USO DEL BLOCCO DIFFERENZIALE | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
INTRODUZIONE
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Consideriamo nuovamente il nostro
fuoristrada semplificato, prescindendo, come già fatto nella rubrica
sul differenziale, dal rapporto di riduzione del cambio e della coppia conica
presente nei differenziali. Consideriamo nei nostri esempi la
classica architettura di un fuoristrada con tre differenziali
(trazione integrale permanente): il motore, rappresentato con i 4
cilindri, aziona tramite un albero di trasmissione in differenziale
centrale, anche noto come “transfer" o nel paesi di lingua inglese
come "X-case", che distribuisce il moto a due assi di trasmissione,
uno verso il differenziale e il ponte anteriore e uno verso il
differenziale a ponte posteriore. Sui due ponti, due differenziali
provvedono a trasmettere la coppia motrice alle ruote. Iniziamo
considerando il caso in cui i differenziali siano tutti di tipo
"open". Le “solite” quattro unità arbitrarie di coppia motrice
generate dal motore vengono egualmente divise dal differenziale
centrale in due unità verso il ponte anteriore e due unità verso il
ponte posteriore. I differenziali ai ponti dividono ancora per due
la coppia motrice disponibile verso le due ruote sullo stesso asse,
cosicché su ogni ruota arriva un quarto della coppia motrice, che si
trasforma in forza di trazione all’interfaccia tra ogni ruota e il
suolo.
Consideriamo questo schema perché è
sia il più “completo” dal punto di vista fuoristradistico, sia
perché i casi in cui la macchina abbia solo due differenziali, come
nel caso di molti veicoli con trazione integrale inseribile, sono
riconducibili a casi particolari, ottenuti da questo immaginando che
un differenziale sia “bloccato”. In generale, il differenziale che
dovremo considerare bloccato è quello centrale. La piccola “O” scritta al centro dei differenziali indica appunto che essi dono di tipo "open", ovvero l’usuale differenziale installato sulla maggior parte dei veicoli. Le frecce indicano anche le velocità di rotazione (ricordiamo sempre che per semplicità prescindiamo dai rapporti di riduzione, che hanno solo l’effetto di ridurre il numero di giri man mano ché andiamo dal motore verso le ruote, e di aumentare la corrispondente coppia motrice. Questa semplificazione cambia soltanto il valore assoluto di coppia motrice disponibile alle ruote ma non inficia in alcun modo i ragionamenti qualitativi che vogliamo fare rispetto alla guida.).
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UNA RUOTA SENZA ADERENZA |
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La prossima figura mostra cosa succede
quando una ruota si trova in condizioni di poca o nulla aderenza,
rappresentata dalla “chiazza” nera nella figura.
La ruota in mancanza di aderenza
ruoterà a vuoto opponendo una minima coppia sull’asse, e questa
minima coppia, riflessa dal differenziale sull’altra ruota e tramite
il differenziale centrale sulle ruote dell’altro asse, non è
sufficiente a far avanzare il veicolo. Vediamo così che in una
catena cinematica con tre differenziali, certo una delle soluzioni
più complete, è sufficiente perdere aderenza su una ruota per
trovarsi quasi irrimediabilmente fermi.
Notiamo anche subito una cosa: la
velocità di rotazione della ruota senza aderenza è ben quattro volte
quella che si avrebbe agli stessi giri del motore in condizione di
normale trazione! Dunque non si potrà insistere col motore cercando
di aumentare la coppia trasmessa a terra, per non incorrere in gravi
rischi di danneggiare qualche cosa nel caso in cui improvvisamente
la ruota riprendesse anche solo per un breve istante trazione!
Come uscire da questo problema?
Tutti i veicoli a trazione integrale
permanente dotati di tre differenziali sono dotati del blocco del
differenziale centrale: bloccando questo le situazioni in cui una
ruota ha aderenza nulla non sono più un problema, come si vede dalla
figura seguente.
Bloccando il differenziale centrale si
obbligano i due assi condotti di questo differenziale a ruotare alla
stessa velocità: l’asse che va, in questo caso, alle ruote
anteriori, causerà la rotazione solo della ruota che non ha
aderenza, ma l’asse posteriore trasmetterà la coppia alle ruote
posteriori, che essendo in condizioni di buona aderenza potranno far avanzare il veicolo.
