Dott.
Arrigo Muscio
Internet:
www.muscio.it
E-mail:
arrigo.muscio@tin.it
Ultimo aggiornamento 9 febbraio 2004 |
DOSSIER GIUSTIZIA
|
|
"Siamo
in uno Stato di diritto"
Ministro
Bianco[1]
Ho
deciso di pubblicare il seguente dossier per far conoscere ai cittadini e alle Autorità
alcuni aspetti del problema giustizia in Italia. Quanto in esso descritto è
stato giudicato incredibile da diverse persone, tra cui anche degli operatori
del settore, e, a mio parere, solleva diversi dubbi sulle reali possibilità
dell'esercizio dei diritti nel nostro Paese, fatte salve alcune eccezioni che
stonano con la prassi delle archiviazioni. Convinto d'essere un cittadino e non
un suddito ed ancor più convinto della validità del documento CEI "Educare
alla legalità" e del valore della giustizia (virtù fondamentale,
frequentemente citata nella Sacra Scrittura), ho deciso di procedere a tale
pubblicazione anche in qualità di presidente dell'Associazione Genitori
Cattolici in quanto sono stati i miei interventi di presidente di tale
associazione che hanno provocato le diffamazioni e le ingiurie nei miei
confronti, in risposta alle quali sono scattate le mie querele.
Di
una cosa sono comunque sicuro: del fatto che tutti, prima o poi, verremo
giudicati dal Giudice Supremo e a Lui risponderemo imparzialmente di ogni atto
da noi compiuto, se non faremo appello alla sua misericordia.
Mi
limiterò a far parlare gli atti giudiziari che, nella loro chiarezza, da soli
bastano a fornire una lucida descrizione degli avvenimenti. Lascio ai lettori
ogni commento e deduzione. In qualità di cittadino cattolico e di presidente
dell'Associazione Genitori Cattolici
non posso sottrarmi dal
segnalare alla pubblica opinione quanto segue, avvenuto nel "Bel
Paese" in cui, stando ai numerosi articoli di giornale e alle lamentele di
molti cittadini, godono di particolari considerazioni gli islamici, gli
omosessuali, i pedofili e quanti, grazie a leggi permissive, violano la legge.
In particolare segnalo il fatto che in data 30 giugno 2000 il giudice
Dott. E. Q., ritenendosi offeso dal mio legittimo e democratico esposto del
17 gennaio 2000, mi ha citato in giudizio presso il Tribunale di Venezia per la
somma di un miliardo. Durante l'intervallo 17 gennaio 2000 - 30 giugno 2000 il Dott. Q. mi ha comunque
giudicato in ben due processi, pur sentendosi offeso dal mio esposto come da
lui stesso dichiarato nell'atto di citazione e nonostante la mia ricusazione.
Non solo, ma è facile notare la monotona richiesta di archiviazioni relativa alle
mie denunce, operata spesso dagli stessi Pubblici Ministeri che si sono
occupati, in periodi diversi, delle mie querele.
Il
seguente dossier può, visto l'andazzo, subire incrementi o variazioni in base
ai quali verrà puntualmente aggiornato.
I
fatti riportati, per facilitare la comprensione degli sviluppi successivi, sono
stati inseriti nel dossier in base ad una cronologia d'insieme logico, ma è
necessario tener presente che alcune fasi sono avvenute in tempi diversi e
successivi ad altre iniziative. E' quindi consigliabile considerare le date dei
documenti.
Lascio
ai lettori-cittadini ogni considerazione in merito, dato che la Costituzione
stabilisce che "La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle
forme e nei limiti della Costituzione" (art. 1). Ma, soprattutto, affido a
Dio, giusto giudice, ogni valutazione al riguardo.
L'Inizio -
L'attribuzione di uno scritto offensivo inesistente
AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
ROMA
AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
ROMA
AL PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
ROMA
AL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
ROMA
P.C. ALLA CORTE EUROPEA PER
I DIRITTI DELL'UOMO
ESPOSTO
In data 2 aprile 1999 presentai una denuncia-querela
nei confronti di S. M.[2]
in quanto lo stesso, con un suo scritto pubblicato sul Giornale di Brescia il
31-3-1999, criticava una mia lettera "fantasma" che S.M. sosteneva
riportata dal medesimo giornale sul problema immigrazione. Ritenendo
diffamatorie le affermazioni di S. lo querelai in quanto:
1) il Giornale di Brescia non ha mai ospitato una mia lettera
relativa al fenomeno dell’immigrazione, come invece dichiarato dal Sig. S.M. il
quale, infatti, non aveva citato né la data della mia presunta lettera, né il
mio pensiero in proposito com’è necessario fare in caso di contestazione;
2) il Sig. S.M. con
l’espressione dispregiativa “...presidente
di una piccola associazione di genitori che, per fortuna, non ha nulla a che
fare con l’Age...” aveva chiaramente diffamato la mia persona insinuando
chissà quali comportamenti o opinioni da parte mia in contrasto con la
necessaria solidarietà cristiana ed umana;
3) il sig. S.M. con la sua
affermazione iniziale in riferimento ad una mia lettera fantasma pubblicata sul
Giornale di Brescia (della quale, come ripeto, non ha citato alcun riferimento)
relativa al problema immigrazione, seguita da un episodio di povertà e miseria
da lui raccontato, insinuava che io ce l’avessi con gli immigrati. E ciò è
totalmente falso!
4) Infine S.M. con
l’espressione finale della lettera “...al
posto di augurarsi la libertà di
recarsi in Chiesa la domenica e circolare per i fatti nostri” mi
aveva attribuito una frase che non ho mai usato.
Chiesi comunque al Giornale di Brescia di riportare
una mia rettifica nella quale precisavo che il giornale in oggetto non aveva
mai pubblicato miei scritti al riguardo. Tale nota non fu smentita dal
direttore del quotidiano Dr. L. G..
Dopo qualche giorno S.M. mi telefonò. Gli feci
presente d'averlo querelato in quanto, come ripeto, mi aveva attribuito scritti
e dichiarazioni inesistenti e ciò costituiva diffamazione anche secondo la
Sent. Cass. Pen., sez. V, 23 novembre 1981, n. 10512. Accortosi dell'abbaglio, si
scusò prontamente per l'errore di persona commesso. In risposta alle sue scuse
gli promisi che avrei ritirato la querela nei suoi confronti senza chiedere
nulla, lo invitai però ad inviare una lettera di rettifica al direttore del
Giornale di Brescia per precisare, per amor del vero, che nel mio caso aveva
fatto un errore di persona. Mi assicurò che avrebbe provveduto prontamente. Dal
nostro colloquio passarono circa dieci giorni senza veder comparire alcuna sua
rettifica sul quotidiano in oggetto. In data 12 aprile 1999 comparve invece una
lettera di G.T. intitolata "Basta
con certe lettere!". G.T. scrisse: "Recentemente il Giornale di
Brescia ha pubblicato una lettera firmata dal signor M. S., che conteneva
critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi, che si dichiarano ad ogni
occasione cattolici, quali il dott. Muscio e il signor G. C., che manifestavano
rabbia e fastidio verso gli immigrati…dall'essenza dei loro scritti devo
dedurre che questi due signori odiano il prossimo come se stessi…".
In data 12 aprile 1999, tenuto conto del buon senso
ed anche delle Sent. Cass. Pen., sez. V, 23 novembre 1981, n. 10512 "Non
solo le espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle meramente
insinuanti sono idonee a ledere e a mettere in pericolo la reputazione di
terzi" - Cass. Pen., sez. V, 16 ottobre 1972, n. 811 - Cass. Pen. Sez.
V, 21 febbraio 1975, 2132 ecc.,
querelai G.T. (vedere fotocopia allegata)[3]
in quanto, come ripeto:
1)
il
Giornale di Brescia non ha mai ospitato una mia lettera od un mio parere
rispetto al fenomeno dell'immigrazione, come invece dichiarato da G.T. il
quale, infatti, non aveva citato né la data della mia presunta lettera, né il
mio pensiero in proposito com'è necessario fare in caso di contestazione;
2)
non
ho mai scritto lettere che "manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati" o dalle quali si deducesse "odio verso il prossimo e me
stesso" come invece scritto da G.T. che comunque aveva letto, lodandolo,
lo scritto di S.M.
Dopo la presentazione della denuncia-querela nei
confronti di G.T. telefonai a S.M. per domandargli ragione della mancata
pubblicazione della sua rettifica promessa, in quanto ciò aveva provocato anche
un ulteriore scritto diffamatorio della mia persona a firma di G. T..
S.M. mi
assicurò che già in data 4 aprile 1999 aveva inviato un fax al direttore del
Giornale di Brescia dr. L. G. per domandargli la pubblicazione della sua
rettifica a mio favore per errore di persona (vedere fotocopia allegata)[4].
Mi disse inoltre al telefono che il giorno successivo al suo inoltro del fax
gli telefonò un incaricato del giornale per ricevere conferma del mittente.
Dopo aver risposto affermativamente, raccomandò all'interlocutore di provvedere
in merito ed egli replicò che ciò dipendeva dal direttore del Giornale. Ma il
dr. L.G. non solo non la pubblicò, ma permise invece la pubblicazione dello
scritto di G.T. che faceva riferimento a S.M. Quest'ultimo mi inviò comunque
subito una copia di quanto affermato. Appena seppi del comportamento del
direttore del Giornale di Brescia, in data 14 aprile 1999 (due giorni dopo
aver querelato G.T.) lo denunciai per concorso in diffamazione per
comportamento doloso (vedere fotocopia allegata)[5]
indicando nella querela che in data 12 aprile 1999 avevo già denunciato G.T.
per le stesse motivazioni in quanto:
1) dopo aver ricevuto conferma
dal sig. S. M. che aveva richiesto direttamente al direttore del Giornale di
Brescia, ancora in data 4 aprile 1999, la pubblicazione della sua rettifica
riguardo alla mia persona (vedere fotocopie allegate delle lettere di S.M.);
2) dopo aver esaminato il
comportamento del direttore del Giornale di Brescia che, anziché provvedere
entro due giorni dalla richiesta di rettifica di S.M. (come previsto
inderogabilmente dall’art. 8 della Legge sulla stampa) e correggere le errate
indicazioni della mia persona, aveva
invece pubblicato la lettera di G.T. (da me già querelato il 12-4-1999) che si ricollegava allo scritto di S. M.
diffamando la mia persona;
3) il Giornale di Brescia non
ha mai pubblicato un mio scritto od una mia opinione in riferimento al problema
immigrazione (vedere mia rettifica del 14 aprile 1999, non contestata nel
merito) e, a maggior ragione, lettere che “manifestavano
rabbia e fastidio verso gli immigrati” o dalle quali si deducesse “odio verso il prossimo come me stesso”
come invece scritto da G.T.;
4) il sig. L. G. (direttore del
Giornale di Brescia) con il suo comportamento aveva permesso, nonostante la
richiesta di rettifica a lui direttamente indirizzata da S.M. e da lui non
pubblicata sul giornale fino ad oggi, la pubblicazione di affermazioni inerenti
alla mia persona che, false e denigratorie, mi avevano pubblicamente diffamato.
Denunciai inoltre il direttore del Giornale di
Brescia anche all'Ordine dei Giornalisti di Milano (vedere fotocopia allegata)[6]
Ø In data 18-6-1999 Il Giudice
per le indagini preliminari dr. A. D. M., su richiesta di rinvio a giudizio di
G. e di L. da parte del Pubblico Ministero Dott. S. B., fissò per il giorno
19-10-1999 l'udienza preliminare
Ø In data 19-10-99 il Pubblico
Ministero fu sostituito dalla Dott.ssa S. B. e la dott.ssa A. D. M. dalla
dott.ssa P.. Il Giudice, dopo aver ascoltato gli avvocati della difesa, di
parte civile e la richiesta di rinvio a giudizio confermata anche dalla
dott.ssa B., chiese l'acquisizione dei miei scritti pubblicati dal Giornale di
Brescia entro un periodo da Lei stabilito ed aggiornò l'udienza al 14 dicembre
1999.
Ø In tale data la dott.ssa P.
fu però sostituita dal Dott. E. Q. che, nonostante la richiesta di rinvio a
giudizio espressa dal Pubblico Ministero dott.ssa B., sentenziò il non luogo a
procedere nei confronti di L. G. e G. T., rispettivamente per difetto di
querela e perché il fatto non costituisce reato.
Ciò premesso,
domando:
1)
per
quale ragione la mia denuncia-querela nei confronti del direttore del Giornale
di Brescia Dr. L. G. per concorso in diffamazione col G.T., presentata solo due
giorni dopo quella di G.T. e relativa al medesimo episodio diffamatorio, non è
stata unificata ed affidata al Pubblico Ministero Dr. B. che con solerzia
inaudita nel nostro Paese aveva chiesto il rinvio a giudizio di L.G. e G.T.?
2)
Per
quali ragioni, durante tale breve tempo, vi è stato un cambio di giudici per le
indagini preliminari, in particolare la dott.ssa P. col dr. E. Q.? Questi
"giri di valzer" costituiscono la norma nelle varie città italiane o
sono una caratteristica di Brescia?
3)
Per quali motivi non sono state prese in considerazione dal Dr. Q.
alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione citate nelle mie querele ed
in particolare la Sent. Cass. Pen., sez. V, 23 novembre 1981, n. 10512 "Non
solo le espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle meramente
insinuanti sono idonee a ledere e a mettere in pericolo la reputazione di
terzi".
4)
Per
quale motivo il Dr. Q., parlando nella sua sentenza[7]
della lettera di S.M. di critica nei miei confronti (pubblicata dal direttore del
Giornale di Brescia, diversamente dalla sua richiesta di rettifica per errore
di persona!) non fa riferimento alle dichiarazioni rese dal mio avvocato di
parte civile Avv. Enzo Bosio in merito all'inesistenza dello scritto
attribuitomi sia da S.M.e sia da G.T.?
5)
Per
quali ragioni il dr. Q. considera nella sua sentenza non diffamatorie le
espressioni (ritenute tali da due pubblici ministeri) utilizzate da G.T.:
a) basate su una mia lettera
inesistente sul problema immigrazione, tant'è che non è stata prodotta agli atti "Recentemente il Giornale di Brescia
ha pubblicato una lettera firmata dal signor M. S., che conteneva critiche alla
prosa di alcuni lettori scriventi, che si dichiarano ad ogni occasione
cattolici, quali il dott. Muscio e il signor G. C., che manifestavano rabbia e
fastidio verso gli immigrati…dall'essenza dei loro scritti devo dedurre che
questi due signori odiano il prossimo come se stessi…";
b)
affermazioni
che lo stesso S.M. (da tener presente che G.T. ha dichiarato d'aver letto la
lettera di S. lodandola!) non ha mai utilizzato nella sua lettera, indicata da
G.T., del 31 marzo 1999;
c) le affermazioni di G.T.
(avallate con la pubblicazione, da parte del direttore del Giornale di Brescia
dr. L.) sono per me diffamatorie in quanto totalmente antitetiche agli
insegnamenti del Vangelo (è come affermare che persone che per professione
hanno scelto di servire il bene, come ad esempio un giudice o un poliziotto,
sono dei ladri!) e riferite al sottoscritto che, oltre ad essere presidente
dell'Associazione Genitori Cattolici, è autore di numerose opere in massima
parte di evangelizzazione: libri, rubriche e servizi televisivi, articoli
pubblicati su riviste nazionali e sul sito dell'Associazione, conferenze nelle
scuole ecc. (il lavoro svolto dall'Associazione che presiedo è consultabile sul
sito internet della stessa http:space.tin.it/associazioni/armuscio ). Non posso
comunque, in questo frangente, esimermi dal riferire che nei confronti del
sottoscritto altre persone, le quali hanno letto in tutto o in parte le mie
opere (diversamente da G.T. che si è basato su lettere inesistenti o non
citate!!), hanno pubblicamente affermato in opere a divulgazione nazionale "….Arrigo
Muscio è un cattolico realmente impegnato che unisce alla preghiera il valore
delle opere…" (copertina del libro I Segni di Dio ed. Segno) - "…A
cominciare da un personaggio di tutto rispetto, presidente dell'Associazione
Genitori Cattolici, uomo di grande fede, di forte impegno e di risoluto
carattere, il dottor Arrigo Muscio…." (La Lanterna di Sergio
Zavoli, Jesus/settembre 1999, pag. 8 - "….Arrigo Muscio, giornalista e
scrittore di indiscussa serietà…" (Rivista Il Segno del
soprannaturale, N. 105, pag. 19) - "….Ho parlato anche con il Dr. Muscio
il quale, con molta gentilezza, mi ha fatto notare alcuni errori nella mia
lettera, che è ora doveroso correggere pubblicamente. Anzitutto l'Associazione
Genitori Cattolici non è né piccola né antagonista dell'AGE, come ingiustamente
facevo apparire nella mia lettera; in secondo luogo il Dr. Muscio mi ha
informato che sul tema da me esposto, non sono mai state pubblicate sue lettere
dal Giornale di Brescia: certamente la mia memoria mi ha ingannato ed ho
collegato erroneamente la sua persona ad una lettera. Chiedo quindi
pubblicamente scusa a lui ed a tutti i suoi associati, scuse peraltro già
amichevolmente accolte telefonicamente dal cortese Dr. Muscio…."
(Lettera rettifica di S.M., inviata al Direttore del Giornale di Brescia Dr. L.
e mai pubblicata), ecc..
Tali affermazioni contrastano totalmente e chiaramente con
quelle diffamatorie di G.T..
a)
Per
quali ragioni il giudice Dr. Q. nella sua sentenza, per giustificare la non
offensività delle espressioni usate da G.T., scrive "….Va infatti tenuto
conto come il Dr. Muscio che si qualifica Presidente dell'Associazione Genitori
Cattolici di Brescia in una lettera al Direttore pubblicata sul Giornale di
Brescia Venerdì 19-3-1999 parlando delle adozioni da parte di coppie gay
esprime concetti che certamente potrebbero indurre un lettore non cattolico a
ritenere violato il precetto evangelico di amare il prossimo come se
stessi…". A quali concetti fa riferimento il giudice? Come mai non le
ha citate espressamente, ma ha solo lasciato intendere che non fossero conformi
al Vangelo? Nella mia lettera sulle "adozioni gay" (vedere fotocopia
allegata)[8]
pubblicata sul Giornale di Brescia il 19-3-1999 criticavo l'opinione espressa
da un Ministro della Repubblica che si era dichiarato favorevole all'adozione
di bambini da parte di coppie gay. La mia critica, in qualità di presidente
dell'Associazione Genitori Cattolici, si basava su vari argomenti: da un punto
di vista religioso (Papa Giovanni Paolo II più volte ha criticato le coppie di
fatto, considerando lecite e degne di tutela solo quelle basate sul matrimonio
tra un uomo ed una donna, e con la sua enciclica "Veritatis
splendor", al cap. 62, ha ricordato le Parole della Scrittura "Non
conformatevi alla mentalità di questo mondo, ma trasformatevi rinnovando la
vostra mente, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".
Al
cap. 81 riporta le Parole di S. Paolo: "Non illudetevi: nè immorali, né
idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi,
né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio" (1 Cor. 6,9-10).
Inoltre criticavo le adozioni gay anche da un punto di vista
costituzionale, naturale, di offesa al ruolo della donna e
pedagogico-scientifico. Nella mia lettera rimandavo poi gli eventuali interessati,
per evidenti ragioni di spazio, a quanto affermato nella Sacra Scrittura in
riferimento all'omosessualità[9],
pubblicato sul sito internet dell'Associazione.
b)
Che
cosa intende il giudice Q. con l'espressione "…il dr. Muscio che si
qualifica Presidente dell'Associazione Genitori Cattolici…."?
c)
Come
mai la sentenza del Dr. Q. (N. 826 del 14-12-1999) è stata depositata il
12-1-2000; ben oltre il termine di 15 giorni previsto dagli art. C.P.P 544 - 2°
comma, e seg.?
d)
Infine
faccio presente che la decisione del giudice Dr. Q. ha nei fatti impedito,
nonostante i fatti esposti e le sentenze della Corte di Cassazione citate nelle
mie querele a sostegno degli stessi che consigliavano il rinvio a giudizio
degli imputati, il dibattimento pubblico previsto dall'art. 6 comma 1 della
Convenzione per i diritti dell'uomo (durante l'udienza il Dr. Q., quando si è
arrivati al mio turno, ha fatto allontanare dall'aula tutti i non aventi
diritto, compresa mia moglie)
Ciò premesso, pur preannunciando un mio ricorso in appello,
chiedo a codeste Autorità di effettuare le dovute verifiche di competenza onde
accertare se nei comportamenti sopra esposti che, a mio parere, creano
sconcerto in un cittadino di uno stato di diritto appartenente all'Unione
Europea, siano da ravvisare violazioni normative. In tal caso, domando che si
intervenga secondo legge e chiedo, in qualità di cittadino, d'essere inoltre
avvisato sugli esiti di questo mio esposto.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
La presentazione
dell'appello
In
data 21 gennaio 2000 il mio legale Avv. Enzo Bosio presentò alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale Ordinario di Brescia (Pubblico Ministero
dott.ssa B. S.) la seguente richiesta
di impugnazione ex art. 572 C.P.P.
Il
sottoscritto Avv. Enzo Bosio, nella sua qualità di difensore di fiducia di
Muscio Arrigo, costituitosi parte civile nel procedimento di cui in epigrafe,
contro L. G. e G. T., imputati dei reati di cui agli artt. 595 c. I-II e III,
57 c.p., 13 3 21 l. 47/48, perché offendevano l'onore e la reputazione di
Arrigo Muscio, in particolare G. T. quale autore dell'art. apparso sul
quotidiano "Il Giornale di Brescia", rubrica "lettere al
direttore", del 12-4-1999, intitolato "basta con certe lettere",
articolo nel quale, riferendo fra l'altro le seguenti frasi:
"…Recentemente
il Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera firmata dal sig. S.M., che
conteneva critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi, che si dichiarano ad
ogni occasione cattolici, quali il dott. Muscio ed il sig. G. C., che
manifestavano rabbia e fastidio verso gli immigrati….",
"…dall'essenza dei loro scritti devo dedurre che questi due signori odiano
il prossimo come se stessi….", screditavano l'immagine del Muscio davanti
all'opinione pubblica.
Con
l'aggravante della attribuzione di un fatto determinato commettendo il fatto G.
T. quale autore dell'articolo e L. G.
nella qualità di direttore responsabile del quotidiano "Il Giornale
di Brescia", omettendo egli di esercitare il controllo necessario ad impedire
che con la pubblicazione del citato articolo venisse commesso il reato di cui
sopra, in Brescia il 12-4-1999.
Premesso
Che
con sentenza n. 826 del 14-12-1999 e depositata il 12-1-2000, il Giudice per le
indagini preliminari dott. E. Q. dichiarava non luogo a procedere nei confronti
degli imputati L.G. e G.T., rispettivamente per difetto di querela e perché il
fatto non costituisce reato;
che
tale sentenza è ingiusta per i seguenti motivi:
a)
relativamente
alla carenza della condizione di procedibilità per assenza di querela si
evidenzia che il Giudice per l'udienza
preliminare avrebbe dovuto rilevare come il comportamento di L. G. è doloso,
elemento psicologico rilevabile dal fatto che lo stesso L.G. ha omesso di
pubblicare la lettera del sig. S. M. (che si produce in copia) datata 4-4-1999,
inviatagli dallo stesso S.M. per la pubblicazione, con la quale quest'ultimo
chiariva i fatti e chiedeva al direttore di pubblicare la rettifica dei dati
erroneamente esposti nella sua precedente lettera. Il Direttore invece che
provvedere alla pubblicazione della lettera dello S.M., pubblicava quella di
G.T., per cui pare evidente la sussistenza dell'elemento doloso e del concorso
nel reato di diffamazione a mezzo stampa, e non come ritiene il Giudice, di
omesso controllo sull'articolo pubblicato (Cass. Pen, sez. VI 20-4-78 n. 4274).
Per altro è doveroso riferire che per tale omissione il Direttore del Giornale
di Brescia è stato querelato in data 14-4-1999 e denunciato all'ordine dei
giornalisti in pari data.
b)
Il
fatto contestato è di per sé diffamatorio in quanto palesemente falso perché
non esistono scritti del Muscio pubblicati sul "Giornale di Brescia"
relativamente al problema immigrazione, tanto è vero che all'udienza
preliminare non sono stati prodotti dalle difese del G.T. e del L.G. Essendo la
pubblicazione della notizia falsa un fatto già di per sé diffamatorio, l'Ill.mo
Giudice avrebbe dovuto comunque rinviare a giudizio gli imputati.
c)
L'affermazione
del G.T. è comunque palesemente diffamatoria indipendentemente dalla posizione
sociale che il Muscio ricopre ed indipendentemente dalle sue credenze
religiose. Se tuttavia si considera la posizione del Muscio in seno alla
società e precisamente il suo stato di scrittore cattolico, di presidente
dell'associazione genitori cattolici e di giornalista, si rileva come la frase
scritta dal G.T. sia palesemente e chiaramente diffamatoria e non la si possa
considerare come "espressione delle libera manifestazione del
pensiero".
Tutto
ciò premesso, e per i motivi esposti, a norma dell'art. 572 c.p..p.,
Rivolge
Rispettosa
istanza al sig. Procuratore della Repubblica perché voglia esaminare gli atti
del processo e valutare l'opportunità di proporre appello avverso la citata
sentenza.
Si
allega lettera del sig. S. M. del 4-4-1999 richiamata in narrativa.
Brescia
21-1-2000
Avv. Enzo Bosio
Il rigetto
dell'appello
In data 23-3-2000 il Pubblico Ministero dott.ssa S.
B.
Letti gli atti del procedimento in epigrafe indicato
ed, in particolare, la richiesta di impugnazione ex. Art. 572 c.p.p. presentata
dalla parte civile avverso la sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Brescia
in data 14-12-1999 nei confronti di L. G. e G. T.;
rilevato che si ritengono condivisibili le
motivazioni poste dall'Organo Giudicante alla base della predetta decisione e
che non sussistono motivi fondati per ritenere che la vicenda in oggetto del
processo come già definito sia suscettibile di diversa valutazione in sede di
gravame;
p.q.m.
Visto l'art. 572 c.p.p.
Rigetta
La richiesta di proposizione dell'impugnazione
presentata nell'interesse di Muscio Arrigo.
Denuncia-querela
contro il direttore del Giornale di Brescia
Come già riportato nel mio precedente esposto, dopo
aver analizzato il comportamento del Direttore del Giornale di Brescia dott.
L.G. presentai la seguente denuncia nei suoi confronti.
SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI BRESCIA
Via Moretto
78
Brescia
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Muscio Arrigo……………sporgo denuncia-querela
nei confronti del sig. L. G. (direttore del Giornale di Brescia) per le
seguenti ragioni.
In data 31-3-1999 il Giornale di Brescia ha
pubblicato una lettera del Sig. S.M. con il titolo “La coscienza dei cattolici,
gli immigrati, la povertà e la solidarietà” (vedere fotocopia allegata). Nella
parte iniziale di tale lettera il Sig. S.M. aveva scritto: “Recentemente lei sta ospitando lettere
di cattolici che espongono il loro punto
di vista rispetto al fenomeno dell’immigrazione. Mi riferisco per esempio
al sig. Muscio, presidente di una
piccola associazione di genitori che,
per fortuna, non ha nulla a che fare con l’Age....” ed alla fine della
stessa: “......Ora se almeno un
bresciano ogni cento, uno solo su cento, Muscio, la leghista maggioliniana, S.
e C. per primi, al posto di augurarsi la libertà di - recarsi in Chiesa la domenica e
circolare per i fatti nostri - si facesse carico di un immigrato, uno solo
a testa, il problema sarebbe presto risolto....”. Poiché il Giornale di Brescia non ha mai ospitato una mia lettera
sul fenomeno dell’immigrazione (vedere fotocopia mie rettifiche del 3 e 14
aprile 1999), in data 2 aprile 1999 ho querelato il sig. S. M.. Quest’ultimo,
dopo aver letto la mia prima rettifica del 3 aprile 1999 (vedere copia
allegata), mi ha telefonato e dopo aver riconosciuto d’avere, nei miei
confronti, sbagliato persona (vedere copia lettere di S.M. allegate) si è detto
disposto a chiedere la rettifica dei suoi errori (sulla mia associazione e
sulla mia lettera fantasma al
Giornale di Brescia) al direttore del giornale. Trascorsi inutilmente, ed in
violazione dell’art. 8 della legge sulla stampa, circa dieci giorni dalla data
della richiesta di rettifica del sig. S. M., il Giornale di Brescia (nella
rubrica lettere al direttore) anziché pubblicare la rettifica di S.M., come
previsto dall’art. 8 della Legge sulla stampa,
in data 12 aprile 1999 ha invece pubblicato uno scritto di G.T. con il
titolo “Basta con certe lettere!”
(vedere all. fotocopia). Il Sig. G.T. scrive: “Recentemente il Giornale di
Brescia ha pubblicato una lettera firmata dal signor S.M., che conteneva
critiche alla prosa di alcuni lettori
scriventi, che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dott. Muscio e il signor G. C.,
che manifestavano rabbia e fastidio verso gli immigrati......dall’essenza dei
loro scritti devo dedurre che questi due signori odiano il prossimo come se
stessi....”. In data 12 aprile 1999 ho immediatamente presentato una
querela anche nei confronti di G.T., dato che il Giornale di Brescia non ha mai
pubblicato un mio scritto sul problema immigrazione.
Ciò premesso:
1) dopo aver ricevuto conferma
dal sig. S. M. che il medesimo ha richiesto direttamente al direttore del
Giornale di Brescia, ancora in data 4 aprile 1999, rettifica riguardo alla mia
persona (vedere fotocopie allegate delle lettere di S.M.);
2) dopo aver esaminato il
comportamento del direttore del Giornale di Brescia che, anziché provvedere
entro due giorni dalla richiesta di rettifica dello S.M. (come previsto
inderogabilmente dall’art. 8 della Legge sulla stampa) e correggere le errate
indicazioni della mia persona, come invece ha prontamente fatto alla fine della
lettera di G.T. (vedere fotocopia allegata), ha invece pubblicato la lettera di G.T. (da me già querelato il
12-4-1999) che si ricollegava allo
scritto di S.M. diffamando la mia persona;
3) tenuto conto che il Giornale
di Brescia non ha mai pubblicato un mio scritto od una mia opinione in
riferimento al problema immigrazione (vedere mia rettifica del 14 aprile 1999,
non contestata nel merito) e, a maggior ragione, lettere che “manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati” o dalle quali si deducesse “odio
verso il prossimo come me stesso” come invece scritto dal G.T.;
4) tenuto altresì conto che il
sig. L. G. (direttore del Giornale di Brescia) con il suo comportamento ha
permesso, nonostante la richiesta di rettifica a lui direttamente indirizzata
da S.M. e da lui non pubblicata sul giornale fino ad oggi, la pubblicazione di
affermazioni inerenti alla mia persona che, false e denigratorie, mi hanno
pubblicamente diffamato,
chiedo
a codesta Autorità Giudiziaria di perseguire
penalmente per violazione dell'art. 596 bis C.P il sig. L. G., quantomeno per
concorso in diffamazione con G. T., alla luce anche delle sentenze Cass. Pen..,
sez. VI, 20 aprile 1978, n. 4274 - Cass. Pen., sez. V, 5 agosto 1992, n. 8848;
Cass. Pen, sez. V 23 novembre 1981, N. 10512; sez. V, sent.
08848 del 5/8/1992 (Ud. 8-6-92); sez. V, sent. 04384 del 17-4-91 (ud. 7-2-91), e di eventuali altre norme non citate.
Domando inoltre d’essere avvisato ai sensi dell’art.
408 C.P.P. in un’eventuale ipotesi di archiviazione.
Brescia, 13/02/04
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
La richiesta di
archiviazione
Il giorno 25-11-1999 mi fu notificata la richiesta
di archiviazione firmata dal Pubblico Ministero A. R. con le seguenti motivazioni "……rilevato che nella
lettera a firma G.T. pubblicata sul Giornale di Brescia del 12 aprile 1999 si
rinvengono affermazioni sicuramente caratterizzate da accentuato tono polemico,
ma non dotate di offensività tale da ledere o anche solo mettere in pericolo la
reputazione del querelante….."
