PATER FAMILIAS di Francesco Patierno

Cinema

Dopo dieci anni di assenza , Matteo, un ragazzo di 30 anni, torna nel suo paese vicino Napoli, dove ci sono, frattanto, i preparativi per la festa della Vergine Maria. Il pretesto del suo ritorno  sembrerebbe essere la morte del padre e una pratica notarile da firmare. Vaga per le strade del paese, rievocando i suoi amici più cari, che ora fanno parte solo di un capitolo del passato. Attraverso vari flashback si svela, lentamente, il vero motivo  del suo ritorno a Giugliano: riscattarsi per l’ aver ucciso  Alessandro, fratello della sua fidanzata Anna, che geloso della loro relazione la violentò. Sfruttando il suo unico giorno di permesso, Matteo aiuta Rosa a fuggire dal suo matrimonio infelice con Giovanni e, liberatosi dal silenzio della sua anima, ritorna in carcere, aprendo però uno spiraglio di speranza.

 

Liberamente tratto dall’ omonimo romanzo “Pater familias” di Massimo Cacciapuoti ( edito da Castelvecchi ), basato su fatti realmente accaduti, il film del regista napoletano, Francesco Patierno, non è incentrato, esclusivamente, sulla delinquenza minorile, ma sulla famiglia, o meglio, sulla figura del padre, incapace di dare ai figli attenzione ed amore, che manca e che si impone ancora nel Sud, soprattutto,  tramite la violenza.

Passato dal mondo della pubblicità al cinema, Patierno, dopo due documentari per la serie “C’era una volta” su RAI3, gira un film aspro, duro ma che sa essere anche dolce e struggente. La storia non ha un andamento lineare: le immagini del passato si alternano, come nel film Lo specchio ( Zerkalo, 1974 ) di A. Tarkovskij, a quelle del presente. Cercando di far emergere sempre la verità, riprende gli attori, professionisti e non, direttamente dalla vita e in strada, senza che la gente intorno si rendesse conto che si stava facendo cinema. Il film è in dialetto napoletano con sottotitoli, ciò nonostante non ha una matrice regionale, partenopea, ma  precisa il regista stesso: “è una storia universale, realistica in cui la donna si rassegna, facilmente, e si lascia sottometere dall’ uomo” . Pater familias è un film particolare, un andare oltre con la mdp, un mostrare una realtà inimmaginabile a lungo taciuta, il cui personaggio principale, alter- ego del regista compie un viaggio spirituale dentro se stesso.

Patierno è già impegnato in un altro film , tratto anch’ esso da un romanzo, edito da Feltrinelli: “Pericle il nero” di Ferrandino, e  la sua speranza è: «continuare ancora a crescere». Il nuovo film sarà più grottesco, fatto di più immagini, di poche parole con l’intento di rendere la voce fuori campo voce-pensiero e di azzeccare soprattutto il protagonista che dovrà impersonare un essere fragile e forte nello stesso tempo.

 

(Monteleone Grazia)

 

 

 -   Conferenza stampa dell’ 11 marzo 2003 in presenza del regista e del cast (Iacuzio, Federica Bonavolontà, Ernesto Mahieux, Lucia Ragni, Marina Suma)

 

      Intervista a Francesco Patierno.

 

Pater Familias, opera prima di Francesco Patierno, presentato a Berlino nella sezione PANORAMA al 53. Internationale Filmfestspiele, ha ottenuto consensi di critica e di pubblico. Dinanzi a ciò che accade sullo schermo non si può restare indifferenti emotivamente. Patierno proviene dal mondo della pubblicità: suoi sono gli spot Tim,  Telecom, Ferrovie dello Stato, in cui si riconosce  uno stile “misto”, tra documentario e fiction, ma sempre attento al reale..

 

-D: Se questa è l’ opera prima e visto che lei viene dalla pubblicità, allora la domanda è: come si passa dalla pubblicità a questo film?

