CAPITOLO IV

                GIUGNO 1944  -  I SABOTAGGI

Le bande partigiane si organizzano. Il Gruppo “VALANGA”

Nel corso del mese di Giugno le bande partigiane si organizzano sempre meglio e si armano sempre di più in virtù dei lanci americani e dei saccheggi del magazzini Todt, da cui si procurano anche notevoli quantità di viveri.

  Nella bassa Garfagnana (Comuni di Gallicano, Fabbriche di Vallico, Vergemoli e Molazzana) opera il Gruppo Valanga al comando di Leandro Puccetti, giovane studente universitario. Questo gruppo, che il 6 giugno riesce a recuperare, almeno in parte, un lancio di bidoni con armi e altro effettuato da aerei americani nei pressi di Cerretoli, secondo la testimonianza di Petrocchi, che fa parte del gruppo, conta, il 16 giugno, 30 uomini, armati con due fucili mitragliatori tipo BREN, 20 Sten e vecchi fucili. Ne fanno parte, fra gli altri, Mario De Maria, vice-comandante, Silvano Valiensi, Aldo Sarti, Pasquale Cipriani, cognato del De Maria, Pietro Petrocchi e i tre fratelli Vangioni Pietro, Luigi e Lorenzo. Sono accampati all'Alpe di S.Antonio in localita` Pianiza.

 Il De Maria era un sottufficiale della Marina Militare di origine meridionale ma sposato a Vergemoli che, dopo l'8 settembre e la costituzione della R.S.I. si era ripresentato a aveva militato, pare, nella X° MAS. Poi aveva disertato ed era entrato nel Gruppo Valanga. Pietro Petrocchi aveva appartenuto alla G.N.R. prima di salire, nel maggio 1944, in montagna. Silvano Valiensi, pure, si era presentato alla chiamata della R.S.I. ed aveva lavorato alle fortificazioni della linea “Gustav” a Cassino. Poi, lui pure, aveva disertato e si era aggregato al gruppo di Puccetti, di cui era amico.

 Del gruppo facevano parte anche diversi alpigiani del luogo, dei quali, però, secondo Valiensi, non c'era da fidarsi troppo. Pare, infatti, che con loro nascessero dei contrasti e che, alla fine, abbandonassero il gruppo. Certo è che di loro, fra i morti del 29 agosto, non ci sarà nessuno.

 C’era, però, in quella località, una donna, certa Viola Bertoni Mori, che si prendeva cura dei partigiani del Valanga, cucinando per loro e accudendoli in vario modo affettuosamente. E’ la famosa “Mamma Viola”, che quei partigiani hanno sempre ricordato con affetto e che pare sia stata insignita di medaglia d’oro.

Il Dottor Coli e la banda di Careggine

 Nella media Garfagnana (Castelnuovo e comuni limitrofi) opera la Banda Coli, che si va organizzando con la regia del Dott. Abdenago Coli ("Gatto"), medico a Santa Maria del Giudice presso Lucca ma nativo di Mezzana nel comune di Careggine. Egli, verso aprile, si è ritirato nel paese natio e si è dato da fare a organizzare una banda locale. Una ventina di uomini di questa banda (composta da una quarantina di individui quasi tutti locali), il 9 giugno, disarmano il piccolo nucleo di militi G.N.R. che aveva sede sul monte Volsci ove presidiava una casermetta e svolgeva servizio di osservazione antiaerea. Si procurano, così, le prime armi (ciò secondo la testimonianza dello Zerbini, che ne faceva parte. E’ evidente, quindi, che i militi consentirono pacificamente a farsi disarmare) che sono 1 Bren, 4 Sten, 11 moschetti e munizioni. Dal 12 giugno il comando di questa banda fu assunto, come vedremo, dal maggiore Antony Oldham.

Il Tenente Marco e la banda di Borsigliana

 In Alta Garfagnana (Comuni di Piazza al Serchio, Sillano, Minucciano Giuncugnano e, in parte, Camporgiano) operava la banda di Borsigliana-Molinello di cui, in questa estate del 1944 (non è nota la data precisa), assunse il comando il "Tenente Marco", ovvero un tale Giorgio Ferro di Mestre ma nativo di Padova, giovane ufficiale (aveva 22 anni) del disciolto Regio Esercito. Abbiamo visto come il Pedri si fosse procurato le armi, fin dal maggio. I partigiani di Magliano, di cui non si hanno ulteriori notizie come gruppo autonomo, pare siano stati aggregati alla 3° Brigata di Regnano (Marini) di cui costituirono il distaccamento "Franchi".