Opposizione
In data 6 dicembre 1999 il mio legale avv. Enzo
Bosio presentò la seguente opposizione al Giudice per le indagini preliminari.
"….Ill.mo sig. giudice, il sottoscritto Arrigo
Muscio, parte offesa nel proc. Pen. Di cui in epigrafe, difeso e rappresentato
dall'avv. Enzo Bosio, del foro di Brescia, per delega in calce alla presente
opposizione.
PREMESSO
Che il P.M. dott. A. R. chiedeva con richiesta del
15-10-1999 che venisse disposta l'archiviazione del procedimento penale a
carico di L. G. in quanto non sussistente l'ipotesi di reato di cui all'art.
595 c.p. perché nella lettera a firma G. T. pubblicata sul Giornale di Brescia
del 12 aprile 1999 si rinvengono affermazioni sicuramente caratterizzate da
accentuato tono polemico, ma non dotate di offensività tale da ledere o anche
solo mettere in pericolo la reputazione del querelante;
che la motivazione addotta dal pubblico Ministero
non pare congrua e sorretta da adeguata indagine sulla figura e sul ruolo
svolto dal dott. Muscio in seno all'associazione genitori cattolici e della sua qualità di scrittore e
giornalista impegnato nella tutela degli interessi della religione cattolica;
che non sono state svolte indagini per accertare se
effettivamente i fatti indicati nella lettera del sig. G.T. sono veritieri o
frutto della sua immaginazione, in particolare se il dott. Muscio ha mai chiesto
la pubblicazione, e se siano state effettivamente pubblicate, lettere che
riguardano il problema immigrazione;
che necessitano dunque lo svolgimento di ulteriori
indagini per l'accertamento del reato;
Ciò premesso chiede che l'Ill.mo sig. Giudice, premessi
gli adempimenti di rito, voglia fissare l'udienza in camera di consiglio ai
sensi e per gli effetti dell'art. 409 c.p.p.
Si allega alla presente richiesta: elenco di recenti
interventi sulla stampa del dott. Arrigo Muscio.
Con osservanza.
Avv. Enzo Bosio
Considerazioni
A prescindere dalle altre valutazioni inserite sia
nella mia querela sia nell'opposizione del mio legale, un fatto è certo.
Mi è stato attribuito un articolo gravemente
offensivo, mai pubblicato e mai inviato al Giornale di Brescia per richiederne
la pubblicazione. La suprema Corte di Cassazione ha sentenziato "…Non solo le
espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle meramente insinuanti sono
idonee a ledere o a mettere in pericolo la reputazione di terzi" Cass. Pen., sez. V, 18
giugno 1982, n. 5945.
E allora???!!!
Altra richiesta di
archiviazione
Mentre in merito non ricevo alcuna comunicazione, in
data 4 dicembre 2000 mi viene notificata, sempre a firma del Pubblico
Ministero A. R., una nuova richiesta di
archiviazione con le seguenti motivazioni
"….Premesso che:
-
con
richiesta datata 15 ottobre 1999 questo pubblico ministero ha chiesto
l'archiviazione del procedimento, sostenendo che le affermazioni di T. G.
(autore della lettera pubblicata il 12 aprile 1999 sul "Giornale di
Brescia", quotidiano di cui l'indagato è direttore), pur caratterizzandosi
per un accentuato tono polemico, non erano dotate di offensività tale da ledere
o mettere in pericolo la reputazione del querelante;
-
-
a seguito di opposizione proposta da Muscio Arrigo il G.I.P. in sede, con
ordinanza del 3 febbraio 2000, ha indicato al Pubblico Ministero l'opportunità
di svolgere ulteriori indagini, tese a verificare se fossero stati pubblicati
sul quotidiano diretto all'imputato articoli o lettere a firma di Muscio Arrigo
attinenti al tema dell'immigrazione;
-
letta
la nota di p.g. trasmessa in data 7 marzo 2000, dalla quale si evince che il
querelante, antecedentemente alla pubblicazione della lettera aperta oggetto di
querela, mai ebbe a chiedere la pubblicazione di scritti relativi al tema
dell'immigrazione;
-
rilevato
che nella lettera aperta pubblicata il 12 aprile 1999 la frase che è
potenzialmente offensiva della reputazione del Muscio non è quella in cui si
afferma che egli, unitamente ad altri, "avrebbe manifestato rabbia e
fastidio verso gli immigrati", bensì quella secondo la quale il Muscio
sarebbe "un incallito integralista cattolico che non ha nulla da invidiare
agli integralisti islamici"; che effettivamente il Muscio, in alcuni
precedenti interventi, aveva manifestato opinioni assai critiche nei confronti
di alcune manifestazioni del costume moderno, ritenute non consone
all'ortodossia della religione cattolica; che pertanto si ritiene di dover
ribadire le conclusioni che già in precedenza condussero lo scrivente a
chiedere l'archiviazione del procedimento sulla base del corretto esercizio del
diritto di critica da parte di T.G., diritto di critica a cui inevitabilmente
ognuno di noi si espone quando decide di diffondere le proprie opinioni addirittura
pubblicandole sugli organi di stampa;
ritenuto che non vi siano
elementi sufficienti per sostenere l'accusa in giudizio;
visti gli artt. 408 c.p.p e
125 D.L.vo n, 271/89;
chiede
che il Giudice per le
indagini preliminari in sede voglia disporre l'archiviazione del procedimento
con conseguente restituzione degli atti al proprio ufficio…"
Brescia, 13 settembre 2000
Nuova opposizione
TRIBUNALE ORDINARIO DI
BRESCIA
AL SIGNOR GIUDICE DELLE
INDAGINI PRELIMINARI
OGGETTO: opposizione alla
richiesta di archiviazione del 21-11-2000 e notificata il 4 dicembre 2000,
presentata dal Pubblico Ministero dott. A. R. contro L. G.
L'avvocato Enzo Bosio, in riferimento alla richiesta
di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero dott. A. R. di cui all'oggetto,
presenta opposizione i seguenti motivi:
Ø Le frasi utilizzate dal sig.
T. G. "…“Recentemente il Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera
firmata dal signor M. S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi, che si dichiarano ad ogni
occasione cattolici, quali il dott.
Muscio e il signor C., che manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati......dall’essenza dei loro scritti devo dedurre che questi due
signori odiano il prossimo come se stessi....” sono chiaramente ed intrinsecamente
diffamatorie se utilizzate nei confronti di un qualunque cittadino. Lo sono
ancor di più se usate nei riguardi del dott. Arrigo Muscio il quale:
a)
è
presidente dell'Associazione Genitori Cattolici; associazione che si batte per la
difesa dei valori cattolici tant'è che numerose persone hanno scritto al
medesimo ringraziandolo per l'attività svolta (come dimostra il link "I
navigatori ringraziano" presente sul sito internet dell'Associazione);
b)
è
autore di libri e articoli di argomento religioso conosciuti a livello nazionale;
c)
ha
curato numerose rubriche televisive presso televisioni private a carattere
religioso;
d)
è
stato intervistato numerose volte su argomenti religiosi;
e)
è
stata richiesta la sua partecipazione durante puntate televisive nazionali.
Ø Inoltre il dott. Arrigo
Muscio non ha mai scritto l'articolo criticato in maniera lesiva della sua
reputazione e dignità personale da T. G. e ciò basta a ritenerlo diffamatorio
ai sensi della sentenza "…Non solo
le espressioni non vere e non obiettive ma anche quelle meramente insinuanti
sono idonee a ledere o a mettere in pericolo la reputazione di terzi" Cass.
Pen., sez. V, 18 giugno 1982, n. 5945.
Ø Il Direttore del Giornale di
Brescia dott. L. G. non poteva non
sapere che nella rubrica "Lettere al direttore", da lui diretta,
tale scritto di Muscio non era mai stato pubblicato. Non solo. Ma non era mai stato inviato (come del resto risulta dalla
nota di P.G. trasmessa al PM in dta 7 marzo 2000).
Ø Infine lo stesso direttore,
fatto ancor più grave, non aveva pubblicato, nonostante la richiesta scritta
del Sig. M. S. a lui indirizzata, la
rettifica di errore di persona richiesta dallo. stesso M.S., riguardo al dott.
Muscio. Non solo, ma aveva invece permesso la pubblicazione, sempre nella rubrica
da lui diretta, di un ulteriore scritto diffamatorio di G. T. che si collegava
alla lettera dello S., ben sapendo o non
potendo non sapere che lo S. aveva chiesto la rettifica in merito.
Ø Il rilievo che il Pubblico
Ministero fa relativamente alla frase “un incallito integralista cattolico che
non ha nulla da invidiare agli integralisti islamici” non trova riscontro nella
denuncia-querela presentata dal dott. Muscio, per cui è irrilevante ad ogni
effetto la considerazione che lo stesso P.M. esprime in merito. Nulla invece
rileva il PM sulla offensività o meno delle frasi diffamatorie richiamate nella
denuncia-querela che sono e debbono rimanere unico oggetto del presente
procedimento penale. Fra l’altro piacerebbe conoscere a questa difesa quali
sono i “precedenti interventi” richiamati nella nota del PM nei quali il dott.
Muscio ha espresso, secondo il PM, le critiche alle manifestazioni del costume
moderno, “ritenute non consone all’ortodossia della religione cattolica”. Si fa
presente che tutti gli articoli, i libri, le conferenze e gli interventi del
dott. Muscio non hanno mai provocato nessun intervento di correzione da parte
delle Autorità Religiose. Non solo, ma il sito dell’Associazione Genitori
Cattolici presieduto dal dott. Muscio è segnalato su tutti i principali motori di ricerca cattolici e
dallo stesso data base della Conferenza Episcopale Italiana. Tali scritti sono
inoltre visibili, mediante il sito internet dell’Associazione, a tutte le
Autorità religiose competenti in materia alle quali, spesso, il dott. Muscio
invia diversi interventi.
Come indagini suppletive si indicano:
1)
l'acquisizione
della documentazione, liberamente consultabile e scaricabile, presente nei link
"I navigatori ringraziano" - "Gruppo di preghiera" - "I salmi" - "Libri scritti
da Arrigo Muscio" - "Hanno scritto di noi"
- "Servizi televisivi" pubblicata
sul sito internet dell'Associazione http://space.tin.it/associazioni/armuscio, presieduta dal dott. Arrigo Muscio, ad
ulteriore dimostrazione dell'offensività delle frasi pronunciate da T. G.,
pubblicate con l'autorizzazione del Direttore del Giornale di Brescia dott. G.
L..
2)
l'acquisizione
da parte del PM della testimonianza del Sig. M. S. riguardo, non solo alla
richiesta di rettifica inviata al Direttore del Giornale di Brescia (come
risulta da fotocopia allegata alla mia precedente opposizione) e mai presa in
considerazione dallo stesso, ma anche all'invito orale rivolto al funzionario
del Giornale in oggetto che gli telefonò per chiedergli conferma dell'invio
della sua lettera rettifica.
Ciò premesso, visto il comportamento doloso del
direttore del Giornale di Brescia, chiedo al sig. Giudice di respingere la
richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero e di rinviare a
giudizio per diffamazione il dott. L.
G. ai sensi della normativa vigente supportata dalla giurisprudenza
della Suprema Corte di Cassazione.
Con osservanza.
Avv. Enzo Bosio
Brescia, 13-12-2000
REPLICA AL
PRESIDENTE DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI DELLA LOMBARDIA
In riferimento al mio esposto presentato all'Ordine
dei Giornalisti della Lombardia in data 22-4-1999 contro il direttore del
Giornale di Brescia, il presidente del medesimo dott. Franco Abruzzo rispose
con fax del 27 novembre 2000 che "....l'articolo 58 delle legge
professionale n. 69/1963 ci impedisce di agire su piano disciplinare, quando
sui fatti è in corso un'inchiesta penale".
In data 18 dicembre 2000 replicai con la seguente
lettera.
PREG.MO PRESIDENTE
DOTT. FRANCO ABRUZZO
ORDINE DEI GIORNALISTI
CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA
Via A. Appiani 2
20121 Milano
P.C.
CONSIGLIO NAZIONALE
DELL'ORDINE DEI GIORNALISTI
00186 ROMA
OGGETTO: esposto del 22-4-1999 contro G. L.,
direttore de "Il Giornale di Brescia"
In risposta al Vs. fax del 27 novembre 2000 (Prot.
N. 5239/00/FA/eg) espongo quanto segue, anche se in ritardo in quanto impegnato
nella stesura del "Dossier Giustizia" pubblicato sul sito internet
dell'Associazione Genitori Cattolici http://space.tin.it/associazioni/armuscio.
Ho letto con attenzione l'art. 58 della legge
69/1963 da voi indicato ed a mio parere il medesimo fa solo riferimento ai
termini di prescrizione relativi all'azione disciplinare; termini che decorrono
dalla data della sentenza in caso di procedimento penale.
Tale norma non impone alcuna sospensione dell'azione
autonoma dell'Ordine dei Giornalisti che ha competenza sui comportamenti
disciplinari,
dato che gli eventuali risvolti penali sono invece di spettanza della Magistratura.
Un giornalista, infatti, può benissimo compiere un illecito disciplinare, ma
non penale ed è questa la ragione per cui il legislatore ha previsto normative
ed istituti diversi e differenti azioni da parte della persona offesa. Tant'è
vero che l'Ordine dei Giornalisti del Lazio ha punito, in riferimento alla
trasmissione delle immagini pedofile, alcuni giornalisti a prescindere dalle
indagini della Magistratura (delle quali parlarono subito i mass media) tese
ad appurare eventuali reati!
L'esposto del 22-4-99 da me presentato all'Ordine
dei Giornalisti nei confronti di L. per la vicenda riportata anche nel
"Dossier Giustizia" ha per oggetto la condotta del medesimo che,
secondo la documentazione oggettiva da me presentata e riportata anche nel
"Dossier giustizia", ha attuato un comportamento in palese contrasto
non solo con il contegno professionale previsto per un giornalista, ma anche
con i più elementari criteri di correttezza, di verità e di democrazia. Il
dott. L. non solo non ha pubblicato (a mio parere violando l'art. 8
della Legge 1948 sulla stampa) la rettifica del lettore M. S. tesa a riparare,
ammettendo il suo errore di persona nell'avermi attribuito uno scritto
inesistente, il danno d'immagine provocatomi dalla sua lettera ma, una
decina di giorni dopo, ha permesso, nella rubrica da lui diretta, addirittura la pubblicazione di una lettera
di G. che si rifaceva allo scritto di S. per aggiungere le sue diffamazioni.
M. S. nella lettera accompagnatoria alla sua rettifica ha mosso, tra l'altro,
un rimprovero al direttore L. per omesso controllo e mi ha confidato d'aver
sollecitato anche in via telefonica la pubblicazione della sua rettifica ad un
incaricato del giornale che gli aveva telefonato per chiedergli conferma della
stessa.
Ritengo pertanto il contegno del dott. L. G.
suscettibile ai sensi di legge specifica, per la sua inaudita gravità, di
autonoma valutazione da parte del Consiglio dell'Ordine dei Giornalisti di
competenza, e ciò a prescindere da altrettante autonome valutazioni della
Magistratura attinenti alla disciplina della diffamazione.
Vi prego e vi invito pertanto a provvedere con la
stessa sollecitudine (quanto mai necessaria in quanto sono già trascorsi circa
due anni dalla data del mio esposto!) con cui avete agito nei confronti del
dott. Feltri in riferimento agli addebiti di competenza, anche nei confronti
del dott. L.
per il quale domando, a causa della inaudita gravità del suo comportamento da
me denunciato, il medesimo provvedimento: la radiazione dall'Albo dei
Giornalisti.
Brescia,
18 dicembre 2000
Distinti saluti.
Dr. Muscio Arrigo
Considerazioni
Se il direttore di "Libero" dott. Feltri è
stato prontamente radiato dallo stesso Ordine dei giornalisti per aver pubblicato
della documentazione inerente ad una notizia vera, come mai il direttore del
Giornale di Brescia dott. L. non è stato ancora radiato (dopo circa due anni
dal mio esposto!) per il grave fatto che non solo non ha pubblicato (a
mio parere violando l'art. 8 della Legge 1948 sulla stampa) la rettifica del
lettore M. S. tesa a riparare, ammettendo il suo errore di persona nell'avermi
attribuito uno scritto inesistente, il danno d'immagine provocatomi dalla
sua lettera ma, una decina di giorni dopo, ha permesso, nella rubrica da lui
diretta, addirittura la pubblicazione
di una lettera di G. che si rifaceva allo scritto di S. per aggiungere le sue
diffamazioni??
In data 2-1-1997 presentai, in qualità di presidente
dell'Associazione Genitori Cattolici, il seguente esposto all'Autorità
Giudiziaria.
Mercoledì 11 dicembre
1996, alle ore 22,30 circa, Canale 5 Mediaset ha trasmesso il programma
“Maurizio Costanzo Show” (vedere videocassetta allegata). Ospite in studio è
stato lo scrittore Aldo Busi. Durante la trasmissione, Aldo Busi ha affermato
quanto segue: “Tutti i preti sono culatoni!” (vedere a circa 34 minuti
sul segnatempo del videoregistratore, dopo averlo azzerato all’inizio della
videocassetta) - “Ma se anche un adulto fa una sega ad un ragazzino di 13
anni, chi se ne frega! Ma dov’è il male sociale?…Io ho vissuto l’infanzia con
nonni, zii, padri che sollevavano bambini di 2 o tre anni, nudi, dal bagnetto e
poi si infilavano il pisellino in bocca. E’ una cosa che si faceva normalmente….”
(vedere a circa 1 ora e 24 minuti).
Ciò premesso, chiediamo a
codesta Autorità giudiziaria di accertare se con l’espressione usata da Aldo
Busi “Tutti i preti sono culatoni” siano stati violati gli art. 403 e/o
406 del C. P.
Tenuto inoltre conto
dell’art. 609 quater C. P. 1 comma che punisce “chiunque compie atti sessuali
con persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni quattordici”, e
tenuto pure conto di quanto successo recentemente in Belgio, chiediamo di accertare se le espressioni di Aldo Busi “Ma
se anche un adulto fa una sega ad un ragazzino di 13 anni, chi se ne frega! Ma
dov’è il male sociale?…Io ho vissuto l’infanzia con nonni, zii, padri che
sollevavano bambini di 2 o tre anni, nudi, dal bagnetto e poi si infilavano il
pisellino in bocca. E’ una cosa che si faceva normalmente….”, costituiscano
violazione dell’art. 414 C. P. alla luce delle seguenti sentenze: Cass. Pen.,
sez. I, 25 febbraio 1970, n. 419; Cass. Pen., sez. I, 13 maggio 1975 (ud. 22
novembre 1974); Cass. Pen., sez. I, 6 aprile 1971, n. 347.
Chiediamo di accertare se
la trasmissione in oggetto sia avvenuta in diretta o in differita e se sia
stata replicata onde valutare l’eventuale responsabilità del conduttore
Maurizio Costanzo e di eventuali altri responsabili.
In riferimento alle
affermazioni “Ma se anche un adulto fa una sega ad un ragazzino di 13 anni,
chi se ne frega! Ma dov’è il male sociale?…Io ho vissuto l’infanzia con nonni,
zii, padri che sollevavano bambini di 2 o tre anni, nudi, dal bagnetto e poi si
infilavano il pisellino in bocca. E’ una cosa che si faceva normalmente….”,
tenuto conto:
3) di
quanto riportato dalla rivista “Ex Novo”, N. 4, pag. 5: “….Le povere vittime
di Dutroux, infatti, venivano gettate in pasto a facoltosi pervertiti: tali
imprese erano generalmente filmate e consentivano a “qualcuno” di controllare
come burattini i personaggi “eccellenti” colti in castagna. La “Libre Belgique”
e altri quotidiani hanno fatto riferimento senza tanti giri di parole ad una
lobby potentissima di stampo massonico che poteva garantire a Dutroux una
protezione pressochè totale…”;
4) di
quanto sostenuto nel libro “La Massoneria
- Società segreta iniziatica”, Autori vari, Ed. Civiltà, Brescia, a pag. 91-92
“Nel 1953, negli USA, la Massoneria concepì un suo “piano” per corrompere su
vasta scala tutta la gioventù americana. Vi si legge: “…Abbiamo incominciato
a realizzare un piano e lo perfezioneremo con i seguenti mezzi: il cinema, la
pubblicazione-porno a buon prezzo, i libri comici con storie di sesso e di
violenza; ultimo mezzo, ma non il più piccolo, la televisione…Non osiamo andare
troppo lontano con la televisione, per il momento. Ma essa ci riserva un
uditorio immenso, e sarà il mezzo migliore per accostare i bambini. Il nostro
piano è di incoraggiare dapprima delle rappresentazioni amorose, se non subito
immorali, così graduando progressivamente la malvagità, tutta calcolata, si
avrà il possesso di tutta la gioventù. Sarà tenuta occupata tutto il giorno,
senza lasciare spazio per la religione. Così i giovani, al loro risveglio ed al
loro coricarsi a sera, avranno la testa piena di cow boys, di omicidi, di
terrori, di cartoni animati inoffensivi. Tutto questo per allontanare dal loro
animo immagini religiose. Così, i bambini saranno disorientati per anni. Poi,
quasi occasionalmente, si introdurranno costumi sfrontati e scene licenziose
allo scopo di distruggere il senso della modestia…..” e a pag. 94 del medesimo
libro: “L’iniziativa per la legge del divorzio, mezzo di corruzione e di
disordini morali, fu massonico. Lo si legge affermato espressamente sulla
“Rivista massonica” del maggio 1974. Così per ogni altra iniziativa immorale,
per le quali usano e fanno usare tattiche diverse. Ma tutte finiscono col
favorire, con tutti i mezzi, il nudismo, la pornografia, il libero amore, l’omosessualità,
l’incesto, lo scatenamento di ogni passione e sozzura, la dissacrazione di ogni
principio divino e naturale”;
5) e
tenuto conto dei ripetuti riferimenti effettuati da Riccardo Bocca nel suo
libro “Maurizio Costanzo Shock”, ed. Kaos, sull’appartenenza di Maurizio
Costanzo alla loggia massonica P2,
chiediamo
di accertare se quanto
avvenuto durante la trasmissione in oggetto sia da imputare ad esigenze di
“audience”, al caso o ad una precisa strategia tesa a rendere naturale ciò che
contrasta con il comune sentimento del pudore e con una precisa norma del C. P.
(art. 609 quater comma 1).
In caso di violazione delle
leggi sopra indicate, e/o della L. 25 gennaio 1982, N. 17 e/o di altre non
citate vi chiediamo di intervenire secondo legge.
Domandiamo di essere
avvisati ai sensi dell’art. 408 C.P.P.
su un’eventuale ipotesi di archiviazione.
Distinti
saluti.
Il
Presidente
Dr.
Arrigo Muscio
Archiviazione dell'esposto
In data 7-5-1998 il
Giudice per le indagini preliminari di Roma Dr. P. C. sentenziò il non luogo a
procedere nei confronti di Aldo Busi. Nonostante avessi scritto nell'esposto di
essere avvisato, ai sensi dell’art. 408 C.P.P. su un’eventuale ipotesi di
archiviazione, non venni avvisato dell'udienza in oggetto in qualità di parte
offesa e, di conseguenza, non mi fu possibile intervenire con il mio legale per
esprimere le nostre valutazioni in merito.
Riguardo comunque a tale
episodio ho presentato una denuncia "….. Poiché non ho mai ricevuto alcuna notifica
di ipotesi di archiviazione e/o alcuna notifica in merito ad eventuali udienze
riguardo al caso in questione, presento denuncia-querela per omissioni di atti
d’ufficio art. 328 C.P. e/o di altre norme penali che l’Autorità Giudiziaria
dovesse ravvisare nei confronti dei responsabili di tale omissione che mi ha di
fatto impedito di poter esercitare i miei diritti di parte offesa…."
Ritengo interessante
sapere che:
a) Francesco
Milanese (Tutore dei minori del Friuli Venezia Giulia) ha definito le
dichiarazioni di Busi rilasciate durante la trasmissione in oggetto
"….pesantissime affermazioni sul tema della pedofilia…."[10].
b) Il "Passaporto della
prudenza" presentato dalla ministra francese della famiglia e
dell'infanzia Segolen Royal stabilisce
che "…il bambino deve rifiutare atteggiamenti che lo infastidiscono, anche
se provengono dai suoi genitori…"[11].
c) Lo psichiatra prof. Massimo
Ammaniti[12] in risposta alla domanda "Professore ma
quale è il limite oltre il quale un adulto non deve spingersi per non turbare
un bambino?", dichiara "Il limite è la sua identità, la violazione
dei suoi personali confini….palpeggiamenti, baci, toccamenti, masturbazioni,
esibizionismo o visione di filmati hard….tutto questo è abuso sessuale e mai in
nessun caso un gioco…..".
a)
La
Suprema Corte di Cassazione ha
affermato[13] che
"Il solo atto di libidine nei confronti di un minore può essere più grave
della violenza…"
d) L'on.
Burani Procaccini ha presentato la seguente interrogazione parlamentare.
Interrogazione
parlamentare
In data 11 maggio 2000 l'On. Burani Procaccini
presentò la seguente interrogazione parlamentare.
Interrogazione a risposta scritta
BURANI PROCACCINI. Al Ministro di Grazia e
Giustizia e al Ministro delle Poste e Telecomunicazioni. Per sapere – premesso
che:
il recente fatto di cronaca nera in cui un
bambino albanese è stato ucciso da un diciassettenne pedofilo è l’ultimo di una
lunga serie di abusi sui minori che puntualmente accende i riflettori sul
problema pedofilia. Tali episodi scatenano le solite recriminazioni ed indagini
sociologiche sulle radici della pedofilia;
una forte segnalazione è giunta da parte del
Dr. Arrigo Muscio Presidente dell’Associazione Genitori Cattolici firmataria di
un esposto nei confronti dello scrittore Aldo Busi che ha affermato, durante
una nota trasmissione televisiva, in maniera cruda e cruenta che "le
pratiche pedofile da parte di familiari od amici nei confronti di bambini di
due o tre anni od anche di tredici anni erano normali nella sua famiglia e
nella piccola borghesia della provincia italiana… e che non c’era nessun male
in tutto questo";
il Dr. Muscio ha dichiarato che solo
recentissimamente è venuto a conoscenza che il noto scrittore è stato
penalmente assolto per tali dichiarazioni dal Giudice delle Indagini
preliminari di Roma Dr. C. P. in data 7.5.1998 mentre alla Associazione
Genitori Cattolici – sempre secondo il Dr. Muscio - non è mai pervenuta alcuna
notifica di avviso, come parte offesa, della data dell’udienza;
si è passati da un eccesso quale era quello in
cui, fino a non molto tempo fa, le ragazze madri venivano allontanate dal
piccolo schermo perché non potevano essere di esempio, ad una televisione
amorale e liberticida:
quali iniziative i Ministri in indirizzo
intendano promuovere affinchè la Televisione di Stato e la Televisione
commerciale non permettano che affermazioni siffatte passino inosservate
consentendo che nell’immaginario collettivo le pratiche pedofile siano
giustificate e giustificabili e che la giustizia non impedisca l’esercizio dei
diritti più elementari delle associazioni dei cittadini.
On. Maria Burani Procaccini
n. 4-29773
(XIII legislatura - allegato B ai Resoconti della seduta del 12 maggio
2000- pagina 31232)
Il 15-7-1998 vi fu una
sconcertante telefonata che fece scaturire la seguente denuncia-querela.
Al Signor Procuratore
della Repubblica presso il Tribunale di Brescia
Atto di Denuncia-Querela
Il sottoscritto Arrigo
Muscio……..espone alla S.V. Ill.ma quanto segue:
Il giorno 15-7-1998,
verso le ore 17.00 circa erano presenti in casa mia i miei genitori, D.G.I. e
M.A.
Allo squillare del
telefono di casa rispondeva mia madre, la quale si sentiva dire
dall'interlocutore: "Sono Aldo Busi, parlo con l'Associazione
Genitori?".
Mia madre rispondeva
"Con quale associazione desidera parlare?".
Aldo Busi replicava
"con l'associazione Genitori Cattolici di Arrigo Muscio".
Mia madre, dopo aver confermato
che quella era la linea telefonica di Arrigo Muscio si sentiva dire dal sig.
Busi: "Arrigo Muscio è un imbecille, un pazzo, un esaltato, un cretino ed
un deficiente, Arrigo Muscio è un vigliacco, non è un cristiano ma un fanatico.
Io lo querelo per danni perché ho subito un processo per causa sua".
Mia madre allora lo
interrompeva dicendo che suo figlio Arrigo non era presente in casa.
A questo punto il sig.
Busi riferiva le seguenti frasi: "Allora se è sua madre lo faccia curare
perché è un pericolo pubblico, perché è ammalato e deficiente".
Il Busi veniva nuovamente
interrotto da mia madre la quale gli disse che doveva rivolgersi direttamente a suo figlio se aveva delle questioni con
lui, ma questo dopo il suo rientro dalle vacanze.
Il Busi replicava
"Non parlo con quel vigliacco di suo figlio perché le mie parole sono
sacre", ed interruppe la comunicazione.
Dopo circa trenta minuti,
il sig. Busi chiamava nuovamente casa mia e riferiva a mia madre che era
intenzionato a distruggermi pubblicamente, per cui voleva sapere i miei dati
anagrafici e dove tenevo le mie pubbliche conferenze.
Sempre in questo secondo
colloquio, e dopo aver chiesto a mia madre se avevo dei figli, mi augurava che
i miei "figli crescessero drogati".
Riferiva inoltre a mia
madre che se non gli vessi chiesto scusa lui mi avrebbe querelato, mi avrebbe
distrutto perché lui non perdonava ed avrebbe fatto girare per tutta Brescia la
copia del mio esposto per sputtanarmi, e che gli associati sono tutti dei
cretini e dei vigliacchi.
Dopo alcuni minuti
richiamava al telefono, chiedendo a mia madre di accendere il fax perché voleva
mandare tutte le considerazioni che aveva precedentemente fatto per telefono ed
aggiungeva "il foglio del fax dopo potete ficcarvelo nel culo".
Mia madre disse che non
era in grado di accendere il fax per cui la sua missiva doveva spedirla per
posta.
Il Busi allora aggiungeva
che i suoi autografi costano cari ma avrebbe fatto un'eccezione per noi
dell'associazione e per me.
Tutto quanto riferito da Busi
è stato udito non solo da mia madre ma anche da mio padre, che potrà confermare
la veridicità dei fatti qui esposti.
Ciò premesso, poiché i
fatti suesposti concretano quanto meno i reati di cui agli articoli 595 c.p. il
sottoscritto propone formale
Denuncia-querela
Chiedendo che venga
penalmente proceduto per i fatti di cui sopra nei confronti del Sig. Aldo
Busi…..
Brescia 27-8-1998
Richiesta di archiviazione
In data 26-4-2000, dopo
circa due anni dalla data della denuncia, inviai un fax all'attenzione del
magistrato di competenza sul caso dott.ssa M. M., per sapere notizie in merito.
Il 24-5-2000, dopo circa
un mese, mi pervenne la seguente
risposta " Il fascicolo si trova nella fase delle indagini preliminari in
uno stato di "quiescenza" (trattandosi di fascicolo che il capo
dell'ufficio dovrà rassegnare)".
In data 4-9-2000 mi fu
notificata la richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero
dott.ssa M.M al Gip per le seguenti motivazioni"……Ritenuto che non deve
promuoversi azione penale in quanto non vi è prova dell'elemento soggettivo del
reato. Infatti, poiché la comunicazione è avvenuta a mezzo telefono, non vi è
prova che il Busi, mentre parlava con la D.G.I, fosse consapevole del fatto che
la stessa aveva attivato il meccanismo del "viva voce" e permettesse
così l'ascolto anche al di lei marito (M. A.). Non vi è prova, in definitiva
della consapevolezza del Busi di comunicare con più persone. Ulteriore elemento
a conferma di tale stato soggettivo sono le espressioni usate dal Busi, tutte
rivolte alla signora D.G.I. e non invece ad entrambi i coniugi ("allora se
è sua madre….suo figlio….accenda il fax….) ben potendo il Busi con le
espressioni "vigliacchi e cretini" riferirsi sia ad Arrigo Muscio e a
sua madre, sia in generale a tutti gli associati rappresentati da Arrigo
Muscio."
