LA MIA GENERAZIONE HA PERSO


SI PUO'
 “Libertà” è una delle parole più usate nel vocabolario della politica. Se ne fa un uso talmente strumentale da farle perdere qualsiasi significato. E soprattutto, in un mondo così disposto allo sproloquio, diventa un contenitore nel quale ognuno ci può mettere quello che vuole. In un’epoca dominata dal mercato e così piena di innovazioni siamo travolti da possibilità effimere, desideri inconsistenti e aspirazioni fasulle. Quello che ci manca e di cui spesso siamo inconsapevoli è l’unica libertà vera che è quella di pensare.
VERSO ILTERZO MILLENNIO
Il nostro vivere quotidiano è continuamente coinvolto da situazioni e avvenimenti che ci sorprendono e che ci creano sconforto. Ciascuno di noi ha dentro di se un’indignazione che non trova risposta e che si traduce in una sorta di depressione e di impotenza rassegnata. Ma forse questo non è uno specifico del nostro tempo. Forse la condizione umana è sempre stata attraversata dalla fatica e dal dolore che una volta accettati consentono all’individuo una visione della realtà più lucida e consapevole e una possibilità più concreta e meno velleitaria di cambiare le cose.
IL CONFORMISTA
L’uniformarsi ai cambiamenti e ai percorsi della storia non è in se un fatto negativo e, anzi, può rappresentare il reale desiderio di partecipare all’evoluzione dell’essere umano. Ma quando l’individuo aggrappato ai suoi vecchi principi e ideali non accetta il cambiamento costituisce un freno per la comunità. Il conformista di oggi è ancora diverso: si adegua, si trasforma e si adatta a qualsiasi nuova situazione con estrema facilità e per malcelato opportunismo. D'altronde in questa società superficiale e disgregata, i requisiti della propria affermazione in ogni campo sembrano necessariamente dover passare attraverso un mutevole e modaiolo conformismo.
QUANDO SARO’ CAPACE D’AMARE
Nonostante la fragilità delle famiglie e delle coppie l’amore sembra restare un valore assoluto. In suo nome si accetta qualsiasi tipo di trasgressione e a volte anche qualsiasi tipo di nefandezza. Le nostre vite si riempiono così di facili innamoramenti e di brividini vanitosi che ci gratificano, ci esaltano e ci appagano. Forse sarebbe opportuno interrogarci su questi amori e chiederci ogni tanto se siamo effettivamente capaci di amare.
LA RAZZA IN ESTINZIONE
E’ come se ad un certo punto della propria vita si sentisse l’esigenza di un bilancio non solo personale ma anche generazionale. Noi, con i nostri slanci, i nostri ideali, le nostre passioni e le nostre utopie siamo riusciti davvero a migliorare il mondo? Sembrerebbe proprio di no. Tutto quello in cui noi abbiamo creduto non ha più riscontro, non esiste più. Ma forse non è una catastrofe, forse il riconoscere i nostri fallimenti ci fa male ma è l’unica soluzione per ritrovare energia, entusiasmo e soprattutto voglia di vivere.
CANZONE DELL’APPARTENENZA
La nostra evoluta società è riuscita grazie alla tecnologia a fornirci strumenti rapidi e veloci di conoscenza, di informazione e di comunicazione. Il mondo è diventato più piccolo e siamo addirittura in grado, schiacciando un bottone, di rapportarci con qualsiasi individuo in qualsiasi parte del mondo. E allora come mai ci sentiamo sempre più isolati e più soli? Forse quello che ci rende sempre più smarriti e incerti sul futuro è la sensazione di non essere parte di una reale aggregazione, di una vera comunità. Ci sembra che tutto ci appartenga ma ci rendiamo conto che noi non apparteniamo a nulla.
IL POTERE DEI PIU BUONI
E’ difficile pensare che ci sia stato un altro periodo della storia in cui gli uomini siano arrivati al nostro livello di egoismo. Un uomo oggi, non avendo remore di morale e di coscienza, quanto più gli conviene tanto più è cattivo. Sembra che il mondo sia dominato da interessi unicamente personali. Eppure non si è mai parlato così tanto come in questi tempi di solidarietà e di bontà. Forse per illuderci di essere migliori, forse per confonderci un po’ le idee o forse perché anche in questo caso c’è qualcuno a cui conviene.
UN UOMO E UNA DONNA
 “Questa cosa che noi chiamiamo amore” è certamente il sentimento più importante della nostra esistenza. La complementarietà e la contrapposizione fra un uomo e una donna costituiscono i presupposti della vita e quindi della nostra sopravvivenza. Ma tutto ciò che ci circonda ci condiziona e ci disorienta rendendo sempre più difficile e problematico il rapporto intimo fra due persone che vogliono costruire un progetto comune profondo e duraturo.
DESTRA E SINISTRA
Le diverse posizioni degli schieramenti politici sono oggetto di estenuanti dibattiti, dichiarazioni e interviste che ci arrivano addosso dai giornali e dalle televisioni. In assenza di ideali e forse anche di idee, tutti si preoccupano di esasperare le differenze per affermare e giustificare una propria peculiare identità che al contrario ci appare sempre più confusa e indistinta. E allora vien voglia di esasperare il gioco: questo è di destra, quello è di sinistra. Ma cosa sono realmente la destra e la sinistra?
IL DESIDERIO
La sociologia, la psicologia, le terapie analitiche, addirittura la religione, sono da sempre costantemente impegnate a comprendere, ad elaborare teorie e a dare risposte sulla natura e sulle difficoltà dei rapporti umani. Ma sembra che tutto questo sforzo non riesca a tradursi in un aiuto effettivo volto a semplificare e a rendere più autentiche le relazioni tra le persone. Ciò che forse non viene tenuto nella giusta considerazione è quel sentimento tanto semplice quanto misterioso che chiamiamo desiderio senza il quale nulla riesce ad essere vitale.
L’OBESO
Come per certe malattie che hanno contraddistinto le varie epoche della storia, l’obesità può forse essere intesa come metafora del nostro tempo. Non si tratta solo di un eccesso di peso che non riesce ad essere smaltito, quanto di una predisposizione collettiva ad assorbire una quantità esagerata di stimoli e di conoscenze che non hanno nessuna possibilità di essere effettivamente metabolizzate e ‘fisicizzate’ dagli individui. E che ci rende tutti, magri e grassi, “obesi”.
QUALCUNO ERA COMUNISTA
La caduta delle ideologie se da un lato ci consente una visione più critica della realtà, dall’altra ci rende orfani. Nel sentirsi comunista ognuno ha tentato a modo suo di crearsi non solo un’identità, ma anche un’appartenenza capace di ridare un senso collettivo alla vita di milioni di persone. E nello stesso tempo ha rappresentato un modo di essere “contro” per cambiare veramente la vita. Ora tutto questo non c’è più. Ora è rimasto solo il ricordo e la nostalgia di una generazione che ha creduto in certi valori e in certe idealità, che soffre di questa mancanza e che si ritrova sola con un senso di vuoto e di doloroso smarrimento.
 