Il saccheggio dei magazzini Todt

 L'attività prevalente di questi gruppi fu, come già detto, tesa a procurarsi armi e vettovagliamento.

 Così il 10 giugno una pattuglia della banda Coli, di cui era stato appena nominato comandante il Ten. Bruno Zerbini, va, al comando dello Zerbini stesso, in Arnetola (Vagli Sopra) a saccheggiare il magazzino TODT. Pare li guidasse un disertore, certo Sanna. E magazziniere era quel Lupetti che nell'ottobre aveva organizzato una riunione in località Fraia presso Poggio per esaminare la situazione in vista della organizzazione di attività antifasciste. Dice lo Zerbini che il Lupetti fu collaborativo e consentì loro di catturare l'unico tedesco che faceva la guardia al magazzino. Seguirono tragicomiche vicende per cui il tedesco scappò e i viveri saccheggiati furono rubati dalla popolazione in località Banchiera dove erano stati nascosti. Dice lo stesso Zerbini che due giorni dopo Coli lo informò di aver nominato comandante della banda il maggiore inglese Antony Oldham, prigioniero fuggito l'8 settembre e nascosto da Leandro Puccetti, il quale maggiore proprio in quei giorni si era unito alla banda Coli. Banda che, da quel giorno, cambiò nome e si chiamo` "Banda Tony".

 Lo stesso 10 giugno il gruppo Valanga svaligia i magazzini TODT di Fabbriche di Vallico e di Arni (quest'ultimo ad opera di Luigi Vangioni di Vergemoli).

 Il 14 giugno la banda Tony, con a capo lo stesso Oldham, svaligia "senza problemi" il magazzino TODT di Isola Santa.

 Il 21 la banda Tony disarma il presidio G.N.R. di Vagli Sotto e saccheggia il magazzino TODT di Vagli Sopra.

 Ancora il 21 un presidio del Valanga comandato da Capretz svaligia il magazzino TODT di Foce di Gello e fa saltare la teleferica che non verrà più ricostruita.

I sabotaggi : saltano i ponti

 Tuttavia, oltre a questa attività tesa prevalentemente a procacciarsi i mezzi per sopravvivere (ma che, comunque, intralciava anche notevolmente i lavori di approntamento del sistema difensivo della "linea Gotica") nel mese di giugno si sviluppò anche una notevole attività di sabotaggio alle strade.

 Il 12 giugno saltano i ponti di Nicciano e Gragnana.

 Il 14 quello di Rontano.

 Il 18 salta il ponte di Sala a Piazza al Serchio. Il 16 c'era stato un precedente tentativo non riuscito.

 Il 22 saltano i ponti di Piastrella e della Ferriera.

 Il 23 salta il ponte della Fariola, sulla via per Castelnuovo.

 Lo stesso 23 la banda di Borsigliana tenta di distruggere il ponte di Petrognano. Ma i tedeschi in agguato (una camionetta anfibia con quattro militari della SS si era appostata nei pressi, nascondendosi dietro una curva) uccidono il partigiano di Borsigliana Bertolini Italo e feriscono Ferri Pietro. E l'operazione fallisce.

 Ancora nella notte fra il 22 e il 23 una pattuglia di 10 uomini del Valanga composta, fra gli altri, da Puccetti, Petrocchi, Broglio, Fioresi tenta di far saltare il ponte di Campia. Ma i tedeschi vigilano. C'à uno scontro a fuoco che, pare, causa la morte di una sentinella tedesca o, forse, di due, e i partigiani riescono a fuggire.

 Il 25 c'è il tentativo di far saltare la galleria ferroviaria in località Volcascio, sotto Castelnuovo, sopra la quale galleria passa la strada. Ma il tentativo riesce solo in parte.(1)

I tedeschi cominciano a prendere in considerazione il problema            

Ma il 4 giugno gli americani avevano occupato Roma e, ormai, i tedeschi si stavano preparando alla difesa sulla "linea Gotica". Con questa prospettiva, cominciarono a valutare il fastidio che le bande partigiane potevano creare in Garfagnana e cominciarono a preoccuparsene.

 Questo determinò qualche rastrellamento e qualche scontro a fuoco.

 I rastrellamenti non furono molto cattivi (2) e gli scontri furono di modesta entità. Tuttavia segnarono una ulteriore "escalation" nella lotta armata.

