Iconografia e significato delle maschere sul "pronao" della Rotonda di San Galgano.

(Gennaio 2002)

di Carlo Valdameri

Non molti sono a tuttora gli studi riguardanti quell’affascinante e per molti versi enigmatico edificio che è la cosiddetta Rotonda di San Galgano. Inoltre a chi scrive non risulta sia mai stato affrontato, per lo meno approfonditamente, il tema delle cinque figure in pietra allineate su un cornicione sopra l’ingresso, molto genericamente indicate come "mascheroni" o "faccioni".

La struttura sulla quale sono posti i "mascheroni".

Per tentare un’analisi dal punto di vista iconografico delle cosiddette "maschere" della Rotonda di S. Galgano non è possibile prescindere dal fatto che esse si trovano su una struttura che è considerata successiva al corpo principale dell’edificio, ovvero alla Rotonda vera e propria.

Infatti, il corpo a pianta rettangolare - che costituisce una specie di "protiro" d’ingresso per accedere alla zona a pianta circolare- sulla cui fronte sono poste le sculture citate, avrebbe un’origine incerta ed è datata, non so quanto genericamente, al XIII° secolo (1. Si tratterebbe, pare di capire, di un elemento aggiunto nel corso di una ristrutturazione dell’edificio avvenuta tra il compimento della Rotonda vera e propria (fine XII° sec.) e la realizzazione della cappella affrescata dal Lorenzetti (attorno al 1340).

La datazione di questa parte dell’Eremo, come si vedrà, ha rilevanza anche dal punto di vista iconografico per ciò che riguarda l’intero edificio.

Prima però di porre la nostra attenzione sulle "maschere" scolpite per tentarne una spiegazione, occorre tuttavia inserire una ulteriore premessa a proposito di quali principi generali stiano alla base della realizzazione e della disposizione dell’iconografia in un edificio medievale.

Breve premessa sul senso della disposizione dell’iconografia sacra

Va detto infatti che l’edificio sacro è per gli antichi il luogo ove la divinità "risiede" e "abita" presso gli uomini.

La "presenza" del dio (oppure di Dio) non può naturalmente essere condizionato da limiti di spazio e di tempo e questo implica che il luogo dove egli risiede necessariamente deve, in forma simbolica, ricapitolare "tutto" lo spazio e "tutto" il tempo ed essere in definitiva un’immagine (ripetiamo simbolica) dell’universo intero.

Questa impostazione deve ritenersi valida sia per le architetture sacre precristiane che per quelle legate al culto cristiano, almeno sino a ché esse hanno seguito le regole dell’antica tradizione sacra (2.

In ogni caso a questa immagine cosmica del tempio si deve il modo di disporre l’iconografia sia all’interno che all’esterno delle antiche chiese: essa tende a formare infatti una cosmologia che, in rapporto con quanto appena affermato, vuole appunto identificare il luogo come "sacro", cioè come un luogo che è in qualche modo al di fuori del "divenire" quotidiano.

Sono così il cosmo e la percezione umana dei suoi cicli ad essere quindi evocati simbolicamente con le forme geometriche applicate alla costruzione, con le loro proporzioni nonché con le immagini dell’iconografia scolpita.

Le "maschere"

Applicando queste considerazioni all’analisi del significato dei "mascheroni" della Rotonda di S. Galgano, vediamo quindi come la loro stessa forma è, e vuole essere, immediatamente evocativa ed il ciclo rappresentato, spiegheremo poi in dettaglio il perché, è in questo caso quello della luna.

Basterebbe notare infatti la presenza del tema della "giovenca con le corna a falce" connesso a quello della "faccia grassa" per indicare il carattere "lunare" dell’insieme delle figure (3 ed affermare che sul cornicione si svolge una rappresentazione sintetica delle fasi lunari (4.

La giovenca con le corna a "falce di luna" alla quale abbiamo appena accennato, è infatti un simbolo piuttosto tipico della luna crescente e sarebbe lungo citare le connessioni con il tema della Grande Madre ecc.. e ci si limita qui a citare solo alcuni dei molti riferimenti bibliografici (5. Evidenziamo solo che le sue corna già ampie, che ricordano la falce lunare, con il loro rivolgersi verso l’alto, indicano di per sé la fase "crescente" dell’evoluzione dell’astro.

Essa è seguita dalla "faccia rubiconda" immagine caratteristica della luna nella sua pienezza; interessante notare come la "faccia" sia poi in realtà un faccione maschile dal quale spuntano sottili baffi che terminano con due spirali, segno del trascorrere del tempo (6.

Il perché per descrivere le fasi della luna si sia ricorso ad un elemento maschile si capisce bene nella "maschera" successiva che rappresenta niente altri che Saturno "dalla falce sottile"; i baffi sono diventati una lunga barba che è segno di decrepitezza e di fine, ovvero del tipico simbolismo connesso alla figura di Saturno.

