LUIGI PIRANDELLO

 

LA VITA E LE OPERE. LA FORMAZIONE.

Pirandello, noto in tutto il mondo come grande drammaturgo, nacque ad Agrigento nel 1867. Tre diversi ambienti influirono sulla sua formazione psicologica e culturale: quello siciliano (che contribui' a nutrirlo di suggestioni magico-popolari e in cui viene attraversato da fermenti anarchici ed esigenze socialiste e sovversive), quello tedesco e quello romano. Dopo aver studiato a Palermo e a Roma consegui' la laurea in filologia romanza a Bonn e si stabili' a Roma partecipando alla vita letteraria, il dissesto finanziario del padre lo costrinse all’insegnamento, rendendolo partecipe dell’esperienza del declassamento, fu poi incaricato di letteratura italiana al magistero. Nel 1903 l’allagamento di una sua zolfatara con conseguente dissesto economico, porto' la moglie ad una depressione destinata a sfociare nella pazzia (nevrosi e pazzie saranno motivi di fondo della sua opera) che Pirandello assistette fino a quando non lo decisero a chiuderla in una casa di cura. Nel 1908 fu titolare della cattedra che aveva avuto come incaricato, che tenne fino al ’22 quando il successo ottenuto nei teatri lo indusse a lasciarla per dedicarsi esclusivamente alla letteratura. Nel ’29 fu Accademico d’Italia, nel ’34 ottenne il premio Nobel. Mori' a Roma nel 1936.

A parte l’iniziale attivita' poetica che non si spinge oltre il dignitoso esercizio letterario, tutta la sua opera( una quarantina di lavori teatrali, sette romanzi, circa 250 novelle) svolge un’analisi fortemente drammatica e ironica sull’uomo contemporaneo che vuole a tutti i costi conoscersi e scoprirsi: la vita e' illogica, l’anima e' un mistero, la realta' contrasta l’apparenza, cio' che siamo non e' cio' che crediamo di essere. Di qui le ansie, la doppia maschera dell’esistenza, le incoerenze morali e psichiche, il logicismo spinto al grottesco, la crisi di una societa' disorientata e arida di certezze supreme.

"Uno, nessuno, centomila" e' proprio il romanzo dell’incomprensione totale: l’uomo crede di essere o si illude di essere uno, con quel dato carattere, invece non e' nessuno, ovvero e' centomila, in quanto appare diverso a seconda del concetto degli altri. Cosi' in ogni uomo sarebbero innumerevoli uomini, ciascuno a suo modo ragionante e a suo modo agente. Da questo urto di sentimenti, nutrito di argomentazioni alogiche e di sottigliezze, nasce il cosiddetto "PIRANDELLISMO" (per definire atteggiamenti ispirati al moderno relativismo o ad un esasperato celebralismo) o il termine "PIRANDELLIANO" (per indicare un avvenimento o una situazione paradossali).

Con questi problemi , risolti con veemente scrittura, egli influi' ovunque su moltissimi drammaturghi del nostro secolo, mentre per alcuni aspetti della sua narrativa si puo' dire che rinnovo' la tradizione scolastica di Verga, ma con una differenza fondamentale: Verga sente nella realta' il dolore e il tragico del mondo, Pirandello il comico e il grottesco.

La sua attivita' di autore si divide, generalizzando, in tre periodi:

  1. dal 1901 al 1915: periodo della narrativa, considerato il tirocinio per quello che sara' il suo sbocco naturale, il teatro: i suoi romanzi infatti sembrano sceneggiature. Scrive le "Novelle per un anno", "L’esclusa", "Il fu Mattia Pascal", "I vecchi e i giovani". In tutta la sua opera narrativa il protagonista e' il mondo piccolo borghese.
  2. Dal 1916 fino alla morte (per cui non completo' "il gigante della montagna"). Scrive molte opere teatrali che riunira' nella raccolta "Maschere nude" . Nel ’25 fondo' la sua compagnia d’arte drammatica "Ruggeri-Abba".
  3. Stagione del Surrealismo: compone "Uno, nessuno, centomila" che presenta un aspetto nuovo e ottimistico, una sorta di mistica fiducia nella natura. La tematica e' volta a valutare positivamente l’elemento inconscio, ingenuo e naturale e ad esaltare il mondo dei miti e dei simboli contro la realta' convenzionale. Concepisce l’arte come mezzo per attingere alla realta' delle cose, per avere la rivelazione intuitiva del tutto anche se la realta' ultima per Pirandello non esiste.