-R: “ Certo, io lavoro in pubblicità, cercando di “sporcare” l’immagine. É un altro tipo di linguaggio. Sono passato per la televisione, la pubblicità, i documentari, ma sempre con un occhio rivolto  al cinema e a quello che avrei fatto. Quindi, è  stato un lungo apprendistato a spese di chi mi ha chiamato per questi lavori. L’ obiettivo era arrivare a fare un film. In lavori lontani c’è, comunque, un segno che è molto simile a quello del film: lo stile rallenti, il fuori-fuoco, l’uso della mdp “sporco”, l’immediatezza nella recitazione, nel tipo di ripresa, nella ricerca dei soggetti,  dei dettagli che, apparentemente, sono molto lontani dal soggetto dell’ azione”.

-D: Raccontaci le difficoltà delle varie case di produzione, il rapporto con  Cacciapuoti e la realtà.

-R: “Non abbiamo avuto nessun finanziamento da parte di una Casa di Produzione. Abbiamo tentato con la RAI, ma aveva poco denaro. La Filmast, per la quale lavoravo, voleva produrre il film. Quando abbiamo incontrato un produttore: Umberto Massa ( che nel film impersona il commissario) con l’intenzione di aiutarci, le abbiamo dato 20 milioni.

Per quanto riguarda il rapporto con Cacciapuoti: avevo letto su un giornale di Napoli del 1998 la descrizione  in 4 righe del suo romanzo. Queste 4 righe mi hanno colpito, incuriosito e l’ ho letto il giorno stesso in cui uscì. Ho contattato subito dopo Masssimo. Con lui il percorso di scrittura è stato lento: abbiamo impiegato 2 anni e 11 revisioni per giungere alla sceneggiatura. E’ stata una bella collaborazione, perché siamo stati, veramente, complementari. Ha scritto un libro imperfetto, sincero, molto maturo per la sua età ( all’epoca aveva 27-28 anni ) e faceva e fa, tuttora, l’infermiere. Quelle che abbiamo raccontato nel film e ciò che ha raccontato lui nel romanzo sono storie vere, montate drammaturgicamente per dare un senso compiuto alla storia, attinta dalla realtà, e soprattutto dal cuore. L’importante per noi è: dire, comunicare. Così dopo 2 anni abbiamo chiuso la fase di scrittura.

Per quanto riguarda, invece, il rapporto con la realtà io sono ossessionato per prima cosa da essa. Detesto la finzione. Il tentativo era riuscire a rendere quelle emozioni, situazioni, scene in maniera non finta , ma sincera, senza spettacolarizzare né il dolore né le disgrazie e con il tentativo di lasciare un segno. Infatti, sono ossessionato anche dal fatto che molte persone spariscono da questo mondo senza lasciare una traccia. C’è una poesia  molto particolare di un Anonimo che viene da un campo di concentramento e che dice più o meno: “domani morirò e nessuno saprà mai l’enorme sforzo che ho fatto per frequentare l’uomo”. Mi piace  ricostruire l’immagine delle fotografie che spesso vediamo nel telegiornale: voglio cercare di raccontare tutto ciò che c’è dietro l’immagine di quell’ uomo, cosa pensa, chi è, cosa fa. In questo film c’è molto spaesamento, molti rallenti. La figura del protagonista che  si guarda, sorride, che tiene tutto dentro, solo alla fine lo tira fuori”.

-D: Quante copie del film e quanto è costato?

-R: “Il film esce con 1 copia a Roma al Mignon e 1 al Modernissimo venerdì 7 marzo. La settimana successiva uscirà in un’altra sala romana e napoletana; in  tutta la Campania e tutti i capo-zona.

E’ costato 800 mila milioni, circa 400 € e avremo anche tra20 giorni una proiezione a Rebibbia.

-D: Faccio parte di una cooperativa a cui interessa creare film che stimolano e creano “ponti”. Ho notato  in Pater Familias un ponte con la religione. Complimenti! Avete fatto un film che mi ha toccato molto. Siete riusciti a sintetizzare infinite situazioni: una storia, un degrado, la vita così com’è dove c’è ignoranza, non c’è dialogo e c’è “inconsapevolezza”. Mostrare con le immagini significa creare consapevolezza.

