SIGUR ROS

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musica

 

Genere: .....
Miglior brano: .....
Assomiglia a: .....
Voto (0-10): ......                                     Recensione del: 10/04/2003

Fino a qualche anno fa nessuno avrebbe mai creduto che la speranza della sperimentazione musicale potesse essere l'Islanda,che fino ad allora sotto questo punto di vista ci aveva regalato solo il magico eclettismo di Bjork;eppure,oggi ci ritroviamo a fare i conti con quella che è una vera e propria ondata di talenti che dal nord muovono grandi passi verso la conquista di nuovi ambienti sonori : i Sigur Ros sono già al loro terzo album,mentre i Mùm si confermano come i loro epigoni leggermente più pop. Di origini islandesi anche Emiliana Torrini,le cui influenze inglesi approdano verso un trip-hop con sfondi alla Bjork.Il tratto più disarmante è la continua e totale beffa di ogni regola di mercato,di cui i maggiori responsabili sono i Sigur Ros : all'ultimo disco non si sono preoccupati di dare nessun titolo,né tantomeno lo hanno fatto con le tracce,il cantato non è in nessuna lingua conosciuta,bensì in un sistema di fonemi ("hopelandish") inventato dal vocalist : teoricamente, i Sigur Ros avrebbero dovuto chiudere bottega ancor prima di mettere mano agli strumenti,invece,com'è come non è,oggi li ritroviamo in rotazione (notturna) su Mtv ed i loro dischi sono osannati sia da addetti ai lavori (Radiohead) che da critici di tutto il globo. Sarà perché nessuno come loro ci aveva regalato un mondo in cui dar vita ai nostri sogni con l'arroganza però di chi non si presta a nessuna disattenzione : come i flussi di coscienza di Joyce o i tratti più visionari di Kubrick,anche i Sigur Ros disegnano contesti vicini e lontani allo stesso tempo che non si concedono a nessun momento di distrazione,pena la caduta nell'inutilità,e questo è un altro tratto paradossale del loro successo.Scompare la forma canzone,le trame si allungano e gli accordi si dispianano su più battute,conditi da arpeggi eterei e leggermente distorti,mentre i sintetizzatori che giocano un pò a nascondino danno la definitiva mazzata ai sostenitori della freddezza dell'elettronica,leggenda questa già definitivamente sfatata nel '75 da "Low" di Bowie (ah,santo Brian Eno).Uno dei punti di forza del disco,come per alcuni lavori dei Radiohead, è l'interpretazione del vocalist,il quale non preoccupandosi di raggiungere elevate vette sonore si concentra su questa surreale forma di linguaggio e sui vari modi dell'espressione : il tutto,nella sua incertezza,dà luogo a quel mondo della possibilità che dalla copertina al booklet sembra avvolgere l'ascoltatore.Cosa ci sia infatti nelle parentesi raffigurate in copertina è affidato solo all'interpretazione,ed è solo interpretando a livello individuale che tutto assume un senso,senso che dipende ovviamente da chi ascolta : l'onnipresente colore bianco suggerisce infatti l'idea che le famose lenti colorate di Cartesio possano assumere ogni tonalità,lasciandoci liberi di fluttuare in questo universo che ricorda un po' le grandi distese verdi ed il cielo plumbeo dell'Islanda.Che dire,con molta probabilità i Sigur Ros stanno conquistando il mondo perché sono riusciti a comporre la colonna sonora di un dio triste,che è quello che in fondo siamo tutti noi al cospetto dei nostri sogni e del mondo immaginario nel quale li abbiamo rinchiusi.Ascoltare quest'album potrebbe essere una buona occasione per ascoltare innanzitutto noi stessi,ma capisco che non sono molti quelli disposti a concentrarsi tanto tempo su un disco,che poi è anche uno dei migliori del 2002;beh,che dire,io il mio consiglio ve l'ho dato,per il resto…dicono che tra un po' uscirà il nuovo delle Lollipop.

Vincenzo De Simone