 

I rapporti con il fascismo mostrano la profonda contraddizione fra l’uomo che si iscrive al partito (anche dopo l’omicidio Matteotti) e la sua opera che si oppone all’attivismo fascista e alla retorica dannunziana. Vide pero' nel fascismo un movimento rivoluzionario, rappresentante le forze della vita capace di rompere le cristallizzazioni sociali; ne da' quindi un’interpretazione anarchica. La sua formazione patriottica lo identifica con una possibilita' di riscatto dal fallimento post-risorgimentale.

LA CONCEZIONE DELLA VITA

Nel periodo della formazione la cultura di Pirandello presenta una forte influenza del materialismo leopardiano e positivistico e del naturalismo siciliano, il passaggio dall’oggettivita' scientifica al soggettivismo, la forte influenza parapsicologica e filosofica di Nietzsche e Schopenauer.

All’origine della visione del mondo di Pirandello e' la crisi di una filosofia (positivismo) e di una societa' (borghese) che era alle radici della civilta' decadente. Pirandello ne prende coscienza pervenendo alle estreme e piu' paradossali conseguenze: la crisi del positivismo diventa per lui CRISI DELLA RAGIONE UMANA (dimostrera' l’irrazionalita' della ragione), la crisi della societa' diventa CRISI DELLA REALTA’ TUTTA IN ASSOLUTO.

Piarandello non mette a fuoco le motivazioni storiche di questo fallimento, ne fa solo un accenno ne' "i vecchi e i giovani" dove la nuova generazione accusa i vecchi del fallimento risorgimentale, pur non sapendo come risolvere la situazione. Come in Verga la Sicilia e' metafora della dissoluzione della societa', in cui i rapporti sono minimi, perche' la societa' e' immobile, ossia ognuno e' solo un prigioniero degli altri, dei pregiudizi. Questo mondo chiuso e' il protagonista dell’opera narrativa, a differenza di Verga pero' Pirandello si distacca dalla dimensione della pieta', tendendo a mettere in rilievo con compiacimento le miserie e i limiti dell’uomo. Lo scrittore rappresenta in maniera impietosa la povera umanita' sofferente, piena di difetti, sia fisici che psichici, arrivando ad un sentimento di dolente fraternita' con gli uomini.

La sua filosofia si basa essenzialmente sul fatto che noi viviamo in una prigione in cui ci pongono gli altri, ognuno di noi vive bloccato in un ruolo che la societa' ci impone da cui non si puo' uscire, e questo e' cio' che Pirandello chiama la "Forma". Per questa concezione della figura umana e per il senso del grottesco possiamo avvicinare Pirandello all’espressionismo. Presenta infatti vicende assurde, al limite della logica, ma per Pirandello la realta' e' piu' assurda della fantasia. A differenza del verismo quindi (oltre al fatto che l’interesse e' piu' sul problema dell’individuo che sulla societa') il principio fondamentale e' che, al di fuori di noi, nessuna realta' esiste.

Per Pirandello la realta' e' un flusso ininterrotto di vita, una continua trasformazione da uno stadio ad un altro: "siamo sempre diversi dal giorno, dall’ora, dall’attimo prima." Basilare e' quindi il contrasto tra cio' che appare (la forma) e cio' che e' (la vita); ma il reale e' inattingibile, la vita e' perennemente mutevole, e' un flusso dominato dal caso, quindi la verita' non esiste, se non nell’illusione di ciascuno di noi (influenza di Bergson). Tutto cio' che si stacca da questo flusso e assume una forma individuale (quindi l’uomo) e' destinato a morire; l’uomo e' quindi di fronte ad una tragica scelta: o ci si lascia vivere non assumendo forma o si viene fissati in una precisa forma, una maschera. Per questo la nostra realta' non e' altro che una sovrapposizione di maschere che soffocano in noi la vita e non ci danno possibilita' di realizzazione al di fuori di esse. Al di fuori della maschera l’uomo non si conosce, cercando di vivere al di fuori trova il nulla; i personaggi provano a ribellarsi ma l’evasione e' impossibile. Mattia Pascal tenta di ribellarsi dalla maschera, ma uscito dal suo ruolo non puo' vivere, ha bisogno di riscontro con la realta'. Allo stesso modo Vitangelo Moscarda, avendo deciso di sfuggire al soffocamento delle maschere, viene rinchiuso in un manicomio dove, positivamente, rientra nel flusso informe della vita. I personaggi, prendendo coscienza del contrasto tra vita e forma , vivono l’esperienza della depersonalizzazione, e' come se uscissero da loro stessi e si guardassero vivere senza riconoscersi.