 Già il 1 giugno il gruppo Valanga attacca una colonna tedesca che transitava sulla via fra Turrite Cava e Fabbriche di Vallico. Non sono noti gli esiti che, comunque, dovettero essere minimi.

 Il 10 giugno una settantina di tedeschi irrompono in Mezzana, patria del Coli. Scappano tutti e i tedeschi bruciano qualche capanna.

 Il giorno 11 i tedeschi sono a Careggine. Qui arrestano alcune persone fra cui la mamma dello Zerbini ( lo Zerbini, appena rientrato dalla missione di Arnetola, evita l'arresto nascondendosi in un grosso cespuglio di ortica) e due partigiani, Boccia e Barsan. Dice lo Zerbini che gli arrestati "furono prontamente rilasciati dopo un interrogatorio" e i due partigiani riuscirono a fuggire dopo alcuni giorni.

 Il 18 giugno i tedeschi effettuano un rastrellamento a Poggio nel comune di Camporgiano e arrestano alcune persone che, però, vengono tutte rilasciate dopo l'interrogatorio.

L’agguato al “Ponte della paura” e il rastrellamento di Poggio

 Ma il giorno 20 i partigiani della banda Tony (pare fosse presente lo stesso Oldham) gettano una bomba a mano su una camionetta della Org. TODT che transitava sulla via per Castelnuovo in localita` "Ponte della paura", dove una brutta curva a "S" costringe a basse velocità e uccidono un colonnello dell'organizzazione. Scatta immediatamente un rastrellamento nel paese di Poggio, dove vengono arrestate circa 80 persone, fra cui anche anziani, che vengono tradotti a Castelnuovo.

 Fortunatamente da pochi giorni era stato nominato Commissario Prefettizio di Camporgiano il Sig. Ulisse Micotti, di antica famiglia camporgianese, ma nato in Germania dove aveva vissuto fino a pochi anni prima. Egli parlava, quindi, perfettamente il tedesco ed era molto rispettato dai militari tedeschi in quanto egli, durante la prima guerra mondiale, aveva militato in qualità di ufficiale nell'esercito tedesco. Appena a conoscenza del rastrellamento, egli si presentò a Castelnuovo al comando tedesco e spiegò come la popolazione di Poggio fosse totalmente estranea all'agguato, opera di partigiani residenti altrove. Il prestigio del Micotti fu determinante e tutti i rastrellati poterono tornare liberi e incolumi alle loro case.

 Il giorno 22 la banda Tony attacca una pattuglia tedesca alle Coste di Capricchia, sparando dalla località Ciutella. La pattuglia si ritirò e non ci furono danni per nessuno.

 I tedeschi, intanto, aumentano la loro presenza nella valle. A Fornaci di Barga sono presenti fin dal maggio, ma ora ce ne sono molti di più. Ai primi di Luglio installeranno un ospedale militare a Barga, nelle scuole elementari. Pare che non ci fossero attriti con la popolazione locale, cui venivano addirittura offerti dei concerti che pare fossero molto graditi.

 Questa accresciuta presenza, però, rende sempre più frequenti gli scontri con i partigiani, che, pure, vanno crescendo di numero.

28 Giugno: i tedeschi attaccano la banda “Tony” di Careggine

 La banda Tony, infatti, conta ora circa sessanta uomini e, fra questi, diversi ex ufficiali come il già citato Zerbini Bruno, i fratelli Manlio e Sergio Franchi, tale Sabatini, lo stesso comandante Oldham e il tenente Bertagni da poco aggregatosi e di cui molto si parlerà in seguito. Questo fatto rendeva la banda più agguerrita e meglio organizzata di altre.

 Così il 28 giugno, allorché i tedeschi intrapresero un altro rastrellamento nella zona, salendo dal versante sud verso il monte Volsci e il passo della Formica, la banda Tony decise di resistere.

 I partigiani non si erano ancora resi ben conto che la tecnica della guerriglia partigiana doveva consistere esclusivamente in sabotaggi e in agguati condotti secondo la logica del "mordi e fuggi", evitando nella maniera più assoluta di accettare il combattimento.