I TESTI DELLE CANZONI


  
SI PUÓ
 
si può
si può siamo liberi come l’aria, si può.
si può siamo noi che facciam la storia, si può.
 
Si può io mi vesto come mi pare
si può sono libero di creare
si può son padrone del mio destino
si può ho già il nuovo telefonino, si può.
 
Si può occuparsi di agriturismo
si può fare il tifo per il buddismo
si può con un gioco televisivo
si può inventare ogni giorno un divo, si può.
 
Basta uno spunto qualunque
e la nostra fantasia non ha confini.
Basta un talk-show un po’ scadente
e noi perpetuiamo allegramente
la creatività dei popoli latini.
 
Si può far miliardi con l’Enalotto
si può esser vittima di un complotto
si può far la guerra per scopi giusti
si può siamo autentici pacifisti, si può.
 
Si può trasgredire qualsiasi mito
si può invaghirsi di un travestito
si può fare i giovani a sessant’anni
si può far riesplodere il sesso ai nonni, si può.
 
Con alle spalle una storia esaltante
di invenzioni e di coraggio
è naturale che poi siamo noi
che possiamo cambiar tutto
a patto che ogni cosa  vada sempre peggio.
 
Si può siamo liberi come l’aria, si può
si può siamo noi che facciam la storia, si può.
Libertà, libertà, libertà
liberta obbligatoria.
 
Sono assai cambiato sono così spregiudicato
sono infedele sono matto posso far tutto.
Viene la paura di una vertigine totale
viene la voglia un po’ anormale
di inventare una morale.
 
Utopia… Utopia… Utopia…pia…pia…
 
Si può ricoprirsi di gran tatuaggi
si può far politica coi sondaggi
si può liberarsi e cambiare ruolo
si può rinnovarsi le tette e il culo, si può.
 
Per ogni assillo o rovello sociale
sembra che la gente goda.
Tutti che dicon la loro facciamo un bel coro
di opinioni fino a quando
il fatto non è più di moda.
 
Si può far ginnastica un’ora al giorno
si può collegarsi coi siti porno
si può a ridosso delle elezioni
si può insultarsi come coglioni, si può.
 
Si può far discorsi convenzionali
si può con il tono da intellettuali
si può dare al mondo un messaggio giusto
si può a livello di Gesù Cristo si può.
 
Contro il gran numero di ideologie
che noi abbiamo rifiutato
l’unica grande invenzione davvero efficace
e che ci piace è
questa dittatura imposta dal mercato.
 
Si può siamo liberi come l’aria, si può
si può siamo noi che facciam la storia, si può.
 
…ma come, con tutte le libertà che avete
volete anche la libertà di pensare?..
 
Utopia… Utopia… Utopia…pia…pia…
 
Libertà, libertà, libertà, libertà,
libertà, libertà, libertà, libertà,
libertà, libertà, libertà, libertà libertà.
 
L'eleganza inesorabile, la lucidità, l'ironia potente e leggera, la buona creanza nonostante l'intelligenza rivoluzionaria, la sottile gentilezza d'animo, la voglia di ridere comunque, la consapevolezza di essere un uomo superiore, la voglia di non fartelo pesare, ma solo intuire, la potenza della semplicità nella sua musica e nella sua esposizione vocale, il non arrendersi alle mode, l'aria consapevole e tollerante per quelli che non sono come lui, l'abbaglianza del suo apparentemente placido intero fanno di Giorgio un essere assolutamente unico, come artista e come uomo.
Mina
 


VERSO IL TERZO MILLENNIO
 
E tu mi vieni a dire
che l'uomo muore
lontano dalla vita
lontano dal dolore
e in questa quasi indifferenza
non è più capace
di ritrovare il suo pianeta
fatto di aria e luce.
 
E tu mi vieni a dire
che il mio presente
è come un breve amore
del tutto inconsistente
che preso dai miei sogni
io non mi sto accorgendo
che siamo al capolinea
al temine del mondo.
 
E tu mi vieni a dire
che tutto è osceno
che non c'è più nessuno
che sceglie il suo destino
non ci rendiamo conto
che siamo tutti in preda
di un grande smarrimento
di una follia suicida.
 
E sento che hai ragione se mi vieni a dire
che l'uomo sta correndo
e coi progressi della scienza
ha già stravolto il mondo
però non sa capire
che cosa c'è di vero
nell'arco di una vita
tra la culla e il cimitero.
 