Per i veicoli con due differenziali,
rispettivamente al ponte anteriore e posteriore, questo problema non
si presenta: il differenziale centrale non c’è, e quindi è
equivalente al blocco centrale. Questo semplifica la guida, specie
ai guidatori meno esperti, ed è per questo motivo, oltre che per
motivi di costo, che molte macchine hanno appunto solo due
differenziali. Naturalmente, appena usciti dalla situazione critica,
il differenziale centrale deve essere sbloccato. Se le condizioni di
aderenza sono comunque non ottimali, il differenziale centrale
potrebbe anche essere lasciato inserito, e infatti le macchine a due
differenziali marciano normalmente in fuoristrada in queste
condizioni, ma potendo sarà sempre meglio disinserirlo.
Alternativamente, e nei veicoli in cui questo è possibile, si otterrebbe un effetto simile bloccando il differenziale anteriore, come si vede nella figura seguente. Naturalmente, se il bloccaggio all’anteriore è del 100% si perderà, come abbiamo visto, in guidabilità; se invece all’anteriore abbiamo un differenziale tipo TorSen, che tra l’altro ha il vantaggio
di essere “sempre inserito”, non perderemo la possibilità di azionare facilmente lo sterzo, anche se, come abbiamo visto, la sua efficacia sarà inferiore a quella del differenziale "locked".
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DUE RUOTE SENZA ADERENZA |
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Un altra comune situazione in cui si
rischia di rimanere fermi è quella in cui due ruote dello stesso
ponte perdono aderenza. La configurazione con tre differenziali
"open" è mostrata in figura: le ruote posteriori sono ferme e le
ruote anteriori ruotano a vuoto:
Anche in questo caso il bloccaggio del
differenziale centrale è sufficiente a risolvere il problema: l’asse
anteriore e l’asse posteriore sono vincolati a ruotare alla stessa
velocità, e le ruote posteriori che sono in condizioni di buona
aderenza permetteranno al veicolo di muoversi:
In questa situazione invece l’eventuale bloccaggio del differenziale anteriore non sarebbe di nessun aiuto.
Sempre della serie “due ruote senza
aderenza" consideriamo i casi in cui sono due ruote di assi
differenti ad essere in condizioni di scarsa aderenza, ad esempio in
una situazione di twist, come indicato nella figura seguente:
In questo caso bloccare il
differenziale centrale non è di alcun aiuto: i due differenziali
anteriore e posteriore trasmettono il moto alle ruote senza
aderenza, e il veicolo non è in grado di avanzare:
Vediamo che se anche le ruote con
aderenza insufficiente sono dallo stesso lato bloccare il
differenziale centrale non serve a risolvere il problema:
Questa situazione può ovviamente fermare anche le macchine con solo due differenziali.
Quello che ci può trarre di impaccio
in questa situazione è il blocco, totale o parziale, dei due
differenziali ai ponti: in questo modo si obbligano le ruote di ogni
ponte a ruotare alla stessa velocità e si recupera dunque trazione.
Si può anche notare che bloccare i due differenziali ai ponti rende
inutile il blocco del differenziale centrale:
La figura seguente mostra l’effetto dei blocchi ai ponti nel caso le ruote senza aderenza siano dallo stesso lato:
Alcuni montano un differenziale
bloccabile solo ad un punte, quello posteriore: in questo caso si
può uscire dalla situazione bloccando sia il differenziale
posteriore che il differenziale centrale per evitare che tutta la
trazione disponibile vada al ponte senza blocco, cioè nel caso ad
esempio quello anteriore. In questo caso però sarà solo una ruota a
spingere la macchina, cioè quella posteriore:
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TRE RUOTE SENZA ADERENZA |
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L’ultimo caso da considerare infine è
quello in cui tre ruote sono in condizioni di scarsa aderenza,
situazione non comune ma neppure impossibile nella pratica del
fuoristrada. Il diagramma mostra la rotazione delle diverse ruote, e
naturalmente l’unica ruota che avrebbe trazione rimane ferma:
Per uscire da questa situazione è
necessario azionare due blocchi: quello centrale, per mettere
solidalmente in movimento gli alberi di trasmissione anteriore e
posteriore, e quello sul ponte dove almeno una ruota ha aderenza,
nel caso in figura quello anteriore. Tutta la trazione disponibile
viene così scaricata sull’unica ruota con trazione che potrà fare
avanzare il veicolo, mentre le altre ruote gireranno a vuoto e non
forniranno trazione.