Opposizione
AL GIUDICE
DELLE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL
TRIBUNALE DI BRESCIA
OGGETTO:
OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE PROC. N. 13339/MT/2000 RG NOTIZIE
DI REATO CONTRO ALDO BUSI.
Io sottoscritto Dr. Arrigo Muscio…………….. mi oppongo
alla richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero Dott. M. M. e
notificatami il 4-9-2000, per il Proc. N. 13339/MT/2000 RG notizie di reato contro il Dr. Aldo Busi, per le
seguenti motivazioni.
1)
Che
il Dr. Aldo Busi fosse a conoscenza
della presenza di un'altra persona oltre a mia madre D.G.I. risulta, in
maniera inequivocabile, dalla allegata dichiarazione di M.A. -….Durante una
delle telefonate di Aldo Busi con mia moglie D.G.I., mentre ascoltavo col viva
voce gli insulti di Aldo Busi, dopo un iniziale momento di sconcerto gli dissi
un paio di volte ad alta voce, in successione "Ma come si permette!? La
smetta!!". Ma Busi, dopo un attimo di silenzio, proseguì con gli insulti -
2)
L'intenzione
diffamatoria di Busi nei miei confronti risulta inoltre evidente dal desiderio
dello stesso di comunicare con l'Associazione Genitori Cattolici "Sono
Aldo Busi, parlo con l'associazione genitori?…con l'associazione genitori
cattolici di Arrigo Muscio…..". Appena ricevuta conferma
dall'interlocutrice (che inizialmente per lui poteva benissimo essere un membro
dell'Associazione in quanto ignorava che fosse mia madre) iniziò a lanciare
insulti ed offese nei miei riguardi ".. Arrigo Muscio è un imbecille, un pazzo,
un esaltato, un cretino ecc. " con l'ovvio intento che tali insulti
venissero poi riferiti ad altri "In tema di diffamazione, sussiste
l'estremo della comunicazione con più persone non solo quando l'agente prenda
direttamente contatto con una pluralità di soggetti, ma anche quando egli
comunichi ad una persona una notizia destinata, nelle sue stesse intenzioni, ad
essere riferita almeno ad un'altra persona, che ne abbia poi conoscenza."
(Cass. Pen. Sez. V, 15 marzo 1993, n. 2432). Diversamente avrebbe chiesto di
parlare esclusivamente con me o di riferire solo a me! Invece il Busi escluse
perentoriamente tale possibilità "….Non parlo con quel vigliacco di suo
figlio perché le mie parole sono sacre….". Appare logico quindi che i
destinatari, per conoscenza, degli insulti alla mia persona erano gli altri
associati che avrebbero dovuto poi riferirmelo!
3)
L'intenzione
diffamatoria di Busi appare inoltre evidente dall'intenzione di inviare un
fax contenente tutte le considerazioni
fatte per telefono (riguardanti non solo la mia persona, ma anche gli altri
associati!). Quindi il fax doveva essere portato a conoscenza anche di
molteplici destinatari che avrebbero letto anche le frasi offensive inerenti
alla mia persona "Per concretare il delitto di diffamazione non occorre
che la propalazione delle frasi offensive avvenga simultaneamente, potendo la
stessa avvenire in diversi momenti, purchè sia rivolta a più persone"
(Cass. Pen., sez. V, 19 gennaio 1984, n. 485)
4)
Ulteriore
prova dell'intenzione di Busi di diffamare risulta dalla sua dichiarazione di
"…far girare per tutta Brescia la copia del mio esposto per
sputtanarmi…."
5)
Anche
l'intenzione di inviare per posta lo scritto (in quanto i miei genitori non
sapevano far funzionare il fax) facendo "un'eccezione per noi dell'associazione e per me"
conferma ulteriormente, parlando al plurale con evidente intenzione di portare
a conoscenza di diversi destinatari i suoi insulti, il desiderio consapevole di
diffamarmi portando uno scritto a conoscenza dei soci dell'Associazione.
6)
Infine,
le ripetute telefonate fatte da Busi dimostrano indiscutibilmente l'intenzione
di Busi (che non poteva immaginare di trovare sempre la stessa interlocutrice!)
di continuare gli insulti indipendentemente da chi gli avesse risposto.
Per le suddette motivazioni le quali confermano, di
fatto e di diritto, l'intenzione e l'azione diffamatoria di Aldo Busi che non
si è arrestata neppure di fronte all'intervento di M.A. che gli ha chiesto col
viva voce di smettere, chiedo al Sig. Giudice che:
a)
venga
respinta la richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero;
b)
venga
rinviato a giudizio il dr. Aldo Busi per diffamazione;
c)
venga
ordinata l'acquisizione, qualora il Sig. Giudice lo ritenesse necessario, del
tabulato Telecom relativo al periodo indicato nella mia denuncia a sostegno
dell'accanimento diffamatorio di Busi.
Brescia, 7 settembre 2000
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
Si
allega dichiarazione di M.A.
Decreto di
fissazione udienza in Camera di Consiglio da parte del Giudice per le indagini
preliminari.
In
data 1 dicembre 2000 il Giudice per le indagini preliminari Dott. B. C. emise
il seguente decreto "….considerato che ricorre l'ipotesi prevista
dall'art. 410, comma terzo, c.p.p., essendo stata proposta opposizione
tempestiva da parte del denunciante; visto l'art. 127 c.p.p. fissa il giorno 14
marzo 2001, alle ore 11,45, presso il Tribunale di Brescia, aula G.I.P. per
deliberare in camera di Consiglio in ordine alla richiesta del P.M., ed ordina
che ne sia dato avviso……"
Qualche giorno dopo la
telefonata riportata nella mia denuncia-querela, lo scrittore Aldo Busi
presentò una denuncia per calunnia nei miei confronti in riferimento al mio
esposto del 2-1-1997. Non riporto tale atto in quanto di proprietà e di
competenza del medesimo; di conseguenza, a mio parere solo Busi può
autorizzarne la pubblicazione.
Poiché il pubblico
ministero chiese l'archiviazione, Busi si oppose e lo stesso Gip che sentenziò
il non luogo a procedere nei confronti del Direttore del Giornale di Brescia e
di G.T. fissò, con ordinanza datata 27 gennaio 2000, l'udienza in camera di
consiglio.
RICUSAZIONE DEL GIUDICE
In data 24 marzo 2000 il
mio legale avv. Enzo Bosio preparò la seguente ricusazione nei confronti del
giudice E. Q.
depositata nella medesima
data sia alla Corte d'Appello di Brescia sia nell'ufficio del giudice in
questione.
Dichiarazione di
ricusazione
Proc. Pen. N. 2877/99
R.G.N.R. N. 2465/99 R.G. G.I.P. udienza del 3-4-2000 ex art. 127, 409 c. 2 e
410 c.p.p.
Muscio Arrigo…………
Premesso
Che in data 25-7-98 il
sig. Aldo Busi ha depositato, presso la Procura della Repubblica del Tribunale
di Brescia, una denuncia querela nei confronti del dott. Muscio;
che in data 7-9-99 il
sostituto procuratore, dott. F. S., ha presentato al Giudice per le indagini
preliminari, dott. E. Q., richiesta di archiviazione del procedimento penale a
carico del dott. Muscio;
che la difesa del sig.
Busi ha presentato al Giudice per le indagini preliminari opposizione alla
richiesta di archiviazione;
che il Giudice per le
indagini preliminari, dott. E. Q., ha emesso decreto di fissazione di
procedimento in camera di consiglio a seguito di opposizione della Parte
Offesa, fissando la data dell'udienza al 3-4-2000 alle ore 10.10;
che in data 17-1-2000 il
dott. Arrigo Muscio ha inviato un esposto nei confronti del Giudice dott. E. Q.
al Presidente della Repubblica, al Consiglio Superiore della Magistratura, al
procuratore Generale presso la Corte di Cassazione e al Ministro di Grazia e
Giustizia (che si allega in copia). Sostenendo violati i propri diritti di
cittadino sottoposto a procedimento penale ed in particolare la propria dignità
di cittadino cattolico come risulta chiaramente dall'esposto allegato.
Tutto ciò premesso
personalmente
Dichiara
Nel procedimento penale
di cui in epigrafe di ricusare il Giudice per le indagini preliminari dott. E.
Q., del predetto Tribunale, perché ricorrono i motivi di cui alla lettera h
dell'art. 36 c.p.p. (Il giudice ha
l'obbligo di astenersi…..h, se esistono altre gravi ragioni di
convenienza…) così richiamato dall'art. 37 c.p.p...
Si allega in copia……
IL RIGETTO DELLA RICUSAZIONE
In data 3-4-2000,
all'udienza stabilita, con viva sorpresa vengo giudicato dal giudice ricusato in
quanto, come dichiarato da quest'ultimo, la Corte d'Appello di Brescia, in data
27 marzo 2000, ha rigettato la
ricusazione con le seguenti motivazioni:
"…Letta l'istanza di
ricusazione depositata il 24 marzo 2000 da Arrigo Muscio nei confronti del Giudice
per le indagini preliminari dott. E. Q. in relazione all'udienza fissata per il
giorno 3 aprile 2000 per decidere sulla opposizione interposta da Aldo Busi
alla richiesta di archiviazione del Procuratore della Repubblica in ordine ad
una denuncia querela dello stesso nei confronti del Muscio;
Rilevato che quest'ultimo
adduce a motivo della ricusazione l'avere egli, in data 17 gennaio 2000,
presentato al Consiglio Superiore della Magistratura e ad altre autorità un
esposto nei confronti del dott. E. Q. in relazione alla decisione dallo stesso
assunta in merito ad un diverso procedimento nel quale l'esponente aveva
assunto veste di parte offesa;
Rilevato altresì che
l'istante fa espresso riferimento, quale presupposto che legittimerebbe la
ricusazione, ai "motivi di cui alla lettera h) dell'articolo 36 c.p.p.,
come richiamato dall'art. 37
c.p.p.;
Considerato che l'art.
37, nell'indicare i casi tassativamente previsti (cfr e pluribus Cass. Sez. VI,
16-4-97, n. 1606), nei quali il giudice può essere ricusato, richiama
espressamente, alla lettera b), i "casi previsti dall'articolo 36, comma 1
lett. A), b), c), d), e), f), g), escludendo proprio "le altre gravi
ragioni di convenienza" indicate nella lett. H), e che, comunque, la
presentazione di una denuncia contro un magistrato ovvero il riferimento al
merito dell'attività svolta dallo stesso nell'esercizio delle sue funzioni non
possono costituire legittimi motivi di ricusazione;
Ritenuta pertanto la
manifesta infondatezza dei motivi addotti dal Muscio nell'istanza di
ricusazione;
P.Q.M.
La Corte di Appello di
Brescia, sezione Prima Penale;
Visti gli articoli 40, 41
c.p.p.;
dichiara inammissibile
l'istanza di ricusazione depositata il 24 marzo 2000 da Arrigo Muscio nei
confronti del Giudice per le indagini preliminari di Brescia, dott. E. Q…..
Alcune considerazioni in proposito
Leggendo le
motivazioni si ricava che la Corte
d'Appello, salvo errore, ha rigettato
il ricorso per incompetenza sul comma h) di esclusiva spettanza dell'art. 36
c.p.p. che impone al Giudice l'obbligo di astenersi per "… gravi ragioni
di convenienza…." .
Ciò premesso mi permetto
riportare alcune considerazioni in proposito:
1) "In
tema di ricusazione non può confondersi l'inimicizia fra magistrato e parte con
le iniziative di quest'ultima, tesa a sottrarsi al proprio giudice naturale;
l'inimicizia infatti deve trovare fondamento in rapporti personali svolti in
precedenza e fuori del processo (Affermando siffatto principio la Cassazione ha
escluso che ricorresse ipotesi di ricusazione in fattispecie nella quale il
ricorrente si era limitato ad enumerare esposti e denunce da lui stesso
presentati successivamente (l'evidenziazione è mia) al procedimento che
lo coinvolgeva e riguardava atti rispetto ai quali non si era dimostrato che
fossero seguite manifestazioni di ostilità) Cass. VI, sent. 2830 del 24-8-95.
2) Il
mio esposto è stato presentato prima della data dell'ordinanza di convocazione
per l'udienza Busi.
3) Il dott. E. Q.
durante la sua sentenza N. 826 commentò negativamente anche il mio articolo
sulle adozioni di bambini da parte delle coppie gay[14]
che non c'entrava nulla con l'oggetto della mia denuncia per diffamazione
"...L'esclusione (della possibilità di ricusazione, nda) tuttavia non si estende al caso in cui il giudice,
anzichè limitarsi ad esporre le ragioni del suo convincimento sulla questione
decisa, abbia manifestato espressamente, senza alcuna necessità, anche la sua
opinione sulla colpevolezza o l'innocenza dell'imputato, con riferimento a
fatti ancora "sub iudice" ed estranei al tema stesso…..(l'evidenziazione
è mia)." Cass. II, sent. 2703 del 18-6-92.
In particolare il giudice manifestò un suo parere negativo e gravemente
insinuante riguardo al mio articolo contro le adozioni da parte dei gay
estraneo, come ripeto, all'oggetto del processo e poi giudicò, nonostante la
ricusazione "…per gravi motivi di convenienza…" in merito alla
denuncia di Busi nei miei confronti che si dichiara pubblicamente omosessuale.
4) Il
Giudice delle indagini preliminari dott. E. Q. mi ha successivamente citato in
data 30 giugno 2000 per danni presso il Tribunale civile di Venezia per
la cifra un miliardo in relazione al mio esposto del 17 gennaio 2000. Il
giudice come ha lui stesso dichiarato nel suo atto di citazione si è sentito offeso
dal mio esposto. Allora perché mi ha giudicato, nell'intervallo 17 gennaio 2000
- 30 giugno 2000 in ben due procedimenti (vedremo meglio nel proseguo)? Il suo
atto di citazione non dev'essere considerato un atto di inimicizia grave nei
miei confronti? Cioè un atto di ostilità scaturito dal mio precedente esposto?
La mia memoria difensiva
Proseguendo quindi il
procedimento intentatomi da Busi il mio legale presentò la seguente memoria
difensiva.
AL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
C/O TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI
BRESCIA
N. RG. Gip. 2465/99
N. RG. PM. 2877/98/ Mod. 21
Memoria difensiva del Dott.
Arrigo Muscio
Il presidente dell'Associazione Genitori Cattolici,
Dott. Arrigo Muscio, ha presentato il 2 gennaio 1997 un esposto in seguito alle
seguenti affermazioni fatte da Aldo Busi durante una trasmissione televisiva: “Tutti
i preti sono culatoni! – Ma se un adulto fa una sega ad un ragazzino di 13 anni
chi se ne frega! Ma dov’è il male sociale?… Io ho vissuto l’infanzia con nonni,
zii, padri che sollevavano bambini di 2 o tre anni nudi, dal bagnetto e poi si
infilavano il pisellino in bocca. E’ una cosa che si faceva normalmente…..”
Come cittadino e presidente di genitori cattolici aveva tutto il diritto ed il dovere di chiedere all'autorità Giudiziaria di valutare l'eventuale rilevanza penale di tali dichiarazioni di estrema gravità. Tali affermazioni furono effettuate a ridosso del periodo in cui era scoppiato lo scandalo pedofilo del Belgio legato alla vicenda Dutroux.
In particolare l'affermazione dell'adulto Busi
" Ma se un adulto fa una sega ad un ragazzino di 13 anni chi se ne
frega! Ma dov’è il male sociale?…" trasmessa da una televisione privata a diffusione nazionale poteva
provocare un notevole impatto nei confronti degli ascoltatori, anche ragazzi,
tant'è che un giovane di 20 anni scrisse al presidente Dr. Arrigo Muscio “…La
trasmissione in questione che ha visto Aldo Busi come protagonista mi ha
letteralmente sconvolto….”. (vedere allegata fotocopia).
Quanto premesso stimolò Arrigo Muscio a presentare,
in qualità di presidente dell'Associazione Genitori Cattolici, un esposto alla
Magistratura.
Ciò premesso, chiarisco quanto segue.
1)
Muscio
ha semplicemente riportato le affermazioni pronunciate da Aldo Busi durante la
puntata televisiva indicata nell'esposto stesso, chiedendo all'Autorità
Giudiziaria (come suo diritto di cittadino, di scrittore cattolico e di
presidente dell'Associazione di genitori cattolici), di accertare se le stesse
costituivano violazione di norme penali perseguibili d'ufficio.
2)
Ha
allegato all'esposto la videocassetta con la registrazione della trasmissione
affinchè i giudici potessero valutare al meglio le affermazioni di Busi
considerandole nell'intero contesto.
3)
Non ha mai fatto le
affermazioni che Busi gli attribuisce (basta leggere con attenzione il suo esposto) e non
ha mai equiparato Busi a Dutroux.
4)
Infine,
in relazione all'appartenenza del conduttore Maurizio Costanzo alla Massoneria (secondo quanto indicato da
pubblica documentazione riportata nell'esposto), ha semplicemente e
legittimamente chiesto all'Autorità Giudiziaria, come suo diritto-dovere di
cittadino e di presidente dell'Associazione Genitori Cattolici, basandosi su
alcune fonti di pubblica documentazione in riferimento all'operato della massoneria, alle quali se ne aggiungono
delle altre sotto specificate, di "accertare se quanto avvenuto durante la
trasmissione in oggetto sia da imputare ad esigenze di "audience", al
caso o ad una precisa strategia tesa a rendere naturale ciò che contrasta con
il comune sentimento del pudore e con una precisa norma del C.P…". E ciò
anche in relazione all'eventuale trasmissione sia di un programma preregistrato
(in tal caso le affermazioni di Busi potevano essere tagliate!) e sia della sua
eventuale replica integrale il giorno successivo (indagini richieste da Muscio
nell'esposto del 2 gennaio 1997). Tale legittima domanda, che nasce dall'esame
della documentazione indicata ed allegata, non esclude assolutamente, infatti,
in riferimento a quanto scritto da Muscio, che la programmazione della puntata
televisiva in oggetto fosse da imputare alle esigenze di "audience" o
al caso.
5)
Le
autorità inquirenti, infatti, che hanno valutato l'esposto e visionato la
videocassetta non hanno sollevato alcuna ipotesi di calunnia (reato
perseguibile d'ufficio) nei confronti di Muscio e nemmeno il Pubblico Ministero
dott. S. l'ha ravvisato nella specifica
querela di Busi, tant'è che ne ha chiesto l'archiviazione.
Quindi non esiste alcuna valida motivazione
giuridica di supporto alla denuncia di Busi per calunnia o per altro reato.
Busi, in qualità di scrittore, conosce benissimo la differenza che passa tra
affermazioni ed equiparazioni e la semplice esposizione di fatti veri corredata
da una altrettanto semplice richiesta di indagine supportata dalla
documentazione pubblica indicata per verificare un'eventuale ipotesi che non
esclude le altre specificate. L'opposizione di Busi, inoltre, non indica gli
ulteriori elementi di prova, ma contiene solo una richiesta di acquisizione di
documentazione per eventuali diritti di terzi, estranei alla specifica querela
di Busi. E' quindi manifestamente
infondata.
Chiedo quindi l’archiviazione della querela di Busi
in quanto totalmente infondata.
Si allegano:
a)
lettera
di L. V. richiamata nella memoria;
b)
oltre alla documentazione indicata
nell’esposto presentato da Muscio il 2 gennaio 1997, i seguenti documenti
giustificativi della richiesta di accertare, in base alla documentazione
pubblica (indicata nell'esposto di Muscio) che afferma l'appartenenza del
conduttore della trasmissione Maurizio Costanzo alla massoneria, se " se
quanto avvenuto durante la trasmissione in oggetto sia da imputare ad esigenze
di "audience", al caso o ad una precisa strategia tesa a rendere
naturale ciò che contrasta con il comune sentimento del pudore e con una
precisa norma del C.P…" :
1)
“Humanum genus” http://www.europart.it/jubilaeum/humanum_genus.html, enciclica sulla Massoneria
di papa Leone XIII;
2)
“Inimica Vis”, enciclica sulla Massoneria
di papa Leone XIII;
3)
“Traditi humilitati”, enciclica di Papa Pio P.P. VIII
4)
fotocopia di alcune pagine del libro “L’eletta del dragone”, di Clotilde Bersone – Ed.
Segno;
5)
“Satanismo, pedofilia, commercio d'organi e sacrifici umani”, dossier dello Scrittore
Giuseppe Cosco;
6)
"Orrori sui bambini e imperialismo satanico", dossier dello Scrittore
Giuseppe Cosco
7)
"La faccia nascosta della storia", dossier dello Scrittore
Giuseppe Cosco;
8)
"Multiplices inter", enciclica di papa Pio IX
Si indicano, inoltre, i seguenti libri:
Ø "L'Eletta del Dragone" di Clotilde Bersone - Ed. Segno-Udine
Ø La Massoneria. Ecco il nemico - Autori Vari - Editrice Civiltà- Brescia, Tel. e fax 0303700003
Ø La Massoneria. Società segreta iniziatica - Autori Vari - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
Ø La Massoneria. I suoi segreti - Autori Vari - Editrice Civiltà - Brescia - Tel. e fax 0303700003
Ø Il Vero volto dell'immigrazione di Giuli Valli - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
Ø Educazione sessuale: tappa massonica verso l'annientamento dell'uomo di Carlo Alberto Agnoli (magistrato) - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
Ø ONU - gioco al massacro di Franco Adessa - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
Ø Il quarto livello - di Carlo Palermo (ex magistrato) - Editori Riuniti
Ø In nome di Dio - di David Yallop - Ed. Tullio Pironti
Ø Via col vento in Vaticano - I Millenari Ed. Kaos
Se necessario verrà indicata ulteriore
documentazione al riguardo e verranno segnalati, come testimoni, studiosi o ricercatori a sostegno della
documentazione sopra citata.
Brescia, 10 aprile 2000
L'ordinanza del
giudice
In data 19/4/2000, dopo due udienze
Il Gip dott. E. Q. sciogliendo la riserva di cui al
verbale udienza 14-4-2000 osserva:
l'archiviazione non può essere allo stato accolta, in
quanto occorre procedere, ai fini dell'accertamento della verità ed anche di
una più esatta qualificazione giuridica del fatto (calunnia-diffamazione), alle
seguenti ulteriori indagini indicate in sede di opposizione dalla persona
offesa Busi Aldo, in particolare: acquisizione delle imputazioni criminali che
sono state contestate al Sig. Dutroux e alla massoneria americana, in tema di
pedofilia, allo scopo di verificarne l'idoneità a costituire termine di offesa
qualora riferite a soggetti terzi, avendo l'indagato Muscio Arrigo nel suo
esposto (acquisito all'odierna udienza) ed inviato alla Procura della
Repubblica ex pretura di Brescia in data 2-1-1997 fatto espresso riferimento a
tali circostanze.
P.Q.M.
Letto l'art. 409 comma 4 C.P.P.
Respinge
L'archiviazione del procedimento
Ordina
La restituzione degli atti al P.M. perché proceda
alle ulteriori indagini, indicate nella parte motiva, fissando per il
compimento di esse il termine di mesi 6 (sei) - manda alla cancelleria per gli
adempimenti conseguenti.
Brescia 19-4-2000
Considerazioni
Come cittadino e rappresentante di cittadini non
posso esimermi dal notare che mentre nel mio caso da cui scaturì il mio esposto
del 17 gennaio 2000 vi fu, in pochi mesi,
l'intervento di tre Gip, nel caso Busi è sempre rimasto lo stesso dott.
E. Q, nonostante la ricusazione e nonostante si sentisse offeso da mio esposto
del 17 gennaio 2000, come da lui stesso poi dichiarato nel suo atto di
citazione per danni.
Una sorpresa
Durante un'udienza con Busi scoprimmo che lo stesso
era stato assolto in riferimento alle sue affermazioni riportate nel mio
esposto riguardo alla trasmissione televisiva. Non mi è possibile riportare la
motivazione del Gip di Roma che si occupò del caso in quanto scritta a penna e
per me ed altri illeggibile. Fu una sorpresa in quanto non ricevetti mai alcuna
notifica in merito a quell'udienza tant'è che, appena saputo di tale
fatto, ho presentato subito la seguente
denuncia.
ALLA
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI PERUGIA
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Arrigo Muscio……, presidente
dell’Associazione Genitori Cattolici, sporgo denuncia-querela nei confronti dei
responsabili della mancata notifica nei miei confronti ai sensi di legge per le
seguenti ragioni.
In data 2 gennaio 1997 ho presentato in qualità di presidente dell’Associazione A.ge, genitori cattolici - sezione di Mompiano, Brescia (in seguito trasformatasi in Associazione Genitori Cattolici), un esposto sul quale avevo espressamente indicato d'essere avvisato ai sensi dell'art. 408 C.P.P. (vedere allegata fotocopia); tale intervento mi era stato sollecitato anche da un giovane di 20 anni scandalizzato dalle gravi dichiarazioni effettuate da Aldo Busi durante una trasmissione televisiva (vedere allegata fotocopia lettera).
Dello stesso non ho più saputo nulla fino al giorno
14 aprile 2000 in cui, durante un’udienza presieduta dal giudice Q.E. di
Brescia, mi è stata consegnata da parte dell'avv. di Busi Aldo la copia del
decreto (vedere fotocopia allegata) emesso dal Giudice per le indagini
preliminari di Roma Dr. P. C. in data 7-5-98.
Poiché non ho mai ricevuto alcuna notifica di
ipotesi di archiviazione e/o alcuna notifica in merito ad eventuali udienze
riguardo al caso in questione, presento denuncia-querela per omissioni di atti
d’ufficio art. 328 C.P. e/o di altre norme penali che l’Autorità Giudiziaria
dovesse ravvisare nei confronti dei responsabili di tale omissione che mi ha di
fatto impedito di poter esercitare i miei diritti di parte offesa.
Domando inoltre d’essere avvisato nell’eventuale
ipotesi di archiviazione ai sensi dell’art. 408 C.P.P.
In fede.
Il Presidente
Dr. Arrigo Muscio
Si allegano:
1) fotocopia lettera del giovane L. V.;
2) fotocopia esposto da me presentato in data 2
gennaio 1997;
3) fotocopia decreto del Giudice delle Indagini
preliminari Dr. C. P.
In data 17 marzo 2000, in risposta alla denuncia per
calunnia di Busi, presentai la seguente denuncia per calunnia e diffamazione.
SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dott. Arrigo Muscio………… presento
denuncia-querela per calunnia e diffamazione nei confronti di Aldo Busi……… per
i motivi che seguono.
In data 13-3-2000 ho ricevuto dal mio legale avv.
Enzo Bosio la copia della querela per calunnia (procedimento RGNDR 28/7/98)
sporta da Aldo Busi nei miei confronti (vedere all. fotocopia), riguardo alla
quale è stata chiesta l'archiviazione dal Pubblico Ministero Dott. S., con
avverso parere di Busi che ha inoltrato opposizione al Giudice delle indagini
preliminari.
Aldo Busi ha presentato tale querela in riferimento
all'esposto del 2-1-1997 da me presentato all'Autorità Giudiziaria (vedere all.
fotocopia) in qualità di presidente dell'A.ge - Asociazione Italiana Genitori
(genitori cattolici- sezione di Mompiano); esposto che risulta tuttora pendente
in quanto non mi è pervenuta, fino al momento in cui scrivo, alcuna notifica di
archiviazione.
Lo scrittore Aldo Busi si riferisce al mio esposto chiamandolo ripetutamente querela: errore inescusabile per uno
scrittore che ben conosce l'esatto significato delle parole. Inoltre,
falsamente, Busi dichiara nella sua querela che il sottoscritto "…si spinge ad affermare che l'esponente
sarebbe paragonabile, assimilabile, al noto maniaco e criminale Dutroux….Non
pago di ciò accomuna l'intervento del
querelante alla preordinata e volutamente criminale e distruttiva opera di tale
massoneria americana (?) che avrebbe per oggetto un programma di corruzione -
su vasta scala di tutta la gioventù americana-…..Queste gravissime affermazioni sono calunniose e gravemente offensive, e provengono evidentemente o da una mente non
lucida (nel qual caso il querelato non dovrebbe ritenersi responsabile delle
proprie azioni) ovvero da un soggetto che, con propositi dolosamente fanatici, ha coscientemente deciso di
accusare il querelante di un fatto grave e determinato (la comunanza con i
principi del criminale e pedofilo Dutroux e con la deviata massoneria
americana) che è assolutamente estranea alla sfera soggettiva e oggettiva del
querelante. Il tutto, evidentemente, sapendo
e non potendo non sapere che l'esponente nulla ha a che spartire né coi
pervertiti criminali pedofili del Belgio né con la deviata massoneria americana
(ma esiste davvero?). La querela del Muscio è gravemente e gratuitamente
offensiva, poiché indica l'esponente
come un pedofilo, o comunque un soggetto non solo favorevole, ma addirittura dedito
al proselitismo in tema di pedofilia……..Ingiustamente l'esponente si vede
quindi diffamato e calunniato dalle affermazioni
in questione…."
Ciò premesso, chiarisco e lamento quanto segue.
1)
Nel
mio esposto ho semplicemente riportato le affermazioni pronunciate da Aldo Busi
durante la puntata televisiva indicata nell'esposto stesso, chiedendo
all'Autorità Giudiziaria (come mio diritto di cittadino, di scrittore cattolico
e di presidente dell'Associazione di genitori cattolici), di accertare se le
stesse costituivano violazione di norme penali.
2)
Ho
allegato all'esposto la videocassetta con la registrazione della trasmissione
affinchè i giudici potessero valutare al meglio le affermazioni di Busi
considerandole nell'intero contesto.
3)
Non ho mai fatto le affermazioni
che Busi mi attribuisce (basta leggere con attenzione il mio esposto).
4)
Infine
ho chiesto, semplicemente e legittimamente, all'Autorità Giudiziaria, indicando
precisamente alcune fonti di pubblica documentazione (alle quali ne posso
aggiungere, se richiesto, anche ulteriori) di "accertare se quanto
avvenuto durante la trasmissione in oggetto sia da imputare ad esigenze di
"audience", al caso o ad una precisa strategia tesa a rendere
naturale ciò che contrasta con il comune sentimento del pudore e con una
precisa norma del C.P…". Tale domanda non esclude assolutamente, infatti,
che la programmazione della puntata televisiva in oggetto sia da imputare alle
esigenze di "audience" o al caso.
5)
Le
autorità inquirenti, infatti, che hanno valutato il mio esposto e visionato la
videocassetta non hanno sollevato alcuna ipotesi di calunnia (reato
perseguibile d'ufficio) nei miei confronti e nemmeno il Pubblico Ministero
dott. S. l'ha ravvisato nella specifica querela di Busi, tant'è che ne ha
chiesto l'archiviazione.
Aldo Busi è uno scrittore e come tale conosce
perfettamente l'esatto significato delle parole e delle affermazioni della
lingua italiana; quindi sa e non può non
sapere la differenza che passa tra un'affermazione-accusa ed una semplice e
legittima esposizione di fatti che
prelude ad una legittima interrogazione (differenza facilmente comprensibile
anche per un alunno di terza media) e, di conseguenza, pur avendo letto il mio
esposto (che dichiara d'aver allegato alla sua querela) si è rivolto alla magistratura
accusandomi dolosamente di affermazioni che non risultano nel mio esposto, sapendo e non potendo non sapere, che io non ho mai fatto nei suoi confronti le
affermazioni indicate nella sua querela.
