Una critica profonda alla concezione newtoniana
dello spazio ed al tempo come entità assolute e non relative, venne
successivamente elaborata da Albert Eintein (1879-1955), il più famoso
scienziato vissuto nel nostro secolo.
Einstein si rese conto che la percezione era
implicata nella relatività del moto, proprio in quanto l'osservazione
del movimento degli oggetti rendeva necessario che l'oggetto fosse
illuminato: la relatività di Galileo doveva riguardare la luce.
Einstein considerò che se il tempo della
percezione degli oggetti fosse istantaneo (T=0 ), la velocità della luce
dovrebbe essere infinita, come si era esemplificato fino ad allora:
quando apriamo gli occhi ed osserviamo il mondo, vediamo quello che è
effeftivamente e contemporaneamente presente attorno a noi.
Ma Einstein sapeva che Michelson e Morley, due
scienziati americani, avevano dimostrato nel 1887 che la velocità della
luce era elevata, ma non infinita e che infatti corrispondeva a circa
300.000 Km/secondo (quantità che indicheremo con c).
Ciò significa che la luce delle stelle che vediamo in cielo proviene dal
passato; potremo infatti casualmente vedere la luce emessa da una
stella, che in effetti non esiste più da molto tempo.
Allora Einstein, a seguito della enunciazione
che non è misurabile nulla di più veloce della luce, immaginò di
cavalcare la luce che porta l'informazione sul movimento: da qui la
necessità di modifica delle dimensioni relative allo spazio/tempo in cui
si osservano gli eventi.
Infatti, muovendoci alla velocità della luce esploreremmo tutto il
passato dell'universo: poiché il rapporto S/T deve risultare come limite
massimo uguale alla velocità della luce, che nel vuoto è stata misurata
come costante universale c; se la velocità delle luce è
costante, per rimanere tale a tutte le condizioni del moto, devono
variare il numeratore e/o il denominatore del rapporto che esprime la
velocità.
Inoltre Einstein proponendo la sua teoria della
relatività nel 1905, formulò l'ipotesi che se riteniamo l'energia totale
(E) una costante universale, il cambiamento delle dimensioni relative
tra spazio e tempo deve corrispondere ad una variazione della massa dei
corpi.
Da qui la famosa equazione della relatività, E = mc2.
Questa formulazione comporta che, in prossimità
della velocità della luce, la massa di un corpo in moto deve diventare
energia.
Con Einstein si realizza un grande cambiamento
nel modo di pensare allo spazio ed al tempo: l'equazione della
relatività stabilisce che se la massa dei corpi in movimento varia a
seconda della velocità, allora nuove dimensioni dello spazio/tempo
vengono definite dalle interazioni della massa variabile con il campo
della energia.
Per Einstein spazio e tempo non sono più
quantità assolute e distinte, di valore primordiale come aveva supposto
Newton, ma intrinsecamente relative, per cui lo spazio non è
assolutamente distinguibile dal tempo; sono gli eventi di interazione
tra energia e materia che determinano dimensioni variabili dello
spazio/tempo nell'universo.
Purtroppo tali distorsioni relativistiche dello
spazio/tempo in funzione della velocità a cui sono soggette le masse dei
corpi in movimento, generano inammissibili paradossi logici a tutt'oggi
irrisolti.
Il più famoso è il cosiddetto paradosso
dei gemelli.
Trattasi di un esperimento mentale in cui si
suppone che un gemello resti a terra e l'altro navighi nello spazio ad
una velocità che si approssima sempre più a quella della luce; dato che
c=S/T, se la velocità dell'astronave aumenta, il valore
del tempo sull'astronave deve diminuire, deve cioè rallentare il
ticchettio dell'orologio del gemello in volo rispetto a quello del
gemello rimasto a terra. In tal caso quando il gemello volante torna a
casa trova il fratello molto più vecchio di lui.
Paradosso dei gemelli
astronave che viaggia alla
velocità della luce
Partenza: A e B
hanno la stessa età
Arrivo: A è più vecchio di B
Questo tipo di paradosso non è nuovo: è spesso
ricordato il paradosso di Achille e la tartaruga di
Zenone d'Elea (480? a.C.), che impediva al veloce
Achille di sorpassare la tartaruga perché, prima di raggiungerla,
avrebbe dovuto arrivare alla metà della distanza tra lui e la tartaruga;
ma se si suppone di poter dividere un segmento dello spazio
all'infinito, di conseguenza Achille non può avere altro che un tempo
infinito per raggiungere l'infinitesima suddivisione della distanza che
lo separa dalla tartaruga.
Il paradosso dei gemelli come quello della
tartaruga irraggiungibile, evidenziano come alcuni ragionamenti
scientifici, apparentemente coerenti, portino a conclusioni paradossali.
Restano perciò una sfida alla ricerca di nuovi modelli concettuali di
revisione del ragionamento scientifico precedente, che pur sembrando per
molti aspetti logico, applicato rigorosamente, diviene irrazionale anche
nei riguardi del senso comune.
Un evidente errore comune ai due paradossi
della tartaruga ed Achille, così come in quello dei gemelli, consiste
nel trattare entità quali lo spazio ed il tempo come assolute, e poi
pensare di renderle relative tra loro.
Ogni entità, infatti per essere considerata assoluta, dovrebbe anche
essere assolutamente distinta dalle altre e quindi non può poi essere
relativizzata.
Questa semplice riflessione logica non basta
per capire meglio il mistero del tempo: una sfida assai più importante e
complessa emerge oggi nella scienza.
Cosa sia il tempo in relazione alla nascita ed all'evoluzione della vita
è una questione ancora aperta alla creatività dei giovani capaci di
applicarsi allo studio della scienza.