Hare  Krsna

 

 

E’ un movimento spirituale il cui fondatore si chiama A.C. Bhaktivedante Swami Prabhupada, nato a Calcutta nel 1896 e morto nel 1977, laureato in filosofia, scienze economiche e lingua inglese e dirigente industriale. “Hare” significa letteralmente “Colui che scaccia i peccati” ed è attribuito a Visnu o Krsna, mentre “Hara” è un soprannome attribuito al Dio Siva.

Egli nella sua giovinezza partecipò al movimento di non violenza del mahatma Gandhi. Nel 1922 incontrò S.S.B. Sarasvatal, astronomo, matematico e fondatore di una corrente spirituale neo-indù, il quale gli consegnò l’incarico di fare conoscere la Bhagavad - Gita in Occidente. Nel 1959 diventò ufficialmente sannyasa, asceta mendicante. Nel 1965 partì per gli Stati Uniti, dove cominciò a fare conferenze sulla Bahagavad-Gita e a cantare i mantra vedici.

Il suo messaggio ha attecchito negli Stati Uniti, dapprima tra i giovani, durante gli anni della contestazione, poi nei diversi ceti sociali. Nel 1968 si diffuse in Europa. George Harrison, uno dei “Beatles”, vi aderì contribuendo anche finanziariamente alla sua diffusione.

Dalla morte del maestro il movimento è guidato da un organo collettivo di 24 membri, la “Governing Body Commission”, istituita nel 1970 dallo stesso fondatore. Ogni membro rappresenta un’area geografica in cui opera il movimento. Il centro spirituale è nell’Uttar Pradesh, in India, nell’eremo dove è conservata la memoria del fondatore, mentre il centro organizzativo è a New York.

Gli Hare Krsna si rifanno al mistico Visvambhara Misra, noto come Krishna Caitanya, (1485-1507). Egli si distinse per la spiritualità della bhakti, che è adorazione e dedizione amorosa alla divinità. Il bhakta pensa solo a Dio, vede tutto in relazione a lui, punta verso un’unione mistica col suo Dio personale, abbandonandosi a lui. Caitanya preferiva fare il samkirtana pubblico che “consiste nel recitare, con l’accompagnamento di tamburi, di cembali, di danze e di canti corali, gli inni di Radha e Krsna, che spesso assumono il carattere di processioni cantanti e danzanti, che con l’entusiasmo dei partecipanti trascinano molti spettatori, li spingono ad una partecipazione diretta, li liberano da se stessi, dirigono i cuori e i loro spiriti verso Dio in uno spirituale rapporto d’amore, in altre parole li purificano, li fortificano e li avvicinano alla presenza di Dio”.

Nella spiritualità indù Krsna va collegato col Dio Visnu e la sua tradizione. Visnu è l’energia benefica che pervade l’universo, l’onnipresente, il sostenitore e salvatore, l’amico delle creature.

 

Spiritualità degli Hare Krsna

 

Il ritorno a Dio è il fine supremo di questo movimento. Il primo obiettivo di questo movimento è di permettere all’essere umano di raggiungere il vero scopo della vita, in altre parole tornare a Dio, nella nostra vera dimora.

Questa vita materiale è miserabile, è un inganno per tutti, è temporanea.

Non possiamo rimanere sempre nello stesso corpo. Si supera questa condizione con una “conoscenza perfetta”, com’è scritto nella Bhagavad-Gita.

Per la coscienza di Krsna, l’atma, l’anima spirituale deve cambiare vestito, in altre parole il corpo. In tutti gli esseri, animale o essere umano, l’anima è la stessa, per quanto riguarda la qualità, ma non per quanto riguarda l’individualità. Noi siamo tutti intimamente legati a Krsna, che significa Dio, perché Egli è il nostro padre originale, ma abbiamo dimenticato questo legame. Perciò quando ci domandiamo: “Quale relazione ho con Dio? Qual è lo scopo della mia vita?” questo è ciò che vuol dire prendere coscienza di Krsna.

La coscienza si risveglia quando veniamo a contatto con i devoti di Krsna. Per Prabhupada la coscienza di Cristo e la coscienza di Krsna sono sinonimi. Il Movimento insegna semplicemente come amare Dio, non cerca di diffondere la “religione indù”.

La bhakti è la più alta perfezione dello yoga ed è il più alto livello di coscienza. Per arrivarci occorre controllare i sensi, diventare il servitore d’ogni essere e interessarsi al benessere di tutti. “Solo” il servizio di devozione può permettere di avvicinare il Signor Supremo. Coloro che non possiedono la coscienza di Krsna sono prigionieri delle cinque catene che legano l’individuo: la schiavitù del corpo, della famiglia, del possesso dei beni, della coscienza materiale e della religione intesa come mera ritualità. La bhakti liberatrice conduce non solo alla salvezza eterna, ma può anche dare salute psicofisica.