Inoltre con le espressioni riportate nella sua querela
"….Queste gravissime affermazioni sono calunniose e gravemente offensive,
e provengono evidentemente o da una
mente non lucida (nel qual caso il querelato non dovrebbe ritenersi
responsabile delle proprie azioni) ovvero da un soggetto che, con propositi dolosamente fanatici, ha
coscientemente deciso di accusare il querelante di un fatto grave e
determinato…" mi ha pubblicamente diffamato (tenuto anche conto della
mia notorietà pubblica come autore cattolico di numerose pubblicazioni, tra cui
articoli pubblicati su riviste nazionali - anche telematiche; come
conferenziere; come conduttore di numerose rubriche televisive presso emittenti
private e come presidente dell'Associazione Genitori Cattolici della quale si
sono interessati numerosi mass media anche nazionali con più di 100 articoli
ecc.; documentazione consultabile sul sito internet http://space.tin.it/associazioni/armuscio),
chiedo
che Aldo Busi venga perseguito penalmente per
calunnia ai sensi dell'art. 368 C.P. e per diffamazione ai sensi dell'art. 595
C.P. e per altri reati che l'autorità Giudiziaria dovesse ravvisare.
Domando inoltre ai sensi dell'art. 408 C.P.P.
d'essere avvisato nell'eventuale ipotesi di archiviazione.
Si allega:
copia esposto del 2-1-1997
copia querela di Aldo Busi consegnatami il 13-3-2000
In fede
Dr. Arrigo Muscio
Richiesta di
archiviazione
In data 17-4-2000 il Pubblico Ministero Dott.ssa
M.M. ha presentato al Gip richiesta di
archiviazione per le seguenti motivazioni "…..Non deve promuoversi azione
penale in quanto gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari
non si ravvisano gli estremi dei reati ipotizzati.
Per esporre quanto osservato è necessario, a parere
di questo PM, fare una premessa: le parti coinvolte si pongono, nell'ambito del
dibattito cultural-televisivo, su due fronti estremi e contrapposti. I principi
e le idee affermate da una parte paiono all'altra assurde, inaccettabili ed
offensive. Non può che scaturirne una serie di incomprensioni, prese di
posizione e…querele.
Ritiene questo PM che, visti nella loro oggettività,
i reciproci esposti querela non contengano affermazioni palesemente
calunnatorie e/o diffamatorie. Ciascuna delle parti chiede semplicemente alla
magistratura di accertare la verità dei fatti e la sussistenza di eventuali
reati. Non è possibile dimostrare la mala fede di ciascuna delle parti nella
presentazione dei propri atti (ben potendosi ipotizzare che si sia sentita
offesa, indignata o ingiustamente querelata alla magistratura a causa degli
esposti-querela presentati dall'altra e che abbia, sia pure per errore,
ipotizzato la mala fede della controparte).
Così non pare arbitraria o palesemente discorsiva
dei fatti la lamentela del Busi per l'accostamento del proprio nome - sia pure
mediante giustapposizione - a quello del maniaco belga e alla massoneria
americana (reale o supposta che sia) e non pare arbitrario o palesemente
discorsivo dei fatti la circostanza che lo stesso, sia pure implicitamente -
aggiungiamo noi -, si senta additato quale pedofilo.
Neppure diffamatoria appare l'osservazione sulla
"mente non lucida" e sui "propositi dolosamente fanatici":
ancora una volta la totale contrapposizione ideologica dei due
"contendenti" deve essere individuata quale causa delle affermazioni
del Busi. Per una persona convinta della bontà delle proprie idee, il duro
attacco subito (addirittura con richiesta di accertamento di eventuali
responsabilità penali fatto alla magistratura) può essere interpretato come il
frutto non di una decisione serena e coscienziosa ma come il frutto di una
preordinata strategia "dettata" dalla diversa ideologia del Muscio
ovvero di una mente incapace di interpretare correttamente il significato delle
frasi pronunciate dallo scrittore nel corso della trasmissione
televisiva…"
Considerazioni
Ritengo doveroso esprimere qualche considerazione in
merito alla frase del PM "…. può essere interpretato come il frutto non di
una decisione serena e coscienziosa ma come il frutto di una preordinata
strategia "dettata" dalla diversa ideologia del Muscio ovvero di una
mente incapace di interpretare correttamente il significato delle frasi
pronunciate dallo scrittore nel corso della trasmissione televisiva…."
Ritengo un onore quello di avere una mente incapace
di interpretare correttamente il significato delle frasi pronunciate dallo
scrittore nel corso della trasmissione televisiva, anche se tale onore lo
devo condividere con quanti hanno
protestato per le dichiarazioni di Busi, come risulta da articoli pubblicati
sui giornali, e con altri che la pensano diversamente dallo scrittore. Ad
esempio:
Ø
Francesco Milanese (Tutore dei minori del Friuli
Venezia Giulia) ha definito le dichiarazioni di Busi rilasciate durante la
trasmissione in oggetto "….pesantissime affermazioni sul tema della
pedofilia…."[15].
Ø
Il
"Passaporto della prudenza" presentato dalla ministra francese della
famiglia e dell'infanzia Segolen Royal
stabilisce che "…il bambino deve rifiutare atteggiamenti che lo
infastidiscono, anche se provengono dai suoi genitori…"[16].
Ø
Lo
psichiatra prof. Massimo Ammaniti[17] in risposta alla domanda "Professore ma
quale è il limite oltre il quale un adulto non deve spingersi per non turbare
un bambino?", dichiara "Il limite è la sua identità, la violazione
dei suoi personali confini….palpeggiamenti, baci, toccamenti, masturbazioni,
esibizionismo o visione di filmati hard….tutto questo è abuso sessuale e mai in
nessun caso un gioco…..".
Ø La Suprema Corte di
Cassazione ha affermato ha affermato[18]
che "Il solo atto di libidine nei confronti di un minore può essere più
grave della violenza…"
Ø L'on.
Burani Procaccini che ha presentato l'interrogazione parlamentare riportata precedentemente nel dossier.
Opposizione alla richiesta di archiviazione
Naturalmente ho presentato
un'immediata opposizione alla richiesta di archiviazione ed un esposto alle
Autorità.
Brescia, 18/05/00
AL SIGNOR GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Presso il Tribunale di Brescia
OGGETTO: opposizione alla richiesta di archiviazione
avanzata dal Pubblico Ministero dott. M.M. - Proc. N. 5319/MT/2000RG Notizie di
Reato, iscritto nel registro delle notizie di reato il 23-3-2000-05-16
Mi oppongo alla richiesta di archiviazione della mia
denuncia-querela nei confronti di Aldo Busi avanzata dal Pubblico Ministero
Dott. M. M. (procedimento di cui
all'oggetto) per le seguenti ragioni.
1)
Io
non ho mai denigrato le affermazioni, che moralmente si commentano da sole, di
Aldo Busi durante la trasmissione televisiva oggetto del mio esposto (sollecitato ad intervenire
anche da un giovane di venti anni rimasto sconcertato - vedere allegata fotocopia)
dal quale, letto attentamente, si può ricavare facilmente la mia sola e
semplice esposizione delle stesse. Dichiarazioni di Busi che ho sottoposto al
vaglio della Magistratura al fine di verificare eventuali ipotesi di reato. Lo
scrittore Busi, estremamente pratico e competente nell'uso dei termini della
lingua italiana, non avrebbe dovuto, di conseguenza, ritenersi offeso dalla mia
semplice esposizione delle sue veritiere affermazioni. Quindi io non ho
espresso opinioni che ritenessero "assurde, inaccettabili ed
offensive…" le affermazioni di Busi, come pare evincersi indirettamente
dalla lettura della richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero dott. M.
M..
2)
Quanto
quindi riportato da Busi nella sua successiva querela, oltre ad essere non
conforme alla verità documentale, è anche offensivo della mia persona.
3)
Busi,
diversamente dal mio esposto, ha
chiesto con specifica denuncia-querela
alla Magistratura di perseguirmi penalmente per affermazioni o equiparazioni
che io non ho mai riportato nel mio esposto ben sapendo, come scrittore
professionista, il significato dei termini. Azione che ha comportato la mia
denuncia-querela per i motivi in essa indicati.
4)
Le
affermazione "mente non lucida (nel
qual caso il querelato non dovrebbe ritenersi responsabile delle proprie
azioni)" e "con propositi
dolosamente fanatici, ha coscientemente deciso di accusare il querelante di un
fatto grave e determinato" attribuitemi da Busi, scrittore che conosce molto bene il significato dei
termini, sono intrinsecamente ed oggettivamente offensive non solo secondo
il vocabolario, ma anche secondo il comune sentire e quindi diffamatorie (Cass.
Pen., sez. V, 16 ottobre 1972, n. 811; Cass. Pen., sez. V, 23 novembre 1981, n.
10512; Cass. Pen. , sez. V, 7 agosto 1996, 7713; Cass. Pen. , sez. V, 17 agosto
1990, n. 11492; Cass. Pen., sez. V, 16 dicembre 1997, n. 11663;) Cass. Pen.,
sez. V, 19 maggio 1989, n. 7333. Credo che nessun giudice desideri, ad esempio,
essere giudicato con tali termini.
5)
Non
solo comunque tali espressioni usate da Busi, ma anche tutte le affermazioni palesemente false attribuitemi dallo
stesso nella sua querela, sono da considerarsi diffamatorie qualora non
rientrassero nell'ipotesi di calunnia (Cass. Pen. , sez. V, 23 novembre 1981,
n. 10512; Cass. Pen. , sez. V, 19 maggio 1989, n. 7333).
6)
Nella seconda parte del mio
esposto che non si riferisce assolutamente a Busi ma, in relazione all'appartenenza del conduttore Maurizio
Costanzo alla Massoneria (secondo quanto indicato da pubblica documentazione
riportata nell'esposto), ho semplicemente e legittimamente chiesto all'Autorità
Giudiziaria, come mio diritto-dovere di cittadino e di presidente
dell'Associazione Genitori Cattolici, basandomi su alcune fonti di pubblica
documentazione in riferimento all'operato della massoneria, alle quali se ne
aggiungono altre sotto specificate, di "accertare se quanto avvenuto durante
la trasmissione in oggetto sia da imputare ad esigenze di "audience",
al caso o ad una precisa strategia tesa a rendere naturale ciò che contrasta
con il comune sentimento del pudore e con una precisa norma del C.P…". E ciò anche in relazione all'eventuale
trasmissione sia di un programma preregistrato (in tal caso le affermazioni di
Busi potevano essere tagliate!), sia
della sua eventuale replica integrale il giorno successivo (indagini da me
richieste nell'esposto del 2 gennaio
1997). Tale legittima domanda, che nasce dall'esame della documentazione
indicata (ed ulteriore sotto riportata[19])
non esclude assolutamente, infatti, in riferimento a quanto da me scritto, che
la programmazione della puntata televisiva in oggetto fosse da imputare alle
esigenze di "audience" o al caso.
Ciò premesso ritengo
calunniosa e diffamatoria la denuncia-querela di Aldo Busi nei miei confronti;
chiedo che venga respinta la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico
Ministero Dott. M. M.. Mentre domando il rinvio a giudizio di Aldo Busi per
calunnia e diffamazione.
Chiedo infine, qualora il
Signor Giudice lo ritenesse necessario, l'acquisizione della ulteriore pubblica
documentazione indicata nella nota che dimostra:
a)
il
dovere ed il diritto da parte mia come cattolico, cittadino e presidente dell'
Associazione Genitori Cattolici, di domandare alla Magistratura di effettuare
gli opportuni accertamenti per verificare se sussisteva una delle ipotesi
indicate nel mio esposto.
b)
Le
ingiuste accuse formulate da Aldo Busi nei miei confronti nella sua
denuncia-querela.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
Si allega:
1)
la
fotocopia della lettera del giovane L.V. che mi ha stimolato ad
intervenire;
2)
fotocopia
articolo del "Corriere della sera" del 12 dicembre 1996 secondo cui
dopo le affermazioni di Busi "..il clima al Parioli divenne
incandescente…". Segno evidente che le affermazioni di Busi suscitarono
polemiche.
Tale documentazione dimostra chiaramente che la mia
azione, a prescindere dalle mie convinzioni etiche, non può essere interpretata
-…come il frutto di una preordinata strategia "dettata" dalla diversa
ideologia del Muscio ovvero di una mente incapace di interpretare correttamente
il significato delle frasi pronunciate dallo scrittore nel corso della
trasmissione televisiva-
Brescia,
25 maggio 2000
AL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
ROMA
AL
MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
ROMA
AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
ROMA
AL
PROCURATORE GENERALE C/O CORTE DI CASSAZIONE
ROMA
ESPOSTO
In
data 25 agosto 1998 ho presentato una denuncia-querela per diffamazione contro
Aldo Busi (fascicolo N. 19731/98) per i gravi motivi in essa indicati (vedere
fotocopia allegata).
Dopo
circa due anni ho inviato, in data 15-4-2000, un fax al Pubblico Ministero Dott. M.M. per avere notizie in merito. In
data 24-5-2000 ho ottenuto (dopo circa un mese dalla mia richiesta) la seguente
risposta -…il fascicolo si trova nella fase delle indagini preliminari in uno
stato di "quiescenza" (trattandosi di fascicolo che il capo dell'ufficio
dovrà riassegnare)-.
Ciò
premesso faccio presente che:
1) in riferimento all'esposto
che come presidente dell'Associazione Genitori Cattolici presentai alla
magistratura il 2-1-97 per le gravi affermazioni televisive di Aldo Busi non
ricevetti comunicazione, come parte offesa, riguardo all'udienza preliminare in
cui Aldo Busi venne assolto (documentazione già a Vs. mani allegata ad un mio
precedente esposto);
2) riguardo alla
denuncia-querela depositata da Aldo Busi, in risposta al mio esposto, sono
stato giudicato dal giudice delle indagini preliminari di Brescia Dr. Q.,
nonostante la mia ricusazione del medesimo in base ad un esposto
precedentemente presentato nei suoi confronti (documentazione già a Vs. mani
allegata ad un mio precedente esposto), nonostante le richieste di
archiviazione presentate dai pubblici ministeri e nonostante la mia memoria
difensiva che dimostrava l'insussistenza di diritto e di fatto della denuncia-querela
di Busi;
3) la mia denuncia-querela
presentata contro Busi (vedere fotocopia allegata) in data 17 marzo 2000 in
risposta alla sua è stata prontamente esaminata ed in data 15-5-2000 mi è stata
notificata la richiesta di archiviazione della Dr. M. M. (vedere allegata
fotocopia). Ovviamente ho presentato subito una motivata opposizione (vedere
allegata fotocopia) al GIP.
Ciò
premesso devo constatare, dall'esame personale dei fatti documentati, che
esiste in Italia un differente trattamento giudiziario.
Chi
è portavoce di certi valori definiti dalle espressioni utilizzate
televisivamente da Aldo Busi "Tutti i preti sono culatoni!….Ma se anche un
adulto fa una sega ad un ragazzino di 13 anni, chi se ne frega! Ma dov'è il
male sociale?….Io ho vissuto l'infanzia con nonni, zii, padri che sollevavano
bambini di 2 o tre anni, dal bagnetto e poi si infilavano il pisellino in
bocca. E' una cosa che si faceva normalmente…" riceve un trattamento ben diverso da chi si sforza di tutelare i
valori morali, soprattutto a difesa dei minori.
Tanto
vi comunico per le Vs. opportune valutazioni e gli eventuali interventi del
caso.
Chiedo
cortesemente d'essere informato sull'esito di questo mio esposto.
Distinti
saluti.
Dr.
Arrigo Muscio
Decreto di
fissazione procedimento in camera di consiglio
In data 8 giugno 2000 il Giudice per le Indagini
Preliminari dott. B.C. fissa un'udienza in camera di consiglio per il giorno
22-11-00 "…in quanto è stata proposta tempestiva opposizione della Parte offesa…"
In data 27 11 2000 lo stesso Giudice pronuncia la
seguente ordinanza.
"…sulla richiesta del Pubblico Ministero di
archiviazione nei confronti di Aldo Busi, in ordine alle ipotesi di reato di
calunnia e di diffamazione, presentata il 22 aprile 2000;
letti gli atti e sciogliendo la riserva che precede,
osserva di fatto e in diritto:
in data 17 marzo 2000 il dott. Arrigo Muscio
presentava denuncia per calunnia e diffamazione nei confronti del noto
scrittore Aldo Busi; il denunciante narrava che, in un precedente atto di denuncia-querela,
il Busi aveva sostenuto che un precedente esposto, proveniente dal Muscio,
nella sua qualità di presidente dell'A.Ge. (ed avente per oggetto asserite
violazioni di legge avvenute nel contesto di una trasmissione televisiva, ad
opera del Busi, ospite della trasmissione, e dal conduttore Maurizio Costanzo),
conteneva la dolosa falsa attribuzione a lui di fatti-reato mai commessi
(costituendo così violazione dell'art. 368 c.p.); continuava il Muscio
affermando che da una semplice lettura del suo primo esposto si evince la
dolosa falsità dell'assunto del Busi, il quale peraltro, non pago di
calunniarlo, aveva usato espressioni gravemente lesive del suo onore e della
sua reputazione.
A seguito della opposizione dal Muscio avverso la
richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero, le parti hanno illustrato
oralmente i motivi delle loro rispettive conclusioni.
Quanto al reato di calunnia:
La conclusione del Pubblico Ministero deve essere
condivisa; ed invero perché possa configurarsi il delitto di calunnia occorre
che la incolpazione abbia per oggetto un fatto (corrispondente ad una
fattispecie incriminatrice astratta) falso; al contrario nel caso che ci occupa
la accusa (di calunnia) formulata dal Busi prende le mosse dalla enunciazione
di un fatto vero (la presentazione, da parte del Muscio, di un esposto,
peraltro allegato in copia alla denuncia-querela); pertanto appare del tutto in
conferente, ai fini che ci occupano, l'accertamento se la prospettazione
giuridica del Busi sia fondata, ovvero se essa derivi, come sostiene l'odierno
opponente, da una erronea interpretazione del contenuto dell'originario esposto
(quesito la cui risoluzione spetta al giudice chiamato a decidere nel merito
del procedimento originato dalla denunzia del Busi); in altri termini, una
volta che sia certa la veridicità del fatto denunciato, è del tutto irrilevante
l'eventuale accertamento della erroneità della valutazione di tale fatto
compiuta dal denunciante ad integrare, in capo al medesimo, il reato di
calunnia.
Quanto al reato di diffamazione:
Nel corpo della sua denuncia-querela (destinata
quasi inevitabilmente ad essere conosciuta, come in effetti è avvenuto, da una
pluralità di persone) il Busi attribuisce al Muscio, in forma alternativa, o
una opacità intellettiva ("mente non lucida") di intensità tale da
renderlo "non responsabile delle proprie azioni", ovvero una
cosciente volontà di calunniarlo, "con propositi dolosamente
fanatici"; in altri termini esprime giudizi sulla personalità del Muscio,
sicuramente lesivi della sua rispettabilità - il Muscio è tacciato di essere
incapace di intendere e di volere, oppure spinto nel suo agire da un movente
("propositi") improntato a mala fede ("dolosamente"), come
a faziosità, intolleranza e incapacità critica ("fanatici") - e
perciò forniti di evidente carattere diffamatorio;
P.Q.M.
Visti gli artt. 409 e 410 c.p.p.;
DISPONE
l'archiviazione del procedimento n. 4641/00
R.G.N.R., limitatamente alla ipotesi criminosa di cui all'art. 368 c.p.;
NON ACCOGLIE
la richiesta di archiviazione, disponendo che il
pubblico ministero formuli l'imputazione nel termine di legge; dispone la
immediata restituzione degli atti all'Ufficio del Pubblico Ministero in sede.
Così deciso in Brescia il 27 novembre 2000
Atto di citazione
per danni da parte del giudice per le indagini preliminari dott. E. Q.
Il 30 giugno il giudice per le indagini preliminari
dott. E. Q. mi cita presso il Tribunale civile di Venezia per danni per un
miliardo (l'udienza si terrà il 13 dicembre 2000) in quanto si è ritenuto
offeso dal mio esposto del 17 gennaio 2000 del quale ha riportato alcuni brani
nel suo atto di citazione che non riporto in quanto di proprietà e di
competenza del giudice stesso. Atto che dimostra a mio pare una inimicizia
grave nei miei confronti. Ma ciò non gli ha impedito di giudicarmi in data
successiva al mio esposto, nonostante la ricusazione, nel caso Busi. Non solo
ma anche in data 24 maggio mi ha giudicato nel seguente caso.
Memoria difensiva
"Tribunale di Venezia
Nella causa promossa con atto di citazione dal dott.
E. Q., con gli avv.ti E.C. del foro di
Venezia e P. M, del foro di Brescia
ATTORE
CONTRO
Dott. Arrigo Muscio, con gli avv.ti Enzo Bosio del
foro di Brescia e Gian Paolo Cappelletti del foro di Venezia (per delega a
margine del presente atto)
CONVENUTO
COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA PER IL CONVENUTO
Si costituisce col presente atto il dott. Arrigo
Muscio contestando le deduzioni avversarie in quanto infondate in fatto e
diritto.
Rileva infatti parte attrice che il dott. Muscio
avrebbe abusato del proprio diritto cagionandogli pregiudizio avendo lo stesso
usato in modo anormale il proprio diritto, travalicando la normale prudenza e
diligenza in concreto necessarie per l'esercizio del diritto.
Sussistendo dunque in capo al Muscio un
comportamento connotato dal dolo o comunque dalla colpa grave che concretano
l'abuso di diritto, lo stesso è responsabile del danno causato all'attore, in
particolare essendo l'atto lesivo idoneo a condizionare negativamente
l'attività futura dell'offeso.
L'attore sostiene che le singole affermazioni del
Muscio nell'esposto pur non essendo di per sé, prese singolarmente, particolarmente
gravi, tuttavia il quadro complessivo dell'esposto delinea una situazione
gravissima di danno.
In ultima analisi l'attore, sostenendo che le
domande svolte dal convenuto nel citato esposto sono insinuazioni gravi, chiede
che lo stesso venga condannato a risarcire il danno causatogli essendo
esistente prova piena della rilevanza ex art. 2043 c.c. della condotta
dell'attore e dell'esistenza del nesso causale tra la condotta del Muscio e
l'evento dannoso.
In relazione alle considerazioni di controparte va
rilevato innanzitutto che le domande effettuate nell'esposto per cui vi è causa
sono semplici richieste di chiarimenti che un semplice cittadino ignaro delle
questioni di diritto e del funzionamento della giustizia rivolge ad organi che
lui ritiene competenti.
Per capire l'intenzione del Muscio è necessario
infatti entrare nella mentalità del semplice cittadino per il quale alcuni
fatti risultano incomprensibili.
Invero, la mancata riunione di due procedimenti
aperti per lo stesso fatto a distanza di due giorni, (e non il cambio di GIP
come sostiene l'attore) la sostituzione nello stesso processo di ben tre
Giudici in pochi mesi, la mancata considerazione da parte del Giudice delle
sentenze di un Giudice superiore, la mancata indicazione di alcuni elementi di
fatto in una sentenza per altro emersi nel processo, gli apprezzamenti del
Giudice sulla moralità Cristiana del cittadino, la mancata celebrazione
dell'udienza pubblica nella stessa mattinata solo per un processo e non per
quelli svoltisi in precedenza, sono domande relative a fatti per i quali gli
operatori del diritto possono agevolmente
rispondere, ma che lasciano incredulo il semplice cittadino che non
calca quotidianamente le scene dei Tribunali italici.
Chiarito dunque che si tratta di semplici domande,
alle quali per altro oggi il dott. Muscio pare non abbia avuto risposta, pare a
questa difesa che non sussista in alcun suo elemento l'abuso del diritto che
paventa parte attrice.
Infatti sarebbe permanete deleterio per la libertà
del cittadino se oggi non potesse più rivolgere domande sul funzionamento
dell'amministrazione della giustizia o della pubblica amministrazione in genere
senza incorrere in vicende come quella che oggi deve affrontare il dott. Muscio
Arrigo.
Per altro i toni usati dal convenuto nel suo esposto
sono chiaramente pacati, senza astio nei confronti del Giudice, ma decisi nel
chiedere risposta su incontestabili dati di fatto (vero è che il dott. Muscio
non ha sporto querela per le affermazioni insinuanti riportate nella sentenza del
processo L.G. " Va infatti tenuto conto come il dott. Muscio che si
qualifica Presidente dell'Associazione Genitori Cattolici in una lettera al
direttore pubblicata sul Giornale di Brescia venerdì 19-3-1999 parlando delle
adozioni da parte di coppie gay esprime concetti che certamente potrebbero
indurre un lettore non cattolico a ritenere violato il precetto evangelico di
amare il prossimo come se stessi").
Sulla diligenza e la prudenza nell'uso del proprio
diritto da parte del convenuto basti considerare che il Muscio non avrebbe
potuto rivolgersi se non agli organi interpellati per poter ottenere risposte
ai suoi quesiti.
In sintesi il convenuto non ha in alcun modo
superato i limiti, con la sua azione, del contenuto del diritto stesso.
Sull'asserita malafede del convenuto perché ha
inviato l'esposto ad organi incompetenti basti osservare come tutti questi
organi costituzionalmente siano interessati all'amministrazione della Giustizia
(compreso il Presidente della Repubblica), fatto che sta dunque a dimostrare
come il convenuto abbia voluto esclusivamente avere delle risposte su un
funzionamento della Giustizia che lo stesso ha ritenuto incomprensibile.
Fra l'altro si contesta, come invece afferma parte
attrice, che il Muscio abbia mai usato l'espressione "condotta non
trasparente", del Magistrato, fatto questo che connota come parte attrice
sia costretta ad usare eufemismi per dimostrare la malafede del Muscio.
Sull'elemento soggettivo dell'illecito si contesta
che l'atto del convenuto possa nuocere negativamente all'attività del dott.
Q.E.
Pare inoltre strano che, come ritiene parte attrice,
l'aver seguito il codice di procedura penale nelle sue indicazioni, possa
portare nocumento futuro al dott. Q.E., ma pare anzi che proprio questo stia ad
indicare come nessun danno ma solo apprezzamenti possano derivare dall'esposto
del Muscio all'attore.
Pretendere poi che il Muscio sia a conoscenza del
contenuto e della portata processuale della ordinanza del presidente dei G.I.P.
del Tribunale di Brescia pare veramente eccessivo al fine di dimostrare la sua
malafede.
Nessuna insinuazione dunque ma solo semplici domande
sullo strano funzionamento della giustizia da parte di un semplice cittadino,
che fra l'altro attende semplici risposte.
Da ultimo si contesta che comune il dott. Q.E. abbia
o possa subire danni dall'esposto del convenuto, ritenendo infondate in fatto
ed in diritto le considerazioni sul punto di parte attorea.
Tutto ciò premesso i sottoscritti chiedono che
l'Ill.mo Tribunale voglia accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
In
via preliminare: a) ritenuta l'insussistenza in capo al convenuto della
illegittimità-illiceità della condotta, respingere le domande attoree tutte,
perché infondate in fatto ed in diritto;
b) ritenuta l'infondatezza delle pretese fatte valere da controparte anche in
relazione alla richiesta di risarcimento dei danni sofferti o da soffrire,
rigettarle con vittoria di spese diritti ed onorari del presente giudizio.
In via istruttoria: disporre l'audizione dei testi,
da indicare, sui fatti di causa.
Si produce:
-
atto
di citazione notificato;
Brescia-Venezia, 22/9/2000
Avv. Enzo Bosio
Avv. Gian Paolo Cappelletti
TRIBUNALE DI
VENEZIA
Nella causa promossa con atto di citazione
da:
Dott. E. Q. con gli avv.ti P. Merlo e M.
Cappelletto
CONTRO
Dott. Arrigo Muscio con gli avv.ti E. Bosio e
G.P. Cappelletti
COMPARSA CONCLUSIONALE
Con atto di citazione notificato in data 30.06.2000
il Dott. E. Q. citava in giudizio il dott. Muscio Arrigo per sentirlo
condannare al risarcimento dei danni sofferti a causa di un comportamento diffamatorio posto in essere a detta di
controparte dal convenuto, abusando nell’esercizio di un proprio diritto. Si
costituiva in causa il Muscio contestando quanto avversarianiente dedotto. In
particolare parte convenuta evidenziava che l’esposto presentato contro il
dott. Q. altro non conteneva che semplici richieste di chiarimenti per una serie di questioni e vicende che da
semplice cittadino il Muscio aveva sopportato in prima persona, evidentemente a
suo svantaggio e non comprendeva.
I toni del suddetto esposto risultavano
inoltre pacati, ed in esso, nessun astio o sentimento di vendetta emergeva ma solo
chiara determinazione nel voler ottenere esaustive risposte. Quanto al preteso
danno, parte convenuta ne contestava la sussistenza e l’ammontare richiesto.
La comparizione delle parti non portava
evidentemente ad alcun accordo conciliativo e l’iter processuale proseguiva
secondo, rituali canoni con il deposito di memorie ex att. 183 V° e 184 c.p.c.
Respinta ogni istanza di carattere
istruttorio al di là della prova documentale costituita dai documenti prodotti,
la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del
20.02.2002 e successivamente trattenuta a sentenza con autorizzazione al
deposito di conclusionali e repliche nei termini di legge.
La controversia trae origine da una serie di
fatti non contestati oltre che documentalmente provati, che è opportuno
riepilogare brevemente.
L’attuale convenuto in data 02/04/99
presentava denuncia-querela contro il Sig. S. M. per alcune espressioni
dispregiative rivolte dallo stesso al Muscio ed all’Associazione Genitori
Cattolici di Brescia di cui lo stesso è presidente; inoltre il convenuto
lamentava che lo S. gli avesse attribuito frasi mai pronunciate né dichiarate
in propri scritti. Reso edotto sulla querela, lo S. si era scusato e si era
impegnato a riparare adoperandosi per far pubblicare sul Giornale di Brescia la
lettera di scuse.
La questione avrebbe potuto bonariamente
essere risolta se non fosse stato per l’atteggiamento del direttore del
Giornale di Brescia, dott. Lanzani, che invece di dar spazio allo scritto dello
S., autorizzava la pubblicazione di una lettera a firma T. G. dal tenore ancor
più offensivo e diffamatorio.
A fronte di ciò il convenuto riteneva di
proporre querela sia contro G. , autore della lettera, sia contro Lanzani che ne
aveva permesso la pubblicazione. Alle querele seguivano le indagini e in data 18/06199 la richiesta da parte del PM
dott. B. del rinvio a giudizio per entrambi e la fissazione della data per
l’udienza preliminare (19/10/99) da parte del Gip dott.ssa D. M..
Vennero acquisiti gli scritti del dott. Muscio oltre che quelli delle parti
querelate e per tali incombenze venne rinnovata la fissazione dell’udienza
preliminare. In sede di rinvio confortato dalle nuove produzioni documentali,
il PM. confermò le richieste di rinvio a giudizio,
mentre il GIP, nella persona del dott. Q., in sostituzione della dott.ssa P., emetteva sentenza di non luogo a
procedere perché il fatto non costituisce reato.
Nelle motivazioni inserite nella sentenza
inoltre, il dott. Q. per giustificare la non offensività delle espressioni
utilizzate contro il dott. Muscio e dunque l’insussistenza del reato osservava:
“...va infatti tenuto conto come il dott. Muscio che si qualifica Presidente
dell’Associazione Genitori Cattolici di Brescia, in una lettera al Direttore
pubblicata sul Giornale di Brescia il 19.03.1999, parlando delle adozioni da
parte di coppie gay esprime concetti che certamente potrebbero indurre un
lettore non cattolico a ritenere violato il precetto evangelico di amare il prossimo
come se stessi….”.
Ed
invero il convenuto, di fronte al provvedimento emesso non aveva nessuna
possibilità di veder tutelate le proprie ragioni, ovvero di esercitare il
diritto di censura o critica avverso ad esse, posto che nella qualità di parte
offesa ogni impugnazione della sentenza gli era preclusa, e l’unico soggetto
istituzionalmente deputato a proporre appello, il PM, aveva esternato
intenzione di non impugnare. Dunque, nella condizione di non trovare alcuna
risposta ai propri dubbi anche su come la giustizia in generale aveva operato
ed in particolare sull’atteggiamento tenuto dal dott. Q. nei suoi confronti, il
dott. Muscio decideva di utilizzare l’unico mezzo che la legge gli consentiva
legittimamente di adoperare e cioè quello di chiedere spiegazioni agli organi
competenti ad amministrare la Giustizia.