E tu mi vieni a dire
c'è solo odio
ci sarà sempre qualche guerra
qualche altro genocidio
e anche in certi gesti
che sembran solidali
non c'è più un individuo
siamo ormai tutti uguali.
 
E sento che hai ragione se mi vieni a dire
che anche i più normali
in mezzo ad una folla
diventano bestiali
e questa specie di calma
del nostro mondo civile
è solo un'apparenza
solo un velo sottile.
 
E tu mi vieni a dire
quasi gridando
che non c'è più salvezza
sta sprofondando il mondo
ma io ti voglio dire
che non è mai finita
che tutto quel che accade
fa parte della vita.
 
Ma io ti voglio dire
che non è mai finita
che tutto quel che accade
fa parte della vita.
 
Gaber è sempre riuscito ad interpretare, con sensibilità accorata e profonda umanità, lo spirito dei tempi, a porci le domande più gravi ma, contemporaneamente, a rinnovare la speranza nell’uomo e nella vita. Una speranza che non si affida alle facili ideologie, ma che scaturisce dal cuore e che si mette in mostra, si affaccia timidamente e sorride.
Al dischiudersi del terzo millennio, ancora una volta, l’umanità si trova di fronte ad un pericolo mortale. Lo sviluppo scientifico, economico, demografico può provocare, entro tempi brevi, una catastrofe terrificante. E il nostro comportamento, la nostra consapevolezza restando quelli di un tempo gettano un ombra minacciosa sul futuro. Per questo egli ci dice noi «siamo tutti preda di un grande smarrimento, di una follia suicida». Ma, se ripensiamo al nostro recente passato non veniamo forse da un pericolo altrettanto grande, quando le superpotenze moltiplicavano gli arsenali termonucleari? E quali follie ci hanno dato le ideologie ottimiste del ventesimo secolo? Perciò il nuovo problema non è, in realtà, nuovo, è proprio della condizione umana, della vita, un essere sospesi sul nulla «tra la culla e il cimitero». Per questo – continuo a citare lui, che lo dice meglio di me – coraggio «non è mai finita, tutto quel che accade fa parte della vita».
Francesco Alberoni
 

  
 
IL CONFORMISTA
 
Io sono
un uomo nuovo
talmente nuovo che è da tempo
che non sono neanche più fascista
sono sensibile e altruista
orientalista
ed in passato sono stato
un po' sessantottista
da un po’ di tempo ambientalista
qualche anno fa nell'euforia mi son sentito
come un po' tutti socialista.
 
Io sono
un uomo nuovo
per carità lo dico in senso letterale
sono progressista
al tempo stesso liberista
antirazzista
e sono molto buono
sono animalista
non sono più assistenzialista
ultimamente sono un po' controcorrente
son federalista.
 
Il conformista
è uno che di solito sta sempre
dalla parte giusta, il conformista
ha tutte le risposte belle chiare
dentro la sua testa
è un concentrato di opinioni
che tiene sotto il braccio due o tre quotidiani
e quando ha voglia di pensare
pensa per sentito dire
forse
da buon opportunista
si adegua senza farci caso
e vive nel suo paradiso.
 
Il conformista
è un uomo a tutto tondo che si muove
senza consistenza, il conformista
s'allena a scivolare
dentro il mare della maggioranza
è un animale assai comune
che vive di parole da conversazione
di notte sogna e vengon fuori
i sogni di altri sognatori
il giorno
esplode la sua festa
che è stare in pace con il mondo
e farsi largo galleggiando
il conformista
il conformista.
 
Io sono
un uomo nuovo
e con le donne c'ho un rapporto straordinario
sono femminista
son disponibile e ottimista
europeista
non alzo mai la voce
sono  pacifista
ero marxista-leninista
e dopo un po' non so perché mi son trovato
cattocomunista.
 
Il conformista
non ha capito bene
che rimbalza meglio di un pallone
il conformista
aerostato evoluto
che è gonfiato dall'informazione
è il risultato di una specie
che vola sempre a bassa quota in superficie
poi sfiora il mondo con un dito
e si sente realizzato
vive
e questo già gli basta
e devo dire che oramai
somiglia molto a tutti noi
il conformista
il conformista.
 
Io sono
un uomo nuovo
talmente nuovo che si vede a prima vista
sono il nuovo conformista.
 
"Le freak c'est chic" si cantava alla fine degli anni '70. Gaber lo "scic" se l'è tolto anche dal cognome senza cadere nel conformismo dell'anticonformista.
Non è politicamente corretto. Ti urta, ti fa arrabbiare, ma ti costringe a pensare e non è mai completamente condivisibile.
I politicamente corretti, alla Jovanotti, han bisogno di barbe e scenografie cubane, immaginette di Madre Teresa e T-shirt del Che: "E’ qui la festa? Un due tre...casino!". Cantano genericamente contro la guerra nei Balcani "il mio nome è mai più”, poi vanno a braccetto con chi sostiene quella guerra, gridano "Cancella il debito!" e tutti siamo d'accordo, ma non muovono un dito per evitare che, con l'apertura delle sale Bingo, si indebitino milioni di pensionati. "Un ottimo passatempo per anziani, un'eccezionale occasione per socializzare" è stato definito il Bingo da un ministro. Il politicamente corretto è l'ipocrisia del buonismo conformista. Gaber invece è veramente buono è veramente tollerante. La prova: non ha ancora strangolato la moglie Ombretta Colli di Forza Italia.
Antonio Ricci
 
 
  
QUANDO SARO' CAPACE D’AMARE
 
Quando sarò capace d’amare
probabilmente non avrò bisogno
di assassinare in segreto mio padre
né di far l'amore con mia madre in sogno.
Quando sarò capace d’amare
con la mia donna non avrò nemmeno
la prepotenza e la fragilità
di un uomo bambino.
 
