La vecchina della torre
Era considerata strega perché era rinseccolita e aveva il naso lungo.
Gli armigeri decisero, a scanso di equinozi, di relegarla nella torre più alta del castello; la presero in collo e sali, sali, sali lasciarono la povera vecchina tutta sola nella stanza in cima alla torre con un ammasso di lana da filare, chiudendo la porta di ferro che dava sulle scale. Le lasciarono solo una lunga corda e un paio di secchi di rame. Lei non si scompose, cominciò a filare e siccome faceva molto freddo si ricoverava fra i fiocchi di lana.
La figliola della cuoca, una bella bambina bionda, la notte, al buio, riempiva il secchio con l'acqua del pozzo e l'altro con tutti gli avanzi di cucina per mangiare e bere.
Però……..lassù nella torre non c'era un gabinetto e la povera donnina usava un vecchio vaso da notte che rovesciava di sotto. Una mattina all'alba colse in pieno un armigero vestito di ferro e gli sporcò la sua montura si che dové farsela lavare a secchiate dalle donne di cucina. I tubi di gomma non li avevano ancora inventati e le spugne non c'erano perché il mare era lontano. Quando passavano sotto, i soldati correvano per la paura di un regalo sgradito.
La vecchia stava benissimo, filava e filava la lana tutto il giorno, e la sera gettava il secchio legato a una corda che si riempiva di arrosti, di lessi e di verdure e di frutta di stagione; per l'acqua lo stesso. Gli armigeri crudeli decisero di farla morire di sete e montarono la guardia al secchio dell'acqua; ma una bella nevicata rifornì la torre di acqua da bere, gli uomini credendola morta non ci pensarono più. La vecchina invece filava, filava e la buona figliola della cuoca, ratta ratta si alzava la notte per riempire il secchio attaccato alla corda degli avanzi delle cene dei signori castellani; un giorno ci mise anche un pulcino vivo che crescendo diventò un un galletto che faceva tanta compagnia, all' alba col suo chicchirichì svegliava tutto il castello. La vecchia filava filava, la lana era ancora tanta, ammucchiata nella torre. Un giorno, cioè una notte, mandò giù un bel corsetto a maglia per la figlia della cuoca che si era fatta bellissima. Stellina, così si chiamava mandò su un bel dolce, sparito dissero, misteriosamente dalla cucina.
La vecchia nella torre filava filava, venne un'altra primavera, gli uccellini fecero il nido su una finestra della torre e si posavano anche sulle spalle della filatrice che sorrideva con la sua bocca
sdentata.
Quando la mattina rovesciava lo sporco dalla parte del portone d'ingresso, la colpa era dei piccioni e delle papere che scorrazzavano nel cortile lastricato e il portiere puliva e innaffiava perché i signori del castello lo vedessero di buon occhio per le mance di Natale. La vecchia non si annoiava, aveva il suo galletto, i suoi uccellini e le sue albe e i tramonti. Un giorno scorse una cavalcata di cavalieri riccamente vestiti. In testa il figlio del Re, uno splendido giovane che veniva in visita ai signori castellani, lontani parenti di sua madre la Regina, da parte di uno zio della nonna del cognato del suocero di una cugina sorella gemella del fratello del Vescovo del luogo. Questo figlio del Re, guarda caso, s'innamorò della figlia della cuoca, di sedici anni, di eccezionale prosperosa rosea biondissima presenza anche nella dolcezza dello sguardo di serena bontà. Il figlio del Re decise subito di sposarla, senza dote, tanto di denaro ne aveva lui che viaggiava sempre col suo amministratore col forziere colmo di monete d'oro per le piccole spese di viaggio. La figliola della cuoca, ormai divenuta principessa e nuora del Re, mandò due magistrati a prelevare la vecchina della torre, le fece preparare una bella sala con tanti campanelli e il fuoco sempre acceso nel caminetto appena faceva fresco e una ventola girevole nelle giornate calde. La vecchina, tutta rimpulizzita, rivestita di broccato d'oro stava in poltrona a sventolarsi d'estate e a riscaldarsi d'inverno. Quando voleva filare lo faceva solo per divertimento e regalava i suoi lavori ai bambini dei servi del castello; qualche volta rimpiangeva la torre dove aveva goduto le albe e i tramonti più belli del mondo.
E il galletto? Finì bene perché fu messo in un pollaio dove vivevano sedici pollastrine bianche.
E la torre? Sul pinnacolo della torre il gran maestro maniscalco mise un bellissimo galletto in ferro battuto che girava a ventarola ad ogni soffio di vento.