Siamo arrivati infatti al momento della luna calante ed è proprio la falce di luna calante (si direbbe addirittura la "propria falce"), rivolta verso il basso, quella che Saturno-Crono si accinge a divorare ed a fare sparire completamente (7.

Si arriva così al momento in cui la luna scompare, quello del novilunio o della "luna nuova"; quello, insomma, in cui la vegetazione cresce e si sviluppa e infatti ecco che, come quarta scultura, compare una grossa foglia nell’atto di dispiegarsi e svilupparsi.

L’ultima maschera, piuttosto deteriorata, si deve più probabilmente considerare incompleta: dovrebbe senz’altro trattarsi della " nuova luna crescente", ovvero di un volto giovanile privo di baffi e quindi destinato rapidamente a crescere a completarsi nella sua pienezza.

Confronto con un esempio presente a Tolentino (MC).

Anche se con resa stilistica diversa, una "cosmologia lunare" simile (ovviamente non ripetitiva) a quella appena descritta si trova in un capitello — l’unico con raffigurazioni iconiche - presente nel chiostro della basilica di S. Nicola da Tolentino a Tolentino.

Per inciso segnaliamo come, a parere di chi scrive ed al di là di interpretazioni contrastanti, pare probabile una dedica "Mariana" del chiostro, se non altro (e in realtà ci sarebbe davvero dell’"altro") in ragione del fatto che l’unico affresco antico presente nel chiostro raffigura Maria con il Bambino.

Venendo specificamente al capitello in questione vediamo come la "faccia rubiconda" (che nel caso specifico parrebbe femminile) appaia su uno dei quattro lati del capitello, quello di destra guardando dal centro del chiostro, per l’esattezza. Come abbiamo suggerito in precedenza, la grande faccia dovrebbe rappresentare la fase di luna piena.

Anche in questo caso vediamo poi come il "faccione" sia seguito — ruotando a sinistra e quindi su uno spigolo del capitello - dalla faccia barbuta di Saturno che con l’attributo iconografico della "falce sottile", qui sottinteso, rappresenti la fase calante della luna.

La giovenca in questa specifica esposizione del tema iconografico segue Saturno e si trova al centro del lato del capitello rivolto verso lo spazio aperto del chiostro. La spiegazione della sua posizione viene dalla forma delle corna: esse non formano una "mezzaluna" bensì stanno appena spuntando: si tratta di un modo di rendere il momento del passaggio del novilunio, quando il sottile spicchio della luna crescente, notte dopo notte, aumenta gradualmente.

Tra la vegetazione che si sviluppa, rappresentata con chiarezza sullo sfondo, ecco, all’altro angolo della stessa faccia del capitello, la giovane "faccia" della luna crescente, non ancora piena ma certamente florida e destinata a crescere nella fase successiva.

Ancora più a sinistra, al centro del lato opposto a quello della "luna piena", è un grosso fiorone che purtroppo le immagini in mio possesso non consentono di distinguere pienamente. E’ probabilmente un accenno alla piena fioritura della vegetazione dopo che essa si è rigogliosamente dischiusa grazie all’influsso della luna nuova.

Un esempio di come le fasi lunari possano essere espresse sinteticamente è infine offerto da una pieve toscana dove le fasi della luna sono semplicemente espresse con la "faccia grassa" e la "faccia magra" che mostrano la faccia della luna nella sua pienezza ("grassa") ed in una rappresenta una fase del divenire delle sue fasi ("magra").

Occorre anche sottolineare come il capitello si trovi in un punto della iconografia cosmologica della chiesa nel quale si esprime (in estrema sintesi simbolica, ovviamente) il periodo Pasquale (la prima luna nuova dopo l’equinozio).

Il ciclo lunare e la sua connessione con il tema "Mariano"e quello della Chiesa.

Tentiamo ora di spiegare a quali significato era connesso, nel pensiero mistico medievale, il tema "lunare".

Tra le molte citazioni possibili scegliamo un passo di Alfredo Cattabiani che nel suo "Planetario" offre una sintesi piuttosto efficace e documentata delle implicazioni cristiane e specificamente mariane del tema lunare.

"La Luna ispirò ai primi cristiani e poi a quelli medievali un simbolismo che la teologia antica ha definito mysterium lunae : fu allora che Selene divenne simbolo contemporaneamente della Madonna e della Chiesa.

Questo simbolismo è tessuto sulle fasi della Luna, sulla sua <<danza amorosa>> che si conclude nelle tenebre della Luna nuova quando il Sole la feconda: <<Selene gira con incessante amore attorno a Elio e dall’unione con lui riceve la capacità di generare>> scriveva Plutarco . E così la pregava Firmico Marterno prima di convertirsi al cristianesimo: << La Luna, quasi che adorasse umilmente il Sole, si espone ai raggi della sua luce, si riabbellisce dello splendore che promana dall’altro fratello, viene rigenerata dalla luce scintillante e, quasi rinnovata, reca su di sé i monili del fulgore riflesso. O Luna, tu trapassi agli estremi confini della volta celeste, tu sei l’eccelsa che torna continuamente ad adornarsi della luce del Sole e brilla del suo splendore per dare mensilmente eterna durata alla forza seminale degli esseri viventi>>.