Quando sarò capace d’amare
vorrò una donna che ci sia davvero
che non affolli la mia esistenza
ma non mi stia lontana neanche col pensiero.
Vorrò una donna che se io accarezzo
una poltrona, un libro o una rosa
lei avrebbe voglia di essere solo
quella cosa.
 
Quando sarò capace d’amare
vorrò una donna che non cambi mai
ma dalle grandi alle piccole cose
tutto avrà un senso perché esiste lei.
Potrò guardare dentro al suo cuore
e avvicinarmi al suo mistero
non come quando io ragiono
ma come quando respiro.
 
Quando sarò capace d’amare
farò l'amore come mi viene
senza la smania di dimostrare
senza chiedere mai se siamo stati bene.
E nel silenzio delle notti
con gli occhi stanchi e l'animo gioioso
percepire che anche il sonno è vita
e non riposo.
 
Quando sarò capace d’amare
mi piacerebbe un amore
che non avesse alcun appuntamento
col dovere
un amore senza sensi di colpa
senza alcun rimorso
egoista e naturale come un fiume
che fa il suo corso.
 
Senza cattive o buone azioni
senza altre strane deviazioni
che se anche il fiume le potesse avere
andrebbe sempre al mare.
 
Così vorrei amare.
 
Ritrovo in questa grande canzone alcune delle mie personali incapacità, inadeguatezze e speranze.
Mi fa pensare alla fatica dei ragazzi, molti dei quali nonostante tempi e apparenze sono alla ricerca continua di pensieri alti e adulti come questi.
Spero che “Quando sarò capace d’amare” attraversi anche la loro strada.
Ivano Fossati
 
 
 
LA RAZZA IN ESTINZIONE
 
Non mi piace la finta allegria
non sopporto neanche le cene in compagnia
e coi giovani sono intransigente
di certe mode, canzoni e trasgressioni
non me ne frega niente.
E sono anche un po’ annoiato
da chi ci fa la morale
ed esalta come sacra la vita coniugale
e poi ci sono i gay che han tutte le ragioni
ma io non riesco a tollerare
le loro esibizioni.
 
Non mi piace chi è troppo solidale
e fa il professionista del sociale
ma chi specula su chi è malato
su disabili, tossici e anziani
è un vero criminale.
Ma non vedo più nessuno che s’incazza
fra tutti gli assuefatti della nuova razza
e chi si inventa un bel partito
per il nostro bene
sembra proprio destinato
a diventare un buffone.
 
Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.
 
La mia generazione ha visto
le strade, le piazze gremite
di gente appassionata
sicura di ridare un senso alla propria vita
ma ormai son tutte cose del secolo scorso
la mia generazione ha perso.
 
Non mi piace la troppa informazione
odio anche i giornali e la televisione
la cultura per le masse è un’idiozia
la fila coi panini davanti ai musei
mi fa malinconia.
E la tecnologia ci porterà lontano
ma non c’è più nessuno che sappia l’italiano
c’è di buono che la scuola
si aggiorna con urgenza
e con tutti i nuovi quiz
ci garantisce l’ignoranza.
 
Non mi piace nessuna ideologia
non faccio neanche il tifo per la democrazia
di gente che ha da dire ce n’è tanta
la qualità non è richiesta
è il numero che conta.
E anche il mio paese mi piace sempre meno
non credo più all’ingegno del popolo italiano
dove ogni intellettuale fa opinione
ma se lo guardi bene
è il solito coglione.
 
Ma forse sono io che faccio parte
di una razza
in estinzione.
 
La mia generazione ha visto
migliaia di ragazzi pronti a tutto
che stavano cercando
magari con un po’ di presunzione
di cambiare il mondo
possiamo raccontarlo ai figli
senza alcun rimorso
ma la mia generazione ha perso.
 
Non mi piace il mercato globale
che è il paradiso di ogni multinazionale
e un domani state pur tranquilli
ci saranno sempre più poveri e più ricchi
ma tutti più imbecilli.
E immagino un futuro
senza alcun rimedio
una specie di massa
senza più un individuo
e vedo il nostro stato
che è pavido e impotente
è sempre più allo sfascio
e non gliene frega niente
e vedo anche una Chiesa
che incalza più che mai
io vorrei che sprofondasse
con tutti i Papi e i Giubilei.
 
Ma questa è un’astrazione
è un’idea di chi appartiene
a una razza
in estinzione.
 
Non so se la generazione di Gaber, quella del '68 per intenderci, sia stata sconfitta. Più d'uno in ogni caso ha fatto in tempo a saltare sul carro dei vincitori. Penso che la ‘razza in estinzione’ sia piuttosto quella degli intellettuali. Intellettuale in Italia è poco meno (o poco più) di un insulto. Visto dal basso, è una delle eterne figure dell'oroscopo nazionale, quel chierico cortigiano, spocchioso e servile a un tempo addetto alla manutenzione del potere. Visto dall'alto è al contrario un ‘comunista’. L’intellettuale è, per me, chiunque sia capace di pensare oltre l’interesse personale, di classe, di appartenenza e quindi uno che vuole cambiare il mondo. Allora ci sono tanti intellettuali fra gli elettricisti quanti fra i professori, fra gli artisti come fra gli imprenditori o gli operai. Ovvero, sempre meno. Giorgio Gaber è stato, da uomo di spettacolo, un grande intellettuale. Come tale, certo, uno sconfitto a rischio di estinzione.
Tutti i poteri hanno cercato, per prima cosa, di combattere gli intellettuali, con una ferocia assoluta. L'antisemitismo è anzitutto l'odio contro un popolo ‘intellettuale’ o vissuto come tale. Ma in nessun luogo e in nessuna epoca della storia, neppure nei regimi peggiori, l'eliminazione del vizio di pensare era riuscita così bene come nell’Italia contemporanea. Senza bisogno di prigioni e tribunali speciali. Semplicemente incatenando tutti al proprio narcisismo, alla mediocre e ipocrita difesa del ‘particulare’. E’ la cosa che, in quest’Italia così ‘ricca’ e ‘libera’, ci fa mancare l'aria. Ma basta poco, una voce sola a volte, per uscire dalla prigione. La vittoria dello sconfitto Giorgio Gaber è d'averci fatto sentire più liberi, meno soli.
Curzio Maltese
 