-R: “Questo film vuole solo comunicare, non ha una matrice politica, sociale o cattolica. Non sono cattolico, racconto solo una storia dura, dove c’è un prete che dice parolacce e una suora che alla fine scioglie un matrimonio per  salvare una persona. Mi piace il fatto che questo film possa essere un luogo di incontro di persone che hanno diverse  visioni della vita. Mi sento indipendente nel bene e nel male.

Inoltre gli attori e i capo-reparti non hanno ricevuto una lira. Tutti hanno partecipato alla costruzione del film: tutti hanno lavorato, gratuitamente, anche lo scenografo, il montatore, ecc.”.

-D: Volevo sapere se lei conosce questa realtà.

-R: “Vengo da una famiglia benestante e non ho nulla a che fare con questo ambiente, ma mi ci sento vicino. Anche gli attori protagonisti vengono dallo steso mio ambiente, ma si sono calati nella loro parte, grazie al loro talento. Ho lavorato con loro cercando di non farli recitare, invece, gli attori non professionisti fanno parte di questo mondo: Giovanni (il marito di Rosa) ora è in galera.

Alla fine si sono fusi”.

-D: Sono un cittadino che ama la cultura e quello che ho colto in questo film è la spiritualità riferita all’uomo e la sua religiosità. Quei piccoli sospetti, quelle croci io le ho viste all’incontrario, come prese disturbanti di questo mondo.

-R: “ Non so cosa dire. Anche nelle immagini contraddittorie, dove si vede una Madonna che cade, c’è contraddizione reale tra l’essere cattolico. Ho voluto fare un film internazionale.

-D: Le scene girate per strada sono state volutamente “orchestrate” o girate così?

-R: “Tutto è girato senza dire nulla, come la rapina. Interessante è notare che nessuno reagisce, intervenendo. Il casting è durato più di 1 anno. Cercavo persone che emanassero anche l’altra metà: non solo il bene, ma anche il male.

Sono 47 attori parlanti ed è stato un bell’incastro”.

-D: Immagine “sporcata” ha detto prima, ma in che senso?

-R: “ Il presente è caratterizzato da movimenti fluidi, geometrici che nel passato si scompongono. L’effetto dell’inquadratura mossa ed impallata è stato creato, mettendo un sacchetto di sabbia sulla mdp. Mi piace il tele-obiettivo che schiaccia la persona all’ambiente. Volevo ricreare emotivamente tutto quello che filtro dalla realtà”.

-D: Nel finale, sul personaggio di Matteo cade la scelta di diventare uomo. Vede tutti i suoi compagni, ma non vede il ragazzo che lui ha ucciso.

-R: “ Matteo fa un piccolo viaggio dentro di sé. Io nella sua situazione avrei fatto le stesse cose. Amo la sua espressione distrutta, spaesata nel flashback (quando cade la Madonna ) e lo vediamo di spalle. Il percorso non è completo. Sono state apportate variazioni alla struttura del libro (dove manca la festa). Pater Familias ha bisogno di un pubblico attento. C’è una traccia , non un percorso dove ognuno può ricostruire le proprie idee: questo è intrigante”.

 

 

17/03/2003 Monteleone Grazia.

> Torna a Cinema

> Torna a Gufetto.it

  

Regia: Francesco Patierno

Interpreti: Luigi Iacuzio, Federica Bonavolontà, Ferdinando Triola, Marina Suma, Umberto Massa

Sceneggiatura: Francesco Patierno, Massimo Cacciapuoti

Montaggio: Luca M. Gazzolo

Fotografia: Mauro Marchetti

Musica: Angelo Talocci

Produzione: Kubla Khan

Distribuzione: Istituto Luce

Durata: 1h e 27’

Origine: Italia 2003

Sito ufficiale: www.paterfamilias.it