S’insegnava che l’incoronazione di Cristo non era avvenuta come una splendente epifania di un uomo adulto ma mediante il parto dal grembo di una Vergine che, come osserva Ugo Rahner, << accoglie la venuta di Dio come chi rappresenta e riassume in sé la Terra intera disposta alla redenzione: il Sole di Natale si unisce (è una espressione obbligata) alla Luna di Natale, e da questa congiunzione nuziale e materna, da questo synodos soprannaturale da ora in poi sarà generata ogni ulteriore vita divina; quella congiunzione continua nella nascita battesimale di coloro che rappresentano sulla Terra il corpo mistico del Cristo nella Chiesa>>.

Nacque così l’immagine della Luna Maria, la donna vestita di Sole che ha sotto i piedi la falce lunare, colei che partorisce il Sole Nuovo di Natale. E’ scritto nell’Apocalisse:

E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di Sole con la Luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo: era incinta e gridava in preda alle doglie e al travaglio del parto… Ella quindi diede alla luce un figlio, un maschio, quello che era destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro.

Le nozze soprannaturali fra il Cristo Sole e Maria Luna furono cantate dai flagellanti francesi del secolo XIV:

Ave Regina pure et gente

Trés haulte Ave Maris stella,

Ave précieuse Jovante,

Lune, ou Dieu s’esconsa.

Se ne fust la Vierge Marie,

Le siècle fust pieça perdu.

Ma la Luna ispirò anche il simbolo della Chiesa, come scriveva nel VII secolo Anastasio il Sinaita a proposito del Cristo Sole:

Egli ha dato spontaneamente il primo posto al suo proprio corpo, la Chiesa, e l’ha fatto nel mistero del Battesimo. Ora sulla terra splende Selene, voglio dire la chiesa poiché Selene ha potere su tutte le acque e la Chiesa ha potere sullo Spirito Santo che da Cristo fu donato e affidato alla chiesa come alla verace Selene affinché essa ci partorisse nella nuova nascita.

Anche le fasi della Luna vennero a simboleggiare la Chiesa nel travaglio della storia, che sparisce nelle tenebre della nuova lunazione per poi essere pervasa nuovamente della luce divina; fino a quando verrà il giorno in cui non tramonterà più, come cantava lo stesso Anastasio in questo inno:

Oh, non tramontarci più nel buio del novilunio,

o sempre irraggiante Selene.

Illuminaci il sentiero

Attraverso la divina incomprensibile oscurità

Delle Sante Scritture.

Oh, non cessare

Sposa e compagna di viaggio dell’Elio Cristo,

che come tuo sposo lunare ti riveste della sua luce, deh, non cessare

di mandarci i tuoi raggi illuminanti,

affinché Egli, traendola da sé, per tuo tramite

doni la sua luce alle stelle

e le accenda

da te per te.

Tornando a San Galgano…

Tornando alla Rotonda di San Galgano, pare allora possibile indicare come i "mascheroni" sopra descritti, posti sopra una struttura che vogliamo credere orientativamente duecentesca, siano da intendersi come particolarmente coerenti con una devozione che possiamo definire "mariana" e che già si esprimeva, non sappiamo in quali modi e con quali precise iconografie, nell’edificio. L’erezione poi, nel XIV° secolo, di una cappella dipinta dal Lorenzetti dove è posta alla contemplazione dei fedeli una grande icona affrescata della Vergine sarebbe quindi da intendersi come il rafforzarsi ed il compiersi di questa dimensione "mariana" della devozione.

Si potrebbe quindi aggiungere a quanto esposto come la definizione del rapporto Maria — Chiesa appaia particolarmente significativa nel contesto della Rotonda di S. Galgano, soprattutto considerando come le diverse versioni della leggenda del Santo cavaliere riportino la visione dei dodici apostoli —immagine evidentissima della Chiesa- proprio nel luogo ove sorse il tempietto.

In realtà sarebbe possibile aggiungere ben altre considerazioni a proposito del modo in cui si debba intendere ed a quale significato preciso rinvii questa serie di immagini ed allusioni a Maria.

Si tratterebbe tuttavia di introdurre temi che implicano notevoli approfondimenti sul piano storico ed anche esegetico — simbolico.

Per questa ragione, allora pare utile ed opportuno fermarsi a quanto già detto ed eventualmente rimandare il resto ad un’ulteriore specifica trattazione.

di Carlo Valdameri

 

 

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