 
 
CANZONE DELL'APPARTENENZA
 
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso
a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
 
Uomini
uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell'amore
io non pretendo di sembrarvi amico
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo
ci fosse un po' della mia vita
ma piano piano il mio destino
é andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
 
L'appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
non è il conforto di un normale voler bene
l'appartenenza
è avere gli altri
dentro di sé.
 
L'appartenenza
è assai di più della salvezza personale
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile.
E’ quel vigore che si sente
se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell'aria più vitale
che è davvero contagiosa.
 
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l'abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo
un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo
per ritrovare il mondo.
 
L'appartenenza
non è un insieme casuale di persone
non è il consenso
a un'apparente aggregazione
l'appartenenza
è avere gli altri dentro di sé.
 
L'appartenenza
è un'esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico
di un obiettivo o di uno scopo.
E' quella forza che prepara
al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti
con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
 
Sarei certo di cambiare la mia vita
se potessi cominciare
a dire noi.
 
«L’appartenenza non è un insieme casuale di persone/non è un consenso a un’apparente aggregazione/l’appartenenza/è avere gli altri dentro di sé». Che suggestione in queste parole di Giorgio Gaber! In un popolo sempre il genio illumina aspetti dell’esistenza, assicurando a tutti e a ciascuno una più matura coscienza delle evidenze e delle esigenze elementari del cuore.
L’appartenenza è un’evidenza naturale: se l’uomo non appartenesse a niente, sarebbe niente. Essa implica naturalmente il fatto che un io, che non c’era, adesso c’è. L’uomo non c’era, dunque è stato fatto da un Altro, così come il cosmo. Per questo l’appartenenza a Dio - il Mistero che fa tutte le cose - è la cosa più evidente che un uomo cosciente deve ammettere, pena il negare se stesso.
Ma come si può «avere gli altri dentro di sé» - pare un miraggio -? Il finale della canzone accenna l’alba di una risposta: «Sarei certo di cambiare la mia vita/ se potessi cominciare/a dire noi». Duemila anni fa è risuonato l’annuncio che Dio è diventato uno di noi - l’ebreo Gesù di Nazareth - per farci vivere bene. È l’amicizia con Lui a rendere l’uomo capace di realizzarsi nel profondo di una comunione, ciò che compie il desiderio che la genialità poetica di Gaber ha fissato in poche umanissime parole: «Sarei certo di cambiare la mia vita/se potessi cominciare/a dire noi». Grazie.
Luigi Giussani
 
 


IL POTERE DEI PIÙ BUONI
 
La mia vita di ogni giorno
è preoccuparmi di ciò che ho intorno
sono sensibile ed umano
probabilmente sono il più buono
ho dentro il cuore un affetto vero
per i bambini del mondo intero
ogni tragedia nazionale
è il mio terreno naturale
perché dovunque c'è sofferenza
sento la voce della mia coscienza.
 
Penso ad un popolo multirazziale
ad uno stato molto solidale
che stanzi fondi in abbondanza
perché il mio motto è l'accoglienza
penso al problema degli albanesi
dei marocchini, dei senegalesi
bisogna dare appartamenti
ai clandestini e anche ai parenti
e per gli zingari degli albergoni
coi frigobar e le televisioni.
 
E' il potere dei più buoni
è il potere dei più buoni
son già iscritto a più di mille associazioni
è il potere dei più buoni
e organizzo dovunque manifestazioni.
 
E’ il potere dei più buoni
è il potere dei più buoni
è il potere…dei più buoni…
 
La mia vita di ogni giorno
è preoccuparmi di ciò che ho intorno
ho una passione travolgente
per gli animali e per l'ambiente
penso alle vipere sempre più rare
e anche al rispetto per le zanzare
in questi tempi così immorali
io penso agli habitat naturali
penso alla cosa più importante
che è abbracciare le piante.
 
Penso al recupero dei criminali
delle puttane e dei transessuali
penso allo stress degli alluvionati
al tempo libero dei carcerati
penso alle nuove povertà
che danno molta visibilità
penso che è bello sentirsi buoni
usando i soldi degli italiani.
 
E' il potere dei più buoni
è il potere dei più buoni
costruito sulle tragedie e sulle frustrazioni
è il potere dei più buoni
che un domani può venir buono
per le elezioni.
 
