1591 Pietro V Ursino 1598 Bernardino Morra 1605 Filippo Spinelli
1616 Carlo I Carafa  1644 Card. Carlo II Carafa 1665 Paolo Carafa

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(1591-1598) Pietro V Ursino "il Magnanimo"


Di pietro Ursino si può, senza indugio, affermare che fu un uomo operoso di mente e di cuore con grande generosità.
Era nato a Roma, discendente da illustre e potente famiglia, nipote del Cardinale Ursino.
Pietro V, già Vescovo a Spoleto, fu trasferito alla sede di Aversa il 5 aprile del 1591, sotto il pontificato di Gregorio XIV.
Quantunque Vescovo, Pietro era a disposizione della S. Sede ed aveva continui contatti con lo stesso Papa.
Se I’Ursino offriva parte del suo tempo in ambascerie, non trascurava per queste la sua Diocesi aversana, premuroso e presente i.i tutte le attività che si svolgevano.
La prima cura dell’Ursino fu il Seminario: si adoperò tanto per ingrandirlo e, pr ottenere ciò, lo trasferì più vicino alla Cattedrale. Anzi, comprò un palazzo, proprietà del Tufo, per aumentare ed ingrandire i locali.
Questo seminario durò sino al 1725, allorché fu ristrutturato ed abbellito grandiosamente dal Cardinale I° Caracciolo.
Ai seminaristi il Pietro volle dare un “regolamento” di formazione, affidandone la cura a due canonici degni della Cattedraie, di nome Onorino Dragonetti e Geronimo Fulgore.
Per riuscire nella riforma del clero e la pratica della vita cristiana dei fedeli, indisse l’Ursino - dopo aver compiuta la S. Visita pastorale in diocesi - il Sinodo, nel 1594 e gli “Atti” furono stampati dalla tipografia vaticana qualche anno dopo.
Non trascurò la chiesa madre: il Duomo; difatti esso fu restaurato, abbellito e tuttora restano segni del suo interessamento: ad esempio l’Altare maggiore adornato di bellissime colonne marmoree. Del Capitolo Cattedrale riordinò gli uffici, stabilendo che le dignità e gli altri beneficiari s’impegnassero per una degna attività rituale. Ottenendo l’approvazione del papa Clemente VIII istituì il Collegio eddomadariale nel Duomo (1597) perché accudissero ai canti liturgici nello svolgimento delle sacre cerimonie.
In Cattedrale fu fondata la “Vicaria”, inesistente prima, affinché un sacerdote incaricato curasse le anime. Il suo agire fu speso per il riordino e fondazioni di parrocchie: in Aversa sorse quella di “S. Maria la Nova” (al Borgo).
Si avvantaggiò dell’opera del Vescovo anche il Monastero di S. Francesco di Aversa.
Chiarì e riallacciò contatti tra il clero aversano e gli amministratori delI ‘Annunziata.
Si deve riconoscere che l’Ursino lavorò molto ed in poco tempo. La sua morte avvenne in Aversa, ignorando ove fu collocato il suo tumulo.

 

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(1598-1605) Bernardino Morra "il Saggio" 