Pertanto egli non solo ha operato
nell’esercizio di un suo sacrosanto diritto, ma nell’unico modo in cui gli era
possibile esercitarlo.
Ed il tenore ed il contenuto di tale
documento appare perfettamente in linea con le aspettative e lo stato d’animo
di chi esige chiarezza.
In esso non ci sono dichiarazioni offensive o
dirette a gettare discredito sulla persona dell’attore, ma una ricostruzione
dei fatti ed un insieme di interrogativi ai quali qualunque cittadino avrebbe
preteso risposta.
Eppure tale esposto ha suscitato risentimento
nel dott. Q. al punto da indurlo a pretenderne un risarcimento, ed un
risarcimento miliardario!
Eppure per sostenere la tesi dell’atto
illecito vicinissimo alla diffamazione (per farne scaturire il diritto al
risarcimento), parte attrice avrebbe dovuto provare la carica offensiva delle
inesistenti insinuazioni oltre che l’elemento psicologico della volontà di
ledere. E avrebbe dovuto riscontrare nel comune sentire il disvalore delle
affermazioni contenute nell’esposto e la capacità di queste di procurare
danno.
Nulla di tutto ciò é emerso dalla scarna
istruttoria né poteva emergere. Malgrado ciò, parte attrice pretenderebbe che
automaticamente, per il solo fatto dell’esposto, per il solo fatto che esso sia
rivolto verso un Giudice, per il solo fatto che costui rivesta la carica di
capo dei GIP, per queste sole circostanze, fatto illecito e danno
debbano innegabilmente sussistere e giustificare la condanna al risarcimento di
un miliardo di lire.
Evidentemente dissentiamo, augurandoci che
anche codesto Tribunale Ill.mo condivida la nostra teoria difensiva. Ed invero,
lo si ribadisce, l’esposto non contiene attacchi alla rispettabilità ed alla
dignità dell’ attore, ed esso pertanto
non lede l’onore del dott. Q.
Che poi il fatto dell’esposto in sé abbia
irritato quest’ultimo, di per sé è insufficiente a rendere fondata la sussistenza dell’offesa.
Inoltre i fatti hanno dimostrato, e di essi
l’attore ha dato conferma in sede di comparizione personale delle parti, che
tutta la vicenda non ha affatto pregiudicato le prospettive di carriera del
dott. Q. (che è stato promosso successivamente alla carica di Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Brescia, come da sua stessa
ammissione davanti all’Ill.mo Giudice) e dunque anche a livello di
reputazione presso i propri superiori l’esposto in questione non ha
negativamente influito.
Ci si chiede allora a quale tipo di danno
sofferto sia diretta la pretesa risarcitoria. Forse al ristoro del danno morale
derivante dal reato di diffamazione?
Nemmeno questa ultima ipotesi, evidentemente,
potrà essere presa in considerazione dato che sulla sussistenza di quel reato
nessun giudice penale si è pronunciato,
né al giudice civile adito sono state
forniti elementi sufficienti, soprattutto in ordine all’elemento psicologico di
colui che diffama (per cui non è sufficiente la colpa ma è richiesto il dolo),
onde permettergli l’accertamento della fattispecie delìttuosa.
E veniamo alla somma specificamente richiesta
a titolo di risarcimento: un miliardo di lire. Ebbene la domanda appare
francamente assurda soprattutto laddove richiesta in via equitativa, e dunque
senza che sull’ammontare sia stata fornita la benchè minima prova né siano
stati suggeriti i criteri che il giudicante dovrà considerare per arrivare a
giustificare una determinazione del danno di tale entità.
Conviene inoltre rammentare che, eventuali
conseguenze riguardo alla carriera del Dott. Q. (che ha dichiarato invece,
durante un’udienza davanti all’Ill.mo Giudice, d’essere stato promosso!)
sarebbero potuto intervenire solo per decisione del Consiglio Superiore della
Magistratura; l’unico organo, secondo la Costituzione, in grado di valutare i
comportamenti di un Giudice (il quale gode della massima autonomia!), non sulla
base di semplici considerazioni, ma di un approfondito esame dei fatti.
Eventuali sanzioni del CSM sarebbero state, in tal caso, perfettamente lecite e
doverose nell’ interesse della giustizia.
Ciò detto, si ribadisce che l’esposto del
dott. Muscio rientra senz’altro nel legittimo esercizio democratico di chiedere
ai competenti organi chiarimenti su fatti, come più volte la Suprema Corte di
Cassazione ha ritenuto (“ non può ravvisarsi ipotesi di reato, ed in
particolare il delitto di diffamazione, allorché taluno, con un esposto
all’autorità, attribuisca ad altri fatti illeciti od anche immorali, al solo
fine di giustificare la richiesta di intervento dell’autorità stessa, nei casi
in cui tale intervento è ammesso dalla legge. L’evento lesivo, in questo caso,
è infatti la conseguenza diretta ed immediata di un’azione lecita costituente
esercizio di un diritto spettante all’agente. Occorre, però, che i fatti siano
veri oppure ritenuti tali in base ad una giustificata e ragionevole
rappresentazione della realtà ed inoltre che siano strettamente pertinenti alla
situazione di fatto per la quale si sollecita l’intervento dell’autorità” —
Cass. Pen. Sez. V. 27.01.1981 n. 480
—“in tema di diffamazione a mezzo stampa, ogni accostamento di notizie vere è
lecito quando non produce un ulteriore significato che le trascenda e che abbia
autonoma attitudine lesiva. Quando l’accostamento determina un’espansione dei significati,. occorre avere riguardo al risultato:
se questo consiste in un mero dato logico, in un corretto corollario, per
quanto insinuante, è da escludere l’effetto denigratorio... - Cass. Pen.. Sez.
V 24.031995 n. 3236). In sintesi le
semplici domande del dott. Muscio sono perfettamente legittime se si tiene
conto:
a) — della duplice richiesta di archiviazione
presentata dal P.M. riguardo alla denuncia presentata contro Muscio e poi
definitivamente archiviata da un Giudice per le indagini preliminari diverso
dal dott. Q.;
b) — dell’ordinanza del Giudice per le indagini
preliminari di Brescia. dott. C. B. che in data 22.03.2001 ha chiesto al P.M.
di formulare l’imputazione a carico del Direttore dei Giornale di Brescia Dott.
Giambattista Lanzani (oggetto dell’esposto del 17.0.2000 del dott. Muscio
prodotto in causa) che permise la
pubblicazione di una lettera offensiva che faceva riferimento ad un inesistente
scritto del dott. Muscio, motivandola come segue: “rilevato che, nella
prospettazione del denunciante Arrigo Muscio, la pubblicazione dell’articolo in
questione non risultava lesiva della sua reputazione per le espressioni pur
pesantemente critiche rivolte alla sua persona (integralista cattolico che non
ha nulla da invidiare agli integralisti islamici, fuori dal tempo presente) o
alla sua prosa (stanchi ritornelli, segni evidenti di frustrazione), bensì per
avergli attribuito fatti (aver scritto una lettera del Direttore con
determinati contenuti) e sentimenti (rabbia e fastidio nei confronti degli
immigrati) non veri; rilevato che, come ammette lo stesso P.M, pacifico in
causa che nella rubrica delle “Lettere al Direttore” del Giornale di Brescia
non sono stati mai pubblicati scritti del dott. Muscio sull’argomento; atteso
che, com’è noto, la costante giurisprudenza di legittimità insegna che, per
aversi lesione dell’onore o reputazione (o, in altri termini, della personalità
morale) di taluno, occorre che il fatto a lui (sia pure falsamente) attribuito,
rivesta i caratteri della riprovevolezza, sia cioè tale da comportare, nell’opinione
dei destinatari della comunicazione, un giudizio di disistima; ovvero di
indegnità morale e/o professionale (cfr. Cass. Pen. Sez. V n. 347 del
16.04.1984); tanto che va distinta dalla offesa alla reputazione la mera
lesione del diritto alla cd. “identità personale” (da individuarsi nella
distorsione, alterazione o travisamento dell’effettivo patrimonio politico,
intellettuale, sociale, religioso, ideologico, professionale della persona),
lesione astrattamente idonea a concretare un mero illecito civile (cfr. Cass.
Pen. sez. V ti. 849 dell’l.02.1993); atteso che, peraltro, nel caso di specie,
la esternazione e il sentimento (falsamente) attribuiti, in quanto contrari ai
principi fondamentali della convivenza civile (e come tali recepiti dalla Carta
Costituzionale, che sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale...senza distinzione di razza, di lingua di religione), con modalità
tali da dipingerli come odio nei confronti del prossimo, da identificarsi negli
immigrati sopra menzionati, è tale da ingenerare nel lettore un giudizio che si
riverbera non già sul patrimonio religioso o ideologico bensì sulla stessa
personalità morale del querelante….”;
c) — delle chiare sentenze della Suprema Corte
di Cassazione sopra citate riguardo alla legittimità di un esposto presentato
alle autorità.
Va ricordato che anche se ammettessimo, per sola ipotesi scolastica, l’esistenza di un danno di immagine
al dott. E. Q. per quanto concerne il danno all’immagine la Suprema Corte di
Cassazione ha sentenziato che: “il danno non patrimoniale, conseguente la
violazione del diritto di immagine è risarcibile
solo quando l’abuso integri gli estremi del reato” — Cass. 10.11.1979 n. 5790;
Pare comunque a questa difesa assai singolare
l’atteggiamento del dott. Q., come risulta dall’esame complessivo dei fatti
esposti e documentali, che tra l’altro evidenzia una singolarità di giudizio la
quale non ravvisa mai estremi di diffamazione nei confronti del dott. Muscio
nonostante frasi intrinsecamente offensive (es.
Torelli) e persino nel caso dell’attribuzione di un suo inesistente scritto
offensivo, mentre ravvisa un atteggiamento diffamatorio nell’esposto del dott.
Muscio del 17.01.2000, nel quale il medesimo ha posto, come cittadino e
Presidente di un’associazione di cittadini, delle semplici e legittime domande
alle autorità competenti su quanto capitatogli in grado di sconcertare
chiunque.
Impedire o frenare, infatti, l’esercizio di
tali diritti, costituirebbe sicuramente un pericoloso segnale di cedimento
della democrazia, dato che un sano esercizio dei diritti democratici prevede la
possibilità di interrogare le istanze superiori in riferimento a certi
accadimenti che quantomeno appaiono poco chiari. Nessuno deve sentirsi o
ritenersi escluso dalla possibilità che il suo operato venga valutato da organi
superiori
-
come affermato dallo stesso CSM che conferma la liceità del “diritto di
critica” alla Magistratura, da parte di qualunque cittadino;
- come altresì affermato dal GIP di Milano
Dott. Guido Salvini in occasione della querèla per diffamazione presentata dal
Dott. Castelli nei confronti di Silvio Berlusconi di cui si riportano le
seguenti dichiarazioni “….il diritto di
critica deve essere considerato come assolutamente legale, soprattutto se
rivolto non a privati, impossibilitati a difendersi, ma a detentori di pubblici
poteri, la cui attività riveste pubblico interesse….gli stessi infatti sono in grado di replicare
esplicitamente alle critiche sia personalmente, sia attraverso te rispettive
associazioni professionali.. “(Libero, 18 gennaio 2002).
- come affermato dall’ex presidente della Repubblica ed insigne
giurista Prof. Cossiga che dichiara: “sono
fermo assertore del diritto, per ogni cittadino di una società democratica, di
formulare critiche e rilievi nei confronti di comportamenti di Magistrati ed
atti dell’autorità giudiziaria, perché questa è come insegnava il grande
costituzionalista Inglese Dicey. la più forte delle garanzie sull‘esercizio
imparziale e giusto della suprema funzione della giustizia
Da ogni angolazione la si consideri, dunque, la domanda proposta dal
Dott. Q. dovrà essere disattesa.
In conclusione un’ultima considerazione sulla documentazione versata in
atti da parte convenuta.
I documenti prodotti provano in maniera inequivocabile che il dott. E.
Q. ha, in ben due casi, giudicato il dott. Muscio pur ritenendosi “offeso” dal
suo esposto del 17.01.2000, come risulta in atto di citazione. Infatti, in data
24.03.2000 è stato depositato “1’atto di ricusazione” nei confronti del dott.
E. Q., per cui già in tale data, visto che i sentimenti non agiscono ad
orologeria, si era già sentito offeso da tale esposto allegato all’atto
depositato alla Corte d’Appello di Brescia.
Nonostante ciò il dott. Q. ha svolto la sua attività di giudice nel
processo Muscio/Busi rigettando la richiesta di archiviazione del Pubblico
Ministero riguardo la denuncia presentata da Busi contro Muscìo e chiedendo un
supplemento di indagini.
Si ricorda che il P.M. dopo aver espletato le
indagini chieste dal dott. Q., anche in data 11.01.2001 ha ribadito la
richiesta di archiviazione.
Inoltre il dott. Muscio scoprì che la
denuncia querela per diffamazione presentata il 29.06.1999 contro T. D. (proc.
pen. 2300/SV/99 RG NR. Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia
e n. 5509/00 RG. G.I.P. Tribunale di
Brescia) era stata archiviata in data 24.05.2000, in data quindi successiva
alla conoscenza da parte del dott. Q. dell’esposto per cui vi è causa.
Nella sua denuncia-querela il dott. Muscio
aveva espressamente richiesto dì essere avvisato ai sensi dell’art. 408 C.P.P.
nell’eventuale ipotesi di richiesta di archiviazione
Nonostante tale espressa indicazione, non gli
fu comunicata la richiesta di archiviazione del P.M., fatto che ha impedito al
dott. Muscio di presentare rituale opposizione nei termini di legge.
Quanto sopra esposto, provato con i documenti
prodotti in causa, dimostra come il dott. E. Q. ha comunque giudicato per ben
due volte in danno del Muscio nonostante dal 24.03.2000 fosse a conoscenza
dell’esposto nei suoi confronti.
Dalle produzioni documentali emerge
l’atteggiamento grave dell’attore, il quale avrebbe ben potuto, in diverse
occasioni, adottare atteggiamenti più consoni alla veste di soggetto super
partes che la propria funzione istituzionale gli conferisce e che gli avrebbero
giovato in termini di irreprensibilità e di prestigio molto di più di una
eventuale sentenza di risarcimento miliardario.
Un’ultima considerazione in fàtto:
- pare inoltre a questa difesa assai
singolare e contraddittorio il comportamento del Dott. Q. in riferimento pure
ai seguente caso (riportato dal Giornale di Brescia del 9.4.2001 a pag. 7 con
il titolo “Il Giornale non ha diffamato: in archivio la querela di Davigo”).
Con tale articolo viene riportata la vicenda processuale sfociata
nell’archiviazione della querela del dott. Davigo. L’archiviazione è stata
richiesta dal PM Dott. S. B. ed avvalorata dal GIP Dott. Q. con relativa
ordinanza.
La dott.ssa B. ha scritto “al di là di una
indubbia vis polemica non risultano travalicati i limiti di un corretto
esercizio di cronaca, nonché soprattutto di critica. E ciò nella misura in cui
non si appalesa alcuna violazione del principio di verità. Appare infatti la
corrispondenza sostanziale alla realtà storica di quanto riferito dal F. in ordine alle ripetute assoluzioni del De M.”. Quindi mentre
il dott. Q. ha archiviato una denuncia-querela del dott. Davigo in quanto nei
fatti esposti del denunciante “non si palesava alcuna violazione del principio
di verità” nel caso che riguardava il dott. Muscio, a cui era stato attribuito
falsamente un articolo offensivo (quindi contrario al principio di verità, e
chiaramente diffamatorio), la denuncia del dott. Muscio veniva ugualmente
archiviata mostrando, per comparazione, una evidente contraddizione di
giudizio.
Tutto ciò premesso si confida nell’accoglimento delle conclusioni già
rassegnate all’udienza del 20.02.2002 con l’auspicio che l’emananda sentenza
possa davvero mettere fine a tutta questa triste vicenda.
Con osservanza.
Brescia— Cannaregio, 18 aprile ‘02
Avv. Enzo Bosio Avv.
Gian Paolo Cappelletti
Spett.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Arrigo Muscio………sporgo denuncia-querela
nei confronti del sig. T. D. per le seguenti ragioni.
In data 28-5-1999 ho inviato una lettera aperta alle
Autorità (vedere copia allegata)[20]
riguardo al concerto in Italia di Marilyn Manson. Il giornale telematico
Pathway Journal ha pubblicato la mia lettera nel numero di giugno 1999 (vedere
allegata riproduzione parziale della pagina internet del medesimo). Domenica 20
giugno 1999 la direzione del giornale mi ha spedito una e-mail contenente la
lettera inviata alla medesima direzione da parte del sig. D. T. (vedere copia
allegata).
Il sig. T.D. ha usato nei miei confronti le seguenti
espressioni denigratorie e diffamatorie della mia persona "…Trovo
stupido e codardo da parte sua scrivere una lettera del genere ed inserirla in
un sito di quattro soldi….lei sotto sotto, forse nel suo inconscio, adora la
figura perversa di Manson ed è portato così a fargli pubblicità
gratuita….".
Ciò premesso, poiché il sig. D. T. con affermazioni
inerenti alla mia persona che sono denigratorie, insinuanti e totalmente in
contrasto con quanto traspare dai miei libri, dai miei articoli e dal sito
internet dell'Associazione che presiedo, mi ha pubblicamente diffamato,
chiedo
a codesta Autorità Giudiziaria di perseguire
penalmente il sig. D. T. per violazione dell'art. 595 C.P., alla luce anche
delle sentenze Cass. Pen, sez. V 23 novembre 1981, N. 10512; sez. V,
sent. 08848 del 5-8-1992 (Ud. 8-6-92); sez. V, sent. 04384 del 17-4-91 (ud.
7-2-91), e di eventuali altre norme non citate.
Domando inoltre d'essere avvisato ai sensi dell'art.
408 C.P.P. in un'eventuale ipotesi di archiviazione.
Brescia 29-6-1999
In fede
Dr. Arrigo Muscio
Un'altra sorpresa
Poiché
di quella denuncia non seppi più nulla mi informai al riguardo e scoprii che, senza
tener conto della mia richiesta d'essere avvisato nell'eventuale ipotesi di
archiviazione, la stessa fu archiviata su richiesta del PM dott. S. e dal Giudice per le indagini preliminari
Dott. E. Q.
Ciò
fece scattare la seguente denuncia-querela da parte mia.
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL TRIBUNALE DI VENEZIA
Io sottoscritto Dr. Muscio Arrigo……….sporgo
denuncia-querela per omissione di atti ufficio ai sensi dell'art. 328 C.P. nei
confronti dei responsabili della omessa notifica (da me richiesta espressamente
ai sensi dell'art. 408 C.P.P. nella mia denuncia-querela del 29-6-1999 contro
D. T. per diffamazione), per omissione d'atti d'ufficio e per abuso d'ufficio
nei confronti del Giudice per le indagini preliminari Dr. E. Q. per i fatti che
seguono.
In data 25-9-2000 ho controllato la situazione della
mia denuncia-querela per diffamazione presentata il 29-6-1999 contro T. D.
(vedere allegata fotocopia) - Pr. Pen. 2300/SV/99, GIP 5509/00.
Con sorpresa ho scoperto che la stessa era stata
archiviata in data 24 maggio 2000 dal Gip Dr. E.Q. (vedere fotocopia allegata),
su richiesta del P.M. Dr. P. S. (vedere allegata fotocopia).
Nella mia denuncia-querela (vedere allegata
fotocopia) avevo espressamente indicato d'essere avvisato ai sensi dell'art.
408 C.P.P nell'eventuale ipotesi di archiviazione. Nonostante tale espressa
indicazione non mi è pervenuta alcuna
notifica e ciò mi ha impedito di presentare opposizione nei termini
consentiti. Azione che avrei sicuramente intrapreso sia per l'evidente
contenuto diffamatorio delle espressioni usate da D.T. sia per l'intervento del
Gip Dr. Q. da me precedentemente ricusato.
Devo infatti far notare che il Dr. Q. E., anziché
astenersi dal giudizio per le motivazioni risultanti da documentazione allegata
e di seguito riassunte, ha decretato l'archiviazione della mia denuncia-querela
(vedere allegata fotocopia).
In data 30 giugno 2000 (circa un mese dopo
l'archiviazione del procedimento in oggetto) il Dr. E. Q. mi ha citato in
giudizio presso il Tribunale di Venezia (vedere allegata fotocopia) in
riferimento al mio esposto del 17-1-2000 (da lui parzialmente riportato
nell'atto di citazione) presentatogli in allegato alla richiesta di ricusazione
ai sensi dell'art. 36 C.P.P. comma H.
Quest'atto di citazione dimostra in maniera
inequivocabile che il Dr. Q. doveva necessariamente astenersi dal giudicarmi
nel caso Busi (caso successivo alla presentazione dell'esposto) non solo ai
sensi dell'art. 36 C.P.P. comma H (sul quale la Corte d'Appello si era
dichiarata incompetente), ma anche ai sensi dei commi C (il dr. Q. aveva, in
maniera insinuante e per me - Presidente di un'Associazione di genitori
cattolici e autore di numerose pubblicazioni di carattere teologico - offensiva
"….in una lettera al direttore pubblicata sul Giornale di Brescia Venerdì
19-3-1999 parlando delle adozioni da parte di coppie gay Muscio esprime
concetti che certamente potrebbero indurre un lettore non cattolico a ritenere
violato il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi….",
richiamato nella sua sentenza un mio articolo, senza riportare le frasi o le
espressioni da me utilizzate, sulle adozioni gay che non c'entrava con
l'oggetto della causa ed aveva poi giudicato successivamente, nonostante la
ricusazione, nel caso Busi che si dichiara pubblicamente omosessuale) e del medesimo articolo "…se vi è
inimicizia grave tra lui…e una delle parti…". Citarmi in giudizio per un
miliardo, ritenendosi offeso dal mio esposto nel quale ponevo delle semplici e
legittime domande alle Autorità costituzionalmente competenti, rientra
senz'altro, a mio parere, nell'ipotesi prevista dalla normativa citata.
Nonostante il Dr. Q. si sentisse offeso dal mio
semplice esposto al punto da citarmi in giudizio per un miliardo, anziché astenersi
ai sensi dell'art. 36 C.P.P. commi D e H dal giudicarmi nel caso Busi, mi ha
giudicato per ben due udienze successive emettendo alla fine un'ordinanza.
Inoltre il Dr. Q. ha giudicato anche la mia denuncia-querela contro T. D. e in
oggetto senza astenersi e senza che mi venisse (in violazione dell'art. 408
C.P.P.) notificata la richiesta di archiviazione, pur sentendosi offeso dal mio
precedente esposto del 17-1-2000.
Tale comportamento dimostra in maniera
inequivocabile, in base all'esame globale di tutta la documentazione,
l'atteggiamento persecutorio assunto dal giudice Dr. Q. E. nei miei confronti.
Atteggiamento che tra l'altro evidenzia una singolarità di giudizio la quale
non ravvisa mai estremi di diffamazione nei miei confronti, nonostante quanto
riportato nei miei precedenti esposti (persino nel caso dell'attribuzione di un
mio inesistente scritto offensivo!), mentre ravvisa, con puntigliosa ricerca di
sentenze della giurisprudenza che appartengono ad un lontano passato e che ben
si adatterebbero per le mie denuncie di diffamazione, un atteggiamento
diffamatorio (come dimostrato dalla sua citazione in giudizio nei miei
confronti) nel mio esposto del 17-1-2000 nel quale ho posto, come cittadino e
presidente di un'associazione di cittadini di uno Stato di Diritto, delle
semplici domande alle Autorità costituzionalmente competenti su quanto
capitatomi. Domande che, alla luce di quanto segnalatoVi in seguito (compreso
quest'ultimo esposto), acquistano maggiore legittimità. Impedire o frenare,
infatti, l'esercizio di tali domande costituirebbe sicuramente un pericoloso
segnale di dittatura dato che un sano esercizio di democrazia prevede la
possibilità di interrogare le istanze superiori in riferimento a certi
accadimenti.
Chiedo di conseguenza, alla luce di quanto esposto,
che vengano perseguiti per omissione d'atti d'ufficio i responsabili della
omessa notifica della richiesta di archiviazione e il Dr. Q. E. per omissione
d'atti d'ufficio ai sensi dell'art. 328 C.P. e per abuso d'ufficio ai sensi
dell'art. 323 C.P.
Domando, inoltre, si sensi dell'art. 408 C.P.P.
d'essere avvisato nell'eventuale ipotesi di archiviazione.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
Brescia, 9 ottobre 2000
Si allega:
Ø fotocopia denuncia-querela
contro D. T.
Ø fotocopia richiesta di archiviazione
del Dr. S. e decreto di archiviazione del Gip Dr. Q.
Ø fotocopia esposto del 17
gennaio 2000
Ø fotocopia esposto del
2-1-1997
Ø fotocopia lettera di V. L.
Ø fotocopia sentenza N. 826
del Dr. Q.
Ø fotocopia del Decreto di
fissazione del procedimento in Camera di Consiglio del 27-1-2000
Ø fotocopia della
dichiarazione di ricusazione del 24-3-2000
Ø fotocopia ordinanza del Dr.
Q. del 19-4-2000
Ø fotocopia esposto alle
Autorità del 28-4-2000
Ø fotocopia esposto alle
Autorità del 25-7-2000
Ø fotocopia atto di citazione
del 30-6-2000
In
data 5 febbraio 2004, dopo tre anni dal deposito della denuncia, ho ricevuto,
senza alcuna notifica preventiva, il decreto di archiviazione da parte del GIP
del Tribunale Ordinario di Venezia. Non mi è stata notificata, come da me
espressamente richiesto ai sensi dell’art. 408 c.p.p., la richiesta di
archiviazione; non ho quindi potuto presentare opposizione entro il termine
stabilito dall’art. 408 c.p.p.. Non c’è stata perciò alcuna camera di
consiglio. In poche parole, diversamente da quanto stabilito dall’ Art. 6
comma 1 della Convenzione Europea per i diritti dell’uomo “Ogni
persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed
entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale….”,
la mia denuncia-querela è stata
giudicata “non pubblicamente” e senza il mio intervento!
Faccio
presente che l’art. 408 c.p.p. stabilisce “Entro i termini previsti dagli
articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata,
presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta è trasmesso il
fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle
indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le
indagini preliminari. L’avviso della richiesta è notificato, a cura del
pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o
successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere
informato circa l’eventuale archiviazione. Nell’avviso è precisato che, nel
termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e
presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini
preliminari”.
La Corte di Cassazione ha sentenziato in riferimento all’art. 408 c.p.p. “….Tanto premesso, va altresì riconosciuta la legittimazione della ricorrente a proporre impugnazione nella veste di persona offesa, negatale nella requisitoria del P.G. sul rilievo, che l'incriminazione della molestia (art. 660 C.P.) è volta a tutelare in via principale l'ordine pubblico nel particolare aspetto costituito dalla quiete pubblica, onde il privato, cui è concessa una tutela soltanto riflessa, dovrebbe qualificarsi mero danneggiato dal reato. Va in contrario osservato che la struttura della previsione incriminatrice ("chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, reca a taluno molestia o disturbo...") presuppone necessariamente un'offesa alla quiete privata, mentre la tranquillità pubblica viene in considerazione sotto il profilo di potenziali riflessi sull'ordine pubblico, data l'astratta possibilità di reazione (cfr. Cass., Sez. III, 26.11.1998/12.2.1999, Buda). Trattasi, quindi, di reato plurioffensivo, in cui soggetto passivo - legittimato alla richiesta ex. art. 408, co. 3, C.P.P. - è anche la persona fisica sulla quale cade l'azione del colpevole, pur essendo l'incriminazione prevista a tutela di un interesse generale facente capo alla collettività (cfr., ad es., Cass., Sez. V, 31.3/I.9.1999, Manieri)….” (Cassazione penale, Sez. I, Sentenza n. 12303 del 28 marzo 2002) http://serforma.it.omnint11.omnibit.it/lexfor2002/2002-07/2002-07-Pen-Giu-1476.asp - “….In proposito rileva il Collegio che i diritti e le facoltà spettanti alla persona offesa possono essere riconosciuti soltanto in capo a quei soggetti che, oltre ad essere stati interessati dalla condotta criminosa, siano anche titolari del bene giuridico protetto dalla norma penale violata….” Cassazione penale, sez. VI, sent. n. 20679 del 9 maggio 2003 (Cassazione penale, sez. VI, sent. n. 20679 del 9 maggio 2003) - “….che i denunzianti, nella fattispecie in esame, si trovavano appunto nella situazione dianzi specificata ed avevano sporto denuncia appunto quali "parti offese" dall'attività denunziata come illecita; che deve ritenersi conseguentemente violato il loro diritto di intervento e di difesa nel procedimento de quo; per questi motivi la Corte suprema di Cassazione, visti gli art. 127, 1° e 5° comma 408, 409, 6° comma, 623 c.p.p., annulla con rinvio l'impugnato decreto di archiviazione ed ordina la trasmissione degli atti - per quanto di competenza - al Pretore di Roma.” http://www.aeranti.it/associati2/giurispru/16111994sen.htm (Cass. III Pen. 16 nov. 1994) – “Qualora, nella denuncia, la persona offesa abbia fatto istanza di essere avvertita di eventuale richiesta di archiviazione, al di proporre opposizione ad essa, l’omissione dell’avviso è causa di nullità del provvedimento di archiviazione, in quanto vanifica la stessa possibilità di instaurazione del contraddittorio” (Cass. I, sent. 1695 del 13-5-94 – vedi anche Cass. VI, sent. 1491 del 7-6-94) – “Il reato d’omissione d’atti d’ufficio, previsto dall’art. 328 comma 2 c.p. integra un delitto plurioffensivo, nel senso che lede, oltre all’interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della pubblica amministrazione, anche il concorrente interesse del privato leso dall’omissione o dal ritardo dell’atto amministrativo dovuto. Tale norma, infatti, da un lato presuppone una richiesta presentata da un soggetto che vi abbia interesse, in quanto titolare di una situazione giuridica qualificata come diritto soggettivo o interesse legittimo e, dall’altro, tutela l’aspettativa dell’istante ad ottenere il provvedimento richiesto per, in alternativa, la comunicazione dei motivi del ritardo o della mancata adozione del provvedimento. Ne consegue che il richiedente interessato riveste la posizione di persona offesa dal reato, tutelata dalle garanzie procedimentali previste dagli art. 408 – 410 c.p.p., a cominciare dal diritto alla notifica dell’avviso della richiesta di archiviazione del pubblico ministero” (Cass. VI, sent. 1817 del 7-7-95) – “…La persona offesa interviene in quella fondamentale attività di controllo, connessa all’obbligatorietà dell’azione penale, con la quale si mira a conseguire risultati di correttezza e linearità nello svolgimento delle indagini e nelle determinazioni consequenziali al loro epilogo, sicché si comprende per quale ragione l’omesso avviso di cui all’art. 408 c.p.p. costituisca una causa di nullità e perché l’attività del GIP tesa ad eliminare la predetta, non possa essere ritenuta abnorme, rientrando tra i compiti allo stesso attribuiti in generale dall’ordinamento. Detta attività non è abnorme neppure qualora il GIP imponga al P.M. la citazione di un soggetto che certamente non riveste la qualità di parte offesa…” (Cass. III, sent. 3010 del 8-8-96)
Caro
« popolo sovrano » (Art. 1 secondo comma Cost.) che leggi, a te il
compito di giudicare!
“N.
21670/00 RGNR
N.
11719/03 RGIP
Il
Giudice dott. L C M,
vista
la richiesta di archiviazione formulata dal P.M. in relazione al procedimento
scaturente dalla denuncia presentata da Muscio Arrigo nei confronti del dott.