E' il potere dei più buoni
è il potere dei più buoni
è il potere…dei più buoni…
 
Il potere dei più buoni è il lamento prorompente della maggioranza invisibile del Paese, quella che regolarmente, costretta un po’ a vergognarsi per aver lavorato e fatto il proprio dovere, soggiace ad ogni piccolo e macroscopico diritto di ogni minoranza, a volte protetta anche nella propria illegalità. Sorretta in una visione radical chic dell’impegno civile e politico da un sentimento misto, tutto italiano, di solidarismo cattolico e di egualitarismo postcomunista. Nobili ideali, pessime applicazioni quotidiane. Non è, quello di Gaber, compagno di viaggi e utopie giovanili, un inno alla cattiveria, né all’egoismo piccolo borghese, solo una denuncia provocatoria. Una denuncia trascinata da un testo esemplare per efficacia e da una musica appropriata nel suo scandire il crescendo dell’indignazione fino al liberatorio con i «soldi degli italiani». Una denuncia che smaschera l’ipocrisia di un certo atteggiamento sociale e politico, critico verso le intolleranze altrui fino al momento in cui non deve fare i conti personalmente con le emergenze, gli immigrati, la delinquenza eccetera. In un salotto, in una villa, su una bella auto, la forza di gravità del sociale è molto, molto più sopportabile. Di buone intenzioni sotto vuoto, protette nel vetro antiproiettile di una teca, il mondo è pieno. Ma è meglio una generosità di facciata, di anime belle, o quella più facile e autentica che cresce, seppur a fatica, lungo le strade del mondo?
Ferruccio De Bortoli

 
 

 
UN UOMO E UNA DONNA
 
E poi e poi e poi
e poi e poi
faccio fatica anche a parlare
non ne ho voglia
non so neanche decifrare
questo gran rifiuto che io sento
non so se è un odio esagerato
o un grande vuoto
o addirittura un senso di sgomento
di disgusto che cresce
che aumenta ogni giorno
mi fa male tutto quello che ho intorno.
 
E poi e poi e poi
questo gran parlare
che mi viene addosso
bocche indaffarate,
volti da rubriche di successo
eterne discussioni
sono innocue esibizioni, ma fa effetto
questo gusto, questo sfoggio
di giocare all'uncinetto con le opinioni
sono stanco vorrei andarmene lontano
ma purtroppo mi ci invischio
ogni volta mi accanisco
è una droga, non ne posso fare a meno.
E poi e poi e poi
e poi e poi...
 
Ci siamo noi, un uomo e una donna
con tutte le nostre speranze, le nostre paure
che a fatica ogni giorno cerchiamo di capire
cos'è questa cosa che noi chiamiamo amore.
 
E poi e poi e poi
è un gran bombardamento di notizie
la vita è piena di ingiustizie
di soprusi veri
devi dare una mano
non puoi tirarti fuori
devi andare a votare, poco convinto
devi fare il tuo intervento
devi partecipare
a questo gioco di potere
sempre più meschino e scaltro
e tutto quello che io sento
è qualcos'altro
è qualcos'altro.
E poi e poi e poi
e poi e poi...
 
Io e lei, un uomo e una donna
in cerca di una storia del tutto inventata
ma priva di ogni euforia e così concreta
che intorno a sé fa nascere la vita.
 
E poi e poi e poi
non saremmo più soli io e lei
finalmente coinvolti davvero
potremmo di nuovo guardare il futuro
e riparlare del mondo
non più come condanna
ma cominciando da noi
un uomo e una donna.
 
E riparlare del mondo
non più come condanna
ma cominciando da noi
un uomo e una donna.
 
Lo ascoltiamo, ci guardiamo dritto nel cuore e sentiamo che il disagio di Giorgio, come sempre, somiglia e, allo stesso tempo, stana il nostro. Il dolore di cui lui ha una cognizione lucida ed estrema ci riguarda; siamo un uomo e una donna bombardati anche noi dalle voci del mondo, sopraffatti dalle opinioni, funestati dalle esibizioni e dalle esternazioni che sono ormai la colonna sonora della nostra vita che ci pedina anche nel sonno. Chissà se, come dice lui, il nostro amore, sarà il rifugio ma anche il punto da cui ripartire per poter parlare ancora del mondo. Bisogna ascoltarli i poeti, sono gli unici che possono indicarci una via di fuga che può diventare anche un traguardo.
Simona e Ricky Tognazzi

 
 
 
DESTRA – SINISTRA
 
Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.
 
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
Fare il bagno nella vasca è di destra
far la doccia invece è di sinistra
un pacchetto di Marlboro è di destra
di contrabbando è di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una bella minestrina è di destra
il minestrone è sempre di sinistra
tutti i films che fanno oggi son di destra
se annoiano son di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Le scarpette da ginnastica o da tennis
hanno ancora un gusto un po’ di destra
ma portarle tutte sporche e un po’ slacciate
è da scemi più che di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
I blue-jeans che sono un segno di sinistra
con la giacca vanno verso destra
il concerto nello stadio è di sinistra
i prezzi sono un po’ di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
I collant son quasi sempre di sinistra
il reggicalze è più che mai di destra
la pisciata in compagnia è di sinistra
il cesso è sempre in fondo a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La piscina bella azzurra e trasparente
è evidente che sia un po’ di destra
mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare
sono di merda più che sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
L’ideologia, l’ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è la passione, l’ossessione
della tua diversità
che al momento dove è andata non si sa
dove non si sa, dove non si sa.
 
Io direi che il culatello è di destra
la mortadella è di sinistra
se la cioccolata svizzera è di destra
la Nutella è ancora di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il pensiero liberale è di destra
ora è buono anche per la sinistra
non si sa se la fortuna sia di destra
la sfiga è sempre di sinistra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Il saluto vigoroso a pugno chiuso
è un antico gesto di sinistra
quello un po’ degli anni '20, un po’ romano
è da stronzi oltre che di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
L’ideologia, l’ideologia
malgrado tutto credo ancora che ci sia
è il continuare ad affermare
un pensiero e il suo perché
con la scusa di un contrasto che non c’è
se c'è chissà dov'è, se c'é chissà dov'é.
 
