a
ricordo non solo delle sue spoglie, ma del suo continuo ed indefettibile
attaccamento alla Diocesi. Da quella inusitata “cattedra” sembra voler
dire: contro le insinuazioni di alcuni, riabbracciai la mia diletta
Aversa, ove perennemente resto.
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(1582-1591) Giorgio Manzolo
"il Poeta"
Tale titolo il
Manzolo lo conquistò appena arrivato in Aversa per il possesso della
Diocesi. La cronaca regia del tempo registra gli onori con cui fu accolto
e dei “sonetti” per l’occazione, rivolti al nuovo Pastore, dettati da un
canonico, forse il Pacello di Aversa. Ai presenti, il Vescovo Manzolo
ricambiò in versi il suo ringraziamento e saluto, decantando la natura
della terra aversana, il cielo sereno e mite, esaltando il Pacello, quale
degno figlio dell’agro aversano - quasi suo ornamento - e tutta la gente
del luogo, chiamandola “gente illustre”. Nel concludere il suo dire, il
Manzolo conquistò il suo uditorio, affermando che nessuno potrà mai
dividerlo dal suo gregge e che “l’unione di cuori presente era soltanto un
passegger piacere, poiché nel cielo sarebbe avvenuta, un unione
piena.
Era
nativo, il Manzolo, di Bologna, figlio del conte Ercole e nipote
certamente di un Cardinale. Prima di essere prescelto alla sede
vescovile di Aversa, era stato incaricato di svolgere missioni in diversi
dicasteri romani. Il Papa Gregorio XIII lo designò, il 10 maggio 1581,
mentre fu consacrato Vescovo nel seguente anno, allorché raggiunse Aversa. Ben poco è stato tramandato del lavoro svolto in Diocesi dal
Manzolo, tranne che il suo interessamento per la costruzione di una chiesa
per i Cappuccini di Aversa; la posa della prima pietra per la costruzione
della chiesa della Concezione e l’istituzione, sempre in città, di
un’Associazione del SS. Sacramento nella parrocchia dei SS. Filippo e
Giacomo. In occasione, poi, della riforma del calendario gregoriano, il
Manzolo si adoperò con zelo all’attuazione di esso in Diocesi. Mori, il
Manzolo, in Aversa e la cronaca riporta l’epitaffio che il Vescovo
successore fece apporre sul suo tumulo, che trovasi nell’ambulacro della
Cattedrale, volendo ricordare il suo programma, esposto all’arrivo in
Diocesi: “Nessuno potrà mai dividermi dal gregge”.
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