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(1591-1598) Pietro V Ursino "il Magnanimo"
Di pietro
Ursino si può, senza indugio, affermare che fu un uomo operoso di mente e
di cuore con grande generosità. Era nato a Roma, discendente da
illustre e potente famiglia, nipote del Cardinale Ursino. Pietro V,
già Vescovo a Spoleto, fu trasferito alla sede di Aversa il 5 aprile del
1591, sotto il pontificato di Gregorio XIV. Quantunque Vescovo, Pietro
era a disposizione della S. Sede ed aveva continui contatti con lo stesso
Papa. Se I’Ursino offriva parte del suo tempo in ambascerie, non
trascurava per queste la sua Diocesi aversana, premuroso e presente i.i
tutte le attività che si svolgevano. La prima cura dell’Ursino fu il
Seminario: si adoperò tanto per ingrandirlo e, pr ottenere ciò, lo
trasferì più vicino alla Cattedrale. Anzi, comprò un palazzo, proprietà
del Tufo, per aumentare ed ingrandire i locali. Questo seminario durò
sino al 1725, allorché fu ristrutturato ed abbellito grandiosamente dal
Cardinale I° Caracciolo. Ai seminaristi il Pietro volle dare un
“regolamento” di formazione, affidandone la cura a due canonici degni
della Cattedraie, di nome Onorino Dragonetti e Geronimo Fulgore. Per
riuscire nella riforma del clero e la pratica della vita cristiana dei
fedeli, indisse l’Ursino - dopo aver compiuta la S. Visita pastorale in
diocesi - il Sinodo, nel 1594 e gli “Atti” furono stampati dalla
tipografia vaticana qualche anno dopo. Non trascurò la chiesa madre: il
Duomo; difatti esso fu restaurato, abbellito e tuttora restano segni del
suo interessamento: ad esempio l’Altare maggiore adornato di bellissime
colonne marmoree. Del Capitolo Cattedrale riordinò gli uffici, stabilendo
che le dignità e gli altri beneficiari s’impegnassero per una degna
attività rituale. Ottenendo l’approvazione del papa Clemente VIII istituì
il Collegio eddomadariale nel Duomo (1597) perché accudissero ai canti
liturgici nello svolgimento delle sacre cerimonie. In Cattedrale fu
fondata la “Vicaria”, inesistente prima, affinché un sacerdote incaricato
curasse le anime. Il suo agire fu speso per il riordino e fondazioni di
parrocchie: in Aversa sorse quella di “S. Maria la Nova” (al Borgo). Si
avvantaggiò dell’opera del Vescovo anche il Monastero di S. Francesco di
Aversa. Chiarì e riallacciò contatti tra il clero aversano e gli
amministratori delI ‘Annunziata. Si deve riconoscere che l’Ursino
lavorò molto ed in poco tempo. La sua morte avvenne in Aversa, ignorando
ove fu collocato il suo tumulo.
