Don Gaetano
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Don Gaetano Montana presenta il documento della 
Conferenza Episcopale Italiana:

“Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”.

Ogni piano pastorale presenta, come principio base, l’evangelizzazione. In una società in continua evoluzione, l’elemento guida del cristiano cattolico nella vita quotidiana rimane il Vangelo, col suo messaggio eterno ma, al tempo stesso, estremamente attuale. Il mondo cambia, il Vangelo rimane identico. La sensazione più frequente per chi si occupa di catechesi è che, oltre alla mancanza del confronto fra le diverse generazioni sui temi cristiani, spesso il messaggio del Vangelo non viene recepito dai giovani. Questo ci pone davanti alcuni interrogativi. 

Perché il mondo rifiuta il
Vangelo? Perché la catechesi non funziona?

Prima di tutto, bisogna individuare e capire le tappe del processo di crescita del cristiano:

                           CAMMINO DEL CRISTIANO, PROMOSSO DALLA COMUNITA’

Prima evangelizzazione Evangelizzazione Professione di fede Catechesi
Liturgia

La prima evangelizzazione è un fatto informale, non ha schemi ed è data dalla testimonianza. Essa ha efficacia se è accompagnata da un rapporto diretto di amicizia ( in chi osserva il cristiano deve scaturire una domanda: perché si comporta così? ). La prima evangelizzazione si chiude quando, nell’altra persona, nasce il desiderio di conoscere.

L’evangelizzazione rappresenta il contatto con i primi elementi della fede ( le preghiere semplici, le parabole,… ). Con l’evangelizzazione si cominciano a capire diverse cose. Oggi succede che queste due fasi sono sparite o, quantomeno, trascurate. L’evangelizzazione si chiude con la professione di fede  
( = adesione piena e consapevole al Credo, che recitiamo ogni domenica a Messa ). L’uomo che si professa credente può adesso passare alla catechesi e alla liturgia. La catechesi è la tappa conseguente alla professione di fede, è la formazione permanente del cristiano e non ha un punto d’arrivo; questo perché, durante la crescita, le situazioni della vita cambiano, ma immutabile deve rimanere la fede cristiana. La catechesi non è un cammino solitario, ma è accompagnata dalla liturgia, che aiuta a vivere la catechesi. Catechesi e liturgia sono collegate e aiutano il cristiano a crescere ed a maturare la propria fede.

Oggi gli operatori della pastorale trascurano le prime due tappe di questo processo, curando direttamente ed erroneamente la catechesi, dando per scontata la professione di fede.

La professione di fede comporta la scelta radicale che Gesù è il centro della propria vita ed è il punto di partenza della catechesi.

Solo con la professione di fede convinta il cristiano avverte il bisogno della catechesi e della liturgia ( prima devo credere che Gesù è veramente il mio unico Signore e Salvatore, e poi devo rafforzare questa mia fede con il Vangelo ).

Annunziare il Vangelo significa innanzitutto convertire noi stessi per poi convertire il prossimo, considerando che ciascuno può recepire il messaggio del Vangelo in modo diverso, cioè cogliendone aspetti ed insegnamenti diversi.

La prima evangelizzazione è affidata ad ogni cristiano ( colui che crede in Gesù ), perché è informale ed avviene col contatto diretto col prossimo. L’essere cristiano riempie di significato la testimonianza, che è l’elemento fondamentale e decisivo del cammino del cristiano. L’evangelizzazione è affidata alla comunità cristiana che, per lo scopo, individua e qualifica un gruppo di cristiani. Destinatari della catechesi sono gli adulti, gli unici capaci di fare una scelta di fede e di adattare le situazioni della vita alla fede stessa.

Bisogna tornare all’idea che il mondo che cambia ha bisogno della prima evangelizzazione e dell’evangelizzazione. Ciò non è per niente facile, anche perché oggi, ad esempio, è divenuto drammatico il rapporto fra Cristianesimo e Islam.

Quali elementi possiamo evidenziare nel mondo che cambia?

Il mondo che cambia è divenuto plurale, cioè popolato da uomini che non vivono allo stesso modo; c’è grande varietà di religioni ( ma anche di sette religiose ); c’è grande varietà di lingue, che comporta una grande varietà di culture che si incontrano. Il mondo diventa piccolo, col rischio che ognuno smarrisca la propria identità. Il dialogo fra culture diverse non significa annullare la propria identità, ma “far propria” la propria identità. I rischi che si corrono  sono due: se si è tolleranti, si rischia di rinunciare alla propria identità e quindi si rende amorfe la propria vita; se si esaspera la propria identità, si è incapaci di dialogare con chi è diverso da noi.

Il mondo ci invita alla convivenza ( cioè ci dice che tutte le religioni, lingue, identità sono uguali, e ciò non è vero ), alla massificazione ( aspetto deleterio della globalizzazione ), alla tolleranza. Il Vangelo si deve confrontare con queste tre realtà, ma nessuna di esse ha valore cristiano.

E noi, chi dobbiamo essere?

Il cristiano “vive per…”, cioè ama, perché il Vangelo ci porta e ci fa vivere di amore.

L’amore va oltre la convivenza, la tolleranza e la massificazione.

Col "vivere per…", sia il cristiano che la comunità portano avanti l’evangelizzazione, la catechesi e la liturgia.

Diventa importante, allora, intraprendere un cammino di evangelizzazione mantenendo il pieno rispetto delle tradizioni popolari che si affiancano alla vita religiosa ( pensiamo alle rappresentazioni del triduo pasquale, alle feste parrocchiali, alle processioni,… ). Inoltre, una società diversa ed in continua evoluzione richiede qualità e criteri diversi di movimento, ben sapendo che il processo di scelta di fede ci viene offerto da Gesù quando dice: “Voi siete il sale della terra…voi siete la luce del mondo”, che è l’icona biblica proposta dal Papa ai giovani per la GMG.

Don Gaetano risponde alla seguente domanda:

Come conciliare le richieste di sostegno materiale della Chiesa cattolica con la testimonianza che il cristiano e la comunità devono dare al prossimo?

Se, da un lato, è evidente che nessun sacramento o attività spirituale deve essere legato al denaro, dall’altro lato è importante educare la comunità al sostegno della Chiesa cattolica, che impiega le risorse per i sacerdoti, per le missioni e per il sostentamento dei vari istituti religiosi di formazione, accoglienza e solidarietà. E’ certo comunque che, specie nelle parrocchie, nonostante la Chiesa ha autorizzato un tariffario con l’indicazione delle cifre massime, chiedere denaro ha involontariamente generato una “controtestimonianza”. Compito del cristiano è dunque quello di rispondere a ciò col “vivere per…”.
                                                                                               (Relazione a cura di Giuseppe Rizzo)

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