Cèline
 
Mea culpa
 

Pubblicati, rispettivamente, nel 1937 e nel 1941, "Mea Culpa" e "La bella rogna" appartengono alla serie dei pamphlets d'argomento politico-morale che costarono al loro autore, dopo la guerra, un'infamante condanna e una dura emarginazione, ponendo le premesse di quel "caso Céline" che dura ancor oggi con effetti di sorprendente virulenza come hanno fra l'altro dimostrato il clamore, l'interesse e lo scandalo suscitati dalla pubblicazione di "Bagatelle per un massacro". Con questo volume, Guanda intende dare un seguito organico e a suo avviso doveroso al programma - iniziato appunto con la proposta del testo integrale di "Bagatelle" - di completare agli occhi dei lettori italiani l'immagine di uno dei piu' grandi scrittori del nostro secolo, ingiustamente e arbitrariamente mutilata dalla censura che da piu' di quarant'anni grava su una parte cospicua e - nel bene e nel male - indispensabilmente significativa della sua opera. Comunque si voglia giudicare il contenuto ideologico dei pamphelets (ma sarebbe il caso di ricordare, almeno ogni tanto, che si tratta di testi letterali, nei quali la natura metaforica del discorso prevale di garn lunga sui suoi significati apparenti), resta il fatto che e' ipossibile capire il passaggio di Céline cai primi capolavori narrativi ("Viaggio al termine della notte", "Morte a credito") a quelli della maturita' ("Il castello dei rifugiati", "Nord", "Rigodon") se ci si ostini a prescindere, in base ad un'astratta discriminazione ideologica, dalla straordinaria novita' stilistica introdotta dalle concitate, roventi, apocalittiche invettivecui lo scrittore si abbandono' - senza mai perdere, tuttavia, il controllo della sua prodigiosa scrittura - in queste pagine "infami" o (come a noi sembra piu' giusto dire) supremamente rischiose, provocatorie e laceranri. Ma se, in generale, il modo piu' saggio e proficuo per accistarsi al Céline dei pamphlets e' quello di cercarvi lo scrittore e non l'ideologo, il disperato, sregolato profeta di sventure e non il presunto fautore o propagandista di crimini storici, e' quanto meno opportuno operare in esso qualche distinzione. Cosi', per quanto riguarda i due testi qui menzionati, sarebbe davvero ingenuo, se non fosse soprattutto tendenzioso, accumunare in un'unica esecrazione e sotto un'unica etichetta, quella dell'antisemitismo, gli esulcerati e deviati anatemi di "La bella rogna" con la polemica antisovietica di "Mea culpa", probabilmente la piu' implacabile, ma anche la piu' lucida requisitoria contro l'involuzione burocratica, poliziesca e neo borghese della Rivoluzione d'ottobre che la cultura occidentale abbia avuto la capacita' e il coraggio di produrre in quegli anni.