La locanda Almayer è un non-luogo, che si affaccia su un
non-mare, in un non-tempo, e insieme è il LUOGO per eccellenza, punto di arrivo
di una miriade di destini che vogliono sfuggire al loro tempo storico ponendosi
per un verso e per l'altro oltre il limite. La descrivono chiaramente le parole
di Ann Deverià, uno dei tanti personaggi da cui è popolata, una bellissima
donna mandata nella locanda dal marito perché guarisca dalla malattia
dell'adulterio: "Questo è un posto strano. La realtà sfuma e tutto
diventa memoria. Perfino tu, a poco a poco, hai cessato di essere un desiderio e
sei diventato un ricordo.[...] Questo è un posto dove prendi commiato da te
stesso. Quello che sei ti scivola addosso, a poco a poco. E te lo lasci dietro,
passo dopo passo, su questa riva che non conosce tempo e vive un solo giorno,
sempre quello. Il presente sparisce e tu diventi memoria. Sgusci via da tutto,
paure,sentimenti, desideri: li custodisci come abiti smessi, nell'armadio di una
sconosciuta saggezza, e di un'insperata pace". Proprio per scappare e
guarire dalla paura di tutto e di tutti, si trova nella locanda anche la giovane
Elisewin, col suo inutile mentore padre Pluche. Ella è protagonista insieme ad
Adams di uno dei brani più intensi del romanzo che, un momento prima li vede
vicini dopo essere stati a lungo " ai più lontani estremi della vita"
e poi... "nemmeno si erano dovuti cercare.[...] Il primo sguardo e già
lo sapevano.[...] Non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, mai".
E subito dopo i due sono già pronti per il loro "addio", perché
comunque " Il mondo di fuori è sempre là. Puoi fare qualsiasi cosa ma
stai certo che te lo ritrovi al suo posto, sempre. C'è da non crederci, ma è
così". Soggiornano nella locanda anche il professor Bartleboom, che
dedica la sua vita allo stralunato progetto di stabilire dove finisce il mare, e
il pittore Plasson, che per dipingere adopera solo l'acqua marina, raffigurando
delle vedute oceaniche su delle tele che rimangono ostinatamente bianche, nella
ricerca del "vero" colore del mare, per scoprire, pochi minuti prima
di morire, che "non è una questione di colori, è una questione di
musica". E davvero sembra di sentirlo, assistendo alle vicende che ci
scorrono innanzi, il mare. " Si sentiva il mare, come una slavina
continua, tuono incessante di un temporale figlio di chissà che cielo. Non
smetteva un attimo. Non conosceva stanchezza. E clemenza. Se lo guardi non te ne
accorgi: di quanto rumore faccia. Ma nel buio...Tutto quell'infinito diventa
solo fragore, muro di suono, urlo assillante e cieco. Non lo spegni, il mare,
quando brucia nella notte". E sfogliando le pagine avidamente per la
piacevole lettura ci si rende conto che:" Il mare. Sembrava uno
spettatore, perfino silenzioso, perfino complice. Sembrava cornice, scenario,
fondale. Ora lo guardo e capisco: il mare era tutto". E giunti alla
fine del romanzo, non rimane che chiudere il libro e andare ad osservarlo: "Lui,
il Santo, l'Unico e il Solo, L' Oceano Mare".