Nel caso in cui sia una ruota
anteriore ad avere aderenza, blocchiamo il differenziale centrale
quello al ponte anteriore:
Nel caso in cui sia una ruota
posteriore ad avere aderenza, bloccheremo il differenziale centrale
e quello al ponte posteriore.
Questo termina la nostra carrellata
sui diversi casi possibili, e passiamo a riassumere il tutto in una
tabella di facile consultazione nel prossimo capitolo.
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TABELLA RIASSUNTIVA |
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Alcune considerazioni finali, prima di
guardare la tabella riassuntiva: abbiamo nei nostri modelli
semplificati considerato il caso estremo di totale perdita di
aderenza e di bloccaggio completo dei differenziali. Questo per
illustrare con la massima semplicità le diverse situazioni e
spiegare chiaramente quale effetto otteniamo azionando i bloccaggi.
Nella pratica, le situazioni di totale perdita di aderenza non sono
così frequenti (salvo in quei casi in cui una ruota sia sollevata da
terra) e un bloccaggio solo parziale dei differenziali sarà più che
adeguato per uscire dalla situazione critica che abbiamo affrontato.
Nella terza e ultima parte di questa serie cercheremo di valutare
quantitativamente le prestazioni di una catena cinematica in
funzione della percentuale di bloccaggio dei differenziali e delle
diverse condizioni di aderenza che possiamo aspettarci di trovare.
Con "LOCKED" dunque indichiamo un
blocco anche parziale dei differenziali: la possibilità di uscire
dalla situazione di guida sarà dipendente dalle condizioni di
aderenza e dalla percentuale di bloccaggio dei differenziali. Un
ultimo consiglio di guida: con differenziali a bloccaggio parziale
di tipo TorSen, può nei casi estremi essere conveniente frenare col
piede sinistro e accelerare dolcemente col piede destro. Perché?
Abbiamo visto nella precedente puntata che un differenziale TorSen
trasmette alla ruota che ruota più lentamente una coppia che è TBR
volte quella applicata alla ruota che ruota più velocemente, ovvero
quella con minore aderenza. Applicando dolcemente un po’ di freno
alle ruote, il differenziale vedrà una coppia maggiora alla ruota
con poca aderenza e trasferirà TBR volte questa coppia alla ruota
con maggiore aderenza. Sottraendo da questa coppia quella necessaria
a vincere l’azione frenante si avrà un coppia netta maggior
utilizzabile per la trazione.
Forse più di tante parole può aiutare
a comprendere questa tecnica di guida che richiede una certa
sensibilità coi pedali per evitare dirompere qualche cosa, può
essere d’aiuto il solito disegno.
Le frecce orientate in senso opposto
al moto rappresentano l’azione dei freni, che genera per reazione
una coppia vista dal differenziale TorSen. Poiché nel nostro esempio
TBR = 3, il differenziale TorSen manda alla ruota con trazione una
quantità di coppia tre volte superiore alla coppia frenante prodotta
con i freni. Questa coppia deve vincere la coppia frenante e il
risultato netto sarà la disponibilità di due unità di coppia
disponibili per la trazione:
TBR = 3
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IL COEFFICIENTE DI ATTRITO |
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La capacità del suolo di trasformare
la coppia applicata alle ruote in forza capace di far avanzare il
veicolo è misurata dal coefficiente d’attrito (“grip coefficient”) tra le ruote e il suolo. Quantitativamente esso è definito
come il rapporto tra la forza necessaria a spostare un oggetto
poggiato su una superficie e il peso che questo oggetto esercita
sulla superficie stessa. Esso dipende da due fattori: la natura
della superficie su cui facciamo muovere l’oggetto e la natura
dell’oggetto stesso: lo stesso oggetto, per esempio un pezzo di
gomma, avrà coefficiente d'attrito diverso sopra ad esempio del
cemento, una piastrella asciutta o una piastrella bagnata. Il
coefficiente d'attrito traduce in termini quantitativi precisi
concetti quali “strada scivolosa” o “gomme dalla buona tenuta”:
espressioni comunemente usate ma inadatte ad eseguire delle
valutazioni e comparazioni precise.
