Il caso di Alessandro e Maria

Curiosa replica di una storia

cha ha già avuto luogo

Commedia in due atti

di Giorgio Gaber e Sandro Luporini

con

Mariangela Melato

e Giorgio Gaber

(Stagione 1982 - 1983)

 

 

LEI:  Si, è giusto. Quando il maggiordomo entrerà per servirci del thè faremo silenzio... perché anch'io voglio difendere la mia solitudine.

LUI: (sorridendo) Quale solitudine?

LEI: Quella dell'indaffaratissima, agitata, allegra, bizzarra... piena di persone, piena di finestre...

LUI: Ah, una solitudine in duemila. Che chiasso! Preferisco la mia.

LEI: No, bisogna avere l'aria di essere sempre occupati in qualcosa di appassionante. Un giorno che sia una semplice giornata di ventiquattro ore è intollerabile. Una giornata deve essere un lungo piacere quasi insopportabile. Ma non sono mica io quella che sta con loro... e ride, e canta... E' la mia controfigura!... La faccio divertire come una matta... la mia controfigura!... Nessuno lo sa dove sono io... 

A proposito, nel tuo esilio non ci sarebbe posto per una  persona straordinaria,  ma così straordinaria...

LUI: Saresti tu, eh?...

LEI: (allontanandosi)... si, così straordinaria che bisogna per forza amare, preferire, difendere... proprio come se esistesse...

(sottofondo musicale. Sul fondo della scena appare l'ombra di lei che vibra come in una specie di balletto)

LUI: Io l'amavo. E' stata l'unica donna che abbia amato veramente. Anche se non la rivedrò più, ho conservato tanta bellezza di lei da averne per tutta la vita. Egoismo? Forse no. Che conta in fondo stare insieme. L'amavo davvero. Mi dava un senso di tremendamente bello e anche di pauroso, d'impalpabile... si, di eterno... Eterno... può darsi che sia una mia impressione. Probabilmente una semplice polmonite potrebbe riportarla nel nostro secolo. Perché lei non c'è nel nostro secolo. Eppure ci siamo quasi tutti. Tutti quelli che per avere la certezza di "essere" hanno bisogno di esserci. Altrimenti a che cosa servirebbe "essere" se non  appunto a "esserci".                            

Ora capisco di più la sua gioia di esistere e la sua tristezza di non essere in nessun posto. Certo, è così che si spiega la "Malinconia delle fate"... "Essere" senza "esserci".