Spiritualità ecumenica e interreligiosa di Chiara Lubich

 

Chiara Lubich

 

Chiara Lubich, fondatrice e presidente dei Focolari, nasce a Trento nel 1920. A 23 anni, con alcune compagne, inizia una esperienza di riscoperta del Vangelo che darà origine ad un vasto movimento. Sulle rovine della guerra è la realtà di Dio-Amore che si staglia come unico loro ideale. Le parole di Gesù, calate una ad una nel quotidiano, ed in particolare il comandamento dell’amore reciproco “amatevi l’un l’altro come io ho amato voi”, provocano un cambiamento di qualità della vita personale e collettiva che si rivela fermento di unità nel tessuto sociale.

L’unità tra persone, categorie sociali e popoli, che si rivela esigenza universale, meta ideale verso cui è incamminata l’umanità, viene indicata dalla Lubich come primo impegno radicale. In questa luce la Lubich legge gli avvenimenti, chiamando tutti a partecipare coscientemente alla gestione del mondo unito.

Sorge e si sviluppa così, a partire dal 1943, il Movimento dei Focolari in seno alla Chiesa cattolica. È il diffondersi della spiritualità dell’unità che contribuisce ad abbattere pregiudizi secolari tra i cristiani. La spiritualità viene condivisa da evangelici, anglicani, riformati, ortodossi e persone appartenenti ad altre chiese o comunità ecclesiali. Dagli anni ’60 in poi la Lubich è interlocutrice di capi di Chiesa come i patriarchi ecumenici di Costantinopoli, Atenagora I, Demetrio I e Bartolomeo I, gli arcivescovi di Canterbury Ramsey, Coggan e Runcie, i vescovi evangelici della Germania Dietzfelbinger, Hanselmann e Kruse, e frère Roger Schutz di Taizé.

Il dialogo, inoltre, si apre con persone delle altre religioni: nel 1981 la Lubich è invitata ad esporre a Tokyo la sua esperienza spirituale a 10.000 buddisti. Nasce una promettente ricerca sui valori comuni ed una collaborazione nel sociale che, in seguito, si estende in altri paesi con ebrei, musulmani, taoisti, sihks, animisti etc.

Nel 1994 la Lubich viene nominata presidente onoraria della Conferenza Mondiale delle Religioni per la Pace (CMRP).

Riceve inoltre vari riconoscimenti ecumenici tra cui il premio speciale Casentino e la targa d’argento Cateriniana. Non sono mancati anche riconoscimenti e lauree honoris causa in altri campi, come recentemente la laurea in economia tributatale dalla Università Cattolica di Piacenza per il progetto di una nuova economia: “L’Economia di comunione”, che consiste in una distribuzione equa degli utili delle aziende.

Proprio a Chiara Lubich, per il suo impegno in campo ecumenico, nel giugno del 1997 a Graz (Austria) venne affidata la relazione di apertura durante la 2ª Assemblea Ecumenica Europea sul tema “Riconciliazione, dono di Dio e sorgente di vita nuova”. Lubich, basandosi sull’esperienza acquisita dai Focolari, delineò la proposta di una vera e propria spiritualità ecumenica, una spiritualità di comunione vissuta durante il dialogo con i fedeli di altre chiese cristiane. Questa spiritualità poggia su una serie di cardini ben precisi, cardini evangelici che possono essere vissuti da tutti in piena unità e sono comuni a tutte le chiese cristiane.

I cardini sono: Dio Amore, la volontà di Dio, l’amore fraterno, lo Spirito Santo, vivere la Parola, Maria.

Il primo cardine è Dio Amore. Riguardo alle lotte e alle divisioni nell’unica Chiesa di Cristo hanno influito circostanze storiche, culturali, politiche, geografiche, sociali. Ma ha influito anche il venir meno fra i cristiani di un elemento loro tipico: l’amore. Per poter tentare oggi di rimediare alla divisione dobbiamo volgere lo sguardo proprio là dov’è il principio della nostra comune fede: Dio Amore. Sarà autentico cristiano della riconciliazione solo chi sa amare gli altri con la stessa carità di Dio, la carità che fa vedere Gesù in tutti, che è destinata a tutti, che fa amare per primi, che fa amare gli altri come se stessi, che si fa uno con i fratelli. La Lubich auspica che anche le Chiese amino con questo amore. Ogni Chiesa nei secoli si è pietrificata in se stessa per le ondate di indifferenza, di incomprensione, se non di odio reciproco. Occorre perciò in ognuna un supplemento d’amore, occorrerebbe anzi che la cristianità venga invasa da una fiumana d’amore.

Un altro cardine che ci accomuna è la volontà di Dio. Fare la volontà di Dio è un vero punto di condivisione con le altre chiese. Essa va paragonata ai raggi del sole: ciascuno sul suo raggio va verso il sole che è Cristo.