Il coefficiente d’attrito può essere
misurato con una certa precisione per diversi tipi di gomma su
diverse superfici, e per fissare le idee possiamo considerare la
tabella che segue per avere una idea di quanto sia buona la trazione
su diversi terreni. Viene fornito un certo spettro di valori, poiché
il “grip” che può offrire un certo pneumatico sui diversi fondi
dipende da molti parametri, e di converso pneumatici di diverso
disegno e mescola (e anche a diversa pressione di gonfiaggio o su
cerchi di diversa dimensione) hanno comportamenti differenti sullo
stesso fondo percorso: al solito quello che ci interessa qui è
capire il comportamento del nostro fuoristrada nelle diverse
situazioni più che eseguire delle precise misurazioni di valore più
teorico che altro.
La gomma che consideriamo nella
tabella seguente è una gomma di buona qualità con un disegno adatto
al fuoristrada (diciamo un 50/50): sono dunque escluse da un lato le
gomme puramente “cross”, che mostreranno un grip migliore nelle
situazioni di bassa aderenza e dall’altro lato quelle impiegate sui
veicoli ricreazionali, con disegno sostanzialmente stradale e che
mentre hanno grip migliori di quelli della tabella nelle condizioni
di buona trazione sono invece inferiori nelle condizioni di scarsa
aderenza.
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LA TRAZIONE |
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Se moltiplichiamo la coppia prodotta dal motore (per esempio 30Kgm) per i rapporti di riduzione del cambio, del riduttore e dei ponti, otteniamo la coppia applicata collettivamente alle ruote. Come ormai sappiamo bene questa coppia viene generalmente distribuita in modo eguale tra le ruote da una serie di differenziali "open". Facendo qualche semplice calcolo, supponiamo di essere in terza ridotta (3L) con il motore bene in tiro: 30kgm del nostro motore diventano ben 490kgm all’uscita di cambio e riduttore e oltre 1700kgm globalmente applicati alle ruote dopo la coppia conica ai ponti. Di questi, ciascuna ruota ne riceve ¼, e cioè più di 400kgm. Si ottiene la trazione prodotta da ciascuna ruota dividendo questo valore di coppia per il raggio di rotolamento della ruota: se supponiamo di avere una 7.50R16, il cui raggio di rotolamento è di circa 38cm, troviamo che ogni ruota potrebbe esercitare una trazione di ben 1100kg in condizioni di grip ideale, cioè con coefficiente d'attrito =1. Adeguati per portare una macchina da circa 2000kg di peso in cima a una salita a 45 gradi senza alcun problema (includendo nel calcolo il coseno dell’angolo di rampa)! Quello che ci impedisce di salire con disinvoltura è il coefficiente d'attrito, ben inferiore a 1, più la “perdita” addizionale dovuta al coseno dell’angolo di rampa. La massima forza di trazione che l’interfaccia battistrada – suolo è in grado di sostenere è data dal coefficiente d'attrito moltiplicato per il peso applicato sulla ruota: per esempio nel caso di una macchina di 2000kg equamente distribuiti sulle quattro ruote, cioè quindi 500kg per ruota, il massimo che possiamo sperare di ottenere su asfalto è circa 500kg di spinta per ogni ruota, che si riducono a 250 – 350kg in fuoristrada, e molto meno in condizioni di trazione veramente scarse. Poiché abbiamo visto che il motore ha una esuberanza di potenza e può scaricare sulle ruote livelli di coppia molto elevati, ecco che lo slittamento delle ruote nella guida in fuoristrada, complici sia l’uso delle marce ridotte che la cattiva aderenza del fondo, è più la norma che l’eccezione. Non è solo l’aumento della coppia applicata a causare lo slittamento delle ruote, ma anche la diminuzione del grip disponibile. Se stiamo modulando l’acceleratore per ottenere dal motore giusto la coppia che ci serve per affrontare una impegnativa salita in aderenza, e improvvisamente il fondo che percorriamo diventa meno aderente, ecco che la ruota corrispondente comincerà a slittare, perdendo trazione e pregiudicando la possibilità di procedere. Una ultima considerazione: sembra dai semplici calcoli che abbiamo fatto che la trazione disponibile sia in generale molto grande, e non sembra quasi comprensibile cosa serva così tanta coppia per viaggiare normalmente in pianura fuoristrada. La necessità di una elevata coppia e trazione viene in generale dal fatto che la marcia in fuoristrada richiede uno sforzo molto superiore alla marcia su un fondo liscio e compatto. Il fondo su cui si marcia fuoristrada è sconnesso, e davanti alle ruote si presentano continuamente sassi, buche e altre piccole o grandi irregolarità. Tali irregolarità agiscono sulle ruote proprio come una continua salita che deve essere superata. Nella marcia su fondi morbidi, sui quali il galleggiamento del pneumatico non è adeguato, si forma in continuazione davanti al pneumatico un muro alto talvolta anche 10 e più centimetri, come nella marcia su sabbia molto soffice, che deve essere superato continuamente.