Q. E.;
rilevato
che l’ipotesi accusatoria concerne il reato di cui all’art. 323 c.p.;
che
più specificatamente Muscio Arrigo si duole del mancato avviso ex art. 408
c.p.p. in relazione alla querela presentata nei confronti di T. D., nonché del
mancato esercizio della facoltà di astensione da parte del dott. Q. il quale
aveva provveduto ad archiviare, in data 24/5/2000, la sopra indicata querela
malgrado avesse citato in giudizio Muscio Arrigo;
che
si condividono le argomentazioni addotte dal P.M. in merito alla non necessità
dell’avviso ex art. 408 c.p.p., in relazione a questo procedimento, trattandosi
di reato contro la P.A.;
che
inoltre la notizia di reato è infondata giacchè l’onere della notifica, e ci si
riferisce qui al procedimento per diffamazione contro T., grava su P.M. e non
sul GIP;
che
in ogni caso nella relativa omissione non si ravvisano profili dolosi e, avendo
avuto notizia dell’archivazione, peraltro la parte ben avrebbe potuto tutelare
i propri interessi mediante l’esperimento del ricorso in Cassazione;
che
neppure tali profili di dolo possono trarsi dal mancato esercizio della facoltà
di astensione che, appunto, in quanto facoltà è rimessa alla valutazione
dell’interessato anche in questo caso, peraltro, apprestando l’ordinamento
processuale rimedi quale la ricusazione;
che
l’atto di citazione è successivo al provvedimento di archiviazione, come
riconosciuto dallo stesso ricorrente;
ritenuto
quindi che la notizia di reato sia infondata;
P.Q.M.
Visto
l’art. 410 c.p.p.
Dispone
l’archiviazione del procedimento e la restituzione degli atti al P.M.
Manda
alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
Venezia
29/1/04”
Accanto
a questi episodi principali vi sono altri fatti che, stando alla documentazione
riportata, debbono far riflettere seriamente, a mio parere di cittadino e di
presidente dell'Associazione Genitori Cattolici, quanti hanno a cuore il senso
della giustizia e l'effettiva sovranità popolare garantita dalla Costituzione.
Mi permetto di porre una legittima domanda al lettore : "Se i termini
usati nei miei confronti, per me insultanti e diffamatori, ma non per i PM ed i
GIP (fatte salve alcune eccezioni) fossero stati usati nei confronti dei
giudici che cosa sarebbe successo secondo voi, tenuto conto della richiesta di
risarcimento di un miliardo presentata dal Gip dott. E.Q. per un mio semplice e
legittimo esposto alle Autorità?"
SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI BRESCIA
Via Moretto 78
Brescia
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Arrigo Muscio…………..sporgo
denuncia-querela nei confronti del sig. M.S.
per le seguenti ragioni.
In data 19-3-1999 il Giornale di Brescia pubblicò
una mia lettera in qualità di presidente dell’Associazione Genitori Cattolici
(vedere copia allegata) in cui esprimevo il mio disaccordo in relazione alle
adozioni di bambini da parte di coppie gay per varie motivazioni contenute
nella medesima. Nella mia lettera rimandavo, per completezza d’informazione,
eventuali interessati al sito dell’Associazione che presiedo in cui nel link
“la nostra opinione” ho riportato, a giustificazione del nostro credo, oltre alle frasi bibliche dell’Antico e del
Nuovo Testamento inerenti al tema, anche il mio pensiero sull’infinita
misericordia di Dio (es. perdono e giustizia, la piscina di Siloe ecc.).
In data 28-3-1999 (nove giorni dopo) il Giornale di
Brescia ha pubblicato uno scritto del sig. M.S. (vedere copia allegata) con la
quale il medesimo contestava le mie opinioni.
Il M. nell’esprimere il proprio dissenso ha
utilizzato, travalicando il legittimo diritto di manifestare liberamente le
proprie idee, la seguente espressione che io considero chiaramente offensiva
della mia persona e del mio diritto ad esporre le mie opinioni: “...i toni
della lettera del 19-3 mi sono parsi particolarmente reazionari ed
ottocenteschi, quando non deliranti”.
Sia per il vocabolario e sia nell’accezione comune
il termine delirante evoca uno stato di farneticazione, di vaneggiamento, di
delirio; in poche parole un’incapacità di intendere e volere. Tant’è che
nell’interpretazione comune per opinioni deliranti s’intendono, anche in senso
figurato, quelle espresse da uno “giù di testa”, “che non sa più quel che
dice”.
Ciò premesso,
chiedo
a codesta Autorità giudiziaria di perseguire
penalmente il sig. M. S. per violazione dell’art. 595 C. P. e di eventuali
altre norme non citate.
Domando inoltre d’essere avvisato ai sensi dell’art.
408 C.P.P. in un’eventuale ipotesi di archiviazione.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
Richiesta di
archiviazione
In data 16-11-1999 il PM dott. M.C. presenta una
richiesta di archiviazione "…in quanto l'articolo di per sé non appare
intrinsecamente offensivo e la critica,
anche se aspra, appare nei limiti della continenza…"
Opposizione
AL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO IL TRIBUNALE DI BRESCIA
OGGETTO: Opposizione all'archiviazione presentata dal
Pubblico Ministero dott. M.C.
nei
confronti di M. S. - Proc. Pen. 1142/99 - 21
In riferimento alla richiesta di archiviazione,
notificatami in data 30 dicembre 1999, presentata dal Pubblico Ministero dott.
M. C. nei confronti di M. S. (Proc. Pen. 1142/99-21), da me querelato per
diffamazione il 30-3-1999, mi oppongo e chiedo il rinvio a giudizio del M. per
le seguenti motivazioni:
1)
l'espressione
usata dal M. "…i toni della
lettera del 19-3-1999 mi sono parsi particolarmente reazionari ed
ottocenteschi, quando non deliranti…." nel suo scritto pubblicato
sul Giornale di Brescia il 28-3-1999 (copia allegata alla mia denuncia-querela)
in riferimento ad una mia lettera pubblicata sul Giornale di Brescia il
19-3-1999, da lui non condivisa, non costituisce un esercizio del diritto di
critica, ma un'offesa in quanto sia secondo il vocabolario e sia nell'accezione
comune il termine delirante evoca uno stato di farneticazione, di
vaneggiamento, di delirio; in poche parole un'incapacità d'intendere e di
volere. Tant'è che nell'interpretazione comune per espressioni o toni deliranti
s'intendono, anche in senso figurato, quelli espressi da uno "giù di
testa", "che non sa più quello che dice". Tale espressione
supera quindi ampiamente il diritto di critica ed ai sensi delle sentenze Cass.
Pen., 16 ottobre 1972, sez. V, n. 811 - Cass. Pen., sez. V, 21 febbraio 1975,
n. 2132 costituisce diffamazione. Considerare non diffamatoria tale espressione
permetterebbe a chiunque di usarla nei confronti di quanti non la pensano alla
stessa maniera in una gara nel giudicare delirante tutto quanto non conforme
alle proprie idee (es. sentenze della magistratura, decisioni delle autorità,
opinioni varie ecc.);
2)
e'
da tenere inoltre presente che nella mia lettera pubblicata sul Giornale di
Brescia il 19-3-1999 criticavo l'opinione espressa da un Ministro della
Repubblica che si era dichiarato favorevole all'adozione di bambini da parte di
coppie gay. La mia critica, in qualità di presidente dell'Associazione Genitori
Cattolici, si basava su vari argomenti: da un punto di vista religioso (Papa
Giovanni Paolo II più volte ha criticato le coppie di fatto, considerando
lecite e degne di tutela solo quelle basate sul matrimonio tra un uomo ed una
donna), costituzionale, naturale, di offesa al ruolo della donna e
pedagogico-scientifico. Considerare deliranti tali mie opinioni significa
giudicare, analogicamente, anche delirante tutto quanto giustificativo di tali
mie critiche (quindi la Sacra Scrittura, il parere del papa, la Costituzione,
l'opinione di pedagogisti ecc.) con grave scadimento della scala dei valori.
Ciò premesso e tenuto pure
conto dell'art. 6 comma 1 della "Convenzione per la Salvaguardia per i
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali", chiedo il rinvio a
giudizio del Sig. M. S. per violazione dell'art. 595 C.P.e di eventuali altre
norme non citate.
In fede
Dr. Arrigo Muscio
Archiviazione
Passano i mesi e poichè non ricevo alcuna
comunicazione al riguardo mi informo in merito e scopro che il procedimento è
stato archiviato in data 26-1-2000 dal Gip Dott. S. per i seguenti motivi
"….rilevato che le argomentazioni contenute nella richiesta del pubblico
ministero, da intendersi qui per intero trascritte, sono condivisibili da
questo giudice; rilevato che la opposizione è inammissibile in quanto ha come
oggetto solo valutazioni critiche all'operato del PM, visti gli art. 409-411
c.p.p. ….dichiara inammissibile la opposizione della persona offesa…."
Altra querela
SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O PRETURA DI BRESCIA
Via Vittorio Emanuele II, 28
Brescia
Io sottoscritto Dr. Arrigo Muscio………….presento una
denuncia-querela nei confronti del Sig. A.F. per i fatti qui di seguito
esposti.
Venerdì 19 marzo 1999, nella rubrica "lettere
al Direttore", è stata pubblicata una mia lettera con il titolo "Le
adozione da parte di coppie gay" (vedere fotocopia allegata).
Lunedì 22 marzo 1999 il sig. A.F. mi ha spedito,
tramite posta elettronica, una lettera di insulti con oggetto: idiota. Nella sua breve lettera ha
utilizzato gli epiteti
"…..delirante lettera…di un'idiozia assolutamente clamorosa…".
L'intento insultante del mittente è comprovato dal finale "…con disprezzo…".
Ciò premesso, poiché considero tale lettera
fortemente offensiva ed insultante della mia persona, anche alle luce di
numerose sentenze della Corte di Cassazione,
chiedo
a codesta Autorità di perseguire penalmente il mittente
sig. A.F. per violazione dell'art. 594 C.P e di eventuali altre norme non
citate.
Domando, inoltre, d'essere avvisato ai sensi
dell'art. 408 C.P.P. nell'eventuale ipotesi di archiviazione.
In fede
Dr. Arrigo Muscio
Richiesta di
archiviazione
In data 25 settembre 2000 invio un fax al Pubblico
Ministero dott.ssa M.M. (lo stesso magistrato che si è occupato delle mie due
querele contro Busi) per sapere qualcosa in merito alla denuncia presentata
circa un anno e sei mesi prima.
La risposta del magistrato è la seguente "In
data odierna (3-10-2000) ho definito il procedimento con richiesta di
archiviazione non essendo stato compiutamente identificato l'autore del fatto.
Si comunichi all'istante". In data successiva mi viene, infatti,
notificata la richiesta di archiviazione perché "…l'indagato non è stato
compiutamente identificato ed è ormai decorso il termine per le indagini"
Opposizione
AL
GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
PRESSO
IL TRIBUNALE DI BRESCIA
OGGETTO: opposizione alla richiesta di archiviazione
presentata dal pubblico ministero dott.ssa M. M. notificatami il 13-11-2000
In riferimento alla richiesta di archiviazione
presentata dal Pubblico Ministero Dott.ssa M. M., notificatami il 13-11-2000,
riguardo alla mia denuncia-querela del 23 marzo 1999 contro A.F. (Rif. Proc.
Pen 10453/b/99 Mod. 22) per le gravi
ingiurie di quest'ultimo mi oppongo per i seguenti motivi:
a)
dall'esame
del fascicolo non risulta che siano state fatte le debite ricerche presso il
provider per ottenere l'indirizzo di A.F., ricavabile dall'indirizzo di posta
elettronico (omiss.) risultante automaticamente dall'e-mail inviatami.
b)
Quanti
utilizzano internet sanno che è necessario compilare un modulo di iscrizione
contenente gli estremi identificativi corredati da un documento di
riconoscimento onde ottenere gli indirizzi di posta elettronica e gli accessi
alla connessione. Il mittente delle ingiurie Sig. A.F., con il relativo
indirizzo di posta elettronico, risulta chiaramente dalla copia dell'e-mail
inviatami ed allegata alla mia denuncia-querela.
c)
La
polizia postale informatica di Brescia, di Milano oppure i Carabinieri
informatici sarebbero stati in grado (e lo sono tuttora) di identificare con
esattezza ed immediatezza il mittente delle offese.
Ciò premesso chiedo al Signore Giudice di respingere
la richiesta di archiviazione, di ordinare le indagini necessarie presso il
provider per ottenere l'indirizzo di
A.F. e di disporre il rinvio a giudizio del medesimo.
In fede
Dr. Arrigo Muscio
Brescia,
17 novembre 2000
Considerazioni
Mi
chiedo solo, come cittadino, se le indagini le dovevo fare io?
In data 20 ottobre 2001 è pervenuta nella nostra casella di posta elettronica un messaggio insultante da parte di un giornalista del Nuovo Giornale di Bergamo. Di conseguenza ho presentato la seguente denuncia-querela.
ALLA PROCURA
DELLA REPUBBLICA
PRESSO IL
TRIBUNALE DI BRESCIA
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Muscio Arrigo………….. presidente dell’Associazione Genitori Cattolici, sporgo denuncia-querela nei confronti del direttore del quotidiano “Il nuovo Giornale di Bergamo” e dei responsabili della “redazione Centrale” del medesimo quotidiano per il seguente fatto.
In data 20 ottobre 2001 è pervenuto nella mia
casella di posta elettronica, in risposta al nostro comunicato di Associazione
intitolato “Viaggio a Kandahar”, il seguente messaggio inoltrato dalla
“Redazione centrale” del ilgiornalebg@ilgiornalebg.it
indirizzo di posta elettronica che, salvo errore, appartiene a “Il Nuovo
Giornale di Bergamo” “Non è che
siete proprio OBBLIGATI a dire e a scrivere cagate in continuazione: ogni tanto
potreste anche astenervi”. Premetto che i comunicati in oggetto vengono
inoltrati ai mass media ed alle agenzie giornalistiche che risultano censite
dall'agenda del giornalista (organismi
quindi al servizio della pubblica informazione). Sono comunicati emessi
dall'Associazione Genitori Cattolici (che presiedo) i quali esprimono
legittimamente ai sensi degli art. 21 Cost."Tutti
hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione..." - dell'art. 3 Cost. "Tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza
distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche,
di condizioni personali e sociali..." - dell'art. 9 L. 4 agosto 1955,
n. 848 (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali) "Ogni persona ha
diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione....." - dell'art.
10 "Ogni persona ha diritto alla
libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di ricevere o di
comunicare informazioni o idee.....".
L’espressione usata dal mittente dell’e-mail, che
appartiene ad uno strumento di pubblica informazione al servizio di tutti i
cittadini, è gravissimo in quanto lesivo del nostro legittimo diritto di
comunicare, come Associazione di genitori che non ha scopo di lucro, il nostro
pensiero su fatti di interesse generale ed in quanto altamente offensivo.
L’espressione “…dire e scrivere cagate in continuazione…”, carica di
volgarità e di disprezzo, è chiaramente ingiuriosa in quanto “…costituisce
una manifestazione di disprezzo verso l’individuo nei cui confronti è diretto…”
(Cass. Pen., sez. V, 4 aprile 1990, n. 4845). Inoltre, se “sussiste il reato
di ingiuria nella pronuncia della frase non rompere le scatole. Infatti detta
frase, per il suo significato manifestamente dispregiativo, ha un indubbio
contenuto lesivo del decoro, anche perché è notorio il suo riferimento allusivo
degli organi genitali, cui la condotta dell’interlocutore arrecherebbe disturbo”
(Cass. Pen. Sez. V, 17 giugno 1986, N. 5708) a maggior ragione sussiste nel
caso in esame per la volgare e dispregiativa espressione usata. Soprattutto
l’espressione “in continuazione” dimostra il totale ed offensivo
disprezzo nel confronti delle nostre legittime opinioni.
Ciò premesso chiedo che il direttore, responsabile
del giornale in oggetto, ed i responsabili della “redazione centrale” vengano
perseguiti penalmente per il reato di ingiuria ai sensi dell’art. 594 C. P.
Domando, inoltre, si sensi dell'art. 408 C.P.P.
d'essere avvisato nell'eventuale ipotesi di archiviazione.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
Si allega:
fotocopia e-mai inviata
Associazione Genitori Cattolici
E-mail: arrigomu@tin.it
Internet: http://space.tin.it/associazioni/armuscio
Viaggio a
Kandahar
E'
appena uscito nelle sale cinematografiche italiane il film "Viaggio a
Kandahar" (di Mohsen Makhmalbaf - iraniano -
con Niloufar Pazira, Hassan Tantai, Sadou Teymouri) in cui Nafas (la
protagonista) è una giornalista afghana rifugiatasi in Canada durante la guerra
civile contro i Talebani. Quando riceve una drammatica lettera dalla sorella
minore, Nafas decide di ritornare in Afghanistan.
E'
un film documentario caldamente consigliato, in particolare, ai molti
pacifisti nostrani e alle femministe. Suggeriamo soprattutto di esaminare con
attenzione:
1)
la sequenza dei ragazzini che stanno studiando il Corano ai quali viene
inculcato l'odio verso gli "infedeli";
2)
la condizione femminile che si può riassumere con il titolo di un celebre
film "Sotto il vestito niente"!
Consigliamo
infine:
a) di
effettuare la comparazione tra il Vangelo in cui Gesù Cristo (che ha liberamente
donato la sua vita per riscattare l'umanità e non ha inviato kamikaze ad
uccidere degli innocenti) ha insegnato "Avete inteso che fu detto:
Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri
nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro
celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa
piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi
amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il
saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno
così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste" (Mt. 5,43) con quanto contenuto nel Corano (baciato purtroppo,
tra lo sconcerto dei fedeli, da un alto esponente della gerachia
cattolica!) a proposito della lotta agli infedeli (cioè ai non musulmani).
b)
di raffrontare la condizione femminile nei paesi islamici con quella
occidentale.
Cordiali
saluti.
Brescia, 23 ottobre 2001
In data 28 dicembre 2001 il pubblico ministero S. M.
ha presentato al giudice delle indagini preliminari la richiesta
d’archiviazione per le seguenti motivazioni scritte a mano anche nell’era dei
computer.
“A prescindere dal contenuto offensivo o meno della
E-mail spedita non è possibile risalire al mittente della stessa. Le indagini
effettuate hanno infatti evidenziato che la casella di posta elettronica in
questione è effettivamente in uso al Nuovo Giornale di Bergamo e che la stessa
è utilizzata da tutta la redazione (circa 40 persone). Considerato inoltre che
l’accesso alla casella non necessita di password ed è libero per tutti quanti i
componenti della suddetta redazione, è sostanzialmente impossibile individuare
la persona che ha materialmente inviato la missiva asseritamene ingiuriosa.
D’altra parte non può ritenersi sussistente alcuna posizione di garanzia del
Direttore del Giornale rispetto all’uso della casella postale in oggetto…..”
AL SIGNORE GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI
OGGETTO: opposizione alla richiesta di archiviazione
presentata dal Pubblico Ministero dott. S. M. riguardo alla mia denuncia
presentata contro “Il Nuovo Giornale di Bergamo” proc. N. 19901/Mr/01
Io sottoscritto dott. Arrigo Muscio…………..mi oppongo
alla richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero dott. S. M.
riguardo alla mia denuncia presentata contro “Il Nuovo Giornale di Bergamo”
proc. N. 19901/Mr/01 per i seguenti motivi:
1)
Dall’esame
della documentazione presente nel fascicolo non risulta, salvo errore, che
siano state espletate materialmente delle indagini presso “Il Nuovo Giornale di
Bergamo” per appurare se la casella di posta elettronica sia effettivamente
utilizzabile da chicchessia all’interno della struttura ed in base a quali
disposizioni. Comportamento quest’ultimo assai insolito e contraddetto dalla
pratica quotidiana in tutti gli uffici in cui si utilizza sia la posta
elettronica internet sia la posta intranet. La possibilità infatti di poter
commettere abusi (che spesso si verificano negli ambienti di lavoro come
risulta dalle cronache giornalistiche) prevede normalmente un accesso ben identificato.
Diversamente potremmo ipotizzare che da quella casella di posta elettronica un
generico individuo (nascosto dall’anonimato) potrebbe lanciare insulti a
chiunque (es. ad Autorità, a giudici, a politici ecc.) ed operare anche in
violazione di altre norme penali (es. trattare materiale pedofilo!) con
assoluta impunità;
2)
Dall’esame
del fascicolo non risulta neppure che siano state espletate indagini presso il
redattore responsabile della sezione o del suo sostituto (figura presente
normalmente in tutti i quotidiani per coordinamento e controllo) o presso i
colleghi operanti in data 20 ottobre 2001, alle ore 17,33 (data in cui venne
spedita l’e-mail). Tenuto conto delle presenze del personale che debbono
risultare, per un controllo aziendale, da apposito registro non appare,
infatti, alcun interrogatorio al riguardo.
3)
Infine
non risulta neppure che, vista la pericolosità sociale di una postazione di
posta elettronica senza controllo da cui possano provenire danni ai diritti
fondamentali dell’individuo, sia presente copia di una doverosa segnalazione
effettuata dalle forze di polizia postale all’Autorità per le Garanzie affinché
quest’ultima Autorità esamini la compatibilità tra l’esercizio della posta
elettronica del Nuovo Giornale di Bergamo (dalla quale è possibile, a quanto
pare, comunicare liberamente e impunemente con tutto il mondo) e la
normativa in vigore a tutela anche dei diritti dei cittadini.
Ciò premesso chiedo al Signor Giudice che ordini le
indagini sopra indicate per accertare l’identità del mittente del messaggio
offensivo e fissi un’udienza in camera di consiglio.
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
In data 5 febbraio 2002 il Giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione senza aver fissato l’udienza in quanto “Letta la richiesta di archiviazione formulata dal PM in data 28-12-01; ritenuto che le indagini delegate dal PM hanno consentito d’accertare l’impossibilità di individuare colui che scrisse e trasmise le frasi ingiuriose; l’opposizione è inammissibile in quanto le indagine richieste sono già state svolte dal PM con esito negativo”
Dopo tale esito ho inviato il seguente un esposto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
Brescia, 13/02/2002
Spett.
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
Centro Direzionale, Isola B5
80143 Napoli
Tel. 081/7507111
Fax 081/7507616
Esposto
In data 23 ottobre 2001 abbiamo presentato una denuncia-querela nei confronti del giornalista del “Nuovo Giornale di Bergamo” il quale, mediante un’e-mail (vedere allegata copia) datata sabato 20 ottobre 2001 ore 17,33, ci ha inviato frasi ingiuriose. L’Autorità Giudiziaria, nonostante la nostra opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero, ha disposto l’archiviazione della nostra denuncia in quanto non è stato possibile individuare l’autore dell’e-mail. Il P.M. ha scritto “….Le indagini effettuate hanno infatti evidenziato che la casella di posta elettronica in questione è effettivamente in uso al Nuovo Giornale di Bergamo e che la stessa è utilizzata da tutta la redazione (circa 40 persone)…..che l’accesso alla casella non necessita di password ed è libera per tutti quanti i componenti della suddetta redazione, è sostanzialmente impossibile individuare la persona che ha materialmente inviato la missiva …..”.
Ciò premesso sentiamo il dovere di richiamare
codesta Autorità sull’incredibile situazione che permette l’esistenza presso
il “Il Nuovo Giornale di Bergamo” di
una casella di posta elettronica utilizzabile da chicchessia all’interno della
struttura. Comportamento quest’ultimo assai insolito e contraddetto dalla
pratica quotidiana in tutti gli uffici in cui si utilizza sia la posta
elettronica internet sia la posta intranet. La possibilità infatti di poter
commettere abusi (che spesso si verificano negli ambienti di lavoro come
risulta dalle cronache giornalistiche) prevede normalmente un accesso ben
identificato. Diversamente potremmo ipotizzare che da quella casella di posta
elettronica un generico individuo (nascosto dall’anonimato) potrebbe lanciare
insulti a chiunque (es. ad Autorità, a giudici, a politici ecc.) ed operare
anche in violazione di altre norme penali (es. trattare materiale pedofilo!)
con assoluta impunità. Poiché da tale comportamento deriva la pericolosità
sociale di una postazione di posta elettronica senza controllo da cui possano
provenire danni ai diritti fondamentali dell’individuo (dalla quale è
possibile, a quanto pare, comunicare liberamente e impunemente con tutto il
mondo), chiediamo a codesta Autorità di effettuare le opportune valutazioni
in riferimento alla compatibilità di tale situazione con la normativa vigente
onde applicare, in caso di violazioni normative, le disposizioni di legge
previste.
Domandiamo d’essere avvisati sull’esito del nostro
esposto.
Il Presidente
Dr. Arrigo Muscio
Si allega:
1)
copia
e-mail ingiuriosa;
2)
copia
richiesta archiviazione;
3)
nostra
opposizione;
4)
ordinanza
del Gip
Lascio ogni commento ai lettori
Dulcis in fundo –
i pirati informatici
Dal
mese di agosto 2000 sto subendo, in questo Bel Paese democratico, una serie
costante di tentativi di intrusione (più di 300) da parte di hacker, come
risulta da una apposita denuncia dettagliata, presentata prontamente nel mese
di agosto, oltre ad un centinaio di tentativi d’immissione di virus. Ho
presentato circa 30 integrazioni di denuncia ed un esposto alle Autorità
Costituite ma non hanno ancora, nel momento in cui scrivo, trovato i
responsabili.
Questi
tentativi dimostrano inequivocabilmente che quanti fanno stecca nel coro
(soprattutto se denunciano il satanismo e la pedofilia, come risulta dalla
documentazione pubblicata sul sito dell’Associazione) danno fastidio ed alla
faccia del buonismo, del solidarismo e del
"volemoce tanto bene" si tentano di neutralizzare, come insegna
eternamente la Sacra Scrittura, le "…voci che gridano nel deserto…".
"C'è Dio che fa giustizia sulla terra!"
Sal. 58,12
Gli
aggiornamenti che seguono sono intervenuti in data successiva alla stesura
del dossier giustizia |
Ø
In
data 29-1-2001 mi è stata notificata, con decreto del Giudice per le indagini
preliminari dott. C. B., la fissazione dell'udienza, prevista in data 21 marzo
2001 presso il Tribunale di Brescia, relativa alla mia denuncia-querela
contro il direttore del Giornale di Brescia dott. G. B. L.. In data 22 marzo 2001 è stata emessa l'ordinanza, relativa alla mia denuncia-querela,
che " non accoglie la richiesta di archiviazione, disponendo che il
pubblico ministero formuli l'imputazione nei termini di legge"
contenente la richiesta di rinvio a giudizio del direttore del Giornale di
Brescia dott. Lanzani Giambattista.
Ø
In
data 4 aprile 2001 il P. M. formula a carico di Lanzani Giambattista la
seguente imputazione - del reato previsto e punito dagli art. 110 e 595 c.p.
perché, in concorso con T. G., quale direttore responsabile del quotidiano
“Giornale di Brescia”, faceva pubblicare sul numero del 12 aprile 1999 del
periodico da lui diretto, nella rubrica dedicata alle lettere al direttore, una
lettera, a firma T. G., nella quale si attribuivano a Muscio Arrigo, contrariamente
al vero, manifestazioni di rabbia e fastidio verso gli immigrati, e si
affermava altresì che il Muscio “è un incallito integralista cattolico che non
ha nulla da invidiare agli integralisti islamici. E’ fuori del tempo presente”;
con l’aggravante di cui all’art. 13 della legge 8 febbraio 1948 n. 47,
trattandosi di diffamazione commessa col mezzo della stampa e consistente
nell’attribuzione di un fatto determinato -.
Ø
In
data 19 novembre 2001 il Gup Dr. B., nonostante l’ordinanza del Gip dott. C. B.
e nonostante la richiesta di rinvio a giudizio presentata da due P.M. nei
confronti di Lanzani, sentenzia il non
luogo a procedere. Si riserva 90 giorni per il deposito dell’ordinanza. In data 19-11-2001 il Gip Dott. L. B. ha
depositato la sentenza N. 947/01 che merita d’essere riportata integralmente in
quanto, a sostegno dell’assoluzione di Lanzani, il giudice afferma “….Il
giudizio di riprovevolezza non può che prendere le mosse dalla realtà fattuale
e dal sentimento maggiormente diffuso presso i consociati; e manifestazioni ‘di rabbia o fastidio verso gli immigrati’ fanno
talmente parte della società italiana da essere divenuti addirittura punto
centrale e vanto della piattaforma politica di un partito di governo…”
“….A seguito della richiesta di rinvio a giudizio depositata dal
Pubblico ministero in data 28/4/2001 si giungeva all’udienza preliminare del
19/11/2001, ove il Pubblico ministero ed il difensore proponevano le
conclusioni in epigrafe trascritte. Ritiene il Giudice che la documentazione
contenuta nel fascicolo del pubblico ministero imponga di pronunciare sentenza
di non luogo a procedere per insussistenza del fatto.
Il procedimento prende le mosse dalla querela proposta dalla persona
offesa, la quale ha lamentato la pubblicazione, in data 3/3/99, di una lettera
di tale M. S., in cui si deplorava che venissero pubblicate lettere di
cattolici che espongono il loro punto di vista sul fenomeno dell’immigrazione.
Poichè la persona offesa non aveva mai pubblicato lettere sul fenomeno
della immigrazione, chiedeva al quotidiano una doverosa rettifica; altrettanto
faceva lo S., avvedutosi del proprio errore.
Il quotidiano, anziché provvedere in tale senso, pubblicava una
ulteriore lettera a firma di T. G., che richiamava la lettera dello S. nei
seguenti termini: “recentemente il giornale di Brescia ha pubblicato una
lettera firmata dal signor S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni
le/tori scriventi,che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dott.
Muscio e il signor G. C., che manifestavano rabbia o fastidio verso gli
immigrati... dall‘essenza dei loro, scritti devo dedurre che questi due signori
odiano il prossimo come se stessi”. Il querelante, rappresentando di non avere
mai inviato lettere sull’argomento al Giornale di Brescia, il quale aveva
addirittura omesso di pubblicare la richiesta di rettifica dello S., si doleva
della pubblica diffamazione derivante dalla diffusione delle opinioni a lui
falsamente attribuite.
Non sono quindi in questione le pesanti affermazioni rivoltegli dal G. nella lettera in questione, che lo definisce “incallito integralista cattolico che non ha nulla da invidiare agli integralisti islamici. E’ fuori dal tempo presente”; occorre essenzialmente stabilire se il contenuto delle opinioni falsamente attribuite abbia o meno carattere diffamatorio, in quanto idoneo ad offendere l’onore o il decoro del querelante. Così ha ritenuto il Giudice per le indagini preliminari ordinando al Pubblico ministero di formulare l’imputazione. Richiamato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ha sostenuto che per aversi lesione dell’onore o della reputazione di taluno occorre che il fatto a lui attribuito rivesta i caratteri della riprovevolezza, sia cioè tale da comportare, nell’opinione dei destinatari della comunicazione, un giudizio di disistima, ovvero di indegnità morale e professionale. Ha anche affermato che il sentimento falsamente attribuito, in quanto contrario ai principi fondanti la civile convivenza, recepiti da norme costituzionali, è tale da ingenerare nel lettore un giudizio che si riverbera non già sul patrimonio religioso o ideologico, bensì sulla stessa personalità morale del querelante. Ritiene il Giudice di non poter condividere tale assunto di fondo. Assumere i valori costituzionali anziché la realtà fattuale quale parametro del giudizio di riprovevolezza è operazione nobile, ma non consentita dai principi di interpretazione stretta della norma penale. Il giudizio di riprovevolezza non può che prendere le mosse dalla realtà fattuale e dal sentimento maggiormente diffuso presso i consociati; e manifestazioni “di rabbia o fastidio verso gli immigrati” fanno talmente parte della società italiana da essere divenuti addirittura punto centrale e vanto della piattaforma politica di un partito di governo. Si ritiene quindi che non di lesione dell’onore e del decoro della persona offesa si tratti, ma di semplice lesione del suo diritto alla c.d. ‘identità personale’ (quale distorsione del patrimonio politico, intellettuale, sociale, religioso, ideologico), rilevante solo sotto il profilo civilistico.
Si
impone pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto.”
Ø
In
data 29-1-2001 mi è stata notificata, a firma del Giudice per le indagini
preliminari dott. F. M., la fissazione dell'udienza, prevista per il giorno
23-3-2001 presso il Tribunale di Brescia, relativa alla mia denuncia-querela
contro F.A.