 Così questi sessanta uomini, appostati in posizioni elevate, cominciarono a sparare con le loro armi, tutte leggere, sui tedeschi che salivano dal basso. La memorialistica di origine partigiana ha certamente esagerato parlando del numero dei tedeschi (parecchie centinaia) e delle perdite tedesche (diverse decine di uomini). Certo è che la pressione dei tedeschi fu tale che, dopo forse un paio d'ore di combattimento, i partigiani, che avevano alle spalle eccellenti vie di fuga, abbandonarono il campo e si dileguarono. Ebbero un caduto, Pesetti Giuseppe Bruno di Roggio e un prigioniero, Luigi Rossi di Careggine, di cui non si ebbe più notizia. Rimasero feriti anche Conti Domenico e, pare, suo figlio Francesco. Impossibile accertare le reali perdite tedesche.

 Il giorno dopo i tedeschi, forse inseguendo i partigiani del giorno innanzi, erano a Vagli ove rastrellarono alcune persone, poi rilasciate. Una di queste, però, tale Baisi Pietro detto Otello  tentò di nascondere un'arma che aveva con se e fu ucciso. Un prete del luogo, Don Radicchi, dice che i tedeschi non si comportavano con cattiveria e "lasciavano in pace la gente", e che la morte dell'Otello fu imputabile a sua imprudenza. (3)

 Intanto qualche garfagnino moriva anche fuori dalla Garfagnana. Un militare di un non meglio precisato "1° Rgt Littorio" della R.S.I. (da intendere, forse, 1° Rgt della Divisione Littorio) che era appena stato in licenza a Castelnuovo dove abitava, tale BIAGIONI LUIGI ANGELO CELESTE, rientrava al reparto in Alta Italia il 25 giugno, dopo di che non dava più sue notizie. Nei registri di morte del Comune di Castelnuovo c'è un atto di morte presunta avvenuta il 30.6.44.

 E c’era qualcun altro, non garfagnino, che moriva in Garfagnana. Nel cimitero di Castelnuovo, infatti, c’è la tomba di un Serg.Carmelo Grasso, siciliano, morto “il 14 Giugno 1944 sul fronte di Castelnuovo”. Il che appare alquanto misterioso. A quella data, infatti, il fronte era ancora ben lontano. Allo stato, però, le ricerche effettuate non hanno dato alcun esito.

E la gente si sforza di sopravvivere

 E la popolazione ? Come viveva questa situazione ? Era schierata da una parte o dall'altra oppure cercava solo di sopravvivere ?

 Non è facile dare una risposta univoca e completa. In linea di massima, però, si può dire che la qualità della vita era molto peggiorata nel corso di quest'anno. I generi alimentari e non, quasi tutti tesserati, erano insufficienti e il ricorso al "mercato nero" quasi obbligato. Gli operai lavoravano quasi tutti con la TODT, ma non certo perché parteggiavano per i tedeschi. Però, di fatto lavoravano per loro, per cui creavano una certa inquietudine gli attacchi partigiani all'organizzazione.

  I contadini si trovavano in posizione privilegiata per la disponibilità di generi alimentari da loro stessi prodotti, di cui dovevano, sì, consegnare una buona parte all'"ammasso" ma di cui riuscivano a trattenere ben più di quanto sarebbe stato lecito. Però erano vessati dai partigiani che imponevano loro di consegnare una parte dei loro prodotti (Don Vincenti, parroco di Gorfigliano, dice che i partigiani locali avevano imposto una tassa sul macinato di ben il 20%). I partigiani, tuttavia, si finanziavano anche in altri modi, facendosi consegnare denaro da banche, esattorie e privati (fascisti o ex fascisti). Pare che con il denaro acquistassero bestiame a prezzi stracciati, dopo di che, trattenutane una parte per alimentarsi, rivendevano il resto al mercato nero, ricavando altro denaro. E’ evidente che tutto questo non rendeva tanto popolari i partigiani. Anche perché, oltre alle bande, diciamo così, regolari o ai margini di e proliferavano piccoli gruppi di ladruncoli che, rubando per se medesimi, finivano con lo screditare anche coloro che ladri non erano. La gente, infatti, non era assolutamente in grado di distinguere fra i partigiani che prelevavano merci per la sopravvivenza delle bande e i ladri che rubavano e basta. Significativa l'annotazione di Mons. Lombardi di Barga che, vedendo per la prima volta a Renaio i partigiani il 20 giugno 1944, registra i loro curiosi nomi di battaglia e fa alcune considerazioni sul fatto che alcuni potevano considerarsi "patrioti" mentre altri erano soltanto ladri. E accenna a una banda che aveva vessato nel periodo appena passato le popolazioni della zona fra Fosciandora e Barga, con rapine e prepotenze.