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IL CONCETTO DI MAG |
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Una ruota può essere ora nel fango e avere poca aderenza, ora trovare una ramo, un sasso o una radice che restituiscono temporaneamente alla ruota una certa aderenza, e dall’altro lato del ponte l’altra ruota può essere in una situazione completamente opposta. Il numero di condizioni che ci si trova a dover affrontare è molto alto, e non possiamo semplicemente enumerare tutti i diversi casi per valutare l’efficacia di un certo sistema di trasmissione in ciascun caso e confrontare poi tutti i casi e cercare una sintesi: dobbiamo utilizzare qualche altro metodo di valutazione più sintetico.
Come si calcola il MAG? Ad esempio supponiamo di avere un ponte equipaggiato di un differenziale "open", e questo ponte ha una ruota su un fondo ad aderenza media con un coefficiente d'attrito di 0.6 e l’altra ruota per esempio su dell’erba umida, che ha coefficiente d'attrito anche solo di 0.2. Applichiamo un piccolo valore di coppia al differenziale, e questo la dividerà, come sappiamo dalle sue Leggi, in due quantità uguali applicate alle due ruote. La coppia è bassa e le ruote non slittano. ma se ora cominciamo ad aumentare la coppia palliata, ad un certo momento la coppia sarà abbastanza grande da far slittare, ovviamente per prima, la ruota con il coefficiente d'attrito più basso, quella sull’erba. Il fatto che l’altra ruota sia in condizioni di buona aderenza non ci è di nessun aiuto: un aumento del pedale dell’acceleratore farà girare più rapidamente il motore e la ruota sull’erba slitterà sempre a maggiore velocità, ma la ruota in buone condizioni di aderenza non potrà comunque ricevere più che la stessa coppia di quella che slitta, proprio come se il coefficiente d'attrito fosse solo 0.2. Possiamo dunque dire che in questa situazione il MAG è dato da
MAG = 0.2 + 0.2 = 0.4
Possiamo rappresentare su un grafico questo risultato: supponiamo che la ruota sinistra abbia un coefficiente d'attrito di 0.2, mentre sull’asse delle X mattiamo il coefficiente d'attrito della ruota destra, ottenendo il grafico seguente:
Si vede che in un differenziale "open" il MAG è sempre limitato al doppio del coefficiente d'attrito della ruota con la minore aderenza.
Se avessimo avuto un differenziale bloccato, la ruota sull’erba non avrebbe slittato, essendo rigidamente collegata alla ruota a più alta aderenza. Possiamo applicare sempre più coppia, finché ad un certo punto tutte e due le ruote cominciano a slittare insieme.
Questo succede quando applichiamo
abbastanza coppia da far slittare la ruota con coefficiente
d'attrito di 0.2 più quella con coefficiente d'attrito
di 06: il MAG è dunque:
MAG = 0.2 + 0.6 = 0.8
Rappresentiamo la situazione su un
grafico: al solito la ruota sinistra ha un coefficiente d'attrito di
0.2 mentre alla ruota destra applichiamo una coppia sempre maggiore,
ottenendo:
La situazione è ben diversa dal caso
"open": con un differenziale locked, il MAG è dato dalla somma dei
due grip disponibili alle due ruote.
E cosa succede con un differenziale
TorSen?
Supponiamo che sia TBR = 3. Quando la
coppia sulla ruota sull’erba raggiunge il valore che la farebbe
slittare, il TorSen, per via del suo principio di funzionamento,
trasmette alla ruota con un buon grip una coppia tre volte
superiore. Questo valore di coppia è appena sopportabile senza
slittare da una ruota con un coefficiente d'attrito tre volte
superiore, cioè pari a 0.6, che è proprio il valore che abbiamo
sulla ruota con migliore aderenza.
A questo punto è chiaro che il MAG è
dato da:
MAG = 0.2 + 0.6 = 0.8
Ma se aumentiamo ancora la coppia
disponibile, le ruote cominceranno a slittare tutte e due, e il MAG
non potrà superare il valore di 0.8.