Ø In data 21-11-2000 è stato
emesso dal Giudice per le indagini preliminari dott. F. M. un decreto penale di
condanna (N. 3164/00) nei confronti di Aldo Busi relativo alla mia denuncia-querela del 15-7-98"...perché, con più
azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso con ripetute telefonate per
biasimevole motivo recava molestia a D. G. I. e M. A. e minacciava di un
ingiusto danno Muscio Arrigo dichiarando alla di lui madre che era sua
intenzione distruggerlo pubblicamente e che avrebbe fatto girare per tutta
Brescia la copia del suo esposto per sputtanarlo"
Ø
In
data 5 febbraio 2002 il giudice del tribunale che ha giudicato il ricorso di
Aldo Busi contro il decreto penale sopra indicato l’ha assolto con la seguente
sentenza
SENTENZA
Nella
causa penale a carico di:
Busi
Aldo…………..
Imputato
Del
reato p.p. e dell’art. 81 co 2°, 660, 612 c.p. perché, con più azioni esecutive
di un medesimo disegno criminoso con ripetute telefonate per biasimevole motivo
recava molestia a D. I. e Muscio A. e minacciava di un ingiusto danno Muscio
Arrigo dichiarando alla di lui madre che era sua intenzione distruggerlo
pubblicamente e che avrebbe fatto girare per tutta Brescia la copia del suo
esposto per sputtanarlo.
In
Brescia il 15-7-1998
Il
Pubblico Ministero chiede: ritenuto responsabile l’imputato di entrambi i reati
addebitategli, considerato il reato più grave quello di cui all’art. 660 c.p. e
la continuazione, condanna euro 300 di multa.
Il
difensore della parte civile conclude per l’affermazione di responsabilità con
condanna a pena di giustizia ed al risarcimento dei danni, nonché alla
refusione delle spese, nei termini di cui alle note scritte che allega.
Il
difensore dell’imputato chiede: per l’art. 612 c.p. in principalità assoluzione
perché il fatto non sussiste; in subordine assoluzione perché il fatto non
costituisce reato; in ulteriore subordine nella diversa formula che riterrà di
giustizia.
Per
l’art. 660 c.p. in principalità
assoluzione perché il fatto non sussiste; in subordine assoluzione perché il fatto
non costituisce reato; in ulteriore subordine con altra formula che si riterrà
di giustizia.
FATTO E DIRITTO
A
seguito
di decreto penale opposto, Busi Aldo veniva tratto a giudizio avanti a
questo Giudice per rispondere
del reato di minaccia commesso in danno di Muscio
Arrigo e del reato di
molestie telefoniche commesso in danno
De G. I. e Muscio A..
All’udienza del 2 ottobre
2002 le persone offese si
costituivano parte civile e l’imputato — non comparso sebbene
regolarmente avvisato - veniva dichiarato contumace.
Nel corso dell’udienza del
15 gennaio 2002 venivano ammesse le prove orali e documentali offerte dalle
parti.
All’odierna udienza si
procedeva all’escussione dei testi De G. I., Muscio A. e Muscìo Arrigo. Previa
declaratoria degli atti utilizzabili, le parti rassegnavano le conclusioni in
epigrafe trascritte. Il Giudice dava lettura del dispositivo riservandosi il
deposito dei motivi nel termine di giorni 60. All’esito del giudizio
dibattimentale deve pervenirsi ad una pronuncia liberatoria nei confronti
dell’imputato in ordine ai reati ascrittigli
per insussistenza del fatto. I querelanti lamentano che l’imputato, con
tre telefonate effettuate in data 15 luglio 1998, avrebbe recato molestia ai
signori Muscio A. e De G. I (anziani genitori di Muscio Arrigo) e nello stesso
tempo avrebbe (indirettamente) minacciato Muscio Arrigo di un danno ingiusto,
profferendo nei confronti della madre di quest’ultimo De G. I. (la quale era
presente in casa con il marito e materialmente rispose ai telefono) le frasi
riportate nel capo d’imputazione. Alla luce delle dichiarazioni testimoniali delle persone offese appare certa
la provenienza delle telefonate in discorso da Aldo Busi, posto che
l’interlocutore si qualificò come tale e nel corso delle conversazioni fece
riferimento ad una vicenda giudiziaria che coinvolgeva personalmente il noto
scrittore.
Del resto l’imputato non si
è presentato a rendere l’esame dibattimentale e non ha quindi fornito alcuna
allegazione di segno contrario. Tanto premesso, va ricordato che per la
sussistenza del reato di minaccia é necessaria, secondo il consolidato
orientamento della Suprema Corte, la prospettazione di un male futuro e ingiusto, il
cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente. La prima minaccia addebitata
al Busi, come descritta dai querelanti nel corso della deposizione
dibattimentale, consisterebbe nella manifestazione dell’intento di diffondere
per tutta Brescia la copia dell’esposto presentato alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale dì Roma dal Presidente dell’Associazione Italiana Genitori
Cattolici Arrigo Muscio (avente ad oggetto alcune dichiarazioni rese dallo
scrittore Busi durante il programma televisivo “Maurizio Costanzo Show” dell’11
dicembre 1996 sui temi della omosessualità e della pedofilia), allo scopo di
“sputtanare” l’autore dell‘esposto. Il male prospettato sarebbe dunque
rappresentato non già dalla diffusione dello scritto contenente l’esposto,
comportamento di per sé neutro e comunque in suscettibile di integrare
l’ipotesi criminosa
contestata,
ma dalla conseguenza che ne sarebbe derivata, ossia dalla perdita della stima e
della reputazione godute dal Muscio nell’ambiente sociale. Se così è appare
evidente che nel caso in esame non ricorrono gli estremi del delitto di minaccia, dal momento che
l’auspicato effetto collegato alla messa in circolazione dell’esposto (derisione e, perdita di
credibilità del Muscio nell’ambito della collettività) non dipendeva in alcun modo
dalla volontà del querelato, ma dalle opinioni che si sarebbero formate in
maniera del tutto autonoma nella mente dei cittadini bresciani destinatari del
messaggio, i quali, nel loro libero convincimento, avrebbero sì potuto trarre
dalla lettura dei contenuti de1l’esposto ragioni di censura circa l’operato del
Muscio, ma avrebbero potuto anche pervenire a conclusioni .del tutto diverse da
quelle ipotizzate dal Busi, maturando - al limite la convinzione dell’esattezza di quanto
scritto dal Muscio e manifestando apprezzamento nei confronti di quest’ultimo.
La seconda minaccia ascrivibile all’imputato sarebbe costituita
dall’espressione della volontà di distruggere pubblicamente Arrigo Muscio. In proposito basterà
rilevare che il male prospettato pare rappresentare mera conseguenza delle
opinioni negative che
secondo le previsioni del Busi (ma senza che questi potesse esercitare un
qualche condizionamento) si sarebbero ingenerate ne pubblico circa la credibilità di Muscio Arrigo, a seguito della messa in
circolazione del menzionato esposto, e che, comunque, il contenuto del male minacciato
appare del tutto indeterminato e generico, risolvendosi in una semplice
dichiarazione di ostilità, come tale non penalmente perseguibile, per mancanza
dell’idoneità intimidatrice della condotta, ove si tenga conto che la
realizzazione dell’evento prospettato esulava dai poteri dell’imputato e che la
asserita minaccia è stata rivolta nei confronti di persona a sua volta dotata
di forte personalità (il Muscio riveste la carica di Presidente dell’Associazione
Genitori Cattolici e risulta autore di numerose pubblicazioni).
Quanto alla contestata
contravvenzione ex art. 660 c.p., va
osservato che affinché una condotta possa assumere rilievo, ai fini della
configurabilità di tale ipotesi di reato, non è sufficiente che essa sia di per
sé molesta o arrechi disturbo essendo altresì necessario che l’agente sia mosso da petulanza o altro
biasimevole motivo. Orbene, nel caso in esame il comportamento del Busi non è stato
determinato dalla finalità di recare disturbo ai genitori del Muscio (indicati
come persone offese in ordine alle presunte molestie), essendo pacifico che
l’imputato ha cercato di mettersi in contatto con Muscio Arrigo, quale Presidente dell’Associazione Genitori
Cattolici, allo scopo di esprimere le proprie rimostranze nei confronti di
quest’ultimo, per aver subito un procedimento penale a causa dell’esposto presentato alla
Procura di Roma, e che il Busi neppure sapeva che componendo il numero di
telefono della suddetta Associazione Genitori Cattolici, Sezione di Mompiano,
avrebbero risposto i genitori di Muscio Arrigo, cosa che porta ad escludere, come detto. che il prevenuto
fosse animato dall‘intenzione di
molestare i signori Muscio Albino e De G. I.
Difetta pertanto l’elemento
materiale del contestato reato contravvenzionale.
Va perciò adottata la
pronuncia di cui al dispositivo.
PQM
Visto l’art. 530 c.p.p. assolve Busi Aldo
dalle imputazioni a lui ascritte. perché il fatto non sussiste.
Visto
l’art. 544, 3° co. c.p.p. indica in giorni 60 il termine per il deposito della
motivazione.
Brescia, 5 febbraio 2002.
IL GiUDICE
Dott.. Luciano Gorra
Ø In data 13-2-2001 è stato
emesso dal Giudice per le indagini preliminari dott. M. V. un decreto penale di
condanna (N. 555/01) nei confronti di Aldo Busi relativo alla mia denuncia-querela del 17 marzo 2000 "....perchè
con denuncia presentata alla procura di Brescia offendeva l'onore e la
reputazione di Muscio Arrigo attribuendogli - una mente non lucida -, dei
propositi dolosamente fanatici e una cosciente volontà di calunniarlo"
UFFICIO DEL
GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
Dott. C. B.
Visti gli atti del procedimento N. 3170/99 R.G.
G.I.P. nei confronti di Lanzani
Giambattista, per il reato di cui all'art. 595 e
596 bis c.p.;
letta la richiesta 16 gennaio 2001 del Pubblico
Ministero dia archiviazione della notizia di reato nei confronti di Lanzani
Giambattista;
letti gli atti del processo, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Rilevato che, nella prospettazione del denunciante
Arrigo Muscio, la pubblicazione dell'articolo in questione non risultava lesiva
della sua reputazione per le espressioni pesantemente critiche rivolte alla sua
persona (integralista cattolico che non ha nulla da invidiare agli integralisti
islamici, fuori della tempo presente) o alla sua prosa (stanchi ritornelli,
segni evidenti di senili frustrazioni), bensì per avergli attribuito fatti
(avere scritto una lettera al direttore con determinati contenuti) e sentimenti
(rabbia e fastidio nei confronti degli immigrati) non veri;
rilevato che, come ammette lo stesso Pubblico
Ministero, è pacifico in causa che nella rubrica delle "lettere al
direttore" del Giornale di Brescia non sono stati mai pubblicati scritti
del Muscio sull'argomento;
atteso che, come noto, la costante giurisprudenza di
legittimità insegna che, per aversi lesione dell'onore o reputazione (o, in
altri termini, della personalità morale) di taluno, occorre che il fatto a lui
(sia pure falsamente) attribuito, rivesta i caratteri della riprovevolezza, sia
cioè tale da comportare, nell'opinione dei destinatari della comunicazione, un
giudizio di disistima, ovvero di indegnità morale e/o professionale (Cfr. Cass.
Pen. V, N 3467 del 16 aprile 1984); tanto che va distinta dalla offesa alla
reputazione la mera lesione del diritto alla c.d. "identità
personale" (da individuarsi nella distorsione, alterazione o travisamento
dell'effettivo patrimonio politico,
intellettuale, sociale, religioso, ideologico, professionale della persona),
lesione astrattamente idonea a concretare un mero illecito civile (cfr. Cass.
Pen. Sez. V n. 849 dell'1 febbraio 1993);
atteso che, peraltro, nel caso di specie, la
esternazione e il sentimento (falsamente) attribuiti, in quanto contrari ai
principii fondanti la civile convivenza (e come tali recepiti dalla Carta
Costituzionale, che sancisce che "tutti
i cittadini hanno pari dignità sociale….senza distinzione di razza, di lingua,
di religione"), con modalità tali da dipingerli come "odio" nei confronti del prossimo,
da identificarsi negli immigrati sopra menzionati, è tale da ingenerare nel
lettore un giudizio che si riverbera non già sul patrimonio religioso o
ideologico, bensì sulla stessa personalità morale del querelante;
ritenuto, quanto alla sussistenza dell'elemento
soggettivo della fattispecie ipotizzata, che la pubblicazione era stata
preceduta dalla richeista di smentita (di una precedente pubblicazione di
analogo tenore) di cui al documento ai fgg. 9-11;
P.Q.M
Visti gli artt. 409 e 410 c.p.p.;
non accoglie la richiesta di archiviazione,
disponendo che il pubblico ministero formuli l'imputazione nel termine di
legge.
MANDA
Alla Cancelleria per l'immediata restituzione degli
atti all'Ufficio del Pubblico Ministero in sede.
Brescia,
22 marzo 2001
Ø In data 25 febbraio 2002 ho
inviato al Presidente del Tribunale di Brescia, mediante raccomandata RR, una lettera
in riferimento al procedimento contro Aldo Busi (N. 5319/00 R.G. e N. 4641/00
R.G. Gip).
In tale lettera (inviata per conoscenza anche al mio legale avv. Enzo Bosio di Brescia) scrissi "In riferimento all'udienza, prevista per il 16 aprile 2002 ore 9,15 (in riferimento al giudizio abbreviato chiesto da Busi a seguito del decreto penale di condanna, NDA), di cui al procedimento in epigrafe contro Aldo Busi faccio presente che il giudice naturale indicato nel medesimo non è la dott. G., ma il dott. V. che a suo tempo emise il decreto penale di condanna di Aldo Busi. Ritengo pertanto che ai sensi dell'art. 461 comma 3 c.p.p. debba essere il dott. V. a presiedere il rito abbreviato richiesto da Aldo Busi. Domando pertanto un Suo cortese interessamento in merito onde ottenere la rettifica necessaria".
Ciò premesso faccio presente che:
a)
non
ho ottenuto alcuna risposta in merito alla mia lettera;
b)
il
giorno 16 aprile 2002 (data dell'udienza) era presente la dott. G.;
c)
il
mio legale avv. Enzo Bosio mi ha riferito che in tale udienza non gli è stato
riferito nulla al riguardo;
d)
Aldo
Busi è stato assolto.
Ø
In
data 22-5-2001 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Brescia
dott. F. M. ha archiviato la denuncia presentata da
Aldo Busi nei miei confronti in risposta ad un mio
esposto. Il GIP ha accolto la richiesta di archiviazione presentata per ben
due volte dal P. M. dott. F. S. A tali
richieste di archiviazione si era opposto Aldo Busi.
CONCLUSIONE
Brescia, 07/02/2002
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA AL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA AL PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA Con il doveroso rispetto nei
confronti di tutti quei giudici e quegli operatori di giustizia che si
impegnano per promuovere ciò che S. Agostino considera uno dei cardini della
società ho deciso, in relazione a quanto da me esposto nel "Dossier
giustizia" (liberamente consultabile sul sito internet dell’Associazione
Genitori Cattolici che presiedo http://digilander.iol.it/arrigomuscio
), di non presentarmi e di non costituirmi parte civile nelle future udienze
che mi riguarderanno, a meno che sia strettamente indispensabile o
obbligatorio. Ho scritto il "Dossier
giustizia" http://digilander.iol.it/arrigomuscio/dossier%20giustizia.htm per offrire un costruttivo spunto di
riflessione che possa servire per promuovere il miglioramento della
giustizia. Le vicende in esso descritte (in particolare l’assoluzione di Aldo
Busi per le sue gravissime affermazioni durante una trasmissione televisiva
senza che noi, come parte offesa, venissimo convocati - sentenza Gip. Dr.
Paolo Colella del 7-5-98 -; la successiva vicenda delle telefonate moleste e
minacciose sempre di Aldo Busi, con relativa assoluzione “perché il fatto non
sussiste, vicenda che ha suscitato
anche vasta eco tra alcuni mass media Pr. 2801/01 R.g. Mod. 16; l’assoluzione
del direttore del Giornale di Brescia che ha permesso la pubblicazione di una
lettera diffamatoria nei miei confronti collegata ad un inesistente mio
scritto Proc. N. 1407/99 RGNR e Pr. 3170/99 R.G. GIP) mi hanno indotto a non
perdere ulteriormente del tempo che posso dedicare ad altre attività più
produttive per il Regno di Dio: di Colui cioè che sarà supremo giudice di
tutti gli uomini. Distinti
saluti. Dr.
Muscio Arrigo |
[1] Libero 6-12-2000, pag.3
SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI BRESCIA
Via Moretto 78
Brescia
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Muscio
Arrigo…………………….sporgo denuncia-querela nei confronti del sig. S. M. per le
seguenti ragioni.
In data 31-3-1999 il
Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera al direttore del Sig. S. M. con
il titolo “La coscienza dei cattolici, gli immigrati, la povertà e la
solidarietà” (vedere all. fotocopia). Nella parte iniziale di tale lettera il
Sig. S. scrive: “Recentemente lei sta
ospitando lettere di cattolici che
espongono il loro punto di vista rispetto al fenomeno dell’immigrazione. Mi
riferisco per esempio al sig. Muscio, presidente
di una piccola associazione di genitori che,
per fortuna, non ha nulla a che fare con l’Age....” ed alla fine della
stessa: “......Ora se almeno un
bresciano ogni cento, uno solo su cento, Muscio, la leghista maggioliniana, S.
e C. per primi, al posto di augurarsi la
libertà di - recarsi in Chiesa la domenica e circolare per i fatti nostri - si
facesse carico di un immigrato, uno solo a testa, il problema sarebbe presto
risolto....”. Tra le due frasi in oggetto lo S. racconta un episodio di povertà
e miseria che qualunque persona di buon cuore considererebbe sicuramente un
caso di immediata solidarietà, decantando un atteggiamento di vera solidarietà
cristiana che insinua contrapposto ad una mia non definita presa di posizione
(che comunque lui sintetizza con l’espressione dispregiativa “...per fortuna, non ha nulla a che fare con
l’Age...”) mediante una lettera “fantasma” ospitata sul Giornale di Brescia
sul fenomeno immigrazione. Ad un certo punto della sua lettera, insinuandolo
anche come mio pensiero, vista la premessa del suo scritto, lo S. afferma
che“...Non serve nascondersi dietro un dito o una camicia verde: il povero è
tale per il nostro egoismo. Credere che
il problema degli immigrati si risolva con la cacciata dei mendicanti o con la
chiusura delle frontiere è pura miopia....”. Ed in quale lettera fantasma
ospitata dal Giornale di Brescia io abbia espresso tale opinione lo S. non lo
dice.
Ciò premesso:
1)
1) nonostante abbia
personalmente fatto minuziose ricerche nel mio archivio, il Giornale di Brescia
non ha mai ospitato, salvo errore, una mia lettera od un mio parere rispetto al
fenomeno dell’immigrazione come invece dichiarato dal Sig. S. il quale,
infatti, non ha citato né la data della mia presunta lettera, né il mio
pensiero in proposito com’è necessario fare in caso di contestazione;
2)
2) il Sig. S. con l’espressione
dispregiativa “...presidente di una
piccola associazione di genitori che, per fortuna, non ha nulla a che fare con
l’Age...” ha chiaramente diffamato la mia persona insinuando chissà quali
comportamenti o opinioni da parte mia in contrasto con la necessaria
solidarietà cristiana ed umana;
3)
3) il sig. S. con la sua
affermazione iniziale in riferimento ad una mia lettera fantasma pubblicata sul
Giornale di Brescia (della quale, come ripeto, non ha citato alcun riferimento)
relativa al problema immigrazione, seguita da un episodio di povertà e miseria
da lui raccontato, insinua che io ce l’abbia con gli immigrati. E ciò è
totalmente falso!
4)
4) Infine lo S. con
l’espressione finale della lettera “...al
posto di augurarsi la libertà di - recarsi in Chiesa la domenica e circolare
per i fatti nostri” mi ha attribuito una frase che non ho mai usato.
Ciò premesso, poiché il sig.
S. con affermazioni inerenti alla mia persona che sono false, denigratorie ed
insinuanti, mi ha pubblicamente diffamato,
chiedo
a codesta Autorità
giudiziaria di perseguire penalmente il sig. S. M. per violazione dell’art. 595
C. P., alla luce anche delle sentenze Cass. Pen., sez. V 23 novembre 1981,
n.10512; sez. V, sent. 08848 del 5-8-92 (ud. 8-6-92);
sez. V, sent. 04384 del 17-4-91 (ud. 7-2-91), e di eventuali altre norme non citate.
Domando inoltre d’essere
avvisato ai sensi dell’art. 408 C.P.P. in un’eventuale ipotesi di
archiviazione.
Brescia, 2 aprile 1999
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
[3] SPETT.
PROCURA
DELLA REPUBBLICA
C/O
TRIBUNALE DI BRESCIA
Via
Moretto 78
Brescia
DENUNCIA-QUERELA
Io
sottoscritto Dr. Arrigo Muscio………………… sporgo denuncia-querela nei confronti del
sig. T. G. per le seguenti ragioni.
In
data 12-4-1999 il Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera del Sig. T. G.
con il titolo “Basta con certe lettere!” (vedere all. fotocopia). Il Sig. G.
scrive: “Recentemente il Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera firmata
dal signor M. S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi,
che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dott. Muscio e il
signor G. C., che manifestavano rabbia e fastidio verso gli immigrati dall’essenza dei loro scritti devo dedurre
che questi due signori odiano il prossimo come se stessi
Ciò
premesso:
1) nonostante
abbia personalmente fatto minuziose ricerche nel mio archivio, il Giornale di
Brescia non ha mai ospitato, salvo errore, una mia lettera od un mio parere
rispetto al fenomeno dell’immigrazione come invece dichiarato dal Sig. G. il
quale, infatti, non ha citato né la data della mia presunta lettera, né il mio
pensiero in proposito com’è necessario fare in caso di contestazione;
2) io non
ho mai scritto lettere che “manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati” o dalle quali si deducesse “odio verso il prossimo e me stesso” come
invece scritto dal G..
Ciò
premesso, poiché il sig. T. G. con affermazioni inerenti alla mia persona che
sono false e denigratorie, mi ha pubblicamente diffamato,
chiedo
a
codesta Autorità Giudiziaria di perseguire penalmente il sig.. G. T. per violazione dell’art. 595 C.
P., alla luce anche delle sentenze Cass. Pen, sez. V 23 novembre 1981, N. 10512; sez.
sent. 08848 del 5/8/1992 (Ud. 8-6-92); sez. V, sent. 04384
del 17-4-91 (ud. 7-2-91), e di eventuali altre norme non citate.
Domando
inoltre d’essere avvisato ai sensi dell’art. 408 C.P.P. in un’eventuale ipotesi
di archiviazione.
Brescia,
12/04/99
In
fede.
Dr.
Arrigo Muscio
[4] Egregio Dr. Muscio Arrigo, a seguito del colloquio telefonico in data
odierna, Le confermo di aver inviato al Giornale di Brescia la richiesta di
rettifica di cui Le avevo inviato copia, comprensiva delle due correzioni da
Lei suggerite.
Tale rettifica è stata inviata in data 4 aprile (Pasqua)
alle ore 18,08 come può evincere dal fax allegato (che purtroppo segna la data
del 3 aprile in quanto il mio apparecchio non era correttamente registrato).
Tanto Le dovevo e, con l’occasione,.La saluto
cordialmente.
Brescia, 13 aprile 1999
RICHIESTA DI PUBBLICAZIONE NELLA RUBRICA "LETTERE AL DIRETTORE"
Egregio Dr. L.
il giorno 31 marzo scorso Lei
ha gentilmente pubblicato una mia lettera al titolo “La coscienza dei
cattolici, gli immigrati, la povertà e la solidarietà”. Ho ricevuto veramente
molti attestati di stima e riconoscimento da parte di tanti cittadini. C’è chi
l’ha fotocopiata e distribuita tra i vicini, chi l'ha utilizzata per una
meditazione in parrocchia sul Crocifisso, un sacerdote l’ha addirittura letta
al posto dell’omelia. La mia prima reazione a tutto questo, miseramente umana,
è stata di personale soddisfazione.
Poi, per fortuna, Lei ha pubblicato anche le risposte della Dr. A. P. e
del Dr. Arrigo Muscio sul Giornale di Brescia del 3-aprile. Mi sono solo allora
reso con che, per affermare valori in cui fermamente credo e continuerò a
difendere, avevo calpestato i sentimenti di altre persone..E questo è tutto
fuorché cristiano. Nella Prima Lettera di S. Pietro è scritto nero su bianco
"…….Siate sempre pronti a rispondere a quelli che vi chiedono spiegazioni sulla
speranza che è in voi, ma rispondete
con gentilezza e rispetto...”
E' giusto difendere le proprie convinzioni ma è altrettanto giusto e
doveroso non utilizzare arbitrariamente le idee di altri per affermare le proprie.
Non costruiremo mai un mondo d’amore così, arroccandoci su noi stessi: la
verità umana non sta mai tutta solo da una parte ed il rispetto per gli altri
non deve mai passare in secondo piano.
Sabato Santo ho allora preso in mano il telefono per scusarmi con loro ma
credo sia giusto farlo anche pubblicamente, se Lei mi concederà ancora spazio.
Purtroppo non ho trovato la Dr. P. ma il figlio, gentilissimo, mi ha
trattato con profondo rispetto e simpatia. Ho invece parlato con il Sig. C.,
persona estremamente umile e cortese, come d’altronde si evinceva chiaramente
dalla sua lettera. Ci siamo scambiati gli auguri di Pasqua da fratelli, com'è
giusto che sia, ed abbiamo constatato che sono più le cose che ci uniscono da
quelle che ci dividono. Ho parlato anche con il Dr. Muscio il quale, con molta
gentilezza, mi ha fatto notare alcuni errori nella mia lettera, che è ora
doveroso correggere pubblicamente. Anzitutto l’Associazione Genitori Cattolici
non è nè piccola nè antagonista dell’ AGE, come ingiustamente facevo apparire
nella mia lettera; in secondo luogo il Dr. Muscio mi ha informato che, sul tema
da me esposto, non sono mai state pubblicate sue lettere dal Giornale di
Brescia: certamente la mia memoria mi ha ingannato ed ho collegato erroneamente
la sua persona ad una lettera. Chiedo quindi pubblicamente scusa a lui ed a
tutti i suoi associati, scuse peraltro già amichevolmente accolte
telefonicamente dal cortese Dr. Muscio. Tutto questo mi ha permesso di vivere
la Pasqua con una certezza e cioè che ci vuole poco per volersi bene: basta
tendere la mano e sentirsela stringere.
M. S.
Brescia,
4 aprile 1999 Spett.le
Giornale
di Brescia
LETTERE
AL DIRETTORE
Egregio Dr. L.
sono M. S., l’autore della lettera da Lei gentilmente
pubblicata il giorno31 marzo sul
Giornale
di Brescia. Quella era la seconda volta che Le scrivevo: nel primo caso avevo
ricevuto addirittura le Sue congratulazioni (se ricorda, un paio di anni fa, Le
avevo scritto pregandola di rivedere i titoli degli articoli sul Giornale che,
soprattutto se.capitavano in mano ai bambini, erano particolarmente forti:
allora aveva accolto la mia richiesta con grande stima, e la ringrazio ancora
per quella be1la dimostrazione di umiltà e di attenzione ai lettori).
Allora come oggi, avevo ricevuto anche i complimenti di coloro che mi
conoscevano e di altri cordiali cittadini, cosa che mi aveva anche inorgoglito.
Ma
sabato 3 aprile Lei ha giustamente ritenuto opportuno pubblicare anche le
risposte di due delle tre persone da me citate e, grazie a questo, in vero
clima pasquale, mi ha dato l'opportunità di riconoscere la mia superbia. Ne ho
parlato con mia moglie ed ho deciso subito di telefonare a coloro che avevo
usato per difendere i miei valori:
ci sembrava giusto e importante porgere direttamente le scuse (come leggerà più
sotto). Con il Sig. C. e con la Dr.ssa P. (in realtà col figlio) la telefonata
è stata cordiale, spontanea e vicendevolmente gratificante.
Per
ultimo ho parlato con il Dr. Muscio; anche con lui ho avuto un bel colloquio
alla fine del quale, suo malgrado, mi informava di avermi già querelato per
diffamazione in.quanto non aveva mai
scritto articoli sugli immigrati.
Riconoscendo
però importante il mio gesto di telefonare per tendere la mano, si è subito
reso disponibile a ritirare la querela nei nostri confronti senza chiedere
alcun danno, a parte le spese del suo legale. Dico nostri perché purtroppo
Lei, Egregio Direttore, per colpa mia è
stato pure querelato, per il fatto di non aver verificato le mie errate
affermazioni sul Dr. Muscio : mi perdoni per questo, mai avrei voluto darLe
grattacapi.
Per
ritirare la quercia nei nostri confronti il Dr. Muscio mi chiedeva gentilmente
di far pubblicare dal Giornale di Brescia almeno una rettifica sui dati
erroneamente da me esposti, rettifica che si trova nella lettera allegata: per
questo io e ma moglie Le saremmo davvero immensamente grati se la pubblicasse,
per i motivi su esposti. E - ci perdoni - se la pubblicasse presto, in maniera
che ci si possa addormentare in pace.
Nella speranza di vedere pubblicata la lettera che
segue, assicurandole ancora che continuerò a leggerLa ma non La disturberò più,
Le auguro una Felice Pasqua e La saluto con stima.
M. S.
[5] SPETT.
PROCURA DELLA REPUBBLICA
C/O TRIBUNALE DI BRESCIA
Via Moretto 78
Brescia
DENUNCIA-QUERELA
Io sottoscritto Dr. Muscio
Arrigo……………………….sporgo denuncia-querela nei confronti del sig. L. G. (direttore
del Giornale di Brescia) per le seguenti ragioni.
In data 31-3-1999 il
Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera del Sig. M. S. con il titolo “La
coscienza dei cattolici, gli immigrati, la povertà e la solidarietà” (vedere
fotocopia allegata). Nella parte iniziale di tale lettera il Sig. S. aveva
scritto: “Recentemente lei sta ospitando
lettere di cattolici che espongono
il loro punto di vista rispetto al fenomeno dell’immigrazione. Mi riferisco
per esempio al sig. Muscio, presidente
di una piccola associazione di genitori che,
per fortuna, non ha nulla a che fare con l’Age....” ed alla fine della
stessa: “......Ora se almeno un
bresciano ogni cento, uno solo su cento, Muscio, la leghista maggioliniana, S.
e C. per primi, al posto di augurarsi la
libertà di - recarsi in Chiesa la domenica e circolare per i fatti nostri - si
facesse carico di un immigrato, uno solo a testa, il problema sarebbe presto
risolto....”. Poiché il Giornale di
Brescia non ha mai ospitato una mia lettera sul fenomeno dell’immigrazione
(vedere fotocopia mie rettifiche del 3 e 14 aprile 1999), in data 2 aprile 1999
ho querelato il sig. S. M.. Quest’ultimo, dopo aver letto la mia prima
rettifica del 3 aprile 1999 (vedere copia allegata), mi ha telefonato e dopo
aver riconosciuto d’avere, nei miei confronti, sbagliato persona (vedere copia
lettere di S. allegate) si è detto disposto a chiedere la rettifica dei suoi
errori (sulla mia associazione e sulla mia
lettera fantasma al Giornale di Brescia) al direttore del giornale.
Trascorsi inutilmente, ed in violazione dell’art. 8 della legge sulla stampa,
circa dieci giorni dalla data della richiesta di rettifica del sig. S. M., il
Giornale di Brescia (nella rubrica lettere al direttore) anziché pubblicare la
rettifica di S., come previsto dall’art. 8 della Legge sulla stampa, in data 12 aprile 1999 ha invece pubblicato
uno scritto di T. G. con il titolo “Basta con certe lettere!” (vedere all.
fotocopia). Il Sig. G. scrive: “Recentemente il Giornale di Brescia ha
pubblicato una lettera firmata dal signor M. S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi,
che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dott. Muscio e il signor G. C., che manifestavano rabbia e
fastidio verso gli immigrati......dall’essenza dei loro scritti devo dedurre
che questi due signori odiano il prossimo come se stessi....”. In data 12
aprile 1999 ho immediatamente presentato una querela anche nei confronti di G.,
dato che il Giornale di Brescia non ha mai pubblicato un mio scritto sul
problema immigrazione.
