I VERI NOMI- Andrea De Carlo

“ Zero armi d’attacco a parte un’attenzione così affilata da essere pericolosa anche per me, zero armi da difesa a parte la fuga; zero capacità riconosciute, zero legami effettivi con la realtà. La mia forza più grande consiste nel non far parte del contesto, essere pronto a prendere distanza da qualsiasi cosa in qualsiasi momento senza perderci niente”. Così, sin dalle prime pagine , in poche righe, si presenta Alberto Scarzi, ventitreenne protagonista dell’ultimo romanzo di Andrea De Carlo, “ I veri nomi”, e già si nota che, anche questo, come altri personaggi dell’autore, è sui generis. Il romanzo è ambientato nella Milano anni settanta; compagno di avventure di Alberto è Raimondo Vaiastri: “quello che mi aveva più colpito di Raimondo Vaiastri fin dall’inizio era il fatto che non esisteva in lui una precisa linea di confine tra immaginazione e realtà. Era una sindrome simile a quella che avevo io, ma spostata su un piano di interpretazione di storie più che di loro costruzione”. Anche in questo romanzo troviamo Milano a fare da sfondo, una Milano troppo cupa e piatta, che soffoca e intorpidisce gli animi:“mi ero reso conto di come le sue invenzioni fossero il prodotto quasi inevitabile del luogo e della condizione in cui ci trovavamo, e una specie di antidoto alla piattezza senza spiragli che ci soffocava giorno dopo giorno. Il nostro bisogno di luce e sorprese di qualunque genere era così acuto da spingerci verso uno stato semiallucinatorio, dove la piattezza ordinaria delle nostre vite com’erano veniva elettrizzata dai lampi e i colori di quello che avrebbero potuto essere”. E allora, per liberarsi da una città che va loro stretta , i due ragazzi iniziano a viaggiare con la fantasia: “ era quello che facevamo: creare percorsi di fuga verso scenari suggestivi, girare a vuoto con abbastanza intensità da renderla quasi un’attività creativa”. E proprio a questa attività creativa si affidano per dare una svolta alla loro vita. I due decidono di vendere un meraviglioso libro-intervista con una grande rockstar americana all’editore Damiano Diamantini. Raimondo vende il libro, mentre Alberto, trasferitosi negli U.S.A., si è limitato a scriverlo. “Era come impersonare qualcuno e osservarlo dal di fuori, guidarlo e farsi guidare, alternare partecipazione a distacco, attrazione a giudizio”. Il libro ha un successo tanto inatteso quanto straordinario, e così il gioco continua con Alberto che scrive interviste false , in un avvicendarsi di donne e luoghi nuovi, e Raimondo che interpreta la parte dello scrittore amico delle rockstar, studiata dai due nei minimi particolari. Molto bella la parte dedicata da De Carlo alla magia che riesce a creare la scrittura, ancora una volta vista come luogo privilegiato verso cui evadere:“non ho mai provato definire in modo preciso le ragioni per cui mi sono messo a scrivere la prima volta, anche perché mi sembra che analizzare una passione sia un po’ come mettersi a fare radiografie ed esami del sangue ad una persona di cui si è innamorato. Comunque uno dei motivi è di sicuro il fatto di potermene andare via da qualsiasi posto ed essere altrove, come quando ero bambino e divoravo libri di viaggi e la mia vita reale passava in secondo o terzo piano. È lo stesso altrove dove se ne va uno che legge, quando le pagine che ha davanti lo prendono davvero; solo che uno che scrive ci può restare più a lungo. […] Poi c’è un motivo più semplice e anche più strano: l’incantamento che creano le parole quando si materializzano su un foglio bianco e formano una frase: il gioco di suoni e di immagini, i ritmi interni”. O quella in cui l’autore si sofferma a riflettere sugli errori che tutti, chi più, chi meno, commettiamo nel corso della nostra esistenza: “ E’ probabile che alcuni errori di valutazione e di reazione siano necessari alla crescita di un individuo e alla sua vita successiva: stabiliscono segnali riconoscibili e producono anticorpi, hanno in sè un nucleo che ne impedisce la ripetizione. Ma è altrettanto probabile che tutto dipenda dal tipo di errore e da chi lo commette. In certi casi gli errori stabiliscono barriere invalicabili, in altri tracciano solchi che vengono poi ripercorsi infinite volte con piccole o grandi variazioni. Altre volte ancora gli errori non insegnano niente, e si limitano ad accentuare il senso di perplessità che ogni persona sensibile prova nei confronti del mondo”. Impeccabile, come sempre, la descrizione dei sentimenti, lo scandaglio psicologico dei personaggi attuato da De Carlo: “ pensavo a quanto è facile scivolare nella vicinanza e da lì nella familiarità senza un vero slancio o una vera convinzione , solo seguendo una deriva di bisogno totalmente generico di non essere soli”. Condizione non propria solo del protagonista del romanzo , ma comune all’uomo contemporaneo che, in una società in cui si ritrova bersagliato di suoni, immagini, colori, volti…si viene a trovare come una linea sovraccarica che nell’impossibilità di comunicare lascia intravedere una coltre di solitudine, per scampare la quale, ci si perde in rapporti superficiali dettati appunto dal solo “bisogno totalmente generico di non essere soli”. Con “I veri nomi”, insomma, De Carlo ci regala un altro grande romanzo sul viaggio, sulla musica, sull’amicizia, sui sogni di due ragazzi e di un’intera generazione. Ma poi…come sarà finito il sogno di Alberto e Raimondo? Leggete il romanzo e lo scoprirete!

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