Fu originario, il Morra, di Casale dell’Insubria (zona sottomessa ai lombardi).
Se per occupare certi posti di responsabilità si richiedeva - ancora oggi e sempre - esperienza nonché apprezzate doti, del Morra si può dire che aveva sia l’una che le altre.
Prima di essere nominato Vescovo di Aversa, ebbe diversi incarichi e tutti di una certa importanza.
Difatti, fu prima Vicario generale a Milano - al tempo del Cardinale San Carlo Borromeo - passando, con la morte del Cardinale, a Roma con la carica di Segretario della Congregazione dei Cardinali; indi esaminatore dei Vescovi, Presidente della Riforma Apostolica ed infine nominato “Prelato domestico”
di Clemente VIII (un tempo tale prelazia comportava la quasi convivenza col Papa, oggi rimasto solo un titolo onorifico).
Ebbene, proprio Clemente VIII lo volle designare alle sede vescovile di Aversa, l’8 ottobre del 1598.
Non mancò al Vescovo Morra la saggezza nel reggere la Diocesi, adattandosi realisticamente all’ambiente ed essendo tanto esperto; anzi, secondo il Calefati, imitò le virtù di S. Carlo, regolandosi nella cura pastorale secondo i suoi dettami.
Profuse le sue doti e le sue energie, iniziando dal Capitolo Cattedrale, ove riordinò, sulla scia dei predecessori, le “dignità”, creandone due nuove: l’ufficio del “Teologo” e quello delicato del “Penitenziere”.
Il Presule desiderò, per Io svolgimento dei sacri riti, solennità e compostezza, creando per l’occasione un “maestro di cerimonie”.
Non dimenticò di restaurare la sua chiesa ed abbellirla sempre più.
Ripeté la stessa cosa per il decoro delle parrocchie, chiedendo aiuti finanziari unicamente per tali opere e soprattutto per il mantenimento del Seminario, bisognevole di continue cure.
Il Morra è rimasto tra i non dimenticati per aver redatto le Costituzioni Capitolari nel 1603, con l’approvazione meritoria di Papa Clemente VIII.
Fondò la Congregazione dei Preti missionari, che erano a disposizione della Cattedrale e dei comuni limitrofi. Attuò i dettami del Concilio Tridentino per I’accorporazione delle parrocchie non più per famiglie, ma per quartien. Arricchi il tesoro delle reliquie, nel Duomo, e vi aggiunse pure un’ampolla
del sangue di S. Carlo Borromeo. Si deve a lui la posa della prima pietra, nel 1603, per la costruzione in Aversa della chiesa della Trinità dei pellegrini.
Moriva il Morra a soli 56 anni, nel 1605, in Aversa, e le sue spoglie mortali venivano tumulate nel Duomo aversano, luogo però ai posteri sconosciuto.

 

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(1605-1616) Filippo Spinelli "il Cardinale" 

In questo periodo erano diversi i Vescovi di Aversa provenienti da Napoli, così Io Spinelli, discendente dei duchi di Seminara e dei principi di Cariati.
Passò, il futuro Vescovo aversano, diversi anni presso la sede apostolica e, secondo la cronaca, apparteneva al clero romano che viveva nei pressi del Vaticano e che spesso era investito della carica di ambasciatore pontificio.
Il succitato divenne prima Vescovo di Policastro, indi Cardinale ed in seguito trasferito alla sede aversana.
Era stato eletto Cardinale da Clemente VIII nel 1604 e per conseguenza (avendone diritto) partecipò all’elezione del nuovo Papa (alla morte di Clemente), che si chiamò Leone XI, e, dopo qualche anno, alla nuova elezione di Papa Paolo V (della famiglia Borghese). Paolo V lo destinò, nel 1605, alla cattedra di Aversa.
Il pensiero dominante dello Spinelli fu di correggere gli abusi dell’epoca (non ancora spenti), quale, ad esempio - durante la Visita pastorale - il dover affermare la giurisdizione del Vescovo (su materia sacra) contro alcuni Enti che amministravano chiese, come per l’Annunziata di Aversa.
Lo Spinelli non indietreggiò davanti ad ostacoli che anteponevano i rappresentanti dell’Ente detto, anzi seppe dimostrare così bene la ragione del diritto ecclesiastico, ammonendo chi lo contrastava. La S.Visita iniziò nel 1611, dopo sei anni dal suo arrivo in Diocesi, avendo già conoscenza di luoghi e
persone.
Molte cose sviate furono raddrizzate nelle parrocchie e chiese mediante la sua presenza, incoraggiando gli incerti e sigillando il bene che certo non mancava, spazzando la cattiva erba ed i seminatori di essa.
Lo Spinelli non dimenticò la sua Cattedrale, si può ancor ammirare un bel reliquiario d’argento da lui donato.
La cronaca non riporta se lo Spinelli morì in Aversa o fuori; è certo che fu sepolto nella vecchia chiesa del Gesù a Napoli.