Tutto il vecchio moralismo è di sinistra
la mancanza di morale è a destra
anche il Papa ultimamente
è un po' a sinistra
è il demonio che ora è andato a destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
La risposta delle masse è di sinistra
con un lieve cedimento a destra
son sicuro che il bastardo è di sinistra
il figlio di puttana è di destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Una donna emancipata è di sinistra
riservata è già un po’ più di destra
ma un figone resta sempre un’attrazione
che va bene per sinistra e destra.
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
Tutti noi ce la prendiamo con la storia
ma io dico che la colpa è nostra
è evidente che la gente è poco seria
quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
Ma cos'è la destra cos'è la sinistra...
 
Destra-sinistra
Destra-sinistra
Destra-sinistra
Destra-sinistra
Destra-sinistra
Basta!
 
Me lo ricordo, caro Giorgio Gaber, di quando da ragazzini lo inseguivamo per scroccargli il concerto di autofinanziamento politico, profittando della complicità di Nanni Ricordi, Dario Fo, Gianfranco Manfredi.
Lui, estenuato, alla fine cedeva. Quella volta il biglietto lo si pagava davvero, e volentieri, non solo per saldare i debiti col tipografo della rivista dal titolo rosso, ma perché lui sapeva esercitare l’arte di farci sentire coglioni senza offenderci, anzi, sorridendoci, forse addirittura partecipando un po’ delle nostre passioni. Era di sinistra? Mah…
Cantava la libertà come partecipazione per poi smentire il nostro entusiasmo portandoci davanti allo specchio di una solitudine disperata. Infine la sua canora divagazione filosofica si trasformava, non sembri poco, in una lezione di buon gusto. E’ di destra o di sinistra, il buon gusto? Fu allora che cominciò a sfuggire alle fatidiche categorie della politica, fino a perdersi nell’inseguimento di quella personale, autentica eleganza d’animo che consiste nel relazionarsi agli altri con distacco critico e affettuoso rispetto.
Grazie, Giorgio, del tuo saggio vivere appartato. La tua generazione ha perso ma ti ama. Ci hai aiutato a riconoscere l’inopportunità dell’eskimo senza bisogno di trasferirci a destra; e ad ammirare certe signore che indossano meravigliosamente il reggicalze anche se sono di sinistra.
Gad Lerner
 
 
 
 
IL DESIDERIO
 
Amore
non ha senso incolpare qualcuno
calcare la mano
su questo o quel difetto
o su altre cose che non contano affatto.
 
Amore
non ti prendo sul serio
quello che ci manca
si chiama desiderio.
 
Il desiderio
è la cosa più importante
è l’emozione del presente
è l’esser vivi in tutto ciò che si può fare
non solo nell’amore
il desiderio è quando inventi ogni momento
è quando ridere e parlare è una gran gioia
e questo sentimento
ti salva dalla noia.
 
Il desiderio
è la cosa più importante
che nasce misteriosamente
è il vago crescere di un turbamento
che viene dall’istinto
è il primo impulso per conoscere e capire
è la radice di una pianta delicata
che se sai coltivare
ti tiene in vita.
 
Amore
non ha senso elencare problemi
e inventar nuovi nomi
al nostro regredire
che non si ferma continuando a parlare.
 
Amore,
non è più necessario
se quello che ci manca
si chiama desiderio.
 
Il desiderio
è la cosa più importante
è un’attrazione un po’ incosciente
è l’affiorare di una strana voce
che all’improvviso ti seduce
è una tensione che non riesci a controllare
ti viene addosso non sai bene come e quando
e prima di capire
sta già crescendo.
Il desiderio è il vero stimolo interiore
è già un futuro che in silenzio stai sognando
è l’unico motore
che muove il mondo.
 
Nelle canzoni di Gaber i sentimenti, così come i difetti umani, sono rappresentati nella loro essenzialità, finendo per apparire, questi ultimi, grotteschi e mostruosi, ed i primi scandalosi nella loro assoluta innocenza. L’amore non è dunque dedizione ma pretesa, impulso non passivo ed estetico ma desiderio. Il poeta della normalità alla fine si disvela: amore è egoismo.
Gabriele Albertini
 
 
Il desiderio è dentro la nostra carne come il sangue.
Come nelle favole, come nella vita.
Quello necessario, quello del caso, quello degli eventi, quello sfrenato.
Il desiderio di Giorgio è fuori dal rumore, è nel silenzio di qualcuno che ci ascolta. E che ci cura.
Sergio Castellitto
 
 


L’OBESO
 
S’aggira per il mondo un individuo osceno
così diverso che sembra quasi disumano
è un essere inquietante e forse non è un caso
che a poco a poco diventi contagioso.
 
L’obeso,
l’obeso
l’obeso ha un aspetto
imperturbabile e imponente
è un grosso uomo che si muove lentamente
mangia sempre dalla sera alla mattina
con l’isterica passione
per qualsiasi proteina
l’obeso è imprigionato
nel suo corpo assai opulento
sembra un uomo generato
da un enorme allevamento.
 
L’obeso aumenta di peso.
L’obeso aumenta di peso.
 
L’obeso
è una strana anomalia della natura
è l’uomo nuovo che assomiglia a un grosso uovo
è felice, vive in pace nel suo stato
e s’ingurgita di tutto
sembra quasi lievitato
l’obeso s’è creato
quel suo corpo così pieno
per sfuggire dal terrore
di non essere nessuno.
 
L’obeso aumenta di peso.
L’obeso aumenta di peso.
 
L’obeso siamo tutti magri e grassi
siamo i nuovi paradossi
l’obeso è una presenza a tutto tondo
è il simbolo del mondo.
 