Ciò premesso:
1)
1) dopo aver ricevuto conferma
dal sig. S. M. che il medesimo ha richiesto direttamente al direttore del
Giornale di Brescia, ancora in data 4 aprile 1999, rettifica riguardo alla mia
persona (vedere fotocopie allegate delle lettere di S.);
2)
2) dopo aver esaminato il
comportamento del direttore del Giornale di Brescia che, anziché provvedere
entro due giorni dalla richiesta di rettifica dello S. (come previsto
inderogabilmente dall’art. 8 della Legge sulla stampa) e correggere le errate
indicazioni della mia persona, come invece ha prontamente fatto alla fine della
lettera di G. (vedere fotocopia allegata), ha
invece pubblicato la lettera di T. G. (da me già querelato il 12-4-1999) che si ricollegava allo scritto di S.
diffamando la mia persona;
3)
3) tenuto conto che il Giornale
di Brescia non ha mai pubblicato un mio scritto od una mia opinione in
riferimento al problema immigrazione (vedere mia rettifica del 14 aprile 1999,
non contestata nel merito) e, a maggior ragione, lettere che “manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati” o dalle quali si deducesse “odio
verso il prossimo come me stesso” come invece scritto dal G.;
4)
4) tenuto altresì conto che il
sig. L. G. (direttore del Giornale di Brescia) con il suo comportamento ha
permesso, nonostante la richiesta di rettifica a lui direttamente indirizzata da
S. e da lui non pubblicata sul giornale fino ad oggi, la pubblicazione di
affermazioni inerenti alla mia persona che, false e denigratorie, mi hanno
pubblicamente diffamato,
chiedo
a codesta Autorità
Giudiziaria di perseguire penalmente per violazione dell'art. 596 bis C.P il
sig. L. G., quantomeno per concorso in diffamazione con G. T., alla luce anche
delle sentenze Cass. Pen.., sez. VI, 20 aprile 1978, n. 4274 - Cass. Pen., sez.
V, 5 agosto 1992, n. 8848; Cass. Pen, sez. V 23 novembre
1981, N. 10512; sez. V, sent. 08848 del 5/8/1992 (Ud. 8-6-92); sez. V, sent. 04384 del 17-4-91 (ud.
7-2-91), e di eventuali altre norme non
citate.
Domando inoltre d’essere
avvisato ai sensi dell’art. 408 C.P.P. in un’eventuale ipotesi di
archiviazione.
Brescia, 14-4-1999
In fede.
Dr. Arrigo Muscio
[6] SPETT.
ORDINE
DEI GIORNALISTI
Via
A. Appiani 2
20121
MILANO
ALLA
CORTESE ATTENZIONE DEL DOTT. F. A.
DENUNCIA
Io sottoscritto Dr. Muscio
Arrigo………………………sporgo denuncia nei confronti del sig. L. G. (direttore del
Giornale di Brescia) per le seguenti ragioni.
In data 31-3-1999 il
Giornale di Brescia ha pubblicato una lettera del Sig. M. S. con il titolo “La
coscienza dei cattolici, gli immigrati, la povertà e la solidarietà” (vedere
fotocopia allegata). Nella parte iniziale di tale lettera il Sig. S. aveva
scritto: “Recentemente lei sta ospitando
lettere di cattolici che espongono
il loro punto di vista rispetto al fenomeno dell’immigrazione. Mi riferisco
per esempio al sig. Muscio, presidente
di una piccola associazione di genitori che,
per fortuna, non ha nulla a che fare con l’Age....” ed alla fine della
stessa: “......Ora se almeno un
bresciano ogni cento, uno solo su cento, Muscio, la leghista maggioliniana, S.
e Colombo per primi, al posto di
augurarsi la libertà di - recarsi in Chiesa la domenica e circolare per i fatti
nostri - si facesse carico di un immigrato, uno solo a testa, il problema
sarebbe presto risolto....”. Poiché il
Giornale di Brescia non ha mai ospitato una mia lettera sul fenomeno dell’immigrazione
(vedere fotocopia mie rettifiche del 3 e 14 aprile 1999) in data 2 aprile 1999
ho querelato il sig. S. M.. Quest’ultimo, dopo aver letto la mia prima
rettifica del 3 aprile 1999 (vedere copia allegata) mi ha telefonato e dopo
aver riconosciuto d’avere, nei miei confronti, sbagliato persona (vedere copia
lettere di S. allegate) si è detto disposto a chiedere la rettifica dei suoi
errori (sulla mia associazione e sulla mia
lettera fantasma al Giornale di Brescia) direttamente al direttore del giornale.
Trascorsi inutilmente, ed in violazione dell’art. 8 della legge sulla stampa,
circa dieci giorni dalla data della richiesta di rettifica del sig. S. M., il
Giornale di Brescia (nella rubrica lettere al direttore) anziché pubblicare la
rettifica di S. come previsto dall’art. 8 della Legge sulla stampa, in data 12 aprile 1999, ha invece pubblicato
uno scritto di T. G. con il titolo “Basta con certe lettere!” (vedere all.
fotocopia). Il Sig. G. scrive: “Recentemente il Giornale di Brescia ha
pubblicato una lettera firmata dal signor M. S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni lettori scriventi,
che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dott. Muscio e il signor Giacomo Colombo, che manifestavano
rabbia e fastidio verso gli immigrati......dall’essenza dei loro scritti devo
dedurre che questi due signori odiano il prossimo come se stessi....”. In
data 12 aprile 1999 ho immediatamente presentato una querela anche nei
confronti di G., dato che il Giornale di Brescia non ha mai pubblicato un mio
scritto sul problema immigrazione.
Ciò premesso:
1)
1) dopo aver ricevuto conferma
dal sig. S. M. che il medesimo ha richiesto direttamente al direttore del
Giornale di Brescia, ancora in data 4 aprile 1999, rettifica riguardo alla mia
persona (vedere fotocopie allegate delle lettere di S.);
2)
2) dopo aver esaminato il
comportamento del direttore del Giornale di Brescia che anziché provvedere
entro due giorni dalla richiesta di rettifica dello S. (come previsto
inderogabilmente dall’art. 8 della Legge sulla stampa) e correggere le errate
indicazioni della mia persona, come invece ha prontamente fatto alla fine della
lettera di G. (vedere fotocopia allegata), ha
invece pubblicato la lettera di T. G. (da me già querelato il 12-4-1999) che si
ricollegava allo scritto di S. diffamando la mia persona;
3)
3) tenuto conto che il Giornale
di Brescia non ha mai pubblicato un mio scritto od una mia opinione in
riferimento al problema immigrazione (vedere mia rettifica del 14 aprile 1999,
non contestata nel merito) e, a maggior ragione, lettere che “manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati” o dalle quali si deducesse “odio
verso il prossimo come me stesso” come invece scritto dal G.;
4)
4) tenuto altresì conto che il
sig. L. G. (direttore del Giornale di Brescia) con il suo comportamento ha
permesso, nonostante la richiesta di rettifica di S. e da lui non pubblicata
sul giornale fino ad oggi, la pubblicazione di affermazioni inerenti alla mia
persona che, false e denigratorie, mi hanno pubblicamente diffamato,
chiedo
a codesta Autorità che si
promuova un’azione disciplinare nei confronti del direttore del Giornale di
Brescia.
Domando inoltre d’essere
avvisato sull’esito della mia denuncia.
Distinti saluti.
Dr. Arrigo Muscio
Brescia,
14-4-1999
[7] N.1299/99R.G.Mod.21 N.
1622/99 R.G. G.LP.
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL
GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
DEL
TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sentenza N. 826
In data 14.12.99
Sentenza depositata.
Il 12-1-2000
Nella causa penale contro: 1) L. GIOVANNI
BATTISTA……………..
Difeso di fiducia dall’avv. L. F. del foro di Brescia.
2) G. T.………………….
Difeso di
fiducia dall’avv. A. R. del foro di
Brescia. LIBERI-ASSENTI.
.
Del reato p.p. dagli
artt. 595 e. I-Il e 111, 57 cp., 13 e 21 L. 47/48, perché offendevano l’onore e
la reputazione di Muscio Arrigo, in particolare G. T. quale autore
dell’articolo, che qui si intende integralmente riportato, apparso sul
quotidiano “Giornale di Brescia”, rubrica “Lettere al Direttore” del 12.4.99
intitolato “Basta con certe lettere”, articolo nel quale, riferendo tra l’altro
le seguenti frasi: “.... Recentemente il Giornale di Brescia ha pubblicato una
lettera firmata dal sig. M. S., che conteneva critiche alla prosa di alcuni
lettori scriventi, che si dichiarano ad ogni occasione cattolici, quali il dr.
Muscio ed il sig. G. C., che manifestavano rabbia e fastidio verso gli
immigrati…….”….“Dall’essenza dei loro scritti devo dedurre che questi due
signori odiano il prossimo come se stessi .. . .“, screditavano l’immagine del
Muscio innanzi all’opinione pubblica.
Con l’aggravante della attribuzione di un fatto
determinato commettendo il fatto G. T. quale autore dell’articolo e L. G. nella
qualità di direttore responsabile del quotidiano “Giornale di Brescia”,
omettendo egli di esercitare il controllo necessario ad impedire che con la
pubblicazione del citato articolo venisse commesso il reato di cui sopra.
In Brescia il 12.4.99.
PARTE CIVILE: Muscio Arrigo………….., rappresentato e
difeso dall’avv. Enzo Bosio del foro di Brescia.
FATTO E DIRITTO
All’esito della odierna
udienza, sulle conclusioni delle parti osserva il Giudicante:
MUSCIO
ARRIGO ebbe a presentare querela per il reato di diffamazione a mezzo stampa
nei confronti di G. T.; non ebbe
invece a presentare richiesta o istanza di punizione nei confronti di L. G. Direttore Responsabile del
Quotidiano su cui venne pubblicata la lettera ritenuta diffamatoria.
Ciò
posto va preliminarmente emessa sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 C.P.P. mancando la condizione di
procedibilità.
Ed
infatti non é applicabile nella specie il principio di cui all’art.123 C.P. (indivisibilità della querela) in quanto
condizione essenziale è che trattasi di concorso nello stesso reato. Pertanto l’effetto estensivo non si
verifica quando — come nella specie — il reato venga costo in essere mediante fatti distinti da persone che non abbiano agito con una volontà associata e
consapevole delle reciproche condotte (cfr.Cass.V0 6/8/94 n. 8773 -
Caselli).
Ed
invero in materia di reati di stampa la responsabilità del Direttore a titolo di colpa (non aver impedito la
commissione del reato) cosa ben diversa da quella a titolo di concorso ex art.
110 C.P. (cfr.Cass.V 17/8/90 n.l1494 Scalfari).
Il principio della estensione della querela vale a
contraris nell’ipotesi in cui la querela sia stata presentata nei confronti del
Direttore Responsabile (art.58 bis comma 2 C.P.).
Per
quanto attiene all’imputato G. va brevemente osservato che le espressioni
contenute nella lettera al Direttore “ manifestare rabbia e fastidio verso gli
immigrati…… devo dedurre che questi due
signori (dr.MUSCIO e sig. C.) odiano il prossimo come se stessi “non possono
assolutamente ritenersi, anche alla stregua delle integrazioni probatorie e
delle acquisizioni di lettere precedenti,
diffamatorie o lesive della onorabilità del MUSCIO. Trattasi
all’evidenza di critiche espressione della libera manifestazione del pensiero.
Va infatti tenuto conto come il dr.MUSCIO che si qualifica Presidente della
Associazione genitori cattolici di Brescia in una lettera al Direttore
pubblicata sul Giornale di Brescia Venerdì 19.3.1999 parlando delle adozioni da
parte di coppie gay esprime concetti che certamente potrebbero indurre un
lettore non cattolico a ritenere violato il precetto evangelico di amare il
prossimo come se stessi. Va quindi ritenuto che le espressioni usate
costituiscano una critica inidonea a mettere in pericolo la reputazione del
Muscio anche perché non si tratta neppure di un attacco ingiustificato e
diretto alla reputazione ma una mera deduzione da quanto scritto dal Muscio
nelle lettere al Direttore su vari argomenti. Né é da sottovalutare la circostanza
che tale M. S. in una lettera al Direttore pubblicata sul citato quotidiano
locale il 31/3/99 fa esplicite riferimento ad una lettera del Dr. MUSCIO
rispetto al fenomeno della immigrazione.
Da queste considerazioni consegue il non luogo a
procedere nei confronti dell’imputato G. T. per difetto di dolo.
La formula assolutoria esclude la condanna del
querelante alle spese.
P.Q.M.
IL GIUDICE
Letto l’art.425 C.P.P.
DICHIARA
non luogo a procedere nei confronti di L. G. B.e G. T.
in ordine ai reati loro ascritti rispettivamente per difetto di querela e
perché il fatto non costituisce reato.
IL
GIUDICE
Dr. E.
Q.
[8] LE ADOZIONI GAY
Un ministro
della Repubblica Italiana, che trova giustificazione ed operato nella Costituzione
la quale tutela la famiglia composta da un maschio, una femmina ed eventuali
figli (Cost. 29/30/31), ha recentemente affermato d'essere favorevole
all'adozione di bambini da parte di coppie gay. In altri Stati tale
affermazione avrebbe comportato le dimissioni del ministro, ma in Italia si sa
come vanno le cose. L'antifamiliare dichiarazione ci lascia sgomenti per le
seguenti ragioni.
a.
La condanna dell'omosessualità è costantemente ribadita nella Sacra
Scrittura tant'è che tale peccato, senza conversione finale, porta all'inferno!
Rimando gli interessati ai riferimenti biblici riportati nella nostra opinione
nel sito internet http://space.tin.it/associazioni/armuscio a proposito dell'omosessualità. Di conseguenza il
proporre addirittura l'adozione di bambini da parte degli omosessuali è in
aperta violazione dell'eterna Parola di Dio. Se infatti il Signore rimproverò
il papa Pietro con le parole "Lungi da me, satana! Tu mi sei di
scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!" (Mt.
16,23), chissà che cosa dirà al ministro in oggetto quando, credente o meno, si
troverà nel giorno del giudizio!
Per concludere,
dove trova le radici giustificative l'affermazione del ministro? Per noi cattolici
è chiaro! Non certo nella Bibbia e neppure nella nostra Costituzione, ma solo
in ideologie nemiche di Cristo.
A proposito di gay Il quotidiano
"Il Giornale" di martedì 8 dicembre 1998 riportava, a pag. 11, le polemiche
inerenti ad una frase pronunciata dall’arcivescovo di Firenze, cardinale
Silvano Piovanelli. In base a quanto riferito dal giornale il cardinale
Piovanelli avrebbe affermato: "Se un comune decide di assegnare le
case anche alle unioni fra omosessuali non ho difficoltà. Anzi si potrebbe
dire che preferisco dare una casa a due omosessuali piuttosto che ad un
single". Sempre nel medesimo articolo venivano riportati alcuni
pareri di altri vescovi, come quello di Mons. Grillo, vescovo di
Civitavecchia, (tra le cui mani ha pianto lacrime di sangue la statuetta
della Madonna di Medjugorje, chiaro segno che non è certo contenta dei
peccati del mondo.....e di alcuni moderni successori degli apostoli) che ha
dichiarato: "Non conosco nel dettaglio quello che ha detto il cardinale
Piovanelli, ma lo stimo e so che è un uomo di santa vita. Con le sue parole
non ha voluto certamente benedire le unioni omosessuali, ma probabilmente
fare un atto di comprensione. La chiesa è contraria al riconoscimento delle
famiglie di fatto, penso che Piovanelli intendesse dire che anche gli
omosessuali hanno bisogno di attenzione e non devono essere
perseguitati......". Altri vescovi hanno difeso il cardinale Piovanelli
con varie argomentazioni riportate dall’articolo in oggetto, alla cui
integrale lettura rimandiamo gli interessati. Solamente padre Velasio De
Paolis, esperto canonista, ha inquadrato con chiarezza il problema: "In
linea generale un conto è l’intenzione di aiutare delle persone bisognose, un
altro è il significato intrinseco dell’atto che si compie. Nel caso concreto
assegnare alle coppie gay alloggi che la legge prevede debbano essere dati
alle famiglie indigenti significa equipararle a queste ultime. E questa
equiparazione non è accettabile per i cattolici". Ciò premesso
riteniamo di fondamentale importanza, per evitare confusione e sconcerto tra
i cattolici, riportare "l’opinione di Dio" (della quale sembrano
disinteressarsi in molti, anche all’interno della chiesa!) riguardo al
problema omosessuale. L’unico parere che conta dato che tutti, credenti ed
atei, saremo giudicati da Lui. E l’opinione del Signore la troviamo nella
Sacra Scrittura che il magistero della Chiesa da duemila anni ci invita ad
accogliere come Parola eterna di Dio. Nell'antico
testamento Dio prescrive: "Se uno
ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un
abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di
loro" (Lv 20,13). E la vicenda
di Sodoma e Gomorra (Gen. 18,16 seg.) è conosciuta da tutto il mondo
"…Condannò alla distruzione le città di Sodomia e Gomorra, riducendole
in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò
invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli
scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in
mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali
ignominie…" (2 Pt. 2,6 seg.) - "…Così Sodomia e Gomorra e le città
vicine, che si sono abbandonate all'impudicizia allo stesso modo e sono andate
dietro a vizi contro natura, stanno come esempio subendo le pene di un fuoco
eterno…" (Gd. 7) Nel Nuovo
Testamento lo Spirito Santo è altrettanto chiaro: "...Per questo Dio
li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali
in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto
naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri,
commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi
la punizione che si addiceva al loro traviamento.....E pur conoscendo il
giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo
continuano a farle, ma anche approvano chi le fa." (Rm 1, 26/32) -
"...Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né
effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né
rapaci erediteranno il regno di Dio" (1 Cor. 6,9/10) - "…La legge
non è fatta per il giusto, ma per i non giusti e riottosi, per gli empi e di
peccatori, per gli scellerati e i profani, per i parricidi e matricidi e
omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti[9][1],
per i ladri d'uomini, i bugiardi, gli spergiuri…"(1 Tm. 1,9). La condanna
dei Padri e dei Dottori della Chiesa: "I
delitti che vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai sodomiti,
devono essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti gli
uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna
divina: Dio infatti non ha creato gli uomini perché commettessero un tale
abuso di se stessi. Quando, mossi da una perversa passione, si profana la
natura stessa che Dio ha creato, è la stessa unione che deve esistere fra Dio
e noi a venir violata" (Sant'Agostino, Confessioni, c.III, p.8) "Che lo
zolfo evochi i fetori della carne, lo conferma la storia stessa della Sacra
Scrittura, quando parla della pioggia di fuoco e zolfo versata su Sodomia dal
Signore. Egli aveva deciso di punire in essa i crimini della carne, e il tipo
stesso del suo castigo metteva in risalto l'onta di quel crimine. Perché lo
zolfo emana fetore, il fuoco arde. Era quindi giusto che i Sodomiti, ardendo
di desideri perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un tempo
per mezzo del fuoco e dello zolfo, affinchè dal giusto castigo si rendessero
conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio perverso" (San
Gregorio Magno, Commento morale a Giobbe, XIV, 23, vol. II, pag. 371) "Questo
vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera per
gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti, uccide il corpo, rovina l'anima,
contamina la carne, estingue la luce dell'intelletto, caccia lo Spirito Santo
dal tempio dell'anima" (San Pier Damiani - dottore della chiesa e grande
riformatore dell'Ordine Benedettino - Liber Gomorrhanus, in Patrologia latina,
vol. 145, coll. 159-190) "Nei
peccati contro natura in cui viene violato l'ordine naturale, viene offeso
Dio stesso in qualità di ordinatore della natura" (S. Tommaso d'Aquino,
Summa Teologica, II-II, q. 154, a. 12) "…Commettendo
il maledetto peccato contro natura, quali ciechi e stolti, essendo offuscato
il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui
sono…" (S. Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, cap.
124) "Più pena
sente uno che sia vissuto con questo vizio de la sodomia che un altro,
perocchè questo è maggior peccato che sia". (San Bernardino da Siena,
Predica XXXIX in: Prediche volgari, p. 915) "…Di
questa turpitudine mai abbastanza esecrata sono schiavi coloro che non si
vergognano di violare la legge divina e naturale". (San Pietro Canisio -
dottore della Chiesa- Summa Doctrina
Christianae, III a/b, p. 455) La condanna
dei papi: "…L'esecrabile
vizio libidinoso contro natura; colpe per le quali i popoli e le nazioni
vengono flagellati da Dio, a giusta condanna, con sciagure, guerre, fame e
pestilenze…" (San Pio V, Costituzione Cum Primum, del 1 aprile 1566, in
Bullarium Romanum, t. IV, c. II, pp. 284-286) "…Il
peccato contro natura grida vendetta al cospetto di Dio.." (San Pio X -
Catechismo, N. 966) "Inseguendo
l'esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina
della Sacra Scrittura. L'apostolo Paolo afferma in modo categorico: - Non
illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né
sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il
Regno di Dio, 1 Cor. 6,9-10" (Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor,
cap. 81) Leggendo la
Sacra Scrittura impariamo dall’unico Dio e giusto giudice che com’è vero che
il Signore perdona qualunque peccato a chi, con sincero pentimento, gli
chiede il perdono è altrettanto vero che giudicherà secondo la Sua Parola (e
non secondo quella degli uomini, anche se appartenenti alle gerarchie della
Chiesa!) quanti si ostinano nel peccato. A tale proposito riporto l'opinione
della Dott.ssa Patrizia Stella (dottore in pedagogia del comportamento) come
risulta da una sua lettera pubblicata sulla rivista Teologica, N. 20 -
marzo/aprile 1999, indirizzata alle autorità religiose e civili ed alle
riviste, alla cui lettura integrale rimando quanto interessati. "….In
secondo luogo significa negare alla persona la capacità di superare questo
problema, in quanto è stato più volte confermato dagli studiosi che questo
comportamento non è irreversibile né congenito, tranne casi rarissimi, ma
frutto di cattive abitudini, o di esperienze negative, o di reazioni davanti
all'aggressività di certi comportamenti femminili; situazioni comunque, dalle
quali si può uscire. Prova ne sia che nel mondo animale esistono
malformazioni congenite di vario genere, ma non si è mai verificato il caso
di attrazioni ed unioni omosessuali tra bestie, ciò vuol dire che è una
devianza che riguarda l'uomo non tanto nella sfera genetica, difficilmente
modificabile, quanto piuttosto in quella educativa e psicologica, soggetta
quindi all'influsso della volontà. Significa inoltre non aver capito il ruolo
della chiesa e del cristiano, che non è solo quello di alleviare pietosamente
le ferite lasciando "l'ammalato" nella sua cancrena, bensì è quello
di avere "dell'ammalato" una stima ed una fiducia tali da saper
usare anche il bisturi pur di farlo guarire. Compito della chiesa e del
cristiano è quello di ricordare che c'è la grazia di Dio che aiuta a vivere i
comandamenti, e che senza la sua grazia è difficile vivere non solo la
castità, ma qualunque altra virtù, che la violazione costante dei
Comandamenti di Dio comporta sempre il rischio di autodistruggersi nella vita
terrena e di mettere in pericolo la salvezza eterna, e che infine, dà molta
più gioia e gratificazione una vita casta anche se talvolta esige sacrificio
e lotta, che una vita di disordine sessuale, qualunque esso sia, etero o
omosessuale…." Nei confronti
poi di coloro che predicano le loro "opinioni", anziché la Parola
di Dio, lo Spirito Santo è altrettanto chiaro: "Orbene,
se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da
quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!..." (Gal. 1,8 seg.) Argomenti
correlati: Per conoscere
più approfonditamente le ragioni di un'immutabile condanna dell'omosessualità
da parte del Magistero della Chiesa si consiglia la lettura del dossier: "Chiesa
e omosessualità - Le ragioni di un'immutabile condanna", ed. Centro Culturale
Lepanto http://members.tripod.com/lepanto/ |
[10] Libero, 2 novembre 2000,
pag. 3
Il Giorno, 2 novembre 2000, pag. 5
[11] Libero, 3 novembre 2000,
pag. 3
[12]La Repubblica" del
15-9-2000
[13] Libero, 3 novembre 2000,
pag. 3
[14] LE ADOZIONI GAY
Un ministro
della Repubblica Italiana, che trova giustificazione ed operato nella
Costituzione la quale tutela la famiglia composta da un maschio, una femmina ed
eventuali figli (Cost. 29/30/31), ha recentemente affermato d'essere favorevole
all'adozione di bambini da parte di coppie gay. In altri Stati tale
affermazione avrebbe comportato le dimissioni del ministro, ma in Italia si sa
come vanno le cose. L'antifamiliare dichiarazione ci lascia sgomenti per le
seguenti ragioni.
a.
La condanna dell'omosessualità è costantemente ribadita nella Sacra
Scrittura tant'è che tale peccato, senza conversione finale, porta all'inferno!
Rimando gli interessati ai riferimenti biblici riportati nella nostra opinione
nel sito internet http://space.tin.it/associazioni/armuscio a proposito dell'omosessualità. Di conseguenza il proporre addirittura
l'adozione di bambini da parte degli omosessuali è in aperta violazione
dell'eterna Parola di Dio. Se infatti il Signore rimproverò il papa Pietro con
le parole "Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché
non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!" (Mt. 16,23), chissà che
cosa dirà al ministro in oggetto quando, credente o meno, si troverà nel giorno
del giudizio!
b.
E' innegabile, infatti, che tale proposta è in pieno contrasto con la
creazione di Dio ed il progetto di matrimonio da Lui stabilito "Dio creò
l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
creò" (Gen. 1,27). E disse: "Per questo l'uomo abbandonerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola"
(Gen. 2,24). E per quanto riguarda gli animali disse all'uomo prima del
diluvio: "Di quanto vive, di ogni carne, introdurrai nell'arca due di ogni
specie, per conservarli in vita con te: siano maschio e femmina"
(Gen. 6,19). E' chiaro quindi che sia per la procreazione che per un
"corretto sviluppo" della prole, Dio ha stabilito un maschio ed una
femmina. Proporre perciò azioni in contrasto con la Sua eterna Parola, per noi
cristiani, è un anatema (Gal. 1,6 seg.)!
c.
Ma qualcuno può obiettare che vi sono persone che affermano di non
credere né a Dio e neppure al diavolo e di conseguenza si ritengono libere di
pensare ciò che più gli pare e piace. Ma anche in tal caso tale proposta ci
sembra incomprensibile in quanto "Madre Natura", come loro la
chiamano, ha comunque previsto un maschio ed una femmina per ogni specie, con
caratteristiche psico-fisiche e con compiti ben precisi riguardo alla
procreazione ed all'allevamento della prole. La loro opinione, quindi,
contrasta pure con "Madre Natura"!
d.
Tale idea è pure offensiva della donna e del ruolo a lei affidato da
Dio per i credenti e da "Madre Natura" per gli atei.
e.
Infine, la proposta del ministro e di quanti la pensano in eguale
maniera, contrasta pure con il bene primario della prole che (come il buon
senso ci insegna, confortato dal parere di psichiatri, psicologi ed educatori
vari) ha il diritto e la necessità per il suo armonico sviluppo psicofisico
d'essere allevata da un maschio e da una femmina. Tale idea è quindi in aperto
contrasto con la Costituzione "La Repubblica….protegge la maternità,
l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo"
(art. 31).
Per concludere,
dove trova le radici giustificative l'affermazione del ministro? Per noi
cattolici è chiaro! Non certo nella Bibbia e neppure nella nostra Costituzione,
ma solo in ideologie nemiche di Cristo.
[15] Libero, 2 novembre 2000,
pag. 3
Il Giorno, 2 novembre 2000, pag. 5
[16] Libero, 3 novembre 2000,
pag. 3
[17]La Repubblica" del
15-9-2000
[18] Libero, 3 novembre 2000,
pag. 3
9.
La Massoneria. Ecco il
nemico - Autori Vari - Editrice Civiltà-
Brescia, Tel. e fax 0303700003
10.
La Massoneria. Società
segreta iniziatica - Autori Vari - Editrice
Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
11.
La Massoneria. I suoi
segreti - Autori Vari - Editrice Civiltà - Brescia - Tel. e fax 0303700003
12.
Il Vero volto dell'immigrazione di Giuli
Valli - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
13.
Educazione sessuale: tappa
massonica verso l'annientamento dell'uomo di Carlo
Alberto Agnoli (magistrato) - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
14.
ONU - gioco al massacro di Franco
Adessa - Editrice Civiltà - Brescia, Tel. e fax 0303700003
15.
Il quarto livello - di Carlo
Palermo (ex magistrato) - Editori
Riuniti
16.
In nome di Dio - di David Yallop - Ed.
Tullio Pironti
17.
Via col vento in Vaticano - I
Millenari Ed. Kaos
[20] AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Al PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
AL MINISTRO DEGLI INTERNI
lettera
aperta
OGGETTO: prossimo concerto in Italia di Marilyn
Manson detto “Il satana del Rock”.
E’ stato ripetutamente
annunciato da alcuni mass media che in Italia suonerà prossimamente (verso la
fne di giugno 1999) il cantante Marilyn Mason a cui “Il Venerdì di Repubblica”,
N. 582 del 14 maggio 1999, nella rubrica
“I cattivi maestri” - pag. 70 e seg., ha dedicato un articolo intitolato “Il satana del Rock”. Secondo il
giornale - Suonerà anche in Italia Marilyn Manson, la star del “Goths”, l’ispiratore dei due studenti
cyberanarchici che armati di mitra hanno compiuto una strage nella loro scuola
in Colorado. Marilyn Mason ha scelto il suo nome d’arte ispirandosi a due
suoi miti: Marilyn per la Monroe e Manson,
in onore di Charlie Manson il leader della setta satanica che uccise a Bel Air
l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski.......Il gruppo si
chiamava “Manson and the Spook kids”, all’inizio degli anni Novanta ebbe i
primi successi in Florida cavalcando e rilanciando la moda “gotica”.
Cominciarono allora le prime provocazioni scatologiche-escatologiche.
Esibendosi con il nuovo bassista Twiggy Ramirez a Salt Lake City, Manson stracciò sul palco il Libro dei
Mormoni. Cominciò a farsi chiamare “reverendo”, a bruciare le croci sul palco,
a bestemmiare, a toccarsi i genitali, a invocare il diavolo, a orinare in
pubblico, a sfasciare televisioni, a denudarsi, a pulirsi il sedere con la
bandiera americana, a sputare, a ferirsi con il vetro per dimostrare disprezzo
per il corpo, a usare un linguaggio sempre più crudo e violento......Si vantava
dei suoi spinelli da gourmet: “Ho fumato ossa umane”.....-
Ciò premesso, domando, anche
a nome di molti cittadini che credono ancora nei valori eterni (indispensabili
per ottenere una società retta sull’amore verso Dio ed il prossimo), d’impedire
ad un simile personaggio definito da Bill Bennet (ex ministro dell’istruzione
pubblica Usa) “Una vergogna per gli
Stati Uniti” (Il Venerdì di Repubblica”, N. 582 del 14 maggio 1999, pag.
74) di esibirsi in pubblico In Italia.
Il nostro Bel paese in cui i
mass media si devono occupare spesso di violenze provocate dai giovani (ultima
quella relativa all’incendio del treno da parte degli ultras) non ha bisogno di
simili personaggi che purtroppo costituiscono dei modelli da imitare per molti
giovani educati senza Vangelo, ma con cannonate di sesso e violenza sparate da
certe TV. Altrimenti è inutile, ed in molti casi ipocrita, lamentarsi e
preoccuparsi dei giovani che non hanno più valori e che commettono quanto poi
molti giustamente stigmatizzano come aberrante e “diabolico”.
Il presidente
Dr. Arrigo Muscio