E tra tutte le volontà di Dio c’è quella che è pur essa un cardine: l’amore scambievole, secondo il comandamento nuovo dato da Gesù ai suoi, nell’ultima cena: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12). Anche questo cardine è comune a tutte le Chiese. Vivendo l’amore scambievole, si pongono le condizioni per meritare tra due o più persone, tra gruppi, tra chiese, la presenza del Risorto, di Gesù in mezzo a noi, di Cristo vivo fra noi, secondo la parola di Gesù: “Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18-20). La Lubich chiama la presenza di ‘Gesù in mezzo’ il pezzo forte della spiritualità ecumenica, un formidabile aiuto per un vitale ecumenismo, una necessità ecumenica.

L’amore reciproco che merita la presenza di ‘Gesù in mezzo’ è un dono per le chiese, che saranno portate, amandosi scambievolmente, a mettere tutto in comune, divenendo ognuna dono alle altre. Cercando dapprima quello che unisce, pian piano Gesù tra noi chiarirà le divergenze teologiche che ancora ci separano, chiarirà la verità, e la verità sarà una, una sola, pur se arricchita da varie interpretazioni.

In questo senso ‘Gesù in mezzo’ è il pezzo forte dell’ecumenismo, tipico del carisma dell’unità. Non si tratta certo del quietismo di una falsa carità che nasconda le differenze o si accontenti della realtà consolante di una comunione irenica, che le lascia al punto in cui sono, perché allora Cristo Risorto non sarebbe veramente presente. La presenza di ‘Gesù in mezzo’ richiede di “fare il vuoto in se stessi per farsi uno con gli altri”, richiede il rispecchiarsi nel dolore massimo di Gesù, allorché si sente abbandonato dal Padre. È lì il vertice del dolore di Gesù, è lì il vertice del suo amore. Per un proficuo ecumenismo occorrono cuori toccati da Gesù Crocifisso e abbandonato, che in lui si rispecchino, che non lo fuggano, ma lo capiscano, lo amino, lo scelgano e sappiano vedere il suo volto divino in ogni disunità che incontrano, perché ogni disunità, ogni divisione sono Gesù abbandonato.

E si trova in Lui la luce e la forza per non fermarsi nel trauma, nello spacco della divisione, ma per andare sempre al di là e trovarvi rimedio. Gesù crocifisso e abbandonato è la chiave dell’unità, è lì il segreto per la realizzazione del più grande ed ultimo sogno di Gesù, espresso nella sua preghiera al Padre: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me, perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21). Fatti partecipi di questo infinito dolore, si può contribuire effettivamente all’unità di tutti i fratelli.

Un altro punto cardine che ci accomuna è la presenza dello Spirito Santo, ascoltare sempre la sua voce, cosa che è tipica di chi segue questa spiritualità.

E poi ancora c’è il vivere la parola di Dio, incarnandola come ha fatto Maria, la “Parola vissuta per eccellenza”, il modello dei cristiani.

Ecco la spiritualità ecumenica proposta da Chiara Lubich, che da 40 anni, con i membri dei focolari, ha instaurato il dialogo ecumenico con le altre chiese cristiane.

L’esperienza ecumenica del movimento dei focolari si è accresciuta man mano nel corso degli anni, coinvolgendo i fedeli di molte Chiese cristiane, tanto che oggi si può parlare di un piccolo popolo costituito da fedeli di diverse Chiese, i quali ripropongono con i fatti una decisione di unità che diventa vita, amore concreto e scambievole soprattutto.

Anzi, Chiara Lubich, nella sua prospettiva ecumenica, punta con grande fiducia sul dialogo dell’intero popolo di Dio, un dialogo che è al di là del patrimonio già comune costituito dal Battesimo e dalla S. Scrittura e che, oltre ai dialoghi già in atto della preghiera comune e del dialogo teologico, instaura il dialogo della carità e della sofferenza, cioè il dialogo, per così dire, della vita, generato da una spiritualità collettiva che porta alla condivisione, alla comunione, a vivere insieme, facendo di tutti coloro che l’applicano un popolo unito, per quanto ora è possibile.

L’esperienza di una spiritualità di comunione, infine, sta facendo constatare che essa non è utile solo per concorrere all’unità tra i cristiani, perché l’orizzonte dei focolari comprende anche il dialogo interreligioso con i fedeli di altre religioni; difatti da tempo si sta dialogando, ad esempio, con buddisti, ebrei, islamici o con coloro che non credono, puntando sempre soprattutto sulla legge dell’amore, su ciò che ci può unire, come il servizio ai fratelli, la compassione, il perdono, la non violenza, la cosiddetta ‘regola d’oro’, cioè “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso”, la pace tra i popoli e la salvaguardia del creato.

La spiritualità di comunione, se messa in pratica - ha concluso Chiara Lubich a Graz - produrrà due effetti: “L’umanità ritroverà l’unità per la quale Dio l’ha creata e le Chiese vivranno in piena comunione, così come egli ha pensato e fondato la sua Chiesa”.


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