L’obeso mangia idee mangia opinioni
computer, cellulari
dibattiti e canzoni
mangia il sogno dell’Europa
le riforme, i parlamenti
film d’azione e libri d’arte
mangia soldi e sentimenti
e s’ingravida guardando e mangiando
gli orrori del mondo.
 
L’obeso è ormai un destino senza scampo
è la follia del nostro tempo
l’obeso è un pachiderma nauseabondo
è il simbolo del mondo.
 
L’obeso mangia gruppi finanziari
mangia spot e informazioni
aiuti umanitari
mangia slogan e ideologie
vecchie idee e nuovi miti
mangia tutti i bei discorsi
dei politici e dei preti
e s’ingurgita la pace, la guerra
la pace, la guerra.
 
L’obeso aumenta di peso.
L’obeso aumenta di peso.
 
L’obeso ha un aspetto
imperturbabile e imponente
è un futuro che è sempre più presente
mangia tutto, mangia il mondo come noi
senza il minimo disturbo
senza vomitarlo mai
l’obeso è il segreto
di un gonfiarsi disumano
l’obeso è l’infinito
di un Leopardi americano
l’obeso è l’infinito
di un Leopardi americano
l’obeso è l’infinito
di un Leopardi americano.
L’obeso
L’obeso
L’obeso…
 
Caro Giorgio, ci avevi già messo sull’avviso quando, un paio di anni fa, ci avvertivi: «La decadenza che subiamo/ alla lunga modifica il tuo metabolismo…». Forse non ti abbiamo creduto, o, forse abbiamo sottovalutato il pericolo e non ce ne siamo difesi. Ed ora con “L’obeso” ci metti di fronte alla nostra trasformazione: siamo costretti a divorare di tutto, il bene e il male, il buono e il cattivo, i soldi e i sentimenti, affetti da una sorta di mostruosa bulimia che non prevede scelta o preferenze. Siamo tutti ‘obesi’. Ma chissà che qualcuno di noi, non abbia finalmente la capacità di fermarsi (magari per vomitare, che talvolta è un esercizio salutare).
Miriam Mafai
 

 


QUALCUNO ERA COMUNISTA (Prosa)
 
Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà. .. la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una promessa, la
Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il teatro lo esigeva, la
pittura lo esigeva, la letteratura anche. . .  lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che
voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l'operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l'aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe...
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo Rai TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico
per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la
classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c'era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c'era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior partito socialista d'Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant'anni di
governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di
Bologna, l'Italicus, Ustica eccetera, eccetera, eccetera…
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che
ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos'altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo
se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa
di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
 
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso. Era come… due persone in una. Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana
e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
 
Ci deve essere una ragione se, passati dieci anni da quel dannato scioglimento del PCI, la sua mancanza, il vuoto di quello che Pier Paolo Pasolini chiamò un paese nel paese, ci viene rappresentato in una ballata piuttosto che in un libro di storia o in una storia politica.
Forse, l’arte, l’immaginazione possono vestire il lutto, quando ancora esso non è elaborato, più della dottrina. O, forse, una nostalgia struggente prende una forma poetica perché solo così può rinviare di nuovo ad un sogno che (ancora) non ha preso il corpo di una storia futura.
Qualcuno era comunista e adesso rivive nella voce di Gaber, nella musica, in tutti quei perché e in quei malgrado. Sono storie di donne e di uomini veri, di una vita, di un frammento, di una grande politica, di un tic. Compongono la storia di un popolo. C’è un popolo quando ci sono le Tavole; c’è un popolo quando si passa tra le acque che si separano, verso la terra promessa. E quando c’è un popolo, dentro ci sono insieme miserie e nobiltà (d’animo).
Quante volte abbiamo ascoltato le ultime strofe della canzone e provato un’emozione, come ascoltando l’autobiografia di una generazione.. Lo dobbiamo ad un artista di talento, un artista che amiamo, che ci ha spesso costretti al rasoio della cultura critica e dell’ironia. Qui, come in una sospensione, c’è un abbandono, tanto grande è il rimpianto e l’amputazione di noi.
E ora? Ora è il tempo della pena. Ma, domani, quelli ritorneranno.
Fausto Bertinotti

 
 
 
 
CREDITI
 
Pianoforte e Tastiere
LUIGI CAMPOCCIA
 
Basso
CLAUDIO DE MATTEI
 
Tastiere, Sax Tenore, Contralto e Soprano, Clarinetto
MIRKO GUERRINI
 
Chitarre
GIANNI MARTINI
 
Batteria
ENRICO SPIGNO
 
 
MONICA BERNI: flauto (4)
PIETRO CANTARELLI: programmazioni (5,9,11)
CLAUDIO FOSSATI: batteria (5) e percussioni (1, 9, 11)
GIANFRANCO LOMBARDI: direzione d’orchestra (4, 6)
MARTINA MARCHIORI: violoncello (2, 5, 10)
MASSIMO PIRONI: trombone (3)
BEPPE QUIRICI: basso acustico (10)
ELIO RIVAGLI: batteria (11) e percussioni (9)
MICHELE SGUOTTI: viola e violino (2)
RICCARDO TESI: organetto (7)
 
Registrato da
MARTI JANE ROBERTSON al Medastudio L’isola – Milano
 
Mixato da
RENATO CANTELE (1, 4, 5, 6, 9, 11) e da MARTI JANE ROBERTSON (2, 3, 7, 8, 10)
 
Assistente
MARCO D’AGOSTINO
 
Registrazioni aggiuntive: ENRICO TORTAROLO
Pre-produzione: Jam Studio – Genova
Editing e mastering: ANTONIO BAGLIO allo Studio Nautilus – Milano
Archi registrati al: Forum Music Village – Roma, da FABIO PATRIGNANI
Fotografie: Gianmarco Chieregato - Photomovie