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Recensioni

Michel Maffesoli, Il mistero della congiunzione, SEAM, Roma, 2000.

 

    Le caratteristiche proprie delle società contemporanee sono tali da non permettere, anche all’osservatore più attento e metodologicamente equipaggiato, un’interpretazione univoca e unitariamente intesa dei fenomeni. L’"irrazionalismo etico del mondo" dispiega così tutto il suo potenziale semantico, lasciando altresì intravedere l’irriducibile complessità della realtà. Le questioni che si pongono sono teoriche e metodologiche allo stesso tempo, nel tentativo di individuare quali siano gli strumenti più adatti all’analisi di fenomeni nei confronti dei quali le categorie classiche dimostrano ormai tutta la loro inadeguatezza. La stessa ricerca quantitativa, radicata nelle scienze sociali, mostra i suoi limiti nel momento in cui è posta davanti alla necessità di confrontarsi con una molteplicità di variabili interagenti tra loro, la cui combinazione ha esiti quasi sempre imprevedibili.

    Al di là delle apparenze, è questo il sottile filo rosso che è possibile rintracciare in un saggio di Michel Maffesoli, Il mistero della congiunzione, recentemente edito in Italia per i tipi della SEAM. La struttura agile dell’opera – si tratta di una serie di articoli che si collocano in un arco temporale compreso tra il 1984 e il 1992 – permette di ripercorrere il cammino di ricerca di un autore che, come Maffesoli, tra critiche e acclamazioni, si colloca tra i maggiori interpreti dei fenomeni della cultura contemporanea.

    L’interrogativo da cui muove Maffesoli costituisce da sempre il fondamento delle scienze sociali e della sociologia in particolare: cosa spinge gli individui gli uni verso gli altri, quale forza d’attrazione fa si che da una moltitudine di unità singole si origini la società? Qual’è il "mistero della congiunzione"? Come egli stesso afferma nell’Introduzione, "attraverso nozioni o metafore quali l’orgia, la socialità, la tribù, l’emozione, l’estetica, il mio intento mirava a far rilevare che il legame sociale non è più esclusivamente contrattuale, razionale, meramente utilitaristico o funzionale, ma reca in sé una buona componente non-razionale, non-logica, e si esprime attraverso l’effervescenza di tutte le categorie ritualizzate (sport, musica, canto, consumo e consunzione, rivolte, esplosioni) o, più semplicemente, esplicitamente spontanee" (p.8). In questo modo tutta una serie di manifestazioni della vita collettiva, escluse dal campo di osservazione, in quanto difficilmente rilevabili attraverso le metodologie quantitative, acquistano una dignità scientifica, nel tentativo di recuperare le trame, nascoste tra le pieghe della socialità, di un modo nuovo, o antico, di "stare insieme".

    Il rapporto che Maffesoli stabilisce tra "etica" ed "estetica" diviene il nodo centrale della nuova tipologia di legame sociale. Per etica egli intende una morale senza obbligazioni né sanzioni, tranne quella di essere esclusi se cessa l’inter-esse che lega al gruppo. Da qui scaturisce l’"etica dell’estetica": il semplice fatto di "provare" qualcosa insieme diviene fattore di socializzazione. In quest’ambito, il legame sociale si stabilisce a partire da una sollecitazione emotiva, destinata a durare il tempo limitato in cui permane la vicinanza tra gli individui, per poi dissolversi e ricostituirsi in un altro spazio e in un altro tempo, senza che l’esperienza precedente pregiudichi o influenzi quella successiva. Non ci sono regole da seguire, scelte ideologiche da compiere, coerenza da salvaguardare: l’unica cosa importante è abbandonarsi alla logica irrazionale delle emozioni. Il legame che ne consegue è fortemente esteriorizzato, anche se più immediato (non-mediato) e libero da vincoli esterni.

    Due in particolare, sono i saggi, contenuti in questo volume, che restituiscono il senso della riflessione di Maffesoli sui fenomeni della cultura contemporanea il primo, divenuto ormai un classico per coloro che seguono da vicino il pensiero di questo autore, è "L’etica dell’estetica" il secondo è "Ammazzare il tempo: sulla disponibilità sociale". Entrambi del 1988, contemporanei pertanto del Tempo delle tribù, costituiscono il tentativo di trasferire su di un piano teorico una riflessione che, per volere stesso dell’autore, non può che prendere le mosse dall’osservazione della realtà empirica, così come si manifesta nei fenomeni apparentemente ininfluenti della vita quotidiana.

    Da questo punto di vista, Maffesoli denuncia il "moralismo" proprio degli intellettuali, inclini a considerare se stessi interpreti per eccellenza del dover-essere, condizione che li porta ad eliminare dalla portata delle proprie analisi tutto quanto sembra porsi in aperta contraddizione con tale imperativo, vale a dire la dimensione estetica. Su queste basi, "la realtà deve entrare, anche se a forza, all’interno di un contesto preventivamente stabilito" (p.99), perché il bisogno di ordine prende il sopravvento sulla bellezza del disordine e sulla fecondia ad essa riconducibile. Al contrario la complessità, quale caratteristica delle società contemporanee, non può essere analizzata che a partire dalla considerazione dell’interdipendenza delle variabili che intervengono a determinare i singoli fenomeni, la considerazione separata delle quali condurrebbe inevitabilmente a fare della realtà un’astrazione. A questo proposito Maffesoli parla di una vera e propria "sensibilità teorica" del sociologo "che permette di evidenziare l’aspetto complesso della vita sociale, la sinergia in atto fra i vari elementi che la compongono. In antitesi al moralismo, l’estetismo rinvia a una forma di assenso alla vita. Nulla di ciò che la compone va respinto" (p. 100).

    Attraverso riferimenti che spaziano da Nietzsche a Weber, da Simmel a Guyau. da Benjamin a Durand, dall’alchimia alla letteratura, Maffesoli individua per le scienze sociali un percorso alternativo a quello incarnato dal modello scientista. Il politeismo dei valori si traduce infatti, sul piano scientifico, nel rifiuto di quella che altrove Maffesoli ha definito "la logica binaria della separazione […] L’anima e il corpo, lo spirito e la materia, l’immaginario e l’economia, l’ideologia e la produzione" e, potremmo aggiungere, la ragione e il sentimento, non si oppongono in realtà così nettamente; "la loro sinergia produce una società complessa che merita, a sua volta, un’analisi complessa". Ogni tentativo di ridurre la realtà a una dinamica di opposizione tra elementi contrari è destinata a fallire in quanto esclude di volta in volta una parte della realtà stessa o, meglio, esclude più di quanto include. "L’aspetto utopico di tale visione – afferma Maffesoli – non è poi così importante ciò che interessa è il fatto che a prevalere è la vita nella sua globalità" (p.112). Il gioco, il dono, l’arte culinaria, la prostituzione, divengono frammenti di realtà, nell’accezione che Simmel attribuisce a tale nozione, attraverso i quali è possibile cogliere l’immediatezza del legame sociale. La postmodernità trova in tale impostazione il suo fondamento più autorevole. Quello che da alcuni può essere letto come un atteggiamento di rinuncia ad ogni forma di conoscenza per rifugiarsi nell’osservazione di fenomeni quotidiani apparentemente ininfluenti – la moda, i sentimenti, l’attività dei piccoli gruppi – si traduce al contrario in un’alternativa reale al modello scientifico dominante, secondo un procedimento che avvicina la scienza all’arte.

Maria Cristina Marchetti

 


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