Avendo capito cio' e' difficile rientrare nella vita, bisogna lasciarsi una possibilita' di fuga, un attimo di follia privata ("il treno ha fischiato").

Il punto d’approdo di questa visione drammatica della vita e' l’angoscia senza speranza, in quanto l’uomo non puo' uscire dalla tragedia della vita. L’unica ribellione e' il chiudersi nella pazzia o dimenticare le proprie sofferenze attraverso la contemplazione della natura, riconoscendo il proprio dolore un nulla in confronto all’immensita' dell’universo (tema del Decadentismo).

Anche sul piano conoscitivo la concezione di Pirandello sfocia in un RELATIVISMO GNOSEOLOGICO: non esiste una posizione privilegiata da cui osservare la realta', tutti i punti di vista sono infiniti ed equivalenti in quanto, come abbiamo gia' detto, non esiste una realta' oggettiva. La realta' e' dialettica e tra gli opposti non c’e' sintesi ma scontro: la conclusione di questo processo e' l’INCOMUNICABILITA'’. La ragione non da' ne' consolazione ne' soluzione, ma solo maggior consapevolezza ("Cosi' e', se vi pare").

Lo stile di conseguenza deve abolire la struttura della novella, rinunciando al narratore, per far spazio ai personaggi (sfocia nel teatro) che mostrano diverse prospettive, che non sono parte di un tutto, ma rimangono frammenti.

POETICA DELL’UMORISMO

L’umorismo rimane l’unica strada per la letteratura moderna (nel 1908 scrive "L’umorismo").

Essenziale e' capire la differenza tra comicita' ed umorismo: se la comicita' e' ridere di una serie di avvertimenti che gli uomini si danno a vicenda, l’umorismo deriva dalla compassione che si avverte quando dietro alla stranezza si cela un dramma umano. Il ridicolo mito della pieta', il comico unito alla compassione compongono l’umorismo.

Nell’arte l’umorismo e' la capacita' di cogliere criticamente il reale, integrando apparenza e realta' possiamo definire l’umorismo sentimento del contrario: l’arte e' quindi specchio per la vita. Quando l’arte e' umoristica l’elemento di riflessione e' predominante: la riflessione analizza, scompone, disordina il sentimento del contrario. L’umorismo e' arte per eccellenza poiche' domina la riflessione che fa vedere il sentimento del contrario.

NOVELLE PER UN ANNO

All’umorismo seguono novelle in cui si fanno piu' insistenti i temi della nevrosi e della pazzia che saranno poi centrali nel teatro. Nevrosi sono le piccole follie quotidiane o le ingenue fissazioni intellettuali. Un passo oltre e' la pazzia, non come la intendono i naturalisti ( frutto di condizioni ambientali) ma vista analogamente a Svevo, come esplosione di sofferenza e nausea esistenziale. Non mancano pero', in questo triste universo, i momenti di consolazione: la dolcezza dei ricordi ed il senso della natura che e' capace di illuminare il piccolo uomo.

"IL TRENO HA FISCHIATO"

Belluca, impiegato modello, si ribella al capo ufficio e viene portato in manicomio. Per la prima volta, udendo il fischio di un treno, intuisce l’esistenza di un’altra vita, evadendo nel mondo dell’immaginazione e della fantasia.

"TU RIDI"

Un impiegato costretto a vita ripetitiva e prostrato da una situazione familiare penosissima compensa ai mali il riso notturno; pensa che in sogno la natura gli venga incontro, in realta' gli propone una sua immagine ridicola in ufficio.

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