Anche se la trazione disponibile sulla
ruota in buone condizioni di aderenza fosse migliore, con un TorSen
non potremmo ottenere un MAG superiore: infatti con un TBR di 3 la
ruota con coefficiente d'attrito di 0.2 non può riflettere alla
ruota con maggiore aderenza più coppia di quanta ne servirebbe
per far slittare una ruota con coefficiente d'attrito di 0.6:
questo si vede chiaramente se si confronta il grafico del MAG del
TorSen con quello del differenziale "open": c’è tutta una regione in
cui i due sistemi si equivalgono, e precisamente per i coefficiente
d'attrito compresi tra poco meno di 0.1 e 0.6, ma al di sotto e al
di sopra, il TorSen ha un MAG inferiore al "locked".
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IL MAG PER UN PONTE |
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L’area compresa al di sotto dei
grafici ci dà una idea delle prestazioni generali del ponte nelle
diverse condizioni che si incontrano. I grafici che abbiamo visto
considerano però per assunto che una ruota abbia un coefficiente
d'attrito fisso, nei nostri casi 0.2, e che a variare sia solo il
coefficiente d'attrito dell’altra ruota. Questo ovviamente non è
quanto succede nella realtà, e dobbiamo invece considerare che il
coefficiente d'attrito varia su tutta la scala per ambedue le ruote.
Ci serviamo in questo caso di grafici tridimensionali per
rappresentare il MAG disponibile, riportato sull’asse Z, mentre
sugli assi X e Y mettiamo il coefficiente d'attrito delle due ruote
individualmente.
I grafici che abbiamo visto
precedentemente sono delle “sezioni” di questo grafico
tridimensionale, ovviamente più generale di quelli. Considerando un
valore del coefficiente d'attrito pari a 0.2 e seguendo le
corrispondenti linee sui grafici si ritrovano esattamente i grafici
che abbiamo già visto.
La vista tridimensionale è però molto
importante perché il comportamento generale del nostro sistema cinematico è descritto sostanzialmente dal volume al di sotto della
superficie: tanto maggiore è questo volume, tanto maggiore sarà l’efficacia
del sistema cinematico in termini di trazione.
Si vede che il volume sotto la
superficie del differenziale "open" è inferiore al
volume sotto la superficie del differenziale TorSen, a sua volta inferiore a quello
sotto la superficie del differenziale "locked". Il vantaggio del
TorSen (la possibilità per le ruote di ruotare a diverse velocità)
si paga in termini di minore efficacia globale.
E’ anche interessante notare come il
TorSen sia, anche graficamente, in qualche modo a metà tra un "open"
e un "locked": aumentando il valore del TBR le pareti verticali si
fanno sempre più ripide fino a portare un TorSen molto vicino ad un
"locked" per valori di TBR dell’ordine di 6.
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VALUTAZIONI GLOBALI |
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Abbiamo ora tutto l’apparato
concettuale che ci serve per valutare le prestazioni di un sistema
di trasmissione per quanto riguarda la sua capacità di fornire
trazione in condizioni variabili di aderenza: dobbiamo solo
maggiormente
combinare la trazione del ponte posteriore con quella del ponte
anteriore, ma questo purtroppo non lo possiamo rappresentare con
semplice grafico, perchè avremmo bisogno di 5 dimensioni anziché le
3 disponibili!