  Un episodio accaduto a Vagli rende un'idea del clima non idilliaco esistente fra i partigiani e quelle popolazioni. Sembra che un giorno un gruppo di partigiani, forse non garfagnini, si presentasse nella piazzetta del paese invitando la gente a consegnare loro un certo quantitativo di generi alimentari. La gente protestava e diceva di avere lo stretto necessario per sfamarsi, ma i partigiani insistevano minacciosamente. Ma a un tratto dalle finestre circostanti spuntarono canne di mitra che consigliarono ai partigiani di allontanarsi in grande fretta. La notizia è riferita dal Bertolini nella sua tesi di laurea.(4)

  Pare che nella zona motivo di dissidio fra popolazione e partigiani fosse anche il fatto che spesso i lanci americani destinati ai partigiani venivano intercettati da privati cittadini che si appropriavano del contenuto dei "bidoni", specie quando contenevano denaro. E, in effetti, dopo la guerra, si notarono qua e là emergere delle sorprendenti e inattese ricchezze.

L’incubo dei caccia-bombardieri e la strage di Piazza al Serchio

  Né bisogna dimenticare che a rendere la situazione ancora più angosciante, gli attacchi aerei alleati, cominciati nel maggio, si facevano sempre più pericolosi. Frequenti mitragliamenti ai treni distrussero praticamente tutto il materiale rotabile disponibile (sulla linea Lucca-Piazza al Serchio servivano locomotive a vapore) per cui il 12 giugno, come già detto, il servizio ferroviario e, quindi, anche quello postale furono interrotti, rendendo più difficoltoso anche il sistema dei rifornimenti. E il 29 giugno, festa dei SS Pietro e Paolo patroni di Piazza al Serchio, una squadriglia di cacciabombardieri americani mitragliò e bombardò il paese proprio mentre la gente si recava a messa, uccidendo 14 persone fra cui alcuni bambini e ferendone 54. Ecco i nomi di 12 morti (i due mancanti non sono stati reperiti nel registro degli atti di morte di Piazza al Serchio. Può darsi si trattasse di sfollati rimasti feriti e, poi, morti in ospedale in altro comune e, quindi, non registrati qui essendo iscritti nel registro anagrafe di altri comuni) Bertoncini Nella n. 11.5.903, Pellinacci Dorando Battista n. 3.8.31, Pellinacci Tommaso Santino n. 1.11.33, Pierami Marcello n. 26.8.33, Mori Italo n. 3.9.25, Ghelardoni Marisa n. a Pisa il 24.2.27, Marigliani Lea n. a Carrara il 3.2.902, Ghelardoni Seconda, n. a Pisa il 20.4.895, Piccinini Aldo n. a Pontassieve il 27.9.907, Bartolomei Chiara n. 12.8.22, Nobili Spinetti Oliviera n. 22.7.31, Bianchini Rita n. a Pisa il 25.9.906.

 Il parroco del luogo, Don Pierami, dice che caddero 18 bombe che distrussero "12 case, due stalle e la chiesa di S. Rocco e Cristina".

 Radio Londra annunciò che "su richiesta dei partigiani sono stati bombardati i villaggi fortificati di Fivizzano e Piazza al Serchio".

 Pare volesse essere una vendetta per l'uccisione del Galanti avvenuta in maggio.

 Erano i primi morti per bombe e l'effetto fu tremendo in tutta la valle. Sempre il prete dice che fuggirono tutti, anche le autorità, e solo il 3 luglio, con le bare inviate dal podestà di Castelnuovo, fu possibile seppellire i morti con l'aiuto di 4 uomini di S.Donnino costretti dai tedeschi.

 Esistevano delle postazioni contraeree (una era ubicata a Pieve Fosciana presso il cimitero) che cercavano di contrastare lo strapotere dell'aviazione avversaria, ma non riuscivano a impedire minimamente che gli aerei portassero sempre a compimento i loro attacchi. Tuttavia qualche aereo veniva abbattuto.  Uno dei primi, o forse proprio il primo, cadde nei pressi di Ghivizzano. Il pilota, che pare si chiamasse Spencer, morì assistito dal prete del luogo Don Tofani e fu sepolto nel cimitero di Loppia. Era il 4 giugno.

