COLLEGIO DI MARINA


Fondato nel 1802 dall'Arciduca Carlo d'Austria, vincitore di Napoleone ad Aspern, non da Napoleone, come si dice e si ripete, il Collegio dei Cadetti di Marina di Venezia era destinato a formare i quadri della neonata Marina Austriaca.
Neonata, perché ad una vera e propria Marina l'Austria aveva pensato soltanto dopo che si era annessa i territori della Repubblica di Venezia.
La parentesi napoleonica, dal 1806 al 1814, ne aveva frenato lo sviluppo; poi si era finalmente formata quella che, dapprima, si era chiamata Cesarea Regia Veneta Marina, e che, anche successivamente, aveva conservato una caratteristica particolare: dal momento che reclutava i suoi equipaggi nei territori già veneziani, le coste venete, istriane e dalmate, e che i quadri erano veneziani o anch'essi istriani e dalmati, con raggiunta degli ufficiali originari delle isole Ionie, anch'esse veneziane fino al 1797, si trattava di una Marina Austriaca si, ma sostanzialmente italiana.
Così, tra gli alti gradi, c'era il vice ammiraglio conte Silvestre Bandolo, destinato a diventare vice comandante supremo e cavaliere del Toson d'Oro: era un patrizio veneto di gran lignaggio, e come ci teneva!, ed era stato uno dei luogotenenti di Angelo Emo,
l'ammiraglio veneziano che all'immediata vigilia della caduta della repubblica aveva rinverdito le glorie contro i pirati barbareschi della costa tunisina.
C'era il vice ammiraglio marchese Paolucci dalle Roncole, e c'era il contrammiraglio barone Bandiera, che aveva guidato la divisione austriaca d'Oriente nella campagna di Siria nel 18.39, quando il cadetto di Marina Domenico Ghinea si era guadagnato la
medaglia d'oro nello sbarco a Sidone.
E il Collegio, riformato e ingrandito sotto Napoleone, aveva continuato ad avere direttori e docenti veneziani o provenienti dagli antichi territori veneziani. E a parlare veneziano, anche se contava allievi ufficiali sempre più numerosi provenienti dalle altre aree
della multinazionale monarchia asburgica.
Parlava italiano, o almeno il dialetto veneziano nelle sue varie inflessioni metropolitane e d'oltremare, anche la flotta austriaca.
Non può dunque sorprendere che nei registri del Collegio, allogato negli stabili dell'antico monastero di Sant'Anna, a Castello, si incontri un Guglielmo Tegethoff, che altri non è se non il futuro ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, il vincitore di Lissa.
Non può nemmeno sorprendere il fatto che proprio dal Collegio di Marina di Sant'Anna prendesse le prime mosse la cospirazione dei fratelli Bandiera, Attilio ed Emilio, figli del contrammiraglio Bandiera: i quali, diventati ufficiali, dovevano fondare, assieme al collega Domenico Moro, la società segreta "Esperia", di ispirazione mazziniana, largamente diffusa tra gli ufficiali, e intesa a promuovere con ogni mezzo l'unità e l'indipendenza italiana.
Un sogno che doveva naufragare con la fucilazione dei tre maggiori congiurati, mentre altri, che non avevano partecipato alla sfortunata spedizione dei Bandiera in Calabria, si ritroveranno fra i protagonisti delle vicende della rivoluzione veneziana del 1848 e dell'eroica resistenza di Venezia all'assedio austriaco fino all'agosto 1849.
Dopo il '48 la Marina imperiale verrà radicalmente austriacizzata, la sua base principale non sarà più Venezia ma Fola.
Anche se continua a parlare i dialetti veneti dell'Istria e della Dalmazia (ma la lingua di bordo è il tedesco e nei quadri le etnie italiane sono ormai in minoranza), sarà austriaca la flotta che, inferiore per numero e armamento, vincerà a Lissa grazie all'audacia e alla competenza dell'antico allievo del Collegio di Marina, Wilhelm von Tegetthoff.
Il quale, alla vigilia della battaglia, alzerà un segnale in tedesco, "Muss Sieg von Lissa Werden", ci sarà la vittoria a Lissa, ma si era formato alla scuola di insegnanti alcuni dei quali avevano fatto parte dell'Assemblea veneziana del 1849 che aveva votato la celebre mozione: "Venezia resisterà all'Austriaco ad ogni costo".

di ALVISE ZORZI