 

Prassi

 

 Gli Hare Krsna continuano a percorrere la via spirituale del fondatore e diffondono i principi e la prassi che li caratterizza. A tale scopo avvicinano le persone e si recano nelle case. La persona contattata, se si dimostra attenta e recettiva al messaggio proposto, è inviata ad un cammino più preciso. Il neofita passa attraverso un periodo di prova di sei mesi. Se è ritenuto idoneo, è introdotto ufficialmente nella comunità, mediante una cerimonia di iniziazione: di fronte a un fuoco che arde, riceve un nuovo nome, in sancrito, con un significato spirituale e che termina con dosa, che vuol dire “servo”. E’ poi affidato ad un maestro spirituale, dal quale riceve una collana formata da tre fili di perle: è il rosario (japa) degli Hare krsna, formato di cento perle, da ripetere sedici volte il giorno, attribuendo ad ogni grano un nome di krsna in sanscrito o in bengali, il quale va portato sempre al collo. In seguito c’è una seconda cerimonia d’iniziazione, quella del brahmano.

In essa il soggetto conosce un mantra segreto, da ripetersi tre volte il giorno; con suoni e preghiere egli indossa il sacro filo da portare al petto e sulle spalle, che è simbolo del legame spirituale della Comunità degli Hare Krsna e non ha a che fare col cordone della casta dei brahmini. Con la consacrazione a sannyasin, il discepolo si pone in uno stato di distacco totale per raggiungere l’unione con Dio. Quest’itinerario spirituale è regolato dai vidhi, i principi regolatori con cui confrontarsi e verificare la propria autenticità. Essi sono “di diversi tipi, legati ai differenti aspetti della vita spirituale, ma quattro sono i principali, cui deve sottoporsi ogni uomo civilizzato e a maggior ragione chi aspira alla realizzazione spirituale:

1) non mangiare carne, pesce o uova;

2) non fare alcun uso di eccitanti o sostanze inebrianti (droghe, alcol o anche caffè, tè, tabacco ecc.);

3) non avere alcuna attività sessuale illecita (per semplice ricerca del piacere o fuori del matrimonio, o anche nel matrimonio senza lo scopo di procreare);

4) non darsi ai giochi d’azzardo”.

Esiste anche un regolamento “minore”. Ci sono regole che riguardano il modo di vestirsi. Gli adhicarin, i membri sposati indossano una veste bianca, i brahmacarin si vestono con un tessuto di colore giallo o zafferano. Gli uomini che si sono consacrati alla divinità indossano il dhoti, il tipico perizoma indiano, che può essere di vario colore, secondo lo stato civile di chi lo indossa. Le donne vestono il sari. La rasatura del capo, con la treccia o codino detto sikka, è un’altra prescrizione per gli adepti maschi. I fedeli recano sulla fronte i tilaka, simboli indicanti che il loro corpo è il vero tempio di krsna.

La preghiera continuata è un atteggiamento fondamentale. In tal modo il fedele riesce a raggiungere uno stato d’animo di totale abbandono a Krsna, uno stato d’estasi che gli permette di raggiungere la coscienza di Krsna. Se si conta un grano del rosario per ogni ripetizione del mantra e si percorrono sedici “giri” del rosario, si ottengono i 1728 mantra desiderati. Il mahamantra è spesso accompagnato dal suono di un campanello, di un tamburo e un tamburello a sonagli. Capita spesso di vedere questi “nuovi monaci”, che offrono così la loro testimonianza a Krsna, per le strade e le piazze e raccolgono elemosine e offerte per il culto e le loro attività benefiche.

Nei templi in cui si svolge la vita più specificamente spirituale della comunità sono venerate le immagini di Krsna e Radha. Durante la loro liturgia, le due divinità sono presenti nell’immagine. La cerimonia vera e propria è ripetuta tre volte il giorno. In essa si consuma il cibo offerto, detto prasada e ci si rivolge con rispetto anche alle immagini degli avatara delle due divinità, che rappresentano la catena dei maestri spirituali, da Krsna a Prabhupada.

La vita comunitaria comprende anche lavori manuali, lo studio della Bhagavad-Gita, la diffusione del movimento.

L’obbedienza degli ordini del maestro spirituale è necessaria per arrivare a Dio, perché egli è il guru, il rappresentante di Dio: “Il maestro spirituale dev’essere onorato tanto quanto il Signore Supremo perché n’è il servitore più confidenziale. Questo è confermato in tutte le Scritture rivelate ed è accettato da tutte le autorità in campo spirituale”.

 


Indice