I fasci repubblicani garfagnini si dissolvono ma nasce a Lucca la 36° Brigata Nera “MUSSOLINI”

 Il mese di giugno segnò anche il disfacimento delle organizzazioni fasciste in Garfagnana. I fascisti locali, infatti, si ritirarono in buona parte al Nord, molti trasferendo anche le famiglie, e si arruolarono nelle varie formazioni militari della R.S.I. o nei servizi civili. In parte si arruolarono nella costituenda Brigata Nera (vedi più avanti). Qualcuno rimase a casa, non essendosi mai eccessivamente compromesso e, soprattutto, non avendo commesso alcunché di riprovevole. Naturalmente non svolgendo più nessuna attività politica e ritirandosi nel proprio privato. Come vedremo questo non valse a salvar loro la vita.

 A quel tempo, però, l'odio di parte non aveva ancora raggiunto livelli omicidi fra i garfagnini. In questo mese di giugno, infatti, i partigiani obbligavano i fascisti locali a versare somme di denaro, ma non risulta che qualcuno sia stato ucciso. (5)

 Il gruppo Valanga, ad esempio, prese in ostaggio il segretario di fascio di Gallicano, tale Mario Saisi, insieme a tale Sassi Borso Giovanni e Donati Renato (giovane di Villafranca). Questi, trattenuti in ostaggio nella base del Valanga, pare finissero con il collaborare con i loro sequestratori.

 Per concludere è opportuno citare "L'Artiglio", giornale della Federazione Fascista di Lucca, che in data 29 giugno pubblica la notizia della avvenuta costituzione della 36ª Brigata Nera "Mussolini" che ai primi di Luglio verrà in Garfagnana (6).                                                                                  

 In una situazione così complessa e confusa è assolutamente verosimile che coloro che esplicitamente si schierarono da una parte o dall'altra furono una esigua minoranza. La maggioranza della popolazione, infatti, come accadde un po’ in tutta Italia, cercò di tenersi fuori dalla mischia, impegnando tutte le energie nello sforzo di sopravvivere soffrendo il minor danno possibile.

NOTE :

(1) Le notizie dei saccheggi e dei sabotaggi, ricordate da diversi autori, sono tratte da memoriali vari e dalle relazioni delle formazioni partigiane. In molti casi sono confermate da testimoni dell’epoca.

(2) Diversamente da qual che accadeva abbastanza vicino a noi ma sull'altro versante della Alpi Apuane. Il 13 giugno Don Radicchi, di Vagli, si recò a piedi, insieme a una donna che portava cucito nell'orlo del vestito un messaggio diretto ai partigiani, a Forno di Massa e fu testimone sia dello scontro fra le forze tedesche e della RSI che stavano compiendo un rastrellamento e i partigiani del gruppo "Mulargia" comandati dal Garosi, che perse la vita nello scontro, sia delle fucilazioni successive. E, terrorizzato, ne portò notizia in Garfagnana.

(3) LA GUERRA IN GARFAGNANA – Memorie dei parroci – Don Radicchi pag. 171.

(4) Renzo Bertolini La resistenza in Garfagnana, Eurograf, Lucca 1975.

(5) In realtà l'8 giugno viene ucciso a Torino, dove lavorava come muratore, un fascista di Pontecosi nel Comune di Pieve Fosciana, in circostanze non ben chiarite. Era Ottaviano Bertucci. E il 30 giugno risulta ucciso al nord il militare R.S.I. Biagioni Luigi Angelo Celeste, come già detto.

(6) Questa Brigata Nera, che fu la prima costituita in Italia, fu costituita per iniziativa di Pavolini e del Federale di Lucca Idreno Utimperghe. Ne assunse il comando lo stesso Utimperghe che morirà a Dongo con gli altri gerarchi. Essa, costituita all'inizio da 60 uomini fra i 18 e i 60 anni, arriverà a contarne oltre 180. 19 di questi (vedi O.Guidi,Garfagnana 1943-1945 cit., pag.100) erano garfagnini: 11 nati e residenti a Castelnuovo e gli altri di Molazzana,Villa Collemandina,Castiglione, Minucciano.

 Successivamente si chiamò "Piagentini" dal nome di un componente di Barga ucciso a Rivergaro in provincia di Piacenza. Fu in questo luogo che venne allestito il famoso “carro blindato” (in realtà si trattava di un “Lancia 3 RO” cui erano state applicate delle pesanti lamiere di acciaio) sul quale si trovavano, il 28 aprile 1944, il Segretario Nazionale del P.F.R. Pavolini, il Comandante Utimperghe e altri componenti della Brigata Nera di Lucca durante l’ultimo viaggio di Mussolini che si interruppe, come è noto, a Dongo, sulla sponda destra del lago di Como. I caduti della B.N. di Lucca furono 42.

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