PRENDIMI L'ANIMA di Roberto Faenza |
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Prendimi
l’anima è l’ultima fatica di Roberto Faenza che ispiratosi al carteggio
ritrovato di recente tra Carl Gustav Jung, discepolo di Sigmund Freud e una
sua giovane paziente Sabine Spielrein racconta la loro travolgente storia
d’amore. La ragazza ebrea di origine russa è affetta da isteria e viene
curata dal dott. Jung che sperimenta per la prima volta su di lei il metodo
della psicoanalisi. La paziente guarisce completamente
ma nel frattempo tra i due si è stabilito un rapporto che sfocia ben presto
in una relazione sentimentale. Nella prima parte del film campeggia
la vicenda amorosa e passionale vissuta e raccontata con forza. Faenza narra
senza imbarazzo la passione vissuta tra un uomo e una donna che nella
relazione paziente-medico superano i propri ruoli e sconfinano cadendo preda
di una tempestosa passione e rischiando di perdersi l’uno nell’altra.
Questa passione si rivela, infatti, devastante per il promettente medico
Jung che, seppur innamoratissimo, teme l’amore di
Sabine capace di mettere in pericolo tutto il suo mondo: affetti e amicizie
compresi. La vita di Sabine nel film è raccontata da Marie una
giovane studentessa francese che cerca di ricostruirne la storia seguendo le
sue tracce fino in Russia dove Sabine tornerà dopo aver troncato la
relazione con Jung e dopo essere diventata a sua volta psichiatra. In Russia
fonderà l’asilo bianco, un luogo dove i bambini sono educati
all’espressione libera del proprio corpo, ma questa vocazione alla libertà
che contraddistingue il pensiero di un’eroina del Novecento, ricordata più
per la relazione clandestina con il proprio medico che per i suoi meriti,
incontrerà l’opposizione del regime staliniano. Le storie si
sovrappongono e la doppia cornice narrativa non sempre risulta convincente.
Se la prima parte può essere considerata un bel film d’amore dal tono
pacato, pieno di primi piani; nella seconda parte il clima emotivo si
raffredda e perde di intensità. Sicuramente un punto a favore nella
valutazione del film è conquistato dal cast, decisamente azzeccato. È da
riconoscere al regista italiano il merito di fare film interrogando la
storia e toccando temi profondi e umani, anche stavolta la sensazione è di
trovarsi di fronte ad una bella vicenda umana, ricca ed espressiva
sconosciuta ai più ma purtroppo raccontata in maniera troppo didascalica e
priva di slancio soprattutto nella seconda parte. Un vero peccato. 17/02/2003
Ilaria Orsini |
Regia: Roberto Faenza Cast: Iain
Glen, Emilia Paese: Italia, 2003
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