La tabella è ordinata per valori crescenti della figura di merito per il caso in cui il grip considerato varia da 0 a 1: è chiaro in questo caso che aumentando il livello generale di “blocco” le prestazioni in termini di trazione migliorano. Per un sistema a tre differenziali "open", il principale passo avanti si ha inserendo il blocco al differenziale centrale, che genera un incremento della figura di merito da poco più di 0.7 a 1.3: un netto miglioramento che si può percepire chiaramente quando si guida in terreni con scarsa aderenza generale e si inserisce il blocco centrale. Una configurazione con un autobloccante all’asse posteriore ci dà prestazioni nettamente migliori della configurazione tutto "open", e confrontabili con due TorSen davanti e dietro con TBR = 2.5, e rimane inferiore di qualche punto percentuale rispetto allo schema con due TorSen quando si blocca il differenziale centrale. Uno schema con blocco posteriore e TorSen anteriore è il migliore in quanto a guidabilità e molto vicino ai tre blocchi. Lo schema più conveniente, specie in termini di efficacia rispetto al costo, è in questo caso quello del blocco posteriore al 100%, che dà prestazioni molto vicine al massimo, abbinate sia col differenziale viscoso centrale o totale di serie. Però osserviamo che nella guida fuoristrada non è poi così importante avere la migliore aderenza in assoluto quando le condizioni di aderenza sono generalmente buone, mentre è invece assai più efficace avere la possibilità di sfruttare tutta la trazione potenzialmente disponibile quando le condizioni generali di aderenza sono scarse: cambiamo il campo di variabilità del coefficiente d'attrito e vediamo cosa succede…
Caso “Sterrati & Fango” Riducendo il campo di variabilità del grip il quadro cambia, nel senso che le differenze tra le varie configurazioni si riducono un poco. Il caso dei tre differenziali "open" è sempre quello che dà le minori prestazioni, e il vantaggio di inserire il blocco centrale è sempre sensibile, ma per le altre configurazioni le differenze sono meno significative. Il miglior risultato lo dà sempre il sistema a tre blocchi, ma gli altri non sono così lontani: un sistema con due TorSen anteriore e posteriore con un TBR = 2.5 è circa equivalente ai tre blocchi, così come un sistema con blocco al ponte posteriore e al centrale. Anche un sistema con un differenziale centrale di tipo viscoso con una percentuale di blocco del 60% accoppiato ad un blocco posteriore al 100% non è molto lontano dal massimo che si può ottenere. Seppure più costoso un sistema con due TorSen ha il vantaggio soprattutto di mantenere una migliore guidabilità.
Caso “Sabbia & Piste” Al ridursi della variabilità del coefficiente d'attrito le differenze tra i veri schemi di trazione si fanno sempre meno importanti, come deve infatti essere, poiché le ruote sono sempre di più in condizioni di trazione molto simili tra di loro, e il benefico effetto dei differenziali TorSen o "locked" che siano si fa sentire solo se c’è molta differenza di grip tra una ruota e l’altra. Tutte le configurazioni sono approssimativamente simili, con un graduale miglioramento della trazione disponibile all’aumentare dei blocchi.
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Considerazioni finali |
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Abbiamo cercato in quest'ultima parte di ricondurre le diverse architetture di trazione ad uno schema semplice che potesse essere valutato in funzione di un solo numero. Questo sforzo è certamente utile, perché ci permette di confrontare rapidamente e quantitativamente diverse architetture in funzione della loro applicazione o destinazione. Tuttavia vi sono altri fattori da tenere in considerazione, la cui valutazione non può essere resa così analitica ma che devono essere valutati qualitativamente, ai quali cercheremo di accennare ora brevemente e che devono essere comunque tenuti in conto quando si decide di fare questo genere di modifiche al proprio fuoristrada.
Direzionalità dello Sterzo E’ l’effetto che l’inserimento dei blocchi ha sul controllo direzionale del veicolo. In generale perdere in direzionalità e precisione di guida può impedirci di scegliere la migliore traiettoria o i migliori punti di appoggio per le ruote, magari vanificando i vantaggi che derivano dall’uso di un differenziale potenzialmente migliore. La perdita di direzionalità nella guida arriva al suo estremo con tre blocchi inseriti, generando situazioni nelle quali altro che andare dritti non si può! Questo problema è in parte compensato dai differenziali automatici che si sbloccano quando si percorre una curva.
Inserimento del Blocco La facilità e la tempestività con cui il sistema può essere inserito o disinserito può essere un fattore importante nella guida. E’ chiaro che fermarsi per inserire un blocco può essere uno svantaggio nella guida, poiché fa perdere tempo e soprattutto l’abbrivio. Richiede inoltre la valutazione preventiva della necessità o meno di inserire il blocco, cosa che non tutti i piloti sono capaci di fare: molti prima provano, poi mettono il blocco e riprovano, col risultato di avere danneggiato la pista e reso talvolta più difficile il passaggio, oltre ad aver corso il rischio di rimanere fermi a metà dell’ostacolo.
Affidabilità Un blocco causa comunque una maggiore sollecitazione degli organi meccanici, riducendone l’affidabilità. Ma a parte questo occorre considerare anche i sistemi di comando, eventuali tubi e interruttori, cavetti e altri attuatori, in generale esposti sotto la macchina e sempre a rischio di essere danneggiati.
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Pagina redatta da Jos4x4 su materiale divulgato da Land Rover |
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