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(1598-1605)
Bernardino Morra "il Saggio"
Fu originario,
il Morra, di Casale dell’Insubria (zona sottomessa ai lombardi). Se per
occupare certi posti di responsabilità si richiedeva - ancora oggi e
sempre - esperienza nonché apprezzate doti, del Morra si può dire che
aveva sia l’una che le altre. Prima di essere nominato Vescovo di
Aversa, ebbe diversi incarichi e tutti di una certa
importanza. Difatti, fu prima Vicario generale a Milano - al tempo del
Cardinale San Carlo Borromeo - passando, con la morte del Cardinale, a
Roma con la carica di Segretario della Congregazione dei Cardinali; indi
esaminatore dei Vescovi, Presidente della Riforma Apostolica ed infine
nominato “Prelato domestico” di Clemente VIII (un tempo tale prelazia
comportava la quasi convivenza col Papa, oggi rimasto solo un titolo
onorifico). Ebbene, proprio Clemente VIII lo volle designare alle sede
vescovile di Aversa, l’8 ottobre del 1598. Non mancò al Vescovo Morra
la saggezza nel reggere la Diocesi, adattandosi realisticamente
all’ambiente ed essendo tanto esperto; anzi, secondo il Calefati, imitò le
virtù di S. Carlo, regolandosi nella cura pastorale secondo i suoi
dettami. Profuse le sue doti e le sue energie, iniziando dal Capitolo
Cattedrale, ove riordinò, sulla scia dei predecessori, le “dignità”,
creandone due nuove: l’ufficio del “Teologo” e quello delicato del
“Penitenziere”. Il Presule desiderò, per Io svolgimento dei sacri riti,
solennità e compostezza, creando per l’occasione un “maestro di
cerimonie”. Non dimenticò di restaurare la sua chiesa ed abbellirla
sempre più. Ripeté la stessa cosa per il decoro delle parrocchie,
chiedendo aiuti finanziari unicamente per tali opere e soprattutto per il
mantenimento del Seminario, bisognevole di continue cure. Il Morra è
rimasto tra i non dimenticati per aver redatto le Costituzioni Capitolari
nel 1603, con l’approvazione meritoria di Papa Clemente VIII. Fondò la
Congregazione dei Preti missionari, che erano a disposizione della
Cattedrale e dei comuni limitrofi. Attuò i dettami del Concilio Tridentino
per I’accorporazione delle parrocchie non più per famiglie, ma per
quartien. Arricchi il tesoro delle reliquie, nel Duomo, e vi aggiunse pure
un’ampolla del sangue di S. Carlo Borromeo. Si deve a lui la posa della
prima pietra, nel 1603, per la costruzione in Aversa della chiesa della
Trinità dei pellegrini. Moriva il Morra a soli 56 anni, nel 1605, in
Aversa, e le sue spoglie mortali venivano tumulate nel Duomo aversano,
luogo però ai posteri sconosciuto.
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(1605-1616) Filippo Spinelli "il Cardinale"
In
questo periodo erano diversi i Vescovi di Aversa provenienti da Napoli,
così Io Spinelli, discendente dei duchi di Seminara e dei principi di
Cariati. Passò, il futuro Vescovo aversano, diversi anni presso la sede
apostolica e, secondo la cronaca, apparteneva al clero romano che viveva
nei pressi del Vaticano e che spesso era investito della carica di
ambasciatore pontificio. Il succitato divenne prima Vescovo di
Policastro, indi Cardinale ed in seguito trasferito alla sede
aversana. Era stato eletto Cardinale da Clemente VIII nel 1604 e per
conseguenza (avendone diritto) partecipò all’elezione del nuovo Papa (alla
morte di Clemente), che si chiamò Leone XI, e, dopo qualche anno, alla
nuova elezione di Papa Paolo V (della famiglia Borghese). Paolo V lo
destinò, nel 1605, alla cattedra di Aversa. Il pensiero dominante dello
Spinelli fu di correggere gli abusi dell’epoca (non ancora spenti), quale,
ad esempio - durante la Visita pastorale - il dover affermare la
giurisdizione del Vescovo (su materia sacra) contro alcuni Enti che
amministravano chiese, come per l’Annunziata di Aversa. Lo Spinelli non
indietreggiò davanti ad ostacoli che anteponevano i rappresentanti
dell’Ente detto, anzi seppe dimostrare così bene la ragione del diritto
ecclesiastico, ammonendo chi lo contrastava. La S.Visita iniziò nel 1611,
dopo sei anni dal suo arrivo in Diocesi, avendo già conoscenza di luoghi
e persone. Molte cose sviate furono raddrizzate nelle parrocchie e
chiese mediante la sua presenza, incoraggiando gli incerti e sigillando il
bene che certo non mancava, spazzando la cattiva erba ed i seminatori di
essa. Lo Spinelli non dimenticò la sua Cattedrale, si può ancor
ammirare un bel reliquiario d’argento da lui donato. La cronaca non
riporta se lo Spinelli morì in Aversa o fuori; è certo che fu sepolto
nella vecchia chiesa del Gesù a Napoli.