 

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(1616-1644) Carlo I Carafa "il Munifico" 

Con Carlo I inizia la serie - se così può dirsi - della famiglia Carafa. Costui, infatti, era figlio di quel Fabrizio, principe della Roccella. La famiglia Carafa ebbe onori e dignità e, per un certo tempo, si trovò tra vicende ora tristi ora liete, e da questo ceppo venne fuori anche un pontefice, Paolo IV.
Viveva a Roma, Carlo I Carafa, allorché fu eletto Vescovo di Aversa da Papa Paolo V, nel luglio del 1616; prima di raggiungere la sede aversana, dovette disbrigare incarichi affidatigli dalla S. Sede.
Quando il Carafa arrivò in Aversa, il 23 novembre del 1616, si appartò per 5 giorni nel monastero di S.Lorenzo in Aversa (allora fiorente ed attivo) e solo alla fine di novembre, in corteo da porta Napoli (arco dell’Annunziata) arrivò in Episcopio.
Nei primi 5 anni del suo ministero, la cronaca riporta scarse notizie, forse perché il Carafa non era stabile nella permanenza; difatti, da Papa Gregorio XV fu inviato “nunzio” pontifico ij Germania e lo stesso Papa che segui, Urbano VII, gli diede altri incarichi.
Se per alcuni non si parla del Carafa, all’improvviso la storia dice che fece ritorno in Aversa dopo 14 anni.
Da questo momento, nel 1630, il Vescovo Carafa si dedicò anima e corpo alla sua Diocesi. Iniziò ad occuparsi della Cattedrale: era tutto un cantiere per restauri ed abbellimenti progettati dal Carafa, quasi rifacendola daccapo.
Dal “coretto” (cappella ove si radunano ferialmente i capitolari per le sacre funzioni) trasferi in una apposita cappellina attigua le Reliquie, ornandola di affreschi, costruendovi un altare, creando degli armadi nelle pareti in cui deporre statue argentee di Santi e varie reliquie. Sulla parete, dietro l’alta-
re in alto, ancora oggi si riesce a vedere un veggente coperto di abiti pontificali in atto a pregare (è appunto il Carafa), attorniato dai Santi Apostoli Pietro e Paolo (Paolo in quanto protettore e Pietro patrono universale della Chiesa), mentre di prospetto il Duomo col suo vecchio campanile, che in cima ha una banderuola, ed il tutto attorniato da stemmi della famiglia Carafa.
Dotò, inoltre, il Duomo di due grandiosi organi, installati nel presbiterio; lasciò per il Capitolo il magnifico ed artistico “Coro” e suppellettili sacre varie sparse un po’ ovunque.
L’opera che soprattutto ce lo fa ricordare - apprezzato o criticato - è la “Casa” di Loreto, costruita dopo che aveva fatto un viaggio nelle Marche (che accoglie la Casa autentica) innamorandosi di quella costruzione che volle riprodotta in tutte le più particolari parti, a sua completa spesa in onore della
Vergine Maria di Nazaret.
Diverse altre opere i posteri devono ammirare del Carafa, specie quelle a fine caritatevole, quale il “Monte di beneficenza” in Aversa (oggi scomparso) tutto a favore dei bisognosi.
Desiderò che il suo corpo mortale venisse deposto davanti alla cappella di Loreto e così avvenne nel 1644.

 

 

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(1644-1655) Card. Carlo II Carafa "il Concittadino" 

Dai registri (dei Battezzati) della chiesa di S. Paolo in Aversa, si legge che Carlo II Carafa, figlio di Geronimo della Roccella e di Diana Vittoria, fu ivi battezzato il 5 maggio del 1620.
Qualche scrittore afferma, invece, essere Carlo II, nato a Roma. Può accettarsi la soluzione seguente: nato forse a Roma fu battezzato in Aversa, essendo Vescovo di Aversa suo zio Carlo I Carafa.
Se è, poi, riconosciuto “cittadino” di Aversa, e lo afferma la storia, vuoi dire che il medesimo ne aveva diritto.
Il personaggio in questione percorse in Roma una splendida carriera diplomatica, con la nomina di vicedelegato papale a Ferrara e a Bologna, In età giovane (aveva solo 24 anni) fu designato Vescovo di Aversa (13 luglio 1644) sostituendo lo zio, suo predecessore.
Appena arrivato in Diocesi, ebbe cura delle anime ed, essendo esperto conoscitore di uomini, indisse un “Sinodo” nel 1660 per dettare le sue direttive pastorali, incrementando tutto ciò che veniva attuato legalmente.
Nonostante che reggesse la Diocesi, esplicava periodicamente dei mandati quale diplomatico e ciò comportava il suo allontanamento da Aversa; difatti si recò, oltre che In zone italiane, nella Svizzera, nell’Austria ed in Germania.
Nel 1655 papa Alessandro VII volle premiarlo, conferendogli il titolo di Cardinale, e Carlo II, consapevole e cosciente della responsabilità pastorale, accettò il cardinalato ma preferì lasciare la Diocesi aversana perché fosse da un altro guidata.
Lavorò ancora per la Sede Apostolica e visse altri 15 anni, morendo all’età di 60 anni, in Roma.

 

 

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(1665-1686) Paolo Carafa "il Teatino" 

Anche costui, della nominata famiglia Carafa, si dice sia nato in Aversa
il 7 luglio 1618, essendo trascritto nei registri della chiesa Cattedrale “S. Paolo” in Aversa, funzionante parroco Mario di Leone.
Fratello, il Paolo, del Cardinale Carlo II di Carafa, che, appena nominato “principe” della Chiesa, lasciò la sede vescovile aversana, come detto altrove.
Faceva parte, Paolo, della Congregazione “Teatina”, fondata da S. Gaetano, che aveva avuto tra i suoi primi compagni il Vescovo di Chieti Giampietro Carafa, eletto poi Papa col nome di Paolo IV, parente quindi di Paolo Carafa.
La cronaca non parla di festeggiamenti in suo onore, che sicuramente dovettero essere stati preparati al suo ingresso e possesso in Diocesi aversana.
Paolo ebbe la disponibilità di reggere la Diocesi per circa 21 anni e non gli mancarono sia talenti, sia mezzi, che con buona volontà, adoperò per favorire popolo e clero.
E’ del tempo di Paolo il triste avvenimento che capitò nel Duomo nell’anno 1671 il 28 novembre, mentre il popolo gremiva la chiesa durante il giubileo lauretano (periodo per acquisto di indulgenze che si è attuato fino a qualche decennio addietro e oggi quasi spento). In attesa che il rito iniziasse, cinque persone si scagliarono contro altre tre - la vera causa è incerta - che furono uccise con colpi di archibugio, morendo dopo alcuni istanti in chiesa.
NeI 1678, invece, è sottolineato un altro avvenimento, ma riguarda la famosa grande campana - detta Scarana - che si doveva riordinare, non riuscendo nell’intento poiché solo alla morte del Vescovo Paolo fu rifusa e sistemata al primitivo posto.
La generosità del Paolo era conosciuta poiché al suo tempo varie Istituzioni (Enti e chiese) furono aiutate finanziariamente; sorse pure in questo periodo (1681) il Monastero della Cappuccinelle in Aversa, su un fabbricato già esistente e fatiscente.
Di lui si conserva tuttora la topografia della Diocesi aversana (secondo alcuni inesatta) che traccia i confini su cui delimita la giurisdizione del Vescovo.
Tale disegno è ancora visibile oggi, essendo esposto in una sala dell’episcopio.
Se il Paolo morì a Napoli, fu accontentato nel suo desiderio, come attestava una lapide, essendo stato tumulato davanti alla cappella Loretana; sepoltura scomparsa nei secoli per lavori che seguirono in Cattedrale.

 

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