Montagne e Mediterraneo a rischio per il riscaldamento globale

 

 

Le regioni meridionali dell'Europa e quelle montuose saranno quelle più colpite nel corso del XXI secolo dai cambiamenti climatici. Lo rivela un articolo pubblicato sulla rivista "Science" (vol 310, numero 5748) da un team internazionale di scienziati coordinati da Dagmar Schroeter del Potsdam Institute for Climate Impact Research in Germania.

I ricercatori hanno usato una serie di modelli al computer basati su vari tipi di scenari delle emissioni di gas serra per simulare gli effetti dei cambiamenti climatici da oggi al 2080 su elementi centrali degli ecosistemi europei quali la disponibilità d'acqua, la presenza di foreste, i cambiamenti nella fertilit àdel suolo. Sulla base di un trend comune di sviluppo futuro dell'Europa (aumento moderato della popolazione, incremento delle aree forestali, riduzione della domande per quelle agricole, e sviluppo limitato dell'urbanizzazione), lo studio individua le regioni montuose e quelle mediterranee come molto più a rischio rispetto alle altre.

Per quanto riguarda le risorse idriche, in alcuni scenari tra il 20% e il 38% della popolazione dell'Europa meridionale, compresa l'Italia, si troverà a vivere in bacini idrici dove le scorte d'acqua saranno scarse. ''Si tratta di regioni dove la scarsità d'acqua sarà aggravata da livelli di estrazione più alti per il turismo e per l'irrigazione'', si legge nell'articolo.

Per quanto riguarda invece le zone montuose, la diminuzione di precipitazioni nevose cambierà notevolmente i regimi fluviali, aumentando il rischio di inondazioni invernali e rendendo più difficile sia la navigazione fluviale che la produzione di energia elettrica. Sulle Alpi, la linea della neve si sposterà dai 1300 metri di oggi ai 1500-1750 alla fine del XXI secolo. Per la Svizzera questo significherà una riduzione di circa il 20% delle aree sciistiche con sufficiente copertura nevosa. Per quanto riguarda la biodiversità, ci sarà una riduzione di molte specie arboree tipiche, quali il pino marittimo, quello di Aleppo, la quercia da sughero e il leccio. Insomma Roma potrebbe dire addio ai suoi alberi più tipici.