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(1616-1644) Carlo I Carafa "il Munifico"
Con Carlo I inizia la
serie - se così può dirsi - della famiglia Carafa. Costui, infatti, era
figlio di quel Fabrizio, principe della Roccella. La famiglia Carafa ebbe
onori e dignità e, per un certo tempo, si trovò tra vicende ora tristi ora
liete, e da questo ceppo venne fuori anche un pontefice, Paolo
IV. Viveva a Roma, Carlo I Carafa, allorché fu eletto Vescovo di
Aversa da Papa Paolo V, nel luglio del 1616; prima di raggiungere la sede aversana, dovette disbrigare incarichi affidatigli dalla S.
Sede. Quando il Carafa arrivò in Aversa, il 23 novembre del 1616, si
appartò per 5 giorni nel monastero di S.Lorenzo in Aversa (allora fiorente
ed attivo) e solo alla fine di novembre, in corteo da porta Napoli (arco
dell’Annunziata) arrivò in Episcopio. Nei primi 5 anni del suo
ministero, la cronaca riporta scarse notizie, forse perché il Carafa non
era stabile nella permanenza; difatti, da Papa Gregorio XV fu inviato
“nunzio” pontifico ij Germania e lo stesso Papa che segui, Urbano VII,
gli diede altri incarichi. Se per alcuni non si parla del Carafa,
all’improvviso la storia dice che fece ritorno in Aversa dopo 14
anni. Da questo momento, nel 1630, il Vescovo Carafa si dedicò anima e
corpo alla sua Diocesi. Iniziò ad occuparsi della Cattedrale: era tutto un
cantiere per restauri ed abbellimenti progettati dal Carafa, quasi
rifacendola daccapo. Dal “coretto” (cappella ove si radunano
ferialmente i capitolari per le sacre funzioni) trasferi in una apposita
cappellina attigua le Reliquie, ornandola di affreschi, costruendovi un
altare, creando degli armadi nelle pareti in cui deporre statue argentee
di Santi e varie reliquie. Sulla parete, dietro l’alta- re in alto,
ancora oggi si riesce a vedere un veggente coperto di abiti pontificali in
atto a pregare (è appunto il Carafa), attorniato dai Santi Apostoli Pietro
e Paolo (Paolo in quanto protettore e Pietro patrono universale della
Chiesa), mentre di prospetto il Duomo col suo vecchio campanile, che in
cima ha una banderuola, ed il tutto attorniato da stemmi della famiglia
Carafa. Dotò, inoltre, il Duomo di due grandiosi organi, installati nel
presbiterio; lasciò per il Capitolo il magnifico ed artistico “Coro” e
suppellettili sacre varie sparse un po’ ovunque. L’opera che
soprattutto ce lo fa ricordare - apprezzato o criticato - è la “Casa” di
Loreto, costruita dopo che aveva fatto un viaggio nelle Marche (che
accoglie la Casa autentica) innamorandosi di quella costruzione che volle
riprodotta in tutte le più particolari parti, a sua completa spesa in
onore della Vergine Maria di Nazaret. Diverse altre opere i posteri
devono ammirare del Carafa, specie quelle a fine caritatevole, quale il
“Monte di beneficenza” in Aversa (oggi scomparso) tutto a favore dei
bisognosi. Desiderò che il suo corpo mortale venisse deposto davanti
alla cappella di Loreto e così avvenne nel 1644.
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(1644-1655)
Card. Carlo II Carafa "il Concittadino"
Dai registri (dei Battezzati) della chiesa di S. Paolo in Aversa,
si legge che Carlo II Carafa, figlio di Geronimo della Roccella e di Diana
Vittoria, fu ivi battezzato il 5 maggio del 1620. Qualche scrittore
afferma, invece, essere Carlo II, nato a Roma. Può accettarsi la
soluzione seguente: nato forse a Roma fu battezzato in Aversa, essendo
Vescovo di Aversa suo zio Carlo I Carafa. Se è, poi, riconosciuto
“cittadino” di Aversa, e lo afferma la storia, vuoi dire che il medesimo
ne aveva diritto. Il personaggio in questione percorse in Roma una
splendida carriera diplomatica, con la nomina di vicedelegato papale a
Ferrara e a Bologna, In età giovane (aveva solo 24 anni) fu designato
Vescovo di Aversa (13 luglio 1644) sostituendo lo zio, suo
predecessore. Appena arrivato in Diocesi, ebbe cura delle anime ed,
essendo esperto conoscitore di uomini, indisse un “Sinodo” nel 1660 per
dettare le sue direttive pastorali, incrementando tutto ciò che veniva
attuato legalmente. Nonostante che reggesse la Diocesi, esplicava
periodicamente dei mandati quale diplomatico e ciò comportava il suo
allontanamento da Aversa; difatti si recò, oltre che In zone italiane,
nella Svizzera, nell’Austria ed in Germania. Nel 1655 papa Alessandro
VII volle premiarlo, conferendogli il titolo di Cardinale, e Carlo II,
consapevole e cosciente della responsabilità pastorale, accettò il
cardinalato ma preferì lasciare la Diocesi aversana perché fosse da un
altro guidata. Lavorò ancora per la Sede Apostolica e visse altri 15
anni, morendo all’età di 60 anni, in Roma.
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(1665-1686) Paolo Carafa "il
Teatino"
Anche costui, della nominata
famiglia Carafa, si dice sia nato in Aversa il 7 luglio 1618, essendo
trascritto nei registri della chiesa Cattedrale “S. Paolo” in Aversa,
funzionante parroco Mario di Leone. Fratello, il Paolo, del Cardinale
Carlo II di Carafa, che, appena nominato “principe” della Chiesa, lasciò
la sede vescovile aversana, come detto altrove. Faceva parte, Paolo,
della Congregazione “Teatina”, fondata da S. Gaetano, che aveva avuto tra
i suoi primi compagni il Vescovo di Chieti Giampietro Carafa, eletto poi
Papa col nome di Paolo IV, parente quindi di Paolo Carafa. La cronaca
non parla di festeggiamenti in suo onore, che sicuramente dovettero essere
stati preparati al suo ingresso e possesso in Diocesi aversana. Paolo
ebbe la disponibilità di reggere la Diocesi per circa 21 anni e non gli
mancarono sia talenti, sia mezzi, che con buona volontà, adoperò per
favorire popolo e clero. E’ del tempo di Paolo il triste avvenimento
che capitò nel Duomo nell’anno 1671 il 28 novembre, mentre il popolo
gremiva la chiesa durante il giubileo lauretano (periodo per acquisto di
indulgenze che si è attuato fino a qualche decennio addietro e oggi quasi
spento). In attesa che il rito iniziasse, cinque persone si scagliarono
contro altre tre - la vera causa è incerta - che furono uccise con colpi
di archibugio, morendo dopo alcuni istanti in chiesa. NeI 1678, invece,
è sottolineato un altro avvenimento, ma riguarda la famosa grande campana
- detta Scarana - che si doveva riordinare, non riuscendo nell’intento
poiché solo alla morte del Vescovo Paolo fu rifusa e sistemata al
primitivo posto. La generosità del Paolo era conosciuta poiché al suo
tempo varie Istituzioni (Enti e chiese) furono aiutate finanziariamente;
sorse pure in questo periodo (1681) il Monastero della Cappuccinelle in
Aversa, su un fabbricato già esistente e fatiscente. Di lui si conserva
tuttora la topografia della Diocesi aversana (secondo alcuni inesatta) che
traccia i confini su cui delimita la giurisdizione del Vescovo. Tale
disegno è ancora visibile oggi, essendo esposto in una sala
dell’episcopio. Se il Paolo morì a Napoli, fu accontentato nel suo
desiderio, come attestava una lapide, essendo stato tumulato davanti alla
cappella Loretana; sepoltura scomparsa nei secoli per lavori che